1. Innovazione tradizionale e Innovazione aperta
2.2 Il panorama delle Piccole e Medie Imprese
2.2.1 Caratteristiche generali delle PMI
Il termine PMI definisce, in linea generale, un’impresa con un ristretto numero di addetti57. Tuttavia il termine non gode di un riconoscimento universale dal
momento che la soglia del numero di addetti che serve ad identificare il limite entro il quale è possibile parlare di PMI differisce da paese a paese. Essendo l’Italia membro dell’Unione Europea la definizione di PMI che verrà utilizzata sarà quella fornita dalla Commissione Europea che definisce PMI le imprese che presentano i requisiti indicati nella tabella 2.1:
57 OECD (2014), OECD Studies and Entrepreneurship, Italy: Key Issues and Policies,
Company
category Staff headcount Turnover Balance sheet total Medium-sized < 250 < € 50 million < € 43 million Small < 50 < € 10 million < € 10 million Micro < 10 < € 2 million < € 2 million
Tabella 2.1: Definition of SMEs in the European Union (Fonte: European Commission, 2003)
Per contrasto è interessante mostrare come tali requisiti siano sorprendentemente diversi laddove i sistemi economici presentano dimensioni più elevate. Nelle economie asiatiche, ad esempio, le imprese vengono classificate come medio- piccole se comprendono un totale di addetti inferiore a duemila, inoltre:
1. presentano un turnover che non supera i trenta milioni di Yuan oppure; 2. presentano asset per un valore non superiore a quaranta milioni di Yuan58.
Le PMI giocano un ruolo centrale nella crescita del sistema economico generale creando occupazione e coesione sociale in tutto il mondo. È stato stimato che più del 95% di questa tipologia di imprese in area OCSE rappresenta tra il 60 e il 70% dell’occupazione totale dei rispettivi paesi. A titolo di esempio, negli Stati Uniti d’America, le PMI sono state responsabili del 64% di tutti i posti di lavoro creati tra il 1993 e il 2008. Quanto appena affermato fornisce un quadro molto luminoso delle piccole e medie imprese con riferimento alle prospettive socio- economiche che hanno contribuito a creare.
Per fornire un quadro più esaustivo sul fenomeno alcuni autori59 affermano che
nonostante i maggiori tassi di creazione di posti di lavoro siano giustamente attribuiti alle piccole e medie imprese, è necessario prendere in considerazione che il tasso lordo di distruzione di tali posti di lavoro è molto elevato e, a differenza delle grandi imprese, presentano elevati tassi di mortalità e minore crescita. Così, la sicurezza del lavoro è generalmente inferiore nelle PMI che
58 S. Zeng, X. Xie e C. Tam, (2010), Relationship between cooperation networks and
innovation performance of SMEs, Technovation n. 30, pagina da 181 a 194.
59 K. Hallberg (2000), A Market-Oriented Strategy for Small and Medium Scale
nelle grandi imprese, anche se i medesimi autori mettono in evidenza come durante le recessioni, probabilmente a causa di politiche salariali più flessibili, i tassi di distruzione di posti di lavoro sono più bassi nelle PMI che nelle grandi imprese.
Come è stato da tempo dimostrato60 le PMI non sono necessariamente più labor
intensive rispetto alle grandi imprese, lo sono solamente in determinati settori. L'attività delle piccole e medie imprese è spesso caratterizzata da una forte componente locale e, mentre riescono a competere nel mercato nazionale/locale, riescono ad affrontare quello internazionale con difficoltà, in quanto esposte alla concorrenza più dura e a rapidi e repentini cambiamenti. La competitività, vista come il potenziale delle organizzazioni di impegnarsi con successo sui mercati per appropriarsi di entrate e risorse adeguate 61 , è fondamentale per la
sopravvivenza in un mondo globalizzato e questo vale anche, per le nuove e piccole imprese, che cercano di sviluppare un vantaggio competitivo62.
Non è ancora chiaro quale effetto abbiano avuto globalizzazione, liberalizzazione del commercio e la crescente concorrenza internazionale sulle PMI, i risultati di uno studio empirico 63 suggeriscono che l'impatto della liberalizzazione
commerciale sulle PMI non è stato drammaticamente negativo. Esse hanno, infatti, tra l'8% e il 16% (a seconda delle dimensioni) di probabilità in meno di sopravvivere rispetto alle grandi imprese, ma, d'altra parte, il loro tasso di crescita per l'occupazione e la vendita è superiore. In linea teorica, le PMI potrebbero essere particolarmente adatte per sostenere la concorrenza internazionale, soprattutto perché più adattabili alle repentine variazioni delle condizioni della domanda rispetto alle grandi aziende e il loro alto grado di specializzazione le porta a trarre profitto dalle nicchie del mercato che sono
60 I. Little, D. Mazumdar e J. Page (1987), Small Manufacturing Enterprises: A
Comparative Analysis of India and Other Economies, Oxford University Press
61 B. Greenwald e J. Kahn (2005), Competition demystified, New York: Penguin Group 62 M. Bressler (2012), How small businesses master the art of competition through
superior competitive advantage, Journal of Management & Marketing Research n. 11,
pagina da 1 a 12
63 R. Alvarez e S. Vergara (2013), Trade exposure, survival and growth of small and
medium- size firms, International Review of Economics & Finance n. 25(C), pagina da
protette dalla concorrenza tradizionale. A questo proposito è bene evidenziare come la maggior parte delle piccole imprese competa sul mercato adottando strategie di differenziazione64 a differenza delle grandi aziende che nella maggior
parte dei casi competono sulla base della leadership di costo.
