• Non ci sono risultati.

SIGNIFICATO E LIMITI DEL PRINCIPIO DI PUBBLICITÀ NELLA GIURISPRUDENZA CEDU

LA PUBBLICITÀ E IL RITO CAMERALE

3. SIGNIFICATO E LIMITI DEL PRINCIPIO DI PUBBLICITÀ NELLA GIURISPRUDENZA CEDU

L’art. 6 CEDU sancisce espressamente il diritto dell’imputato

allo svolgimento “a porte aperte” dell’udienza.

L’importanza della pubblicità dell’udienze penali è testimoniata dal fatto che, tale principiovc compare espressamente in numerose convenzioni internazionali, tra cui il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici124, la

Convenzione Americana sui Diritti Umani125 e la Carta dei

diritti fondamentali dell’Unione europea126.

123 Dean G., Gli atti – Tomo II, in Trattato di procedura penale – diretto da Spangher G., cit., p. 51

124 In particolare, l’art. 14 c. 1 del Patto internazionale prevede che “ogni individuo ha diritto ad un’equa e pubblica udienza (…) allorché si tratta di determinare la fondatezza di un’accusa penale che gli venga rivolta, ovvero di accertare i suoi diritti ed obblighi mediante un giudizio civile. Il processo può svolgersi totalmente o parzialmente a porte chiuse, sia per motivi di moralità, di ordine pubblico o di sicurezza nazionale in una società democratica, sia quando lo esiga l’interesse della vita privata delle parti in causa, sia, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal tribunale, quando circostanze particolari per la pubblicità nuocerebbe agli interessi della giustizia (…).

125 L’art. 8 c. 5 Convezione americana sui diritti umani prevede che “criminal

proceedings shall as public, except insofar as may be necessary to protect the interests of justice”.

126 L’art. 47 Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea prevede che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un termine ragionevle da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”

88

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha, in più occasioni, precisato che “the public character of proceedings before

the judicial bodies referred to in Article 6 § 1 protects litigants against the administration of justice in secret with non public scrutiny; it is also one of the means whereby confidence in the courts, superior of inferior, can be maintained. By rendering the administration of justice visible, publicity contributes to the achievement of the aim of Article 6 § 1, namely a fair trial, the guarantee of which is one of the fundamental principles of any democratic society,

within the meaning of the Convention”127.

La ratio dell’articolo 6, quindi, a parere della Corte europea, si sostanzia nell’esigenza di protezione contro “una giustizia segreta, sottratta al controllo del pubblico128”.

La pubblicità, inoltre, attribuisce ai cittadini la possibilità di assistere all’esercizio della giurisdizione, accrescendo conseguentemente la fiducia degli stessi nei confronti degli organi giudicanti. Infine, sempre secondo la Corte, la

trasparenza nell’amministrazione della giustizia,

contribuisce al raggiungimento dello scopo essenziale dell’articolo 6, ossia del giusto processo, principio fondamentale di ogni società democratica129.

127 Corte Europea sent. 8 – Dicembre – 1983, Sutter ed altri c. Italia, 128 Corte europea, Riepan c. Austria, 14-novembre-2000.

129 European Court of Human Rights – Guida all’art. 6 – Diritto ad un equo processo

(ambito penale), 2014, in

89

La massima esaltazione del canone pubblicitario e della trasparenza, che ad esso si accompagna, trova perfetta esplicazione nella formula anglosassone “justice is not only

to be done, but to be seen to be done130”; ne discende

quindi che un processo non trasparente, perché non pubblico, sarebbe il paradigma di una giustizia denegata, posto che l’equità della procedura passa anche dalle modalità con cui questa si manifesta all’esterno.

Riassumendo, dunque, la pubblicità dell’udienza costituisce un principio fondamentale, distinto e ulteriore, rispetto alla garanzia dell’effettività del contraddittorio; in particolare, la giurisprudenza europea considera l’udienza pubblica un diritto soggettivo del cittadino, invocabile nell’esercizio del più generale diritto dell’imputato al “giusto processo”, ed in quanto tale, rientrante nella disponibilità della parte.

I giudici di Strasburgo hanno sottolineato altresì che la pubblicità, in quanto diritto soggettivo dell’imputato, deve essere “sostanzialmente garantita” e non soltanto “non formalmente esclusa”; conseguentemente il processo deve svolgersi in “un luogo facilmente accessibile, in un’aula capace di contenere un certo numero di spettatori, normalmente raggiungibile e riconoscibile attraverso un’adeguata informazione131”.

130 Traduzione dell’autore: la giustizia non deve essere solo fatta ma deve essere (vista dai cittadini nel suo svolgimento) e quindi deve essere trasparente nel suo esercizio.

90

Parte della dottrina, sostiene che il carattere pubblico delle udienze, in quanto diritto coessenziale al processo equo, trascende la semplice dimensione soggettiva, assumendo invece un rilievo collettivo/istituzionale132.

Infatti, secondo questa ultima impostazione, sarebbe configurabile un interesse diffuso della collettività allo svolgimento a porte aperte del processo; tale impostazione, tuttavia, presta il fianco a critiche in quanto, in caso di svolgimento del processo a porte chiuse, si paleserebbe una

violazione del suddetto interesse collettivo e,

conseguentemente, ad ogni cittadino dovrebbe essere riconosciuto il diritto di ricorrere per la violazione suddetta. In realtà, ciò non avviene, in quanto i diritti previsti dall’art. 6 CEDU non possono essere invocati in doglianza da persone diverse dal soggetto direttamente interessato dal procedimento.

