Il socialismo fu visto dalla Santa Sede come un problema sorto all’indomani della
Rivoluzione francese e reso possibile dallo stesso liberalismo. La Chiesa cattolica incolpò il
liberalismo per l’apparizione del socialismo per due motivi. In primo luogo perché
rappresentava un modello politico-economico giudicato responsabile dei mali di cui
soffrivano gli operai; in secondo luogo perché permetteva, riconoscendo la libertà di pensiero
e di espressione, che tutti potessero esprimersi. In questa maniera si era data la possibilità
che sorgesse un altro sistema politico-economico perfino “peggiore” del liberalismo.
Secondo Roma, il socialismo era nato per la punizione inviata da Dio agli uomini all’indomani della Rivoluzione francese. Per questa ragione, la Santa Sede utilizzò per
combatterlo quelle stesse armi che avevano già approntato contro gli altri errori, ossia le
encicliche dottrinali, i nuovi culti e la resinificazione delle devozioni a diversi santi. Le feste
come il Sacro Cuore e Cristo Re volevano definire il ruolo politico che la Chiesa cattolica
doveva avere nella società e che il socialismo avrebbe voluto togliergli.
Roma aveva vissuto per molto tempo lontano dai poveri e dagli operai. Per questo motivo,
quando si presentarono i problemi scaturiti dalla rivoluzione industriale, dal liberalismo e dal
capitalismo –per citarne alcuni, amoralismo economico, libera concorrenza, assenteismo
statale nella regolamentazione dei rapporti sociali e individualismo-, Roma non seppe
dapprima come comportarsi. Poi le prime critiche fatte dai socialisti alla Chiesa per la sua
passività in materia sociale, la crescita del socialismo (da utopico fino a quello scientifico di
Marx), la formazione di un clero che si preoccupava per la realtà sociale -si veda l’opera di
Ketteler,140- la crisi nel Belgio141 furono i fatti principali che spinsero Roma all’attenzione nei confronti della questione sociale. L’intera questione meritava una soluzione che,
140 P. POMBENI, Socialismo e cristianesimo (1815-1975), Editrice Queriniana, Brescia 1977, p. 32.
141 S. PICCIAREDDA e A. VITTORIO, Il Mondo di Leone XIII. L’incontro della Chiesa con il XX secolo, Liberal, Roma 2006, pp.39-42.
curiosamente, la Chiesa, per lunga tradizione attenta ai bisogni dei poveri, non stava
affrontando.142
La realtà degli operai infatti non poteva essere peggiore. Da un lato lo stato liberale era schivo “a intervenir en las cuestiones sociales” e dall’altro, la Chiesa cattolica era
estremamente lenta nel prendere delle decisioni.143 L’unico tentativo di aiuto per gli operai
giungeva dal socialismo, termine che racchiudeva differenti correnti, dal socialismo utopico al socialismo scientifico, dall’anarchia al sindacalismo. Roma era avversa al socialismo, ma
durante il pontificato di Leone XIII, la Chiesa cattolica, spinta a intervenire nella realtà sociale e dalla pressione esercitata dal socialismo uscì dall’immobilismo. Il papa infatti
redasse la “Rerum Novarum”. Nell’enciclica, oltre alla condanna al socialismo, Roma per la
prima volta affrontava il tema del miglioramento delle condizioni degli operai. Tra le prime idee sviluppate nell’enciclica si affermava che l’avarizia e l’egoismo erano dei mali che,
sebbene la Chiesa li avesse già condannati, continuavano a diffondersi nella società. Leone XIII indicava: “il male di un'usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla
Chiesa, continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile.”144 Il
pontefice non si limitava solo a esporre questa idea, ma indicava che il socialismo non era la
strada per trovare la soluzione alla situazione degli operai, anzi, le sue proposte avrebbero prodotto mali maggiori. Per il Papa, l’ideologia socialista era pericolosa, in quanto: “i
142 MARTINA, La Iglesia, de Lutero a Nuestros días, (Tomo IV), p. 110. 143 MARTINA, La Iglesia, de Lutero a Nuestros días, (Tomo IV), pp. 64-75.
