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3. Materiali e metod

3.1 Area di studio

3.1.1 Regione Lazio

3.1.1.5 Il paesaggio della Sabina

3.1.1.5.1 Aspetti geografici e geomorfologici

La Sabina è una regione storico-geografica situata tra Umbria, Lazio e Abruzzo, il cui territorio è oggi distribuito tra cinque Province amministrative (Perugia, Terni, Rieti, Roma, L‟Aquila). Attualmente, il termine è usato impropriamente per connotare l'intera Provincia di Rieti, mutuando l'uso storico più proprio per cui Sabina era il nome usato per indicare un territorio dello Stato Pontificio dai confini piuttosto variabili, estesa da Rieti e Valle del Turano fino al Tevere, escludendo le valli del Velino e quella del Salto.

Per quel che riguarda i rilievi montuosi della Sabina, essi sono costituiti da una sezione settentrionale, i Monti Sabini propriamente detti, e una sezione meridionale, i Monti Lucretili, entrambe facenti parte del Subappennino laziale. Tale complesso montuoso è delimitato a ovest dal Tevere, a nord dal Nera, a est dal Velino e dal Turano, a sud dall'Aniene. Corsi d'acqua minori sono il Farfa e la Laia, affluenti di sinistra del Tevere. L'altitudine media si aggira intorno ai 1.200 m s.l.m e varia dai 1.007 m della Cimata delle Serre ai 1.368 m del Monte Pellecchia.

Per quanto concerne le caratteristiche geomorfologiche che riguardano la Sabina, di seguito sono riportati i principali aspetti. Per maggiori dettagli si rimanda a pubblicazioni più dettagliate quali Parotto e Praturlon (1975), Serva e Salvini (1976), Salvini e Vittori (1982), Cavinato et al. (1986), Cosentino (1986), Corrado et al. (1992).

I Monti Sabini risultano formati da unità strutturali derivate dalla deformazione del dominio paleogeografico sabino che, nel corso del Mesozoico, ha rappresentato un dominio di transizione tra la piattaforma carbonatica laziale-abbruzzese e il contiguo bacino pelagico umbro-marchigiano (Cosentino et al., 1993). Questo settore della catena appenninica è costituito, in affioramento, da quattro unità strutturali, delimitate alla base da quattro superfici di sovrascorrimento. Il carattere polibasico delle deformazioni che interessano questo tratto di orogene appenninico, è stato messo in relazione con la riattivazione fuori sequenza, durante il Pliocene, del settore sabino-reatino, già strutturato in seguito alle fasi tardo-mioceniche dell‟orogenesi appenninica (Cipollari e Cosentino, 1992). Tale riattivazione tettonica ha determinato l‟individuazione della linea Olevano-Antrodoco come elemento strutturale N-S di inviluppo delle unità sabine più esterne Cosentino et al., 1993). L‟assetto tettonico dei Monti di Fara in Sabina è riferibile, nelle sue linee generali, ai caratteri strutturali dell‟intero settore sabino dell‟orogene appenninico (Cosentino et al., 1993). I Monti di Fara in Sabina, costituiti da due delle unità tettoniche che caratterizzano la catena dei Monti Sabini, risultano completamente circondati da settori a morfologia collinare in cui affiorano principalmente

65 depositi sabbioso-conglomeratici del ciclo post-orogeno. In particolare, l‟are si colloca nel settore in cui durante il Pleistocene inferiore si verificava l‟interazione tra ambienti di sedimentazione di tipo continentale con un ambiente marino la cui linea di costa si collocava in corrispondenza del versante tiberino della catena sabina (Cosentino et al., 1993).

Dal punto di vista stratigrafico i Monti di Fara in Sabina sono caratterizzati dall‟affioramento di una successione sedimentaria meso-cenozoica comprendete termini che vanno dal Lias medio al Miocene inferiore (Cosentino et al., 1993).

3.1.1.5.2 Clima e vegetazione

La Sabina ha caratteristiche fitoclimatiche che risentono molto dell'elevata eterogeneità fisiografica e morfologica del territorio. Da un punto di vista climatico e fitoclimatico può essere suddivisa in tre categorie principali:

 Fondo valli, caratterizzati da fiumi, torrenti e piccole zone umide. Si tratta di aree interessate da corsi d'acqua le cui formazioni vegetazionali predominanti sono quelle ad alofite delle acque correnti, boschi ripariali e idrofili, boschi di caducifoglie termofile, praterie post- colturali, boschi di origine antropica, tra cui le piante più comuni e caratterizzanti sono: il pioppo bianco (Populus alba), il pioppo nero (Populus nigra), il sambuco (Sambucus nigra), il salice (Salix alba), il salicone (Salix caprea), la cannuccia di palude (Phragmites

communis), l'equiseto palustre (Equisetum palustre), la tifa (Typha latifolia), il farfaraccio

(Petasites hybridus), la ginestra odorosa (Spartium junceum), il pungitopo (Ruscus

aculeatus), la roverella (Quercus pubescens), l'ortica (Urtica dioica). Questi ambienti sono

stati profondamente alterati nel corso del tempo dalle attività antropiche come la deviazione dei corsi d'acqua, la bonifica delle zone umide e il disboscamento per fare spazio alle coltivazioni e agli insediamenti legati all'idrocinetica (mulini, opifici e centrali idroelettriche). Nonostante ciò, i settori situati più a monte di queste aste fluviali presentano ancora elevati caratteri di naturalità. In base alla Carta del Fitoclima del Lazio (Blasi, 1993) tali aree sono caratterizzate da precipitazioni annuali abbondanti (954÷1.166 mm), aridità a luglio e agosto e temperatura media di 14°C. Sovente si verificano episodi di stress da freddo intenso che si prolunga da ottobre a maggio con temperature minime al di sotto degli 0°C.

