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Il problema costituzionale e le elezioni in Francia

3) Il rientro in patria e la nomina ad ambasciatore in Francia (1943-46)

3.1 Il problema costituzionale e le elezioni in Francia

Negli ultimi giorni di luglio del ‘45 il Governo provvisorio francese aveva presentato all’Assemblea consultiva il progetto di riforma della Costituzione.196 Nell’ambito del dibattito, che, come riferì Saragat, si svolse in un “tono piuttosto elevato”, emerse chiaramente l’atteggiamento di critica nei confronti di tale progetto. Per ciascun aspetto trattato, infatti, responsabilità o irresponsabilità ministeriale, regolamento delle condizioni d’esercizio dei pubblici poteri da parte dell’Assemblea Costituente o del Governo, Assemblea unicamerale o bicamerale, sovrana o limitata, l’Assemblea Consultiva si pronunciò in senso sfavorevole ai progetti governativi. Secondo Saragat, tuttavia, la vivacità con cui i membri dell’Assemblea avevano polemizzato con De Gaulle e la quasi unanimità creatasi nel raccomandargli una revisione del suo progetto “avevano dato la misura dell’interesse con cui la Francia, pure devotissima al capo della Resistenza, si preoccupava di non vedere rinnovate le condizioni anteriori al 1940 né di lasciar slittare, dopo l’amara esperienza Pétain, il regime repubblicano verso forme più o meno larvate di potere personale”.197

Su questa preoccupazione, “sincera e giustificata”, si erano espressi gli stessi partiti; “ognuno di essi -scriveva Saragat- aveva obiettivi che andavano al di là della pura questione istituzionale”. I comunisti, ad esempio, che pure avevano sempre sostenuto la necessità di un’assemblea unica e sovrana, non avevano esitato ad appoggiare la tesi dei radicali che insistevano per il ritorno alla

indispensabile interessi paese…”, telegramma di Saragat a Faravelli, in data 5 gennaio 1946, da Parigi, ivi, pp. 74-5. Saragat si riferisce al comitato centrale del PSIUP, convocato per il 7-10 gennaio. La proposta di Luigi Longo, vicesegretario del PCI, era stata formalmente avanzata al V Congresso nazionale del Partito (Roma, 29 dicembre 1945- 8 gennaio 1946) e prevedeva la Federazione fra i due partiti, come passo concreto verso la fusione. Faravelli avrebbe continuato ad informare Saragat sull’attività dei “fusionisti” nel PSIUP e sulle iniziative del gruppo di “Critica sociale” con lettere da Milano in data 22 e 29 gennaio 1946. Ivi, rispettivamente pp. 86-7 e 88-9. In quella del 29 gennaio Faravelli concludeva ammonendo Saragat: “Devi sforzarti di dare il massimo contributo alla lotta difficile che abbiamo intrapreso e senza ulteriore ritardo. Deciditi poi a piantare in asso definitivamente l’ambasciata e a riprendere il tuo posto nel partito, e precisamente a Milano”.

196 Cfr. M. Merle, Le istituzioni e la politica (1945-80), in G. Duby, Storia della Francia, vol. II, Milano, Bompiani, 1997, p. 1303; S. Guerrieri, op. cit., pp. 67 e sgg.

197 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 332, fasc. 4, Saragat a De Gasperi, Parigi, 30 agosto 1945, pp. 1-2.

costituzione del 1875. “Forse -proseguiva Saragat-, per lo spirito di adattamento da essi dimostrato, si può ritenere che i comunisti siano stati gli unici che tendessero a raccogliere, a tutti i costi, una maggioranza sfavorevole al Generale”.

I socialisti, invece, “più coerenti alle loro richieste originarie”, insistevano per un sistema uninominale; non solo, ma con la presentazione del progetto Auriol, in collaborazione con Bourdet del M.R.P., avevano offerto le basi per un compromesso con il Governo.

