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IL PRINCIPIO DI PUBBLICITÀ NELLA LEGISLAZIONE EUROPEA

All’interno dell’art. 6 par. 1 CEDU si afferma esplicitamente il principio di pubblicità del processo penale, diversamente da quanto previsto nella Costituzione italiana.

L’intenzione della Corte di Strasburgo, nell’enucleare la ratio della pubblicità, è quello di mettere in relazione il principio in oggetto con tutti gli altri principi fondamentali di una società democratica41, ribadendo quindi lo scopo

della pubblicità del processo penale, ossia quello di tutelare

i singoli da una giustizia che sfugge al controllo del pubblico,

rappresentando così, uno degli strumenti per contribuire al

mantenimento della fiducia nei tribunali42.

In particolare, l’art. 6 par. 1 Cedu si apre con una affermazione, esplicita e generale, del principio in esame prevedendo, infatti, che ogni persona ha diritto a che la sua

40www.csm.it/circolari/cir6_13.pdf .

41 Kostoris R.E., Manuale di procedura penale europea – II edizione riveduta e ampliata, Giuffrè Editore, 2015, p.115

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causa sia esaminata equamente e pubblicamente (..) e che

la relativa sentenza sia resa pubblicamente (…).

Proseguendo la lettura di tale disposizione è possibile rilevare la presenza di deroghe a tale principio, che si sostanziano “nell’interesse della morale, dell’ordine

pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica; quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia”.

Nei casi sopra menzionati, viene demandato al giudice ordinario dello Stato nazionale, il compito di contemperare le diverse ed opposte esigenze che possono giustificare una eventuale limitazione del principio della pubblicità43.

Alla Corte europea resterà, comunque, il potere-dovere di esaminare il modo con cui i singoli Stati effettuano il bilanciamento degli interessi coinvolti44.

È necessario osservare come l’art. 6 par. 1 Cedu alluda, principalmente, alla pubblicità esterna nella sua duplice accezione sia di pubblicità c.d. immediata che di pubblicità

43 Maffeo V., Il contributo della giurisdizione sovranazionale all’evoluzione del

principio di pubblicità - The contribution of supernational law to the evolution of the tenet of judicial public hearing, in www.processopenaleegiustizia.it, n°2/2016, p. 155.

44 Bartole S., Conforti B., Raimondi G., Commentario alla Convenzione europea per la

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c.d. mediata, garantendo quindi la presenza alle udienze giudiziali sia del pubblico che della stampa45.

In ragione di ciò, occorre precisare come il destinatario principale delle deroghe sopra descritte, sia la stampa; da ciò si può pacificamente affermare come i singoli Stati, siano autorizzati a dettare regole diverse per l’una o l’altra categoria.

Si precisa come nella categoria della stampa, rientrino tutti quei soggetti idonei ad assicurare una pubblicità c.d. mediata46.

A riprova di ciò, si veda come nell’art. 473 c. 2 c.p.p. sia possibile riscontrare, a tutti gli effetti, quanto sostenuto fino ad ora; in tale norma, infatti, si prevede la possibilità, per il giudice, di disporre, con ordinanza pronunciata in pubblica udienza, la celebrazione del dibattimento o il compimento di alcuni atti a porte chiuse; in tale situazione, tuttavia, il giudice ha la possibilità di consentire la presenza dei giornalisti in aula, nei soli casi previsti dall’art. 427 c. 3 c.p.p.: per ragioni di igiene, quando vi sono manifestazioni pubbliche che possono turbare il regolare svolgimento oppure quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o imputati47.

45 Chiavario, Diritto processuale penale, Utet - VI edizione, p.515.

46 Bartole S., Conforti B., Raimondi G., Commentario alla Convenzione europea per la

tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, cit., p.201.

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Per quanto concerne la pubblicità interna, intesa, come visto sopra, come la partecipazione attiva dell’accusato al procedimento, e in particolare, il diritto del soggetto a essere informato dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico, occorre ricordare la direttiva 2012/13/UE con cui il Parlamento europeo e il Consiglio U.E. hanno dettato agli Stati membri obblighi di risultato in tema di diritto di informazione nel procedimento penale.

La direttiva in parola si occupa del diritto di informazione - dalla fase delle indagini preliminari fino all’esaurimento delle procedure di impugnazione - in tre diverse accezioni:

- Diritto a conoscere gli estremi dell’addebito;

- Diritto all’informazione sulle prerogative processuali; - Diritto di accesso al materiale probatorio raccolto

dagli inquirenti.

In particolare, quanto alla prima accezione, l’articolo 6 della direttiva, rubricata “diritto all’informazione sull’accusa” recita:

“Gli stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano fornite informazioni sul reato che le stesse sono sospettate o accusate di aver

commesso. Tali informazioni sono fornite

tempestivamente e con tutti i dettagli necessari, al fine di garantire l’equità del procedimento e

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l’esercizio effettivo dei diritti della difesa. Gli stati membri assicurano che le persone indagate o imputate, che siano arrestate o detenute, siano informate dei motivi del loro arresto o della loro detenzione, e anche del reato per il quale sono indagate o imputate”.

Per quanto concerne invece la seconda accezione del diritto all’informazione l’articolo 3 della direttiva prevede che gli Stati membri devono assicurare tanto alle persone indagate quanto alle persone imputate alcune prerogative difensive fondamentali tra cui il diritto di avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore, l’enunciazione delle condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio, il diritto di essere informato degli estremi dell’addebito, il diritto di ottenere l’assistenza di un interprete e della traduzione degli atti, il diritto a rimanere in silenzio.

Infine, con riferimento alla terza accezione del diritto di informazione, l’articolo 7 paragrafo 1 stabilisce che, a prescindere dalla fase processuale in cui si collochi, qualora una persona sia stata arrestata o sia comunque detenuta, gli stati membri debbono provvedere “affinché i documenti

relativi al caso specifico, in possesso delle autorità

competenti, che sono essenziali per impugnare

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legittimità dell’arresto o della detenzione, siano messi a disposizione delle persone arrestate o degli avvocati”.

Tale disposizione è finalizzata essenzialmente a garantire al soggetto privato della libertà personale, di disporre di tutto il materiale probatorio necessario per reagire al provvedimento limitativo della libertà.

Il paragrafo 2 dell’articolo 7, invece, impone agli Stati membri di assicurare all’imputato e al difensore, l’accesso a tutto il materiale probatorio in possesso delle autorità competenti, sia esso a favore o contro l’interessato. L’accesso a tali documenti deve essere garantito a prescindere dalla sussistenza di un provvedimento limitativo della libertà personale, in tempo utile per consentire l’esercizio effettivo dei diritti della difesa e “al più tardi nel momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria”.

La suddetta direttiva è stata attuata nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo 1° luglio 2014 n.101, che ha apportato modifiche significative al codice di procedura penale.

Il decreto legislativo, tuttavia, si è concentrato essenzialmente sulle prime due accezioni del diritto all’informazione, tralasciando completamente il diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine. Il

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parzialmente alla disciplina contenuta nella direttiva, ha perso l’occasione di introdurre una disciplina organica in tema di pubblicità interna, rispettosa degli standard europei48.

4. CENNI SULLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE