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La crisi di febbraio e l’ingresso del PSLI nel sistema politico

Il PSLI e i governi De Gasperi (1947-1951)

1.1 La crisi di febbraio e l’ingresso del PSLI nel sistema politico

Alcuni giorni dopo la scissione di Palazzo Barberini, Pietro Nenni, ministro degli Esteri, presentò le dimissioni a De Gasperi, appena rientrato dal viaggio negli Stati Uniti.

I ministri socialisti che avevano aderito al PSLI, invece, accettando la decisione che il Comitato direttivo del nuovo partito aveva preso durante la sua prima riunione, decisero di mantenere i propri incarichi governativi, ritenendo inutile in quel momento una crisi di governo. Alcuni esponenti di “Critica Socale”, ad esempio, ritenevano “delittuoso” interrompere il lavoro avviato dal Governo.294

294 CIRIEC, FTR, Carte personali, 4.1.1.3, la redazione di “Critica sociale” a Tremelloni, 5 gennaio 1947.

La successiva decisione di De Gasperi di avviare la crisi, indusse Lodovico D’Aragona, ministro del Lavoro, Angelo Corsi, sottosegretario agli Interni, e Roberto Tremelloni, sottosegretario all’Industria e al Commercio, a rassegnare il loro mandato.295

295 “Nel 1947 -scrisse Tremelloni nelle sue note- Saragat fu tempestivo e vide chiaramente il pericolo d’un partito socialista alleato con quello comunista, e massimaleggiante; ed ebbe il coraggio di scegliere, come l’avevano avuto Turati, Treves, Modigliani e Matteotti nel 1922 (ahimè! Troppo tardi). Andai con Saragat, come ero andato con Turati un quarto di secolo prima. Naturalmente D’Aragona ed io, che eravamo al governo, demmo le dimissioni subito dopo la scissione e la formazione del nuovo partito a palazzo Barberini. In due discorsi, uno di Saragat ed uno mio, alla Costituente, spiegammo ‘perché non siamo al governo’”. CIRIEC, FRT, Carte

personali, 1.1.2.8., note di Tremelloni sulla scissione socialista e sulla crisi del febbraio 1947.

