• Non ci sono risultati.

La nascita del governo Gouin e il rientro di Saragat in Italia (marzo 1946)

3) Il rientro in patria e la nomina ad ambasciatore in Francia (1943-46)

3.3 La nascita del governo Gouin e il rientro di Saragat in Italia (marzo 1946)

“La Francia è scontenta”.226 Con questa frase Saragat iniziava una relazione sulla situazione interna francese all’inizio del nuovo anno. Dal punto di vista politico, infatti, il 1946 si apriva per la Francia in un’atmosfera inquieta, caratterizzata, anche, dall’esclusione dai lavori della Conferenza di Mosca che aveva determinato “una depressione nelle sfere politiche francesi”.227

Inoltre, dopo la formazione, alla fine del novembre 1945, del governo De

Gaulle, che aveva visto fra i maggiori oppositori il PCF, “l’iniziativa delle operazioni antigaulliste” fu assunta dalla SFIO, “travagliato da gravi preoccupazioni ideologiche, tattiche ed elettorali”. I socialisti, in sostanza, secondo Saragat, avevano compreso la necessità di dover perseguire una nuova strategia politica, “nettamente” differenziata da quella dei loro alleati di sinistra e di destra; obiettivo, questo, certamente “non facile”, soprattutto in presenza di un partito comunista “la cui proteiforme capacità di adattamento precorreva tutte le possibili attitudini dei meno versatili socialisti”.228

Nonostante ciò, come riferisce Saragat, la SFIO, in occasione del voto per i crediti militari, non aveva perso l’occasione per affermare la propria autonomia. Per favorire la ripresa della Francia, secondo i socialisti, era necessario diminuire le spese militari, che gravavano in modo eccessivo sul bilancio, almeno del venti per cento rispetto ai crediti richiesti dal governo. Dopo un acceso dibattito, che aveva posto “in serio pericolo” l’esistenza del ministero De Gaulle, l’Assemblea riuscì a raggiungere un compromesso: crediti ridotti solo del cinque per cento, ma impegno del governo a presentare, entro il 15 febbraio, un progetto di riordinamento dell’esercito.

In quell’occasione, il MRP sostenne il governo, mentre il PCF, per bocca del suo “abile” leader Jacques Duclos, trovò il modo di schierarsi, allo stesso tempo,

226 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 5 gennaio 1946.

227 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 2 gennaio 1946.

228 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 5 gennaio 1946, cit., p. 1.

a favore del governo, sostenendo la necessità di avere un esercito forte, anche perché, in ragione dell’alleanza franco-sovietica, i comunisti erano “i paladini più fervidi della grandeur française”, e a favore dell’opposizione, al fine di garantire l’unità della classe lavoratrice.

Dal canto loro, i socialisti si trovarono in una situazione imbarazzante: da un lato, il ministro socialista Auriol si faceva portavoce della posizione governativa, dall’altro, André Philip, capogruppo socialista, criticava il punto di vista del governo. Saragat stesso riconobbe che “in tutta quella confusione, l’unica nota non stonata era stata quella degli oratori del MRP e del generale De Gaulle, che aveva rivelato qualità di parlamentare abile, arguto e leggermente ironico”.229 Questo episodio dimostrava il disagio esistente, non solo nella SFIO, ma nella “Francia stessa”.230

Secondo l’analisi di Saragat, infatti, le ragioni di questo disagio scaturivano, innanzitutto, dalla posizione internazionale della Francia, che, come si è detto, aveva subito la pesante umiliazione dell’esclusione dalla Conferenza di Mosca, ma vi erano anche motivi legati alla politica interna e, cioè, lo squilibrio esistente tra lo stato reale del paese “poco proclive agli sforzi virili” imposti dalla ricostruzione, e il tono generale della vita pubblica e privata “dominato da velleità di grandezza e di illusorio benessere”.

Il partito che risentiva maggiormente di questa situazione era quello socialista nel quale “si riflettevano tutte le contraddizioni e le antinomie che travagliavano la Francia”. Il PCF seguiva “le sorti di una grande potenza alleata”; il MRP, “per i suoi ideali cristiani”, affiancava alle esigenze nazionali quelle di ordine universale; i socialisti, invece, affondavano le loro radici “unicamente” nella realtà francese. Saragat, per questo, riteneva che l’idea di un legame fra la decadenza francese e quella dei partiti storici (socialista e radicale) non fosse del tutto sbagliata; da questo punto di vista, era giustificato il tentativo dei socialisti

229 Ivi, pp. 1-2.

di formulare una nuova linea politica che “mettesse in valore la loro funzione storica”.231