De Gaulle, conducendo “un’abile e misurata polemica con i suoi oppositori”, tentò di presentare il progetto governativo come l’unica via d’uscita fra le due opposte tesi: sistema bicamerale o sistema unicamerale con poteri sovrani. Egli difese, inoltre, l’istituto del referendum come il sistema “più democratico ed il più adatto per far partecipare la volontà popolare a tutte le fasi della riforma costituzionale”.

I comunisti respingevano ogni avallo di carattere plebiscitario, in quanto ritenevano che qualora il popolo si fosse espresso favorevolmente alle proposte governative, il referendum si sarebbe trasformato in un plebiscito a favore di De Gaulle.

Nonostante il voto sfavorevole dell’Assemblea consultiva, il progetto del Governo non subì importanti modificazioni. Attraverso un referendum, il popolo avrebbe deciso se abrogare o meno la Costituzione del 1875. Nel caso di decisione favorevole all’abrogazione, si sarebbe eletta un’Assemblea unica con poteri limitati, fino alla formulazione di una nuova Costituzione. Infine, la nuova Costituzione sarebbe stata sottoposta al vaglio popolare.

I comunisti protestarono inutilmente, mentre, come riferì Saragat, molti giornali espressero un certo rammarico per il rigetto del contro-progetto Auriol-Bourdet che offriva “un abile congegno per ottenere una compensazione tra legislativo ed esecutivo e, parallelamente, tra stabilità governativa e controllo parlamentare”. Questo contro-progetto sarebbe stato considerato positivamente anche dallo stesso De Gaulle.

Nonostante le decisioni del Consiglio dei Ministri -scriveva Saragat- è possibile che gli uomini politici e i membri dell’Assemblea tornino alla carica, fino al limite possibile, allo scopo di persuadere il Generale. Il quale, bisogna riconoscerlo, ha sinora dato l’impressione di sentirsi sicuro e di voler mantenere con fermezza il suo programma. Se la stima e la riconoscenza per De Gaulle prevarranno sul timore di veder rinnovate quelle condizioni che, in periodi analoghi a questo che la Francia attraversa, hanno preparato la dittatura, il sistema che si realizzerà per la riforma della Costituzione sarà un sistema di compromesso che tenderà, con un miscuglio di democrazia e di regime personale, a rendere duraturo l’attuale regime d’eccezione. Così se De Gaulle sarà rieletto e, nella fase di transizione, saprà tenere le opposte forze in equilibrio, egli si sarà assicurato la possibilità di impedire, ad ogni momento, che l’Assemblea unica possa “déborder” dalla competenza che egli intende attribuirle e, sembra con assoluta buona fede, volerle conservare.198

Ma la situazione politica interna sarebbe peggiorata, ai primi di settembre, a causa del rifiuto del generale De Gaulle di ricevere una delegazione dei partiti di sinistra capeggiata dall’ex segretario socialista della CGT, Léon Jouhaux. Come riferì Saragat, l’atteggiamento del Capo del Governo provvisorio appariva “inesplicabile” e “provocava disorientamento nella stessa stampa favorevole alle sue tesi politiche”. Saragat definiva quel comportamento di De Gaulle un “grave errore”, opinione condivisa dallo stesso Léon Blum, incontrato dall’ambasciatore subito dopo “il colpo di testa del Generale”. Il leader socialista francese aveva manifestato “il suo doloroso stupore e la sua amarezza, ma soprattutto la sua perplessità di fronte ad un gesto di cui non sapeva interpretrarne il movente”.199 Saragat riferiva che la situazione politica, in quel momento, era caratterizzata dalla presenza di un’alleanza fra comunisti e radicali, da cui veniva “tacitamente” espressa la candidatura di Herriot alla presidenza della prossima Costituente, mentre a questo blocco si opponeva, “sotto il patronato più o meno larvato di De Gaulle”, quello socialista-cattolico. “Non ho bisogno di dire -proseguiva Saragat- quanto entrambi i due blocchi siano poco omogenei e addirittura assurdi al fine degli obiettivi apparenti che vengono proposti”.