Si precisa, quindi, che il diritto ad un’udienza pubblica concerne due aspetti: il diritto soggettivo dell’accusato da una parte, e la garanzia istituzionale, espressione di interessi collettivi dall’altra, che rimane, tuttavia, priva di un rimedio per la sua tutela effettiva133.

La sopra descritta ambivalenza del principio di pubblicità si riverbera, inevitabilmente, sul regime di rinunciabilità dello

132 Gaito – Furfaro, Consensi e dissensi sul ruolo e sulla funzione della pubblicità delle

udienze penali, in Giur. cost., 2010, p. 1065.

133 De Longis m., La pubblicità dell’udienza nella giurisprudenza CEDU, 13-maggio- 2013, in www.duitbase.it

91

stesso; la Corte europea, infatti, ammette la rinuncia da parte dell’imputato, così come la deroga disposta dall’organo giudicante, solo in presenza di una delle condizioni tassativamente previste dal secondo enunciato del par. 1 art. 6 CEDU.

Come verrà descritto nei paragrafi successivi, la Corte di Strasburgo ha più volte affermato che gli Stati contraenti devono provvedere affinché gli individui possano sempre godere dell’udienza pubblica, anche nei casi in cui gli stessi abbiano ritenuta legittima l’adozione di un’udienza senza pubblico (udienza camerale); la Corte ha statuito, infatti, che le limitazioni alla regola della pubblicità costituiscono esclusivamente eccezioni rispetto alla regola generale, giustificabili entro i limiti segnati dalla legittimità convenzionale e dalle “particolarità” della procedura di cui si discute, tenendo conto del ruolo del procedimento.

L’assenza di pubblicità del dibattimento e la mancata audizione dell’imputato, a parere della Corte, possono considerarsi giustificate “sempre che tali condizioni siano state soddisfatte in prima istanza, quando il riesame della causa nel secondo grado di giudizio investa solo i punti di diritto e non quelli di fatto”134.

Occorre sottolineare, altresì, come non vi sia alcun obbligo assoluto135, posto dall’art. 6 CEDU, di tenere una pubblica

134 Corte eur. Ekbatani c. Svezia, 26-maggio-1988

92

udienza. Infatti, le circostanze che possono dispensare dalla celebrazione di una udienza pubblica, dipendono dalla natura delle questioni affrontate dinanzi la Corte competente.

In particolare, il par. 1 del suddetto articolo prevede la possibilità di impedire l’accesso alla sala d’udienza alla stampa e al pubblico, durante tutto o parte del processo, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, oppure quando la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia.

Come detto, nei casi sopracitati, l’autorità giudiziaria non è obbligata, ma ha il diritto di ordinare la celebrazione in camera di consiglio, ove consideri giustificata tale restrizione136.

Sebbene tale principio si imponga fortemente all’interno del processo penale, in alcune occasioni potrebbe essere necessario limitarne la portata al fine, per esempio, di tutelare la sicurezza e la privacy dei testimoni, oppure di promuovere il libero scambio di informazioni ed opinioni per fini di giustizia137.

136 Corte eur., Toeva v. Bulgaria, 09-settembre-2004.

137 Cfr: B. and P. v. the United Kingdom, 05-settembre-2001 in European Court of

93

In merito al problema della suddetta tutela della sicurezza è opportuno notare come questa necessità sia molto presente nei processi penali ma, in realtà, i casi in cui tali preoccupazioni giustificano l’udienza a “porte chiuse” sono rari.

A tal proposito, la giurisprudenza CEDU138 sostiene che i

provvedimenti di sicurezza dovrebbero essere

accuratamente commisurati rispetto alle esigenze concrete ed essere informati al principio di stretta necessità; le autorità giudiziarie dovrebbero, quindi, considerare tutte le possibili alternative per garantire la sicurezza nelle aule di giustizia dando, dunque, preferenza alla misure restrittive possibili rispetto allo scopo perseguito.

La Corte di Strasburgo ha, inoltre, osservato come la mera presenza di informazioni riservate nel fascicolo processuale non implica automaticamente la necessità di procedere a “porte chiuse” evitando un bilanciamento tra sicurezza nazionale e trasparenza ma, prima di procedere in tal senso, le Corti dovranno fornire specifici ed obiettivi riscontri in relazione al fatto che la chiusura sia necessaria per proteggere un rilevante interesse nazionale imponendo, dunque, la segretezza nei limiti strettamente necessari alla tutela di tali interessi139.

138 Corte eur., Riepan c. Austria n° 35115/97

139 Cfr: Belashev v. Russia, 04-maggio-2009 e Welke and Bialek v. Poland 15- settembre-2011.

94

In alcuni casi, come vedremo nei paragrafi successivi, la Corte europea, nel valutare le sue decisioni, prenderà in considerazione gli “interessi superiori e l’alto grado di tecnicità” delle questioni, condizioni secondo cui giustificherebbero una udienza senza pubblico.

La Corte di Strasburgo, nonostante la presenza di queste due condizioni, preferisce imporre il riconoscimento del diritto di chiedere una pubblica udienza in quanto, la pubblicità del procedimento consente il controllo e la trasparenza dell’azione giudiziaria e, in definitiva, del giusto processo.

4. IL RITO CAMERALE NEL PROCEDIMENTO DI