Riguardo al ruolo dei socialisti ed al loro rapporto con i comunisti, di grande

interesse si era rivelato l’articolo di François Mauriac, pubblicato su “Le Figaro” e successivamente trasmesso a Roma da Saragat. “Nulla -scriveva Mauriac- separa i socialisti dai comunisti, salvo qualche abisso”. Il comunismo stava distruggendo quella che era stata la fede e la speranza di Jaurès, e se, un giorno, il PCF avesse assorbito la SFIO, ciò non avrebbe costituito un incidente della vita politica francese, quale fu l’eclissi del Partito radicale, ma sarebbe stato un “dramma universale”.

Un certo tipo di anticomunismo, però, “creava un equivoco mortale” e forniva ai comunisti un’utile arma di propaganda; ma quei socialisti, che si ostinavano a credere che la lotta per la tutela dei diritti dell’uomo e dei popoli avesse ancora senso e valore, “restavano depositari di una immensa speranza, minacciata ovunque e per la quale bisognava vivere, lottare e morire”.232

Le elezioni del 21 ottobre, continuava Saragat, erano state deludenti per “l’insufficiente successo” riportato, e ciò aveva determinato, in seno alla SFIO, una “polarizzazione” verso forme di “gaullismo eccessivo”, da un lato, basti pensare a Vincent Auriol, e forme di massimalismo, dall’altro, manifestate, ad esempio, da André Philip. Queste correnti massimaliste, non fusioniste, ritenevano che la concorrenza ai comunisti si risolvesse “in una corsa al più rosso”.

Era naturale che questa situazione sarebbe stata sfruttata dalle destre e dai radicali che, dopo aver “morso la polvere” nelle elezioni dell’Assemblea costituente, preparavano la rivincita. Sarebbe stato sufficiente, infatti, un lieve arretramento elettorale dei socialisti e dei cattolici, perché “l’esiguo manipolo radicale” acquistasse una funzione di centro, richiamando sulla scena vecchie personalità del mondo politico francese.

231 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 5 gennaio 1946, cit., pp. 2-3.

232 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 14 gennaio 1946.

Per ora -scriveva Saragat- l’unica figura che abbia dei contorni netti è il generale De Gaulle, a cui però nuoce una certa impreparazione per i problemi sociali, assorto com’è nelle grandi visioni della weltpolitik. Ma fintanto che la Francia non avrà risolto il problema della pace (che per essa si identifica essenzialmente con quello dello statuto della futura Germania), pensiamo che sarà sempre al generale De Gaulle che incomberà il compito di guidarla attraverso l’ingrato presente, lusingandola con il ricordo di un glorioso passato e spronandola col miraggio di un luminoso futuro.233

Circa la posizione internazionale della Francia, così gravemente misconosciuta nella Conferenza di Mosca (dove, peraltro, si era deciso che i trattati di pace con gli stati satelliti della Germania sarebbero stati conclusi a Parigi), il governo francese espresse la necessità che la discussione intorno a questi trattati fosse “ampia” e “approfondita” e prevedesse l’audizione dei rappresentanti degli Stati interessati. Secondo Saragat, in questo modo, la Francia dimostrava di voler abbandonare la politica a favore della costituzione di un blocco occidentale ed il ruolo d’intermediaria tra Oriente ed Occidente, per assumere la posizione, già presa nella Conferenza di S. Francisco, di “paladina” delle nazioni medie e minori.234 Ciò avrebbe permesso alla Francia “di rifarsi una autorità morale” che le avrebbe consentito di ritrovare una “funzione eminente” sulla scena internazionale.235

Già un mese prima, durante una riunione del MRP, lo stesso ministro degli Esteri, Bidault, secondo quanto riferito da Saragat, aveva affermato di essere contrario alla costituzione di un blocco occidentale qualora quest’ultimo avesse prodotto il risultato di “rimettere in causa l’unità dell’Europa”, come “s’era ventilato, a suo tempo, nella Conferenza di Monaco”. Bidault, in quella circostanza, aveva concluso il suo intervento auspicando la ratifica, “con i nostri vicini, di quegli accordi, ispirati al buon senso, che attendono già da un certo tempo e che non saranno mai diretti contro alcuno e, specialmente, contro la nostra alleata Unione Sovietica”.

233 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 5 gennaio 1946, cit., pp. 3-5.

234 Sulla Conferenza di San Francisco, i cui lavori iniziarono il 25 aprile 1945, cfr. E. Di Nolfo,

op. cit., pp. 579-85.