L’alleanza fra i comunisti, che volevano l’Assemblea unica e la liquidazione della III Repubblica, e i radicali, che auspicavano la restaurazione, con qualche ritocco, del vecchio Senato, non era “meno innaturale” del blocco dei socialisti

198 Ivi, pp. 2-4.

199 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 332, fasc. 4, Saragat a De Gasperi, Parigi, 4 settembre 1945.

con i cattolici ed i partiti di destra. Secondo Saragat, le alleanze che si andavano delineando, sarebbero confluite nei due blocchi gaullista e herriottista, mentre come figura “mediatrice ed un tantino enigmatica” vi era quella di Blum che avrebbe potuto all’ultimo momento utilizzare a proprio vantaggio gli antagonismi dei due maggiori avversari.

Sino alla Costituente sarebbe stato sicuramente De Gaulle a dirigere la Francia, ma sull’esito delle elezioni generali previste per il 21 ottobre, alla luce degli ultimi avvenimenti, era praticamente “impossibile” fare delle previsioni.200

I risultati definitivi delle elezioni cantonali del 23 e 30 settembre avrebbero, comunque, segnato il trionfo della SFIO, “lasciando prevedere facilmente la fisionomia della prossima Assemblea Costituente”. Saragat era convinto che il successo dei socialisti, che avevano ottenuto la maggioranza relativa dei seggi, fosse dovuto alla “rigorosa” autonomia mantenuta nei confronti dei comunisti, autonomia che avrebbe collocato il partito di Blum “al centro della vita politica francese”, al posto del Partito radicale oramai “in netta decadenza”. Secondo Saragat, questo successo si sarebbe “amplificato” nelle successive elezioni generali, “assicurando” l’approvazione delle norme disciplinatrici della Costituente presentate da De Gaulle, la cui rielezione a capo del Governo provvisorio, che avrebbe operato fino alla nascita della IV Repubblica, pareva “assicurata”. Saragat riteneva, inoltre, che De Gaulle sarebbe divenuto Presidente della nuova Repubblica, con Blum capo del Governo.

L’unico pericolo era rappresentato dalla possibilità che PCF e Partito radicale accentuassero l’ostilità nei confronti del Generale, costringendo i socialisti a presentare una loro candidatura. “In ogni caso -concludeva Saragat- allo stato attuale delle cose, la vita politica francese è nettamente dominata dalle forti personalità di De Gaulle e Blum, strettamente associate ad un programma di profonde riforme strutturali e nel rispetto rigoroso delle libertà democratiche”.

200 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 332, fasc. 4, Saragat a De Gasperi, Parigi, 6 settembre 1945.

L’ambasciatore riteneva che questa condizione avrebbe favorito la politica italiana nei riguardi della Francia.201

Il 22 ottobre, Giorgio Benzoni, consigliere della rappresentanza italiana a Parigi, comunicò a Roma i risultati ufficiosi del referendum e delle elezioni generali, tenutesi il giorno precedente. Il referendum proponeva agli elettori due quesiti, dei quali il primo chiedeva: “Voulez-vous que l’Assemblée soit costituante?”; il secondo, invece, riguardava i poteri da attribuire all’Assemblea qualora gli elettori avessero accettato che quest’ultima fosse costituente. Il 90% degli elettori rispose sì al primo quesito, il 66% si espresse a favore del secondo. Alle elezioni i comunisti ottennero 145 seggi, i socialisti 144, il M.R.P. 143, Alleanza democratica 15, i radicali 19, mentre i vari partiti di destra ne ottennero 45. L’affluenza alle urne era stata dell’ottanta per cento. La vittoria del Governo, che, come scriveva Saragat, era soprattutto una vittoria del generale DeGaulle, “aveva superato ogni previsione” e avrebbe garantito una solida maggioranza all’interno della futura Assemblea Costituente, anche nel caso in cui il PCF fosse passato all’opposizione.202

3.2 La formazione del nuovo governo De Gaulle e l’avvento della IV