• Non ci sono risultati.

ALTRI ASPETTI ED ADEMPIMENTI FISCALI NELLE SOLUZIONI NEGOZIALI DELLA CRISI D’IMPRESA

3.2 Imposte indirette

3.2.1 Imposta di registro ed Iva nel concordato preventivo

In merito al trattamento tributario applicabile al decreto di omologa del concordato preventivo, si delineano in dottrina due diversi orientamenti.

Secondo le interpretazioni di alcuni studiosi, sul punto è da ritenersi applicabile l’imposta di registro in misura proporzionale del tre per cento93, in quanto inquadrano il concordato preventivo come un atto a formazione successiva e il decreto di omologazione del tribunale come un atto giurisdizionale autoritativo che realizza per forza propria l’effetto generale dell’obbligatorietà del concordato, trasformando in un obbligo giuridico, vincolante per l’imprenditore e tutti i creditori, anche dissenzienti, la proposta iniziale94.

Anche la Commissione tributaria centrale, con la pronuncia del 4 maggio 1981 n. 889, sembra dar sostegno a questa tesi descrivendo i pagamenti da effettuare ai creditori come nuove obbligazioni le cui fonte è proprio la sentenza di omologazione.

Un secondo orientamento, al contrario, sostenuto da più recenti sentenze95, assoggetta la sentenza di omologazione del concordato preventivo ad imposta di registro a tassa fissa, in base a quanto disposto letteralmente dall’art. 8 della Tariffa, lettera g):

atti di omologazione. Sul punto, concorda l’Agenzia delle Entrate che (con la recente

risoluzione 27/E del 26 marzo 2012) inserisce l’omologazione del concordato

92 ARCURI I., Fiscalità del nuovo concordato preventivo ai fini della imposte dirette, in Rivista dei dottori commercialisti, 4/2008.

93 Art. 8, let. a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 131/1986. 94

MONTESANO A., Omologazione del concordato preventivo ed imposta di registro, in Il fisco, 17/2012.

95 Corte di Cassazione, sentenza n. 2957 del 20 marzo 1998; Corte di Cassazione, sentenza n. 10352 del 7 maggio 2007.

67

preventivo tra gli atti soggetti ad imposta di registro in misura fissa ex art. 8, lettera g) della Tariffa, in quanto non comporta il trasferimento di beni che, altrimenti, giustificherebbe l’imposta in misura proporzionale.

In ipotesi, invece, di concordato preventivo con trasferimento di beni ad un terzo assuntore, l’atto giuridico di omologazione del concordato produce gli effetti traslativi che rimandano all’applicazione dell’imposta in questione in misura proporzionale, in base alla lettera a) dell’art. 8 della Tariffa, applicando le stesse aliquote prevista per i corrispondenti atti di “trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti”. Inoltre, se si tratta di beni soggetti ad Iva, le cessioni dell’assuntore sconteranno l’imposta di registro in misura fissa, ex art. 40 del D.P.R. 131/198696.

3.2.2 Imposta di registro per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti

Per analogia a quanto illustrato per il concordato preventivo l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei dediti, se non prevede il trasferimento o la costituzione di diritti reali su beni immobili, unità da diporto, ovvero su altri beni e diritti, sconta l’imposta di registro nella misura fissa di 168,00 Euro; in caso contrario, troverà applicazione l’art. 8, lett. a), della Tariffa, parte prima, allegata al TUIR, con applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale97.

3.2.3 Effetti ai fini Iva: note di variazione Iva

Le operazioni imponibili ai fini Iva determinano l’insorgere in capo al cedente dell’obbligo di versare la relativa imposta, e di addebitarla al cessionario a titolo di rivalsa, indipendentemente dall’effettiva riscossione del corrispettivo.

È frequente che l’imprenditore che si trova in uno stato di crisi non riesca ad adempiere al pagamento dei suoi creditori, i quali si trovano così ad aver versato l’Iva a debito relativa, ad esempio, ad una fornitura o ad una prestazione di servizi che hanno

96 MONTESANO A., Omologazione del concordato preventivo e imposta di registro, in Il fisco, 17/2012. 97 SPINA S., Registro in misura fissa per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, EutekneInfo, 22 giugno 2012.

68

garantito all’imprenditore, senza che questi però abbia provveduto a regolare il corrispettivo.

L’art. 26 D.P.R. 633/1972 disciplina la facoltà di emettere note di variazione Iva in diminuzione dell’imposta per crediti commerciali rimasti insoddisfatti a seguito di procedure concorsuali.

L’esercizio di tale facoltà è subordinato alla sussistenza di due requisiti:

- partecipazione dei creditori al concorso, che in ambito di concordato preventivo98, la si desume dall’inserimento del cedente del bene (o del prestatore di servizi) nell’elenco dei creditori;

- impossibilità di recuperare il credito nell’ambito della procedura (ossia, infruttuosità della procedura).