235 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 2, Saragat a De Gasperi, Parigi, 5 gennaio 1946, cit.

Richiamandosi poi alla Carta dell’ONU, il ministro degli Esteri francese così proseguiva: “Faremo accordi regionali che la Carta di San Francisco non solo ammette, ma raccomanda”. Lo stesso “Le Monde” avrebbe pubblicato un articolo di fondo sull’anniversario della firma del trattato franco-sovietico, in cui venivano richiamate le parole con le quali De Gaulle affermava che l’URSS, come la Francia, era interessata innanzitutto ad impedire, nell’avvenire, ogni minaccia germanica.236

Nell’ambito dell’Assemblea costituente francese, in sostanza, il dibattito sulla politica estera, vedeva confrontarsi due tesi principali: quella favorevole al mantenimento di una posizione passiva dinanzi alla decisioni dei “Tre Grandi” e quella che, invece, sosteneva la necessità che la Francia avesse un ruolo attivo nella politica mondiale, appunto attraverso l’impegno a sostenere i diritti delle piccole e medie nazioni. Come precisava Saragat, la costante interferenza della politica estera con le questioni interne rendeva difficile l’affermarsi di una delle due tesi e, di conseguenza, era probabile che “il dibattito si concludesse su formule vaghe, con le quali le linee generali della politica francese sarebbero rimaste indefinite”.237

Il progetto della nuova Cosituzione sarebbe stato, comunque, la causa principale d’attrito fra le forze politiche del paese. Riguardo, ad esempio, ai poteri da attribuire al governo, la posizione di De Gaulle era assai distante da quella dei due grandi partiti di sinistra. Il Generale, infatti, sosteneva la necessità di un rafforzamento dell’esecutivo, mentre socialisti e comunisti erano più propensi a garantire una supremazia “assoluta” del legislativo. Saragat stesso temeva che, qualora De Gaulle avesse mantenuto, su questa questione, una posizione intransigente, il governo provvisorio sarebbe entrato in crisi, e, con ogni probabilità, sarebbe stato sostituito da una nuova compagine ministeriale sostenuta da socialisti, comunisti e radicali, con i cattolici e le destre all’opposizione.

236 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 332, fasc. 3, Saragat a De Gasperi, Parigi,10 dicembre 1945.

237 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 347, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi,16 gennaio 1946.

La situazione politica francese, alla fine di gennaio, quindi, era resa incerta non solo dai contrasti relativi al dibattito costituzionale, ma anche dal disagio economico, dalle divergenze in politica estera e dalle preoccupazioni di natura elettorale dei vari partiti.238

L’analisi saragattiana di questa situazione si sarebbe approfondita a seguito delle inaspettate dimissioni di De Gaulle, il 21 gennaio 1946. Il Generale aveva inviato al presidente dell’Assemblea, Gouin, una lettera nella quale presentava le proprie dimissioni, senza attendere il voto parlamentare.239 Saragat riteneva che questa mossa facesse parte di una precisa strategia politica, in previsione delle successive elezioni, e che, quindi, era improbabile che De Gaulle rivedesse la propria posizione.

La crisi era scaturita innanzitutto dall’atteggiamento dei socialisti che, con la polemica relativa ai crediti militari, avevano chiaramente dimostrato la volontà di sottrarsi “all’ipoteca gaullista” in politica interna; i comunisti, di conseguenza, avevano approfittato della situazione per contrastare il Governo, soprattutto nel campo della politica estera, mentre i radicali, alla ricerca di una rivincita per lo scacco subito nelle precedenti elezioni della Costituente, avevano favorito l’atteggiamento antigaullista che, per motivi differenti, era nato nelle fila socialiste e comuniste. La destra, scontenta delle riforme, appoggiava “tiepidamente” i cattolici, fedeli a De Gaulle.240

Il PCF aveva sfruttato le difficoltà economiche del paese, riguardanti il ripristino della tessera per il pane ed il problema della mancanza di carne, per radicalizzare il malcontento popolare, influenzando i socialisti relativamente al problema costituzionale, sfruttando, cioè, le divergenze di questi ultimi con De Gaulle.

238 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 20 gennaio 1946.

239

Sulla crisi del gennaio 1946, cfr. A. Werth, op. cit., pp. 390 e sgg.; J.-P. Rioux, op. cit., pp. 61- 2; S. Guerrieri, op. cit., pp. 118 e sgg.; M. Gervasoni, op. cit., pp. 117-8; G. Quagliariello, op. cit., pp. 141-3, in cui l’autore, in merito al dibattito storiografico sul tema, ritiene che De Gaulle abbia inteso “mettersi ‘in riserva della Repubblica’ attendendo la successiva burrasca, e, nel frattempo, per quella sua naturale tendenza a forzare il corso della storia, evocare e accelerare l’evento”. Ivi, p. 142.