Roberto Tremelloni nacque a Milano il 30 ottobre del 1900. Fu ufficiale degli Alpini nel corso del primo conflitto mondiale. Negli anni Venti collaborò con i periodici “Battaglie Sindacali”, “Critica Sociale”, “La Sera” e “Quarto Stato”, e divenne caporedattore del quotidiano “La Giustizia” di Claudio Treves. Laureatosi in Scienze economiche all’università di Torino, Luigi Einaudi lo avrebbe voluto come suo assistente all’università “Bocconi” di Milano, ma le discriminazioni contro i docenti antifascisti ed il suo rifiuto di aderire al regime lo portarono, nel 1926, ad intraprendere la carriera accademica come libero docente all’università di Ginevra. Nel febbraio 1933, avviò la pubblicazione della rivista economica “Borsa”, edita dalla sua stessa casa editrice “Aracne”, e che nasceva sul modello dell’inglese “The Economist”, del “Financial News” e del “Wall Street Journal”. La rivista, su cui scriveva anche Einaudi, era di chiaro stampo liberale e criticava il New Deal americano con l’intento di attaccare il corporativismo fascista. Essa fu soppressa con decreto prefettizio nel 1934. Nel 1941 Tremelloni, che era stato fra i firmatari del Manifesto di Gobetti, fu arrestato dalla polizia segreta ed internato nel campo di concentramento di Vasto. Dopo la caduta del regime avrebbe partecipato attivamente alla fondazione del quotidiano economico “24 ore” che fu poi rilevato dalla Confindustria ed unificato con “Il Sole”. Nel 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia gli affidò la presidenza del Commissariato al ministero della Produzione industriale per l’Alta Italia e, in seguito, la vice presidenza del Consiglio Industriale Alta Italia (CIAI). Fu lettore all’Università “Bocconi” e docente al Politecnico di Milano. Membro dell’Assemblea Costituente, nel secondo governo De Gasperi fu sottosegretario al ministero dell’Industria e del Commercio in rappresentanza del PSIUP. Condividendo pienamente la posizione dell’amico Saragat, nel gennaio 1947 aderì alla scissione di palazzo Barberini, entrando nel PSLI; nell’estate dello stesso anno fu delegato italiano alla Conferenza di Parigi sul piano Marshall mentre nell’autunno venne nominato presidente del Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica (FIM) e ministro dell’Industria nel quarto gabinetto De Gasperi in rappresentanza del PSLI. Dopo le elezioni dell’aprile 1948, Tremelloni entrò nel quinto governo De Gasperi in qualità di ministro senza portafoglio della Cooperazione economica europea, vice presidente del Comitato interministeriale per la ricostruzione (CIR) e presidente del sottocomitato CIR-ERP; dal marzo 1949 fu Delegato italiano all’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE), a Parigi. Uscito dal governo alla fine del 1949, dopo la scissione interna al PSLI e la nascita del PSU, promosse alcune importanti inchieste parlamentari sulla disoccupazione e sulla concorrenza nel campo economico. La sua attività governativa sarebbe ripresa solo nel 1954 come ministro delle Finanze nel governo Scelba; suo sarebbe stato un importante progetto di riforma fiscale meglio noto come “legge Tremelloni”. Le sue precarie condizioni di salute lo indussero, tuttavia, ad allontanarsi nuovamente dall’attività governativa. Fra il 1962 ed il 1968 fu ministro del Tesoro nel quarto governo Fanfani, ministro delle Finanze nel primo e secondo governo Moro, ministro della Difesa nel terzo governo Moro. Dal 1952 al 1962 fu anche Presidente dell’Azienda Elettrica di Milano (AEM). Eletto per l’ultima volta deputato nel 1968, Tremelloni presiedette la Commissione

Nella Direzione della Democrazia cristiana del 20 gennaio 1947, De Gasperi precisò le ragioni che lo avevano indotto a rassegnare le dimissioni “senza preavvertire”: non sarebbe stato possibile, a suo avviso, esaminare in Consiglio dei ministri la possibilità di una crisi di governo; ritenne invece “meglio fare un atto deciso”, tenendo conto delle posizioni espresse “ripetutamente” dal Consiglio nazionale e dalla Direzione della DC.296

Il leader democristiano avrebbe visto con favore la partecipazione socialista democratica ad una nuova compagine ministeriale, con un ridimensionamento di comunisti e socialisti “nenniani”, ma la Direzione del PSLI assunse una posizione contraria a qualsiasi collaborazione governativa. Il 27 gennaio, lo stesso De Gasperi riferì alla Direzione del suo partito che “con Saragat non si è ottenuto nessun risultato causa preponderanza” di Iniziativa Socialista.297

Oltre alla scontata opposizione della sinistra del PSLI, vi era evidentemente anche un problema di rapporti di forza: secondo Saragat, infatti, partecipare ad un nuovo governo secondo la legge della proporzionalità dei vari gruppi parlamentari voleva dire associarsi con un paio di ministri al massimo ad un nuovo esecutivo di cui veniva denunciata l’organica incapacità a realizzare qualsiasi programma.

La nostra azione specifica -scriveva Saragat- si sarebbe diluita ed annullata in quella generica, ma numericamente soverchiante degli altri partiti… noi saremmo andati al governo con due o magari tre ministri ed avremmo visto la nostra azione annullata e distrutta da quella di una buona dozzina di colleghi di altri partiti animati certo dalle migliori intenzioni del mondo, ma troppo numerosi perché la loro azione potesse essere non diciamo ispirata, ma anche semplicemente vivificata dal nostro modo di vedere le cose e di impostare i problemi… Noi tendiamo a creare un equilibrio definitivo delle istituzioni repubblicane e questo equilibrio non può risultare che dall’intervento massiccio nella vita del Paese e nell’azione del Governo, di un grande Partito socialista che lungi dall’avocare a sé la funzione di moderatore degli altri partiti, diventi per la forza delle cose il propulsore di tutta la vita nazionale.298

Bilancio della Camera dei Deputati fino al 1972, anno del suo definitivo ritiro dalla scena politica. Morì a Brunico (Bolzano) l’8 settembre 1987.

