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3. Materiali e metod

3.1 Area di studio

3.1.1 Regione Lazio

3.1.1.7 La Riserva Naturale Regionale “Selva del Lamone”

3.1.1.7.1 Aspetti geografici e geomorfologici

La Riserva Naturale Regionale Selva del Lamone, istituita con L.R. n. 45 del 12 settembre 1994, si estende per 2.030 ha nel territorio del Comune di Farnese, Provincia di Viterbo, al confine con la Regione Toscana (4717948 E UTM 32 T, 720227 N UTM 32 T).

71 totalità ricadenti nel territorio del Comune di Farnese e soggetti a tutela attraverso la Riserva Naturale. La restante parte è compresa nel territorio del Comune di Ischia di Castro e non è inclusa nell‟Area protetta. Inoltre, per quanto riguarda la Rete Ecologica Europea Natura 2000 di cui SIC e

ZPS sono parte integrante, nel comprensorio della Selva del Lamone ne sono stati istituiti ben quattro a testimonianza della estrema rilevanza naturalistica che riveste questa area.

Il territorio della Riserva è caratterizzato da una morfologia dolce che gradualmente degrada in direzione SW verso il Mar Tirreno, ed ospita uno degli ultimi lembi di bosco planiziale della Penisola. Le quote che si raggiungono sono modeste: la più elevata si registra in località Semonte (428 m s.l.m.), la più bassa in località Lamoncello (242 m s.l.m.) e comunque l‟andamento del territorio è sostanzialmente pianeggiante, interrotto solamente ai confini o all‟esterno della Selva da profonde incisioni prodotte dai corsi d‟acqua.

Il territorio della Selva del Lamone ricade su un vasto plateau lavico roccioso che rende la superficie estremamente impervia. La sua genesi geologica è la medesima dell‟intero Alto Lazio e risale a circa un milione di anni fa, quando l‟attività vulcanica dei Vulsini interessò un‟estesa area di circa 2.200 km2 compresa tra i Monti di Castro ed il fiume Tevere. Tali, geologicamente parlando, recenti eventi, avvenuti nell‟epoca Pleistocenica del periodo Quaternario, si protrassero fino a circa 50.000 anni fa e contribuirono a modellare il territorio del Nord del Lazio che, in seguito all‟azione dei corsi d‟acqua e degli agenti meteorologici, ha assunto la morfologia attuale. Intorno al milione di anni fa, all‟interno di una zona depressa corrispondente alla intersezione del Graben principale con una seconda depressione trasversale ubicata subito a Nord del Monte Argentario, inizia l‟attività vulcanica dei Vulsini (Fabbri, 1992). Circa 500 mila anni fa comincia la maggiore attività dei Vulsini che si sviluppa attraverso più cicli (Nappi e Marini, 1986). I prodotti vulcanici presenti nell‟area della Selva del Lamone sono riferibili al ciclo di Latera, la cui attività si è sviluppata in tre fasi principali rispettivamente denominate precalderica, intracalderica e postcalderica (Nappi, 1969). L‟area in esame è interessata principalmente da prodotti del secondo e del terzo periodo. Nel secondo periodo del ciclo di Latera si ha la deposizione soprattutto di ingenti colate piroclastiche che si sono espanse a ventaglio per tutta l‟area. Queste si sono sovrapposte alle precedenti morfologie, colmando le valli e formando dei plateau successivamente incisi da corsi d‟acqua i quali hanno man mano attribuito al territorio in questione quel tipico aspetto collinare con profondi valloni e forre di erosione (Fabbri, 1992). Nel terzo ed ultimo periodo dell‟attività di Latera si ha la messa in posto delle effusioni laviche finali con l‟edificazione di alcuni coni di scorie di composizione da olivin-latitiche a tefritico-leucitica ed i cui prodotti più recenti risalgono ad una età compresa tra i 170 mila e i 55 mila anni fa (Amodio et al., 1987).