240 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 21 gennaio 1946, pp. 1-2.

Questa convergenza dei partiti di sinistra, caratterizzata dalla mancanza di un comune denominatore politico, aveva offerto al Generale l’opportunità di sottolineare l’incoerenza degli stessi, ponendoli di fronte alle loro responsabilità. Questa volta però, come scriveva Saragat, De Gaulle “avrebbe spinto il gioco fino in fondo” non ritirando le sue dimissioni e lasciando i partiti alle loro contraddizioni.

Scettico riguardo alla possibilità di un governo socialista, comunista e cattolico, a direzione socialista, l’ambasciatore italiano credeva più probabile che si riproponesse la situazione attuale. Non solo, ma, dal punto di vista degli interessi italiani, egli riteneva che la formula di un governo socialista, comunista e radicale, anche a direzione radicale, fosse la soluzione “peggiore”, soprattutto nel caso in cui fosse stato nominato un presidente del Consiglio dei ministri, sulle stesse posizioni di Herriot, favorevole, cioè, alle tesi austriache e jugoslave.241

Questo periodo di crisi fu caratterizzato dalla volontà di De Gaulle, espressa

anche nella sua lettera di dimissioni, di non creare difficoltà al suo successore; i cattolici erano assolutamente contrari ad un presidente comunista, mentre il PCF, ritirando la candidatura di Thorez, avrebbe sostenuto la candidatura del presidente dell’Assemblea, Gouin, per rivendicare quest’ultima carica ed attribuirla a Duclos. I socialisti, invece, proprio per non perdere la presidenza della Costituente, avrebbero proposto la candidatura di Vincent Auriol.242

La crisi si risolse il 23 gennaio. Il nuovo Presidente, Félix Gouin, eletto con 497 voti su 556, nel suo discorso d’insediamento, avrebbe menzionato “esplicitamente” l’Italia tra le nazioni alleate ed amiche. Era questo un importante riconoscimento che, come ricordava Saragat, non era stato fatto nei confronti di nessun altro paese satellite dell’Asse.243

241 Ivi, pp. 2-3. 242

ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, rispettivamente 21 gennaio (primo e secondo telegramma) e 22 gennaio 1946.

243 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 30 gennaio 1946 (secondo telegramma). In Italia, nonostante la disposizione favorevole espressa dal nuovo presidente francese, il giorno seguente all’elezione di Gouin, apparve, sul quotidiano “Il Popolo”, un editoriale che avrebbe immediatamente messo in allarme Saragat. L’autore, Giudo Gonella, esprimeva il proprio rammarico per l’uscita di scena del generale De Gaulle, accogliendo con poco entusiasmo l’elezione di Gouin, “un uomo di secondo piano, un pressocchè ignoto

Il MRP avrebbe, eventualmente, potuto ostacolare l’elezione di Gouin, ma non lo fece; i cattolici, infatti, sorpresi dalle dimissioni di De Gaulle e divenuti in pochi mesi un grande partito di massa, grazie ai voti di tutti i “gollisti” che, non senza qualche fondamento, avevano identificato nel giovane partito quello di De Gaulle, o quanto meno il partito che si avvicinasse di più al suo pensiero, non ebbero la forza di farsi avanti per chiederne la successione e per garantire, in questo modo, la continuazione della politica del “primo Resistente di Francia”. I comunisti, dal canto loro, dopo aver, senza convinzione e solo a scopo tattico, avanzato la candidatura del segretario generale del Partito, Maurice Thorez, proposero Gouin, sostenuto non in quanto socialista bensì come “persona” che, per la sua esperienza parlamentare, avrebbe ben assolto al compito di presidente di un governo tripartito e di transizione, mantenendosi al di sopra delle parti. I socialisti, che avrebbero preferito Vincent Auriol, non opposero resistenza alla proposta comunista.

Ma il governo tripartito di Gouin andò presto incontro a molte crisi, in parte non riferite all’opinione pubblica francese; crisi che si aprivano e, generalmente, si concludevano in sede di Consiglio dei ministri, mentre, in Parlamento, i tre gruppi facevano blocco in ogni occasione contro gli attacchi dell’opposizione, numericamente scarsa e politicamente disorganizzata. Con Gouin, quindi, il Tripartito, secondo Saragat, dava la prova palese della sua inefficienza e dell’equivoco in cui Governo e partiti si erano messi l’uno di fronte all’altro e tutti e due di fronte alla Nazione.