296

ASILS, FFB, Verbali della Direzione nazionale e della Giunta esecutiva della DC, Sc. 1, fasc. 4, Verbale della Direzione del 20 gennaio 1947.

297 ASILS, FFB, Verbali della Direzione nazionale e della Giunta esecutiva della DC, Sc. 1, fasc. 4, Verbale della Direzione e del Direttorio del Gruppo parlamentare del 27 gennaio 1947.

298 G. Saragat, Perché non siamo andati al governo, in “L’Umanità”, 2 febbraio 1947. Cfr. anche

Non partecipare al governo e Il dovere dei socialisti, in “L’Umanità”, 25 gennaio 1947; U. G.

Mondolfo, A crisi risolta, in “Critica Sociale”, 16 febbraio 1947, pp. 53-55; M. Zagari, Quale

Le reazioni del PSLI alla riedizione del tripartito furono negative e anzitutto indirizzate contro De Gasperi, responsabile di aver aperto una “inutile crisi”, considerando la scissione come uno “spostamento a destra di una parte del Partito socialista”, invece di attribuirle il significato di “drammatica ricerca di una autonomia politica socialista”299.

Secondo i socialisti democratici, la Democrazia cristiana, nel ruolo che si era scelta di “grosso centro pseudo-equilibratore” tra destra e sinistra, si era dimostrata sino a quel momento “insufficiente e inadatta” a risolvere i problemi della società italiana. Le soluzioni erano da ricercarsi invece, sia per le questioni economiche sia per quelle politiche e sociali, nell’attuazione di un “piano socialista”, che il PSLI si impegnava a elaborare nei mesi successivi.300

Pianificare -si legge nel programma del PSLI- significa coordinare gli interventi, ossia risolvere i problemi economici riconoscendone la interdipendenza e, quindi, affrontandoli non uno ad uno, incoerentemente, ma con una visione generale ispirata agli interessi della collettività… Pianificare significa inoltre orientare, verso determinate direttive ritenute di interesse preminente, le attività economiche e di singoli settori, contemperando le effettive possibilità e risorse ai bisogni, opportunamente graduati secondo una scala di priorità e di urgenza. E’ quindi evidente come pianificare sia altra cosa che non collettivismo e gestione collettiva, perché essa non esclude l’esistenza e l’importanza della iniziativa privata, sia pure opportunamente orientata e fiancheggiata da una più efficace, tempestiva e ordinata azione delle imprese economiche gestite dallo Stato e da altri Enti pubblici, o in cui questi abbiano una partecipazione prevalente. E’ altrettanto chiaro che la pianificazione non si traduce necessariamente in un rigido vincolismo il quale potrà essere richiesto solo in ragione inversa al senso di responsabilità e di autodisciplina dei produttori, distributori e consumatori.301

Nell’immediato dopoguerra, secondo i socialisti democratici, la macchina statale appariva troppo appesantita ed inefficiente, gestita da una pubblica amministrazione “ricostituita affrettatamente tra i sentimenti e i risentimenti polemici dei nuovi entrati e degli esclusi o dei funzionari sottoposti ad istruttoria per l’epurazione”302; formulare un piano organico generale per la ricostruzione

299 L’ultimo errore di De Gasperi, in “L’Umanità”, 22 gennaio 1947. 300 G. Vassalli, La vera crisi, in “L’Umanità”, 24 gennaio 1947. 301

AA.VV., Il programma d’azione del PSLI, Milano, Ed. Critica Sociale, s.d.

302 R. Tremelloni, L’Italia in una economia aperta, cit., p. 27. A questo proposito cfr. U. Calosso,

Gli impiegati e l’epurazione, in “L’Umanità”, 6 settembre 1947. Nel 1946, Tremelloni era

dell’avviso che la società italiana non fosse ancora sufficientemente pronta a compiere quella “gigantesca e necessaria opera di serena critica costruttiva del passato accanto ad un consapevole

del paese, quindi, significava, prima di tutto, “fare ordine nel bilancio dello Stato”, tagliando “con severità chirurgica” tutte le spese superflue; occorreva, innanzitutto, riformare la burocrazia al fine di “non mantenere eserciti di dipendenti statali semiaffamati, ma pagare bene quelli… veramente necessari”.303 Bisognava più in generale razionalizzare la spesa pubblica.

sistema di scelte lungimiranti”. (R. Tremelloni, L’Italia in una economia aperta, Garzanti, Milano, 1963, p. 27). Vi era scarsa consapevolezza delle reali condizioni del paese. I partiti politici si perdevano “nel labirinto delle parole”, perseguendo “per amor di originalità… strade nuove, quali esse siano”. “Forse -i primi grandi discorsi politici lo hanno chiaramente mostrato- sui problemi immediati -scriveva Tremelloni- vi sono soluzioni obbligate che chiediamo alla scienza o alla tecnica più che alla politica o all’ideologia… Siamo in un periodo delicato della vita italiana -proseguiva Tremelloni-, forse il più difficile negli ottantacinque anni della prima unità, certo il più pauroso d’incognite. La casa è bruciata, e forse non mette conto di pensare subito al colore con cui verniciare le finestre; … La prima condizione per superare un ostacolo o vincere un pericolo è di misurarne anzitutto l’entità. Occorre insomma mantenere gli argomenti politici su una piattaforma razionale”. (R. Tremelloni, Ricostruzione socialista, in “Avanti!”, 26 marzo 1946). “Ritengo -dichiarava in un’intervista della fine del 1946- che la trasformazione strutturale che l’industria italiana dovrà decidersi ad attuare debba essere condotta gradualmente ma senza indecisioni sul fine da raggiungere, e senza debolezze protezioniste… E purtroppo in questo caotico dopoguerra fallimentare, non sempre è chiaro per il popolo quanto vantaggiosi possano riuscire i sacrifici immediati per risultati mediati… La mentalità inflazionistica, la psicologia facilona, la mancanza di programmi chiari, tutto ciò forma ancora l’ambiente dominante in quasi tutti i paesi che hanno sopportato la guerra, e forse anche in molti paesi neutrali. Capovolgere questa mentalità non è opera di settimane… Occorrerà lottare a fondo per cancellare pregiudizi -proseguiva Tremelloni-, invischiati come siamo nella mentalità dei prodighi, riluttanti come siamo ad uno sforzo durevole, e ancora credenti senza saperlo negli impossibili “miglioramenti” offerti dall’abilità dialettica del protezionismo”. CIRIEC, FRT, Carte

personali, 5.1.4.23, “Luci e ombre sul futuro dell’industria italiana”, intervista a Tremelloni

presidente del Commissariato al ministero della Produzione industriale per l’Alta Italia e vice presidente del Consiglio industriale Alta Italia (senza data), p.1. Cfr. anche R. Tremelloni, La

Politica economica italiana e il Partito socialista, discorso tenuto a Milano nel maggio 1946,

Casa Ed. Avanti, Milano-Roma, 1946; R. Tremelloni, Alcuni aspetti della situazione industriale

italiana. Conferenza tenuta alla Casa della cultura in Milano il 10 settembre 1946, Casa Ed.

Avanti, Milano-Roma, 1946.