Attraverso l’analisi della value proposition delle piccole imprese, è stato evidenziato come, a differenza di imprese più grandi, sia presente una propensione verso la creatività, l'innovazione, le soluzioni innovative e le idee che invece è precluso alla loro controparte (imprese più grandi) a causa di una gerarchia più formale, una cultura aziendale più rigida e la costante ricerca dell’efficienza ad ogni costo. Questo può essere dovuto, ad un approccio di gestione basato più sull’istinto e meno sulla base di un'attenta ricerca.
2.2.2 Le peculiarità dell’innovazione nelle PMI
J. A. Schumpeter nelle sue prime opere65, ha attribuito grande importanza agli
individui creativi identificati come "imprenditori" e alla loro capacità di innovare. Nel corso degli anni, tuttavia, l'autore ha cambiato idea e, mentre ha dichiarato inizialmente che l'innovazione non è una prerogativa delle grandi imprese e che era plausibile che le piccole e medie imprese sono state la fonte della maggior parte delle innovazioni, durante il periodo trascorso negli Stati Uniti, analizzando il lato finanziario della R&D in tali organizzazioni più piccole, ha scoperto che a causa dei costi elevati, tali imprese non erano propense ad intraprendere molti progetti innovativi. L'economista austriaco ha poi aggiunto
64T. Box e W. Miller (2011), Small Firm Competitive Strategy, Academy of Strategic
Management Journal n. 10(2) pagina da 55 a 59
65 Il riferimento riguarda J. A. Shumpeter (1912), The theory of economic developement,
pubblicata in Germania. Tale opera è stata redatta combinando intuizioni derivanti dall’economia, dalla sociologia e dalla storia. Shumpeter sviluppò un approccio molto originale allo studio dei cambiamenti di lungo periodo dell’economia e della società, basato sul ruolo centrale giocato dall’innovazione e dai fattori che la influenzano. Le idee di Shumpeter iniziarono ad essere apprezzate solo a partire dagli anni sessanta (a dieci anni dalla sua morte), quando divenne evidente fra gli economisti la limitata capacità dei modelli economici dominanti (basati sulla matematica e su esercizi di equilibrio statico) di spiegare i cambiamenti tecnologici, economici e sociali di lungo periodo
che l'innovazione veniva trasformata in una routine, quindi non era dipendente dalla creatività spontanea di alcuni individui.
Da un punto di vista strategico, l’utilizzo delle risorse necessarie per condurre R&D con il modello Closed Innovation ha portato le imprese di maggiori dimensioni a creare elevate barriere all’ingresso e a conseguire rendimenti superiori alle imprese più piccole66.
Mentre possono contare su flessibilità, rapidità decisionale e un basso grado di formalizzazione; i principali svantaggi delle piccole e medie imprese sono rappresentati da scarse risorse finanziarie, la difficoltà di ripartire il rischio in un ampio portafoglio di innovazioni e poche opportunità di assumere personale specializzato67.
Al giorno d'oggi "SME’s, particulary new small firms are increasingly vulnerable and exposed to structural handicaps such as size, time, culture, managerial capacity, skills, access to information and finance"68.
Una volta fornito il quadro sul panorama dell'innovazione per le PMI è necessario mettere in luce come le pratiche di Open Innovation siano essenziali per molte di queste aziende, al fine di superare i loro limiti e aumentare la redditività69.
66 D. Teece (1986), Profiting from technological innovation: Implications for
integration, collaboration, licensing and public policy, Research Policy n. 15(6) pagina
da 285 a 305
67 V. Van de Vrande, J. De Jong e W. Vanhaverbeke (2009), Open Innovation in SMEs:
Trends, motives and management challenges, Technovation n. 26 (6-7), pagina da 423 a
437
68 Wynarczyk (2013), Open innovation in SMEs: A dynamic approach to modern
entrepreneurship in the twenty‐first century, Journal of Small Business and Enterprise
Development, 20(2), pagina da 258 a 278.
69 O. Gassmann, E. Enkel e H. Chesbrough (2010), Open R&D and open innovation: