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RAPPRESENTAZIONE DI VICENDE GIUDIZIARIE NELLE TRASMISSIONI RADIOTELEVISIVE

Nei processi mediatici, l’accusa, talvolta anche per “tattica” investigativa, prende l’iniziativa di condividere le informazioni in suo possesso con i mass media, mediante il rilascio di interviste, invio di video o tramite altre modalità; la difesa, a sua volta, o per sua iniziativa o perché costretta a difendere il suo assistito, può trovarsi all’interno del circo mediatico con il compito di discreditare, con minori vincoli e sicuramente con minore conoscenze, soprattutto nelle fasi iniziali del procedimento, quanto riferito dall’accusa agli organi di stampa.

Da qui ha inizio il processo mediatico in cui la giustizia “percepita” deriva dalla somma degli interventi delle parti, dalla “simpatia” che le stesse riescono a trasmettere al pubblico e soprattutto dalla materia del contendere,

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suscettibile di maggiore o minore interesse da parte dell’opinione pubblica.

Proprio per impedire i processi-show trasferiti

impropriamente dalle aule di giustizia in televisione e, al fine di rendere chiare le differenze fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra accusa e difesa, è stato emanato il codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive.

Tale codice è stato firmato a Roma il 21 maggio 2009, nella sede dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dai rappresentanti delle emittenti tv, dalla Federazione nazionale della stampa e dell’Ordine nazionale dei giornalisti

Il codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive, che esegue l’atto di indirizzo dell’Agcom del gennaio 2008 (precedentemente analizzato), trova fondamento nei diritti costituzionali di libertà di espressione del pensiero e di tutela della dignità della persona, riconoscendo la necessità di piena esplicazione del diritto di cronaca degli operatori dell’informazione, e nello stesso tempo, l’inderogabile dovere di rispettare nell’esercizio di

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tale funzione informativa, i diritti alla dignità, all’onorabilità e alla riservatezza delle persone211.

L’accertamento in ordine alle violazioni del codice di autoregolamentazione è stata affidato al Comitato per l’applicazione del codice di autoregolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni televisive212, così come previsto dall’art. 2 del

suddetto codice.

Tale Comitato è dotato di appositi criteri per la valutazione del rispetto della pertinenza, obiettività, imparzialità e completezza213 nella diffusione delle notizie; in ogni caso

restano affidate all’Ordine dei giornalisti, in via esclusiva, le eventuali sanzioni a carico degli iscritti.

In particolare, tornando alla funzione del suddetto codice, si precisa come lo stesso preveda espressamente il vincolo a

211 http://www.agcom.it/documents/10179/539169/Documento+Generico+21-05-

2009+1/3c244174-9ef4-46e7-8b90-8de7839f7dd5?version=1.0

212 Il Comitato è composto da tanti membri effettivi ed altrettanti supplenti – questi ultimi con funzione vicaria in caso di assenza o impedimento dei titolari e comunque con funzioni di assistenza dei medesimi delle riunioni del Comitato – quanti sono i Sottoscrittori e da tre membri nominati dal Presidente dell'AGCOM.

I componenti del Comitato di nomina dei Sottoscrittori (le tre emittenti televisive Rai, RTI e Telecom Italia Media e le due Associazioni Aeranti Corallo e FRT, firmatarie del Codice, nonché Ordine Nazionale dei Giornalisti e Federazione Nazionale della Stampa) devono essere scelti tra persone di riconosciuta competenza scientifico-professionale e indipendenza di giudizio, che non siano direttamente impegnate nella progettazione e/o realizzazione di programmi del tipo di quelli oggetto del Codice di autoregolamentazione.

Il Presidente è eletto dal Comitato tra i membri di nomina dell'AGCOM; un Vicepresidente, con funzioni collaborative e vicarie, è eletto dallo stesso Comitato, scegliendolo tra i membri nominati dai Sottoscrittori, in

http://www.agcom.it/comitato-processi-in-tv .

213 Mari A., La spettacolarizzazione della giustizia penale, Cass. pen., fasc. 6, 2011, p. 2063B.

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tenere distinti cronaca e commento, il carattere definitivo e quello non definitivo dei provvedimenti giudiziari, a rispettare il contraddittorio tra le diverse tesi, e a controllare, rigorosamente, la verità dei fatti rappresentati e narrati.

Il fenomeno della spettacolarizzazione delle indagini e del processo penale, è stato oggetto di un intervento del Procuratore Generale della Corte di Cassazione Cons. Pasquale Ciccolo il quale, in occasione dell’inaugurazione

dell’anno giudiziario, ha definito la suddetta

spettacolarizzazione un male patologico del sistema, auspicando “un equo contemperamento tra la libertà di espressione e di stampa, da un lato, e l’esigenza di garantire, dall’altro, le fondamentali esigenze di rispetto della vita privata, della dignità della persona, della riservatezza delle indagini, della presunzione di innocenza e del diritto ad un giusto processo”214.