Sarebbe infine stato il progetto per la nuova Costituzione che avrebbe definitivamente rotto quel legame tra socialisti, comunisti e democristiani che si

parlamentare socialista... dal carattere mediocremente attivo” (G. Gonella, Riflessioni, in “Il Popolo”, 24 gennaio 1946). Si trattava, di un articolo come tanti altri, salvo il fatto che, come scrisse Saragat a De Gasperi, “Il Popolo” era considerato in Francia un organo “esprimente il pensiero” del Presidente del Consiglio italiano. L’ambasciatore italiano considerava Gouin “una personalità influente nella politica francese”, e, per evitare lo scoppio di un piccolo caso diplomatico, consigliava che il giornale democristiano, in una successiva occasione, pubblicasse un articolo in omaggio “alle doti di equilibrio e di umana comprensione” del nuovo Presidente francese. Cfr. ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 347, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 6 febbraio 1946.

era stabilito durante il periodo della Resistenza e che aveva resistito grazie alla presenza di De Gaulle alla guida del paese.244

Il nuovo governo Gouin, inoltre, si trovò nella difficoltà di dover conciliare il programma economico, che prevedeva una riduzione degli armamenti ed il blocco dei salari e dei prezzi, con le esigenze di categoria di impiegati e lavoratori, che sarebbero stati penalizzati da questa politica finanziaria. I comunisti, quindi, sostenevano la necessità di evitare un aumento della disoccupazione nelle fabbriche e nel settore dei pubblici servizi e, minacciando nuovi scioperi, ritenevano, data la situazione internazionale, inopportuna una riduzione degli armamenti.245

Nonostante tutto, il programma finanziario di André Philip fu approvato dall’Assemblea costituente a grande maggioranza, anche se, come notò Saragat, le intese preventive fra i vari gruppi politici “avevano tolto al progetto ogni reale efficacia”.

In questa situazione di forti contrasti sulla politica finanziaria del Governo, il viaggio di Léon Blum negli USA, osservava Saragat, assumeva “il carattere di un appello in extremis all’America, per superare le più immediate necessità”.

La difficoltà -proseguiva Saragat- di conciliare le velleità demagogiche dell’estrema sinistra e l’esigenza di ricorrere ai capitali americani, potrebbe in ulteriore periodo, produrre importanti mutamenti nella politica interna francese... Sotto tale aspetto appaiono notevoli le recenti affermazioni del M.R.P. ed il contemporaneo regresso dei partiti di estrema sinistra ed estrema destra, nelle elezioni parziali cantonali.246

244 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, relazione anonima sulla situazione politica francese nel 1946.

245 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 5 febbraio 1946.

246 ASDMAE, Carte dell’Ambasciata a Parigi, b. 343, fasc. 1, Saragat a De Gasperi, Parigi, 7 febbraio 1946. Per il viaggio di Blum negli USA, cfr. A Werth, op. cit., pp. 435-9. Anche Saragat, dopo la scissione di palazzo Barberini, avrebbe compiuto, assieme a Matteo Mattotti, nell’estate 1947, un viaggio negli Stati Uniti. A tal proposito cfr. gli articoli comparsi sul quotidiano ufficiale del PSLI, “L’Umanità”: Festose accoglienze a Saragat e Matteotti, 17 giugno 1947; Imponenti

manifestazioni operaie accolgono Saragat e Matteotti, 19 giugno 1947; La revisione del diktat di pace richiesta da Saragat a New York, 3 luglio 1947; Solo un’Italia prospera sarà veramente indipendente, 9 luglio 1947; Matteotti delinea il volto dell’America del lavoro, 15 luglio 1947; M.

Matteotti, Il movimento operaio negli Stati Uniti, 22 luglio 1947; M. Matteotti, Si fonderà negli

U.S. il terzo partito, 23 luglio 1947; G. Saragat, Il piano Marshall è la via della pace, 23 luglio

1947; Rientro di Saragat dagli Stati Uniti, 25 luglio 1947; Solidarietà internazionale. Conferenza

Ed infatti, a Saragat apparivano molto rilevanti, dal punto di vista politico, i risultati del secondo turno delle suddette elezioni a Mont Morency, che avevano visto la vittoria del candidato cattolico su quello comunista. Pur avendo, infatti, il candidato socialista, che era stato sconfitto al primo turno, desistito in favore del