72 del fosso Olpeta, i piroclasti incoerenti che affiorano nella zona settentrione e in quella meridionale del Lamone o i travertini, dovuti a precipitazione chimica di acque idrotermali, presenti nel settore orientale del comprensorio. L‟elemento più evidente e caratteristico resta comunque il palteau lavico, il quale costituisce un uniforme altopiano che declina dolcemente verso SW e rimane ben distinto dal più movimentato paesaggio circostante. Al suo interno, questa enorme massa lavica presenta una morfologia diversificata e unica nel suo genere, costituita da alture di forma conica originate da un accumulo di pietre di varie dimensioni, note localmente con il nome di “murce”, alternate a inghiottitoi, avvallamenti e crateri che in alcuni casi assumono la conformazione di veri e propri anfiteatri lavici a forma di cono rovesciato, localmente detti “pile” (Papi e Baragliu, 2007).

Dal punto di vista idrologico ed idrogeografico, il Lamone è praticamente sprovvisto di sorgenti e di importanti corsi d‟acqua, e fa da spartiacque di due sottobacini imbriferi, quelli del fosso Olpeta a Sud e del fosso Arsa a Nord, ricollegabili al bacino del fiume Fiora.

3.1.1.7.2 Clima e vegetazione

In base alla Carta Fitoclimatica del Lazio (Blasi, 1993), dal punto di vista climatico il comprensorio della Selva del Lamone è riconducibile per lo più al tipo temperato, termotipo collinare inferiore e ombrotipo subumido superiore della Regione mesaxerica (il tipo n. 6 della Carta Fitoclimatica). La temperatura media annua è di circa 13°C con media delle massime che si aggira intorno ai 18°C e la media delle minime del mese più freddo compresa tra 1,2 e 2,9°C. Le precipitazioni sono variabili con una media di 1.000 mm annui, distribuite soprattutto nel periodo autunno-inverno e con debole siccità estiva soprattutto nei mesi di luglio e agosto (sporadicamente a giugno). E‟ questo il clima della regione vulsina e di tutto il settore NE della Provincia di Viterbo.

Tuttavia procedendo in direzione S-SW il clima è caratterizzato via via da condizione gradualmente più miti che potremmo definire di transazione verso il tipo mediterraneo (il tipo n. 9 della Carta Fitoclimatica) con precipitazioni sensibilmente ridotte ed intensificazione dell‟aridità estiva. E‟ questo il clima della Maremma laziale interna a S della conca vulsina e dei pianori a W di Viterbo (Scoppola, 1995).

L‟area della Selva del Lamone è collocabile, dal punto di vista vegetazionale, nella fascia dei boschi sopramediterranei, tra le fasce mediterranea superiore e submontana. La vegetazione di tale fascia rispecchia pienamente le condizioni transitorie che intercorrono nel passaggio dalla zona costiera a quella collinare, determinando la coesistenza di specie mediterranee dal temperamento spiccatamente termofilo con specie tipiche dell‟area collinare medio-superiore che esigono condizioni termopluviometriche maggiormente mesiche. Inoltre, la particolare composizione

73 litologica e le caratteristiche edafiche hanno certamente influenzato lo spettro floristico del comprensorio del Lamone, condizionando altresì un intenso sviluppo delle attività umane. La commistione di tutti questi fattori determinano e influenzano la presenza di 873 entità floristiche censite (D.R.E.Am., 2002), ma si presume vene possano essere oltre 900 (G. A. Baragliu, com. pers.).

Gli ambienti predominanti all‟interno della Selva del Lamone sono i querceti misti con prevalenza di cerro e roverella intervallati da pascoli, colture agrarie e arbusteti. Il bosco di latifoglie decidue, seppur alterato dall‟azione antropica, rappresenta il tipo di vegetazione più evoluto oltre che più diffuso. Ampi sono i tratti coperti da un bosco misto a dominanza di specie quercine con aspetti più mesofili o più termofili alterni a seconda delle esposizioni e delle condizioni edafiche. Le specie accessorie che caratterizzano il soprassuolo forestale, sono il carpino bianco (Carpinus betulus), l‟acero campestre (Acer campestre), l‟acero minore (Acer

monspessolanum), il bagolaro (Celtis australis), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), l‟orniello