Zone collinari, e pedemontane, con coltivazioni non intensive, siepi e piccole aree boscose.

66 prevalentemente nelle zone più acclivi e esposte a nord e quindi poco idonee alle pratiche agronomiche. La vegetazione è costituita essenzialmente da specie tipiche delle successioni primaria e secondaria come la roverella (Quercus pubescens), il cerro (Q. cerris), l'acero campestre (Acer campestre), l'orniello (Fraxinus ornus), il corniolo (Cornus mas), il biancospino (Crataegus spp.), la vitalba (Clematis vitalba), l'albero di giuda (Cercis

siliquastrum), la salsapariglia nostrana (Smilax aspera), l'asparago (Asparagus acutifolius).

Le precipitazioni annue variano tra i 775 e i 1.214 mm, con debole aridità a luglio, agosto e sporadicamente a giugno. La temperatura media è di circa 13°C. Inverni freddi con temperature minime comprese tra i 1,2 a 2,9 °C. Stress da freddo prolungato da ottobre a maggio (Blasi, 1993).

 Zone montuose, caratterizzate da boschi e dal pascolo alto. Queste aree sono per lo più coperte da boschi, molti dei quali tagliati a rotazione secondo pratiche selvicolturali consolidate. La specie dominante di queste foreste è sicuramente il leccio (Quercus ilex). In prossimità delle vette delle montagne e sui versanti a nord predomina il bosco caducifoglio, con prevalenza di faggio e querceti misti. Man mano che aumentano l'altitudine e la pendenza gli interventi di selvicolturali si fanno sempre meno intensi a beneficio dell'ecosistema forestale e delle specie animali e vegetali ad esso legate. Le piante tipiche di questo ambiente sono: il leccio, il corbezzolo (Arbutus unedo), il faggio (Fagus sylvatica), l'alloro (Laurus nobilis), l'acero campestre, il ginepro (Juniperus oxycedrus), il viburno (Viburnum tinus), l'erica (Erica arborea), l'asparago. Le precipitazioni annue sono abbondanti (1247÷1.558 mm), così come quelle estive (160÷205 mm). La temperatura media è di circa 10°C, le estati sono fresche e gli inverni rigidi. Forte stress da freddo in inverno che si prolunga da ottobre a maggio (Blasi, 1993).

3.1.1.5.3 Cenni sul popolamento animale

La Sabina è una zona di transizione tra la valle del Tevere e le zone appenniniche interne. Ciò determina una variabilità ambientale che giustifica una elevata diversità faunistica in termini di numero di specie animali presenti, tuttavia passare in rassegna l‟intera fauna presente in quest‟area risulterebbe tedioso e non concorde con gli scopi previsti da questo lavoro. Pertanto, saranno trattate solo le specie più importanti e rappresentative della fauna dei Vertebrati nelle tre principali categorie ambientali che contraddistinguono la Sabina.

Riguardo gli ambienti di acqua dolce, le zone umide e le pianure della valle del Tevere, le specie più rappresentative dell'erpetofauna, della batracofauna e dell'ittiofauna sono: la biscia dal collare

67 (Natrix natrix), la salamandrina di Savi (Salamandrina perspicillata), il tritone crestato (Triturus carnifex), il rospo smeraldino (Bufo viridis), la trota fario (Salmo trutta), il vairone (Leuciscus

souffia); tra i Crostacei va ricordato il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) e per gli

Uccelli la gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), il martin pescatore (Alcedo atthis), l'airone cenerino (Ardea cinerea), il falco di palude (Circus aeruginosus), il nibbio bruno (Milvus migrans) e la ghiandaia marina (Coracias garrulus).

Tra la fauna delle zone collinari, troviamo la lucertola muraiola (Podarcis muralis), la lucertola campestre (Podarcis sicula), il geco comune (Tarentola mauritanica), il ramarro (Lacerta

bilineata), il biacco (Hierophis viridiflavus), il colubro d'Esculapio (Zamenis longissima), il rospo

comune (Bufo bufo) per quanto riguarda l'erpetofauna. Per l'avifauna abbiamo la poiana (Buteo

buteo), il gheppio (Falco tinnunculus), lo sparviere (Accipiter nisus), la civetta (Athene noctua), il

picchio verde (Picus viridis).

Procedendo verso l'interno, le aree montane pre-appenninche e appenniniche, contraddistinte da un minore impatto antropico, ospitano una fauna di elevato valore ecologico. Tra i Rettili, particolarmente interessante è la presenza del cervone (Elaphe quatuorlineata) e, per gli Anfibi, dell'ululone ventre giallo (Bombina pachypus). Per quanto riguarda l‟avifauna, ed in particolare i Rapaci, una specie su tutte può ritenersi emblematica a causa della sua rarità: l'aquila reale (Aquila

chrysaetos). La sua presenza è accertata sui Monti Lucretili e sul massiccio del Terminillo. Altre

specie facenti parte della comunità ornitica degne di menzione sono il falco pellegrino (Falco

peregrinus) e il gufo comune (Asio otus). Tra i mammiferi troviamo specie ubiquitarie che

frequentano diversi tipologie di ambienti, come il riccio europeo (Erinacues europeaus), la talpa romana (Talpa romana), lo scoiattolo comune (Sciurus vulgaris), il ghiro (Glis glis), l'istrice (Hystrix cristata), la volpe (Vulpes vulpes), la martora (Martes martes), la faina (Martes foina), il tasso (Meles meles), il cinghiale (Sus scrofa) e specie più sporadiche o legate a particolari condizioni di naturalità come il lupo (Canis lupus) e il gatto selvatico (Felis silvestris).