Con riferimento alla cronaca giudiziaria pisana, è opportuno riportare, con dovizia di particolari, l’intervento del Presidente dell’Ordine degli avvocati di Pisa Avv. Alberto Marchesi relativamente al caso della “nota” maestra pisana S.O. indagata per maltrattamenti a danno di minori nell’esercizio delle sue funzioni.

214 Intervento del Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione nell’Assemblea generale della Corte sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2015, Roma 28 gennaio 2016, http://www.cortedicassazione.it/cassazione-

resources/resources/cms/documents/Intervento_deL_Procuratore_Generale_dott_Pasquale _Ciccolo.pdf

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In particolare, il Presidente ha affermato che “pur comprendendo le ragioni connesse all'interesse pubblico sotteso al dovere di informazione, mi hanno negativamente colpito le modalità con le quali quest'ultimo è stato assicurato, attraverso la sconsiderata ed immediata diffusione, anche a livello televisivo, di immagini e filmati che hanno ritratto non solo le persone alle quali sono state addebitate le condotte oggetto di indagine, ma anche l'edificio scolastico, i luoghi di privata dimora delle persone coinvolte, i genitori e, soprattutto, i bambini vittime dei singoli atti di violenza nonché i loro compagni.

II parziale oscuramento delle immagini, probabilmente imposto da chi le ha, con troppa leggerezza, messe a disposizione della stampa nell'ambito di una fase processuale caratterizzata dalla doverosa riservatezza, si è rivelata precauzione del tutto inadeguata avendo semmai consentito agli stessi cronisti, a fronte di tale circostanziato input, di "inseguire la notizia" completandone i dettagli, essendo del tutto palese la localizzazione geografica dell'asilo in questione, frequentato da appena 22 bambini, circostanza questa che ha consentito la conseguente identificazione anche delle persone offese dal reato e dei loro familiari.

Tutto ciò nonostante la presenza, nel nostro Ordinamento, di un articolato reticolo normativo finalizzato ad assicurare

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un avanzato standard di protezione dei minori, proprio a fronte dei rischi connessi alla possibile esposizione mediatica, il tutto sotto il controllo e la diretta vigilanza dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, appositamente costituita per il perseguimento di tale finalità e dotata anche di poteri sanzionatori.

Senza contare la portata precettiva del contenuto della "Carta di Treviso", sottoscritta dai principali Organi di informazione e regolante proprio la materia delle pubblicazioni concernenti i minori.

Si pensi infine al contenuto delle norme inserite nel Codice di Autoregolamentazione del Servizio Televisivo in rapporto alla minore età di cui al DM 29.11.2002, aspetti questi tutti plasticamente ignorati nel caso di specie.

Con analoghe modalità e stata poi diffusa, sempre con ampio risalto, la fotografia della principale indagata con indicazioni specifiche sull'identità e sui luogo di residenza, peraltro coincidente con quello di esecuzione della misura cautelare personale tuttora in corso di esecuzione, nonché delle altre operatrici di infanzia in servizio nella medesima struttura, che hanno appreso del loro possibile coinvolgimento nella vicenda proprio dal contenuto degli articoli di stampa e dai servizi radio televisivi, ancor prima della ricezione di atti formali provenienti dall'autorità Giudiziaria procedente”.

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Il Presidente dell’Ordine degli avvocati di Pisa sottolinea, inoltre, come tutta questa “gogna mediatica” porti ad una “anticipazione degli scontati esiti del futuro giudizio di merito, ritenuto persino superfluo alla luce della conclamata inesistenza, sul piano oggettivo, di ogni possibile forma di ricostruzione alternativa dei fatti oggetto di indagine”.

Tutto ciò porta quindi ad un “declassamento del processo penale” in quanto divenuto solo un inutile e burocratico procedimento volto solo a carpire i sensi di sofferenza dei protagonisti, attivi e passivi, della vicenda.

Con questo esempio pratico, derivante dalle cronache

giudiziarie pisane, si evidenzia come il diritto

all’informazione, costituzionalmente garantito, debba soccombere di fronte alla tutela della dignità delle persone indagate ed offese dal reato, soprattutto quando il fatto giudiziario vede come protagonisti (o coprotagonisti) i minori di età.

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BIBLIOGRAFIA:

ALESSI G., Il processo penale – Profilo storico, Editori

Laterza, Roma – Bari, 2009.