303 R. Tremelloni, Un difficile inizio di dopoguerra, brani di un intervento all’Istituto di scienze economiche dell’Università di Milano (novembre 1946), in R. Tremelloni, A sinistra c’è posto

per la libertà, Istituto di Studi Socialisti, Firenze, 1963, p. 13. “Dispensare miliardi può provocare

facili se pur effimere popolarità -dichiarava Tremelloni- ma… si può dispensarli bene e dispensarli male, e lo Stato non può essere né deve essere la macchina per erogare comunque il pubblico denaro… L’opinione pubblica può efficacemente aiutare il Governo nel contrastare l’assalto al pubblico denaro: e qui occorrerà che il paese si batta il petto perché fino adesso questa collaborazione è mancata”. Ibidem. Nella premessa a questo volume, che raccoglie brani di discorsi pronunciati da Tremelloni, Giuseppe Saragat scrisse fra l’altro: “La nozione di Piano fu acclimatata da Tremelloni nel nostro Paese attraverso polemiche in cui lo spirito di rinnovamento del nostro compagno si urtava contro il tradizionalismo accademico. Sarebbe interessante pubblicare, accanto a questo libro che raccoglie il pensiero di Tremelloni, una raccolta degli scritti di autorevoli economisti e politici contro le idee da lui a volta a volta sostenute ed oggi generalmente accolte… Quando nel ’46 le correnti di sinistra indulgevano a pratiche inflazioniste Roberto Tremelloni richiamava la classe lavoratrice e gli esponenti politici responsabili ai fatali pericoli della svalutazione della lira, e nel ’47, di fronte al prevalere di un pessimismo che si

Oggi la rivoluzione socialista, il rinnovamento del Paese, consiste -scriveva Calosso- essenzialmente in un orientamento nuovo e moderno, antidemogogico, che colleghi strettamente l’idea di socialismo a quella di democrazia e l’idea di moderazione a quella di forza, e parli chiaramente all’opinione pubblica ed alla nazione. La concordia della democrazia deve convergere verso l’esigenza di un piano economico generale di Governo, ricordando che un piano non è solo un fatto tecnico affidato a dei funzionari, ma è un fatto pubblico dibattuto di fronte alla Nazione, è un fatto di natura orale non meno che economico, il cui ufficio è di raggiungere alcuni obbiettivi limitati che siano ben presenti, ben centrati nella coscienza nazionale, e di prospettare a tutti i cittadini ciò che si può fare ciò che non si può fare immediatamente.304