In merito a quest’ultimo punto, a differenza di quanto stabilito in caso di fallimento99, nella procedura di concordato preventivo manca un riferimento normativo che stabilisca il momento in cui il creditore può emettere la nota di variazione Iva.

Sul punto parte della dottrina individua nella data di omologazione del concordato (certezza giuridica della perdita) il sorgere dell’impossibilità di recuperare il credito e, conseguentemente, del diritto di emettere la nota di variazione Iva per il creditore. Questo orientamento non appare del tutto corretto in quanto l’omologazione del concordato non è sinonimo della reale soddisfazione del creditore.

Quest’ultimo infatti al momento del riparto finale potrebbe ottenere una soddisfazione diversa da quella stabilita al momento dell’omologazione e, se cosi fosse, potrebbe poi verificarsi il caso in cui il creditore abbia emesso una nota di variazione Iva con importi sbagliati. Oppure ancora, se il concordato dovesse evolversi in fallimento, si creerebbe una situazione di disparità tra creditori del concordato preventivo e creditori di un fallimento aperto direttamente: i primi potrebbero beneficiare della possibilità di emettere la nota di variazione Iva al momento dell’omologazione del concordato senza dover aspettare la conclusione della fase liquidatoria, come invece farebbero i creditori di un fallimento avviato nella forma ordinaria.

98

In caso di procedura fallimentare, invece, deve sussistere l’ammissione al passivo del creditore.

99 Nella quale procedura è stabilito un termine preciso per quando emettere la nota di variazione Iva: decorsi quindici giorni dalla ricevuta della comunicazione da parte del curatore del deposito del piano di riparto ovvero, in caso di attivo insufficiente a soddisfare i creditori, undici giorni dal decreto di chiusura.

69

Pertanto non sembra corretto individuare nell’atto di omologazione del concordato preventivo il momento per poter emettere la nota di variazione Iva.

In mancanza di una pronuncia del legislatore sul punto, si ritiene più giusto individuare nel termine della procedura concordataria (riparto finale) l’effettiva riduzione del credito a titolo di rivalsa Iva e, quindi, il sorgere del diritto in capo al creditore di emettere la relativa nota di variazione in diminuzione.

Anche l’Amministrazione finanziaria ritiene che la nota di variazione Iva può essere emessa dopo che sia intervenuto il regolare adempimento del concordato preventivo, “al fine di adeguare l’imposta al corrispettivo effettivamente incassato”100.

Una volta che il creditore ha emesso la nota di variazione Iva, il capo all’imprenditore sorge l’obbligo di procedere con la sua registrazione e di versare all’Erario la relativa imposta recuperata dal creditore.

Per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, invece, la questione è un po’ più complessa.

Secondo l’opinione di parte della dottrina, le disposizioni appena descritte non possono essere applicate negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in quanto non sarebbero classificabili come una procedura concorsuale. Pertanto il creditore che partecipa all’accordo dovrà emettere la nota di variazione Iva sulla base delle regole applicabili alla fattispecie di “sopravvenuto accordi tra le parti”, dunque prima che sia decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione originaria (art. 26, comma 3, D.P.R. 633/1972)101.

Per la parte della dottrina che, al contrario, annovera gli accordi di ristrutturazione tra le procedure concorsuali, il creditore aderente all’accordo ha il diritto di emetter la nota di variazione dell’imposta dal momento di omologa dell’accordo.

I dubbi in merito alla natura degli accordi ex art. 182 bis l. fall. sono alimentati anche dalla nuova formulazione dell’art. 101 TUIR ad opera del D.L. 83/2012102 che, conseguentemente, aumentano anche i dubbi sulla possibilità di emettere note di

100 Risoluzione ministeriale n. 161/E del 17 ottobre 2001.

101 Cit. CERATO S., BANA M., Nota di variazione Iva nelle procedure concorsuali, in “Contabilità finanza e controllo”, 10/2010.

102 Come descritto al paragrafo 2.3.2, il legislatore al secondo periodo dell’art. 101 comma 5 TUIR fa rientrare la data di omologazione dell’accordo tra quelle in cui il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale.

70

variazione Iva in ambito di accordi di ristrutturazione: considerando che l’art. 26 D.P.R. 633/1972 subordina il diritto di emissione di tale documento all’infruttuosità della procedura concorsuale, se gli accordi di ristrutturazione entrassero effettivamente in tale categoria, allora il creditore sarebbe legittimato ed emettere la nota in diminuzione dell’imposta a suo favore.

Deve escludersi la possibilità di applicare tale disciplina delle note di variazione Iva ai piani attestati di risanamento ex art. 67, comma 3, l. fall., in quanto non rientranti tra le procedure concorsuali.