(Fraxinus ornus), il leccio (Quercus ilex), l‟agrifoglio (Ilex aquifolium) e il ciavardello (Sorbus

torminalis). Tra le specie arbustive si annoverano la fillirea (Phillyrea latifolia), il ligustro

(Ligustrum vulgare), il nocciòlo (Corylus avellana), il prugnolo (Prunus spinosa), il corniolo (Cornus mas), il sanguinello (Cornus sanguinea) e il biancospino (Crataegus spp.). A rendere più variegata la componente floristica concorrono le lianose, la vitalba (Clematis vitalba) e lo stracciabrache (Smilax aspera), e la comunissima edera (Hedera helix).

In zone con particolari condizioni microclimatiche si hanno presenze di piccoli nuclei di faggio (Fagus sylvatica), residui di faggete sotto quota che testimoniano situazioni climatiche passate più oceaniche. Inoltre, lungo il corso del fiume Olpeta, influenzati dalla vicinanza della falda acquifera, crescono boschi ripariali con ontano (Alnus glutinosa), salice bianco (Salix alba) e pioppo nero (Populus nigra) ai quali spesso si associano il nocciòlo, l‟olmo (Ulmus minor) e il sambuco (Sambucus nigra).

3.1.1.7.3 Cenni sul popolamento animale

La Riserva Naturale Selva del Lamone, grazie alla posizione geografica e alla varietà di ambienti presenti, ospita una comunità animale ricca e variegata con presenza di specie sia mediterranee che tipicamente centroeuropee (Papi, 2007).

Complessivamente i Vertebrati terrestri, esclusi i Chirotteri, sono rappresentati da 116 specie tra Anfibi, Rettili, Uccelli nidificanti e mammiferi ossia il 28% delle specie italiane e il 51% di quelle presenti nel Lazio (Papi, 2007). Per sottolineare la straordinaria rilevanza naturalistica del territorio,

74 in questa sede verranno ricordate solo le specie più rappresentative, per informazioni maggiormente dettagliate si rimanda AA.VV. (2007), Arcà (1992), Casi (1996).

Tra i Mammiferi è sicuramente emblematica la presenza nel bacino del fiume Fiora e dell'affluente Olpeta (Reggiani et al., 1986), almeno fino agli anni '90 dello scorso secolo, della lontra (Lutra lutra). L'ultima dato certo di presenza sul fiume Olpeta risale al 2000, ma recenti indagini dirette condotte sul tratto laziale del Fiora hanno dato esito negativo (AA.VV, 2004). Molto interessante è anche la saltuaria presenza del lupo, dovuta principalmente allo spostamento di pochi individui lungo la direttrice Monte Amiata-Monti della Tolfa e al continuo incremento delle popolazioni di cinghiale. Infine, di notevole pregio naturalistico è la presenza del gatto selvatico.

Per quanto concerne l'avifauna, attualmente sono state censite 64 specie nidificanti (Papi, 2007). Tra le specie di maggiore valore naturalistico si annoverano il succiacapre (Caprimulgus

europaeus), inserito nella lista rossa della fauna d'Italia e la quaglia (Coturnix coturnix), specie

questa in allegato I della direttiva "Uccelli". Recentemente è stata accertata la presenza, come specie nidificante, del Picchio rosso minore (Dendrocopos minor), oltre che del Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major) e del Picchio verde (Picus viridis) (Politi et al., 2009), ad indicare la complessità strutturale che il bosco sta assumendo. Tra i Rapaci diurni le specie di maggiore interesse sono il biancone (Circaetus gallicus) e l'albanella minore (Circus pygargus).

In merito all'erpetofauna, tra le specie più minacciate presenti al Lamone si annoverano la testuggine comune (Testudo hermanni), la testuggine palustre (Emys orbicularis) e la salamandrina di Savi (Salamandrina perspicillata).