fondava sull’assurdo presupposto dell’impossibilità per l’Italia di uscire dalle angustie di una economia asfittica, Tremelloni affermava la possibilità anche per l’Italia di raggiungere livelli di tipo europeo… Tremelloni è l’uomo politico, è l’economista che ha forse più di ogni altro aiutato i lavoratori italiani a trovare nel campo economico e sociale la via verso una società giusta e libera ed è per questo che il suo nome è diventato per tutti gli italiani, per tutti i lavoratori, sinonimo di civismo, di responsabilità politica, di onestà intellettuale”. Ivi, pp. 4-6. Tremelloni, ricordando la sua lunga e profonda amicizia con Saragat, scrisse nelle sue note: “Ci laureammo nella stessa Università di Torino, ma allora non ci conoscevamo poiché lui era più anziano di me di due anni… [lo] avevo conosciuto a Milano nel 1925… con Carlo Rosselli e il colloquio fraterno mi mostrò fin da allora le doti eccezionali dei miei due interlocutori… Saragat mi apparve subito, nella sua grandezza di esposizione, un uomo chiaro e deciso, con opinioni ragionevoli e nette che condividevo… Impersonò, nel 1945 e 1946, ambasciatore a Parigi, poi presidente dell’Assemblea costituente, quell’opinione diffusa largamente in Italia subito dopo la liberazione di un socialismo non totalitario e non di tipo sovietico o stalinista che si chiamava socialdemocrazia… Lo riascoltai in un congresso socialista nel 1945, e subito ne apprezzai la giovanile oratoria, decisa, franca, sincera. Da allora ci tenemmo in contatto fino al giorno della scissione di palazzo Barberini, … quando decidemmo insieme il passo decisivo di distaccarsi dal PSI e di costituire il PSLI. Poi fu tutta una vita politica condotta insieme… Ricordo quel suo discorso coraggioso e sincero al congresso socialista di Firenze [aprile 1946] che doveva preludere ad una rigorosa presa di posizione contro il frontismo ed il massimalismo, e allo storico congresso scissionista nel gennaio 1947 che segnò la formazione del Partito socialista dei lavoratori italiani… Si trattava di resuscitare l’autonomia che Turati, Treves, Matteotti avevano pronunziato nell’ottobre del 1922 con la fondazione del Partito socialista unitario. In realtà il PSLI era la continuazione del turatiano PSU”. CIRIEC, FRT, Carte personali, 1.2.8.32, note di Tremelloni intitolate “Gli uomini che ho conosciuto” (senza data). Questa nota e le altre successive senza data, definite da Tremelloni “appunti di cronaca vissuta”, sono state probabilmente scritte dall’autore negli anni Ottanta. “La figura di Turati mi era familiare -annotò Tremelloni-. Mi pare ancora di vederlo passeggiare in Galleria a Milano, incedendo senza iattanza e coll’accattivante sorriso sotto la rada barba. Quasi tutti, al suo passaggio, levavano il cappello in segno di una stima che aveva saputo suscitare nella sua integra e chiara vita politica”. “Alla mia età si dorme poco -porseguiva in altre note-, e il pensiero volteggia rapido fra momenti e fatti dei tempi passati. Non sono più i sonni profondi e perfetti della prima giovinezza, quando, dopo una giornata di lavoro e di cammino (non c’erano certo le auto, come i figli di papà hanno oggi, né c’erano le carrozze a cavallo, perché quelle potevano permettersele solo i ricchi; ma per fortuna Milano era ancora piccola, stretta nella cintura dei bastioni) e con la coscienza tranquilla ci si addormentava subito e ci si trovava un minuto dopo già al mattino successivo. Non che non esistessero grossi problemi. Ma quando, a metà del mese, lo stipendio di papà era ormai inghiottito dalle spese di pura sussistenza, il grosso problema da risolvere era per i miei genitori; e meditavo qualche volta anch’io, ma poi finivo per ricordare fiducioso quella provvidenza che, mi diceva padre **** all’oratorio domenicale, avrebbe sempre pensato a tutto”. CIRIEC, FRT, Carte

personali, 1.1.8.32, note di Tremelloni senza data.

La dirigenza del PSLI riteneva che, in quella fase storica, una politica economica favorevole ai lavoratori poteva essere più vantaggiosamente perseguita dagli organi di governo piuttosto che sul terreno della lotta sindacale. I singoli ministeri non dovevano agire all’interno di “compartimenti stagni”, ma interagire fra loro. Ogni dicastero doveva redigere un piano d’interventi che tenesse conto delle esigenze e disponibilità degli altri rami della pubblica amministrazione: prima ancora di fissare un tetto di spesa era necessario verificare che i finanziamenti vi fossero come anche “i materiali necessari”. Bisognava, inoltre, guardare non soltanto alla “disponibilità quantitativa” dei lavoratori disoccupati ma “qualificarli convenientemente”.

Oggi non si tratta infatti di distribuire di più ma di assicurare un minimo vitale per tutti - dichiarava Tremelloni in Assemblea costituente-… Per mettere in sesto la nostra economia bisogna dotarla di beni strumentali più efficienti e numerosi -ferrovie, strade, macchine- e quindi bisogna avere il coraggio di ridurre i consumi voluttuari. Meno automobili fuori serie, meno profumi e meno liquori, meno pane bianco, più cemento, più ferro, più bonifiche, più centrali idroelettriche, più mezzi di trasporto. Non si può avere l’uno e l’altro.305

I socialisti democratici, in sostanza, erano dell’avviso che la polemica tra pianificatori e antipianificatori fosse “esagerata”.306

305 R. Tremelloni, Uscire dal labirinto della povertà, brani del discorso pronunciato in Assemblea costituente il 15 febbraio 1947, in R. Tremelloni, A sinistra c’è posto per la libertà, cit., pp. 18-