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Transazione fiscale nel concordato preventivo

LA TRANSAZIONE FISCALE

4.5 Presupposti ed ambito di applicazione della transazione fiscale

4.5.1 Transazione fiscale nel concordato preventivo

L’originaria formulazione dell’art. 182 ter l. fall. consentiva il ricorso alla transazione fiscale ai soli imprenditori in crisi che accedevano alla procedura di concordato preventivo. Solo successivamente, grazie al D. Lgs. n. 169/2007, fu riconosciuta tale possibilità anche nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis l. fall..

La riforma della legge fallimentare del 2006 comportò, tra le disposizioni disciplinanti il concordato prevenivo, l’eliminazione della percentuale minima di soddisfazione dei crediti chirografari, il superamento della necessità di soddisfare interamente i crediti privilegiati e stabilì di approvare il concordato con il raggiungimento della maggioranza dei crediti ammessi e non più con il 75% previgente. Tali disposizioni ben si conciliano con la possibilità riconosciuta all’impresa in crisi di offrire, attraverso la transazione fiscale nel concordato preventivo, “il pagamento,

anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori,

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Sul punto, SILVESTRO G., La transazione fiscale alla luce delle modifiche del decreto correttivo alla l. Fall. E del decreto anti-crisi, 16 giugno 2009: “Nel caso della proposta di transazione fiscale

all’interno delle trattative precedenti la stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti, quest’ultima si configura come un’autonoma pattuizione, definita in un momento precedente la fase giudiziale dell’omologa: in questo modo gli uffici destinatari della proposta transattiva, avranno un lasso di tempo maggiore per valutare la proposta, non essendoci le scadenze proprie della procedura concordataria”.

135 In caso di presentazione della proposta di transazione fiscale nella procedura di concoradto preventivo

“gli uffici fiscali sono vincolati all’esito delle votazioni e all’eventuale omologazione del concordato, con l’esclusione di un potere di veto sulla proposta” (Tribunale di Mantova, 26 febbraio

2009; Tribunale di Roma, 27 gennaio 2009; Tribunale di Pescara, 2 dicembre 2008; Tribunale di Pavia, 8 ottobre 2008).

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nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea”.

Tuttavia, interpretare congiuntamente gli artt. 160 e 182 ter l. fall. non risulta per niente agevole, sia perché la formulazione stessa degli articoli non è semplice, sia perché (come ritiene parte della dottrina) la collocazione della transazione fiscale all’interno della procedura concordataria implica che la stessa non possa essere considerata un accordo autonomo dalla domanda di concordato preventivo.

A sostegno della non autonomia della transazione fiscale nel concordato preventivo si mostra il fatto che, stando al dettato letterale della norma, secondo cui la transazione è proposta “con il piano di cui all’art. 160”, si desume come la domanda di transazione fiscale costituisca un atto distinto, ma allegato, al concordato preventivo.

Come già descritto nel paragrafo precedente discutendo in merito al principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, e come si ricorderà al paragrafo 4.9 riguardante la procedura di transazione fiscale, il legislatore non ha dato puntuali indicazioni a cui il debitore dovrà attenersi per proporre la transazione fiscale all’Amministrazione finanziaria in ambito di una più ampia procedura di concordato preventivo: l’art. 182 ter l. fall. dispone che il debitore proponente dovrà presentare

“copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, (…) al competente concessionario del servizio nazionale della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale”.

La domanda di transazione fiscale dovrà quindi essere depositata presso gli Uffici a cura del debitore allegando l’intero ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, dal quale gli Uffici stessi potranno verificare la complessiva situazione dell’impresa.

Inoltre, l’Amministrazione finanziaria non esprimerà il proprio parere strettamente alla proposta di transazione fiscale, ma l’adesione o il diniego verranno espressi in merito alla più ampia proposta di concordato preventivo, mediante voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori (“… l’adesione o il diniego alla

proposta di concordato…”, art. 182 ter, comma 3, l. fall.)136.

136 A riguardo, anche le pronunce dei Tribunali di Milano, 25 ottobre 2007; Mantova, 26 febbraio 2009; Roma, 27 gennaio 2009; Pescara, 2 dicembre 2008; Pavia, 8 ottobre 2008.

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La sorte della transazione è quindi legata a quella del concordato preventivo, tanto che, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria esprimesse parere contrario alla proposta concordataria, ma al tempo stesso la maggioranza dei creditori si esprimesse comunque favorevolmente alla sua approvazione, gli effetti del concordato (estendendosi a tutti i creditori concorsuali) si esplicherebbero anche verso l’Amministrazione finanziaria137, con la conseguenza che si potrebbe realizzare la transazione fiscale anche in presenza di voto contrario al concordato da parte del Fisco. A sostegno di ciò, le sentenze dei Tribunali di Venezia e di Milano rispettivamente del 27 febbraio 2007 e 13 dicembre 2007138.

Ovviamente, ciò si verifica nel caso in cui il debito fiscale è inferiore all’ammontare degli altri debiti in quanto, se il debito fiscale gravante nel passivo dell’impresa in crisi dovesse superare l’ammontare degli altri debiti, e l’Amministrazione finanziaria dovesse esprimere parere contrario alla proposta di

concordato preventivo, l’omologazione della proposta concordataria (e,

conseguentemente, della transazione fiscale) non andrebbe a buon fine.

Secondo l’opinione prevalente, quindi, la transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo non costituisce un accordo diretto tra debitore e agenzie fiscali, ma una modalità di attuazione del concordato139 del quale rappresenta parte integrante, a differenza di quanto può avvenire negli accordi di ristrutturazione del debito, nei quali la proposta può essere presentata del debitore sia prima che contestualmente alle altre proposte di accordo con gli altri creditori140.

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Sentenza della Corte di Cassazione, n. 3800, del 15 aprile 1998: “... condividendone gli effetti e le

sorti, in quanto data l’obbligatorietà della procedura anche per i creditori assenti o dissenzienti...”.

138 Tribunale di Milano, sentenza 13 dicembre 2007: “Per tassativa disposizione dell'art. 182 ter l. fall.,

la transazione fiscale, se proposta, deve essere inserita nel piano di concordato preventivo di cui all'art. 160 l. fall., del quale diviene parte integrante, seguendone inevitabilmente le sorti. La transazione fiscale, pertanto, non costituisce un accordo autonomo ma una fase endoconcorsuale che si chiude con l'adesione o il diniego alla proposta di concordato preventivo mediante voto espresso nell'adunanza dei creditori. Ne consegue che l'Agenzia delle Entrate ed il concessionario restano soggetti all'esito della votazione concordataria e la transazione fiscale produce o no i suoi effetti se la proposta di concordato sia stata o no omologata. Nel caso di concordato avente diverse classi di creditori, con maggioranza dei crediti e delle classi e con dissenso di una o più classi, il concordato stesso subisce, quindi, il vaglio di convenienza dei creditori facenti parte della o delle classi dissenzienti (c.d. cram downn)”.

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CELENTANO P., FORGILLO E., Fallimento e concordati, le soluzioni giudiziali e negoziate della crisi d’impresa dopo le riforme, Milano, 2009.

140 FICARI V., Riflessioni su transazione fiscale e ristrutturazione dei debiti tributari, in Rassegna Tributaria, 1/2009.

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