144 Rerum Novarum. Leone XIII. 15 maggio 1891. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-
socialisti, attizzando nei poveri l'odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato.”145 Una soluzione inaccettabile, agli occhi del papa. Ogni teoria o proposta che avesse qualche rapporto con l’abolizione della proprietà privata era
immediatamente condannata. Secondo l’enciclica leonina la proprietà privata era un diritto
naturale, sancito dalla legge umana e da quella divina. Perciò, qualsiasi tentativo che
minacciasse questo diritto non era accettabile. Papa Pecci per rafforzare questa idea scrisse:
E le leggi civili che, quando sono giuste, derivano la propria autorità ed efficacia dalla stessa legge naturale (Cfr. S. Th. I-I, q. 95, a. 4), confermano tale diritto e lo assicurano con la pubblica forza. Né manca il suggello della legge divina, la quale vieta strettissimamente perfino il desiderio della roba altrui: Non desiderare la moglie del prossimo tuo: non la casa, non il podere, non la serva, non il bue, non l'asino, non alcuna cosa di tutte quelle che a lui appartengono (Deut 5,21).146
Il Papa forniva poi le indicazioni in grado di migliorare le condizioni degli operai secondo
la dottrina cattolica.Le principali proposte della Chiesa si concentravano sulla costruzione
di un rapporto di giustizia tra gli operai e i datori di lavoro, una proposta equilibrata tra il
lavoro svolto e il salario che ognuno riceveva per svolgerlo. In questa maniera, secondo il
documento pontificio si sarebbe evitato lo scontro tra le classi sociali. Inoltre, il testo proponeva come rimedio ai mali delle relazioni industriali l’applicazione di altre virtù
cristiane come la carità e la fraternità. Con la loro pratica quotidiana si poteva creare un ambiente migliore nella società. Un altro punto menzionato da Pecci riguardava l’intervento
145 Rerum Novarum. Leone XIII. 15 maggio 1891. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-
novarum.html> (luglio 2017)
146 Rerum Novarum. Leone XIII. 15 maggio 1891. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-
dello Stato il quale, oltre a regolare lo stipendio,147 doveva anche intervenire per assicurare
il bene di tutti, in special modo degli operai, in modo da perseguire lo scopo della prosperità della nazione, la quale doveva acquisire “buoni costumi, dal buon assetto della famiglia,
dall'osservanza della religione e della giustizia, dall'imposizione moderata e dall'equa distribuzione dei pubblici oneri, dal progresso delle industrie e del commercio, dal fiorire dell'agricoltura e da altre simili cose, le quali, quanto maggiormente promosse, tanto più felici rendono i popoli.”148 Infine, ma cosa non meno importante, il documento papale
riconosceva le organizzazioni (sindacati) che cercavano il miglioramento delle condizioni degli operai. Come ben ha spiegato Giacomo Martina, l’importanza della enciclica stava nel
dare la “legitimidad del movimiento sindical obrero”, che permetteva di collocare “a los
sindicatos en idéntico nivel que las corporaciones, sin reservas especiales”. Si trattava di un
gran passo avanti perché permetteva ai cattolici di partecipare a quei movimenti che si
proponevano il bene dei lavoratori, pur senza seguire le idee socialiste.149
Il difficile rapporto tra socialismo e Chiesa cattolica continuò dopo la “Rerum Novarum”.
Dopo il 1917, la Rivoluzione bolscevica causò un nuovo fattore di attrito tra il socialismo
ormai costituito in ordinamento statale e la Santa Sede. La Chiesa cristiana ortodossa visse
una realtà completamente diversa con il socialismo da quello della Chiesa di Roma. Il 19 gennaio 1918 mediante un decreto governativo si autorizzò nell’Unione Sovietica
“l’esproprio delle cospicue proprietà ecclesiastiche” per cui il patriarca Tickon “promulgò
147 Era un attacco alla proposta liberale di non intervenire nell’economia, per questo si è detto che sia le encicliche che le devozioni religiose furono utilizzate per motivi politici contro il liberalismo e il socialismo. In: Storia del cristianesimo. G. FILORAMO e D. MENOZZI (a cura di) L’età contemporanea, Laterza Bari 2009, pp. 159-166.
148 Rerum Novarum. Leone XIII. 15 maggio 1891. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-
novarum.html> (luglio 2017)
un’anatema contro gli abusi dell’autorità politica nell’applicazione del decreto di esproprio”.150 Questo piccolo fatto dimostra la peculiarità del rapporto tra il governo
bolscevico e la Chiesa ortodossa.151
Mentre la Chiesa ortodossa russa subiva pesanti provvedimenti repressivi, la Chiesa
cattolica si comportava ambiguamente con il nuovo governo. Benedetto XV non aveva dubbi che il socialismo “fosse stato una delle cause dello scoppio della prima guerra mondiale e
che esso fosse uno dei fattori di disgregazione del mondo postbellico”. Lo stesso pontefice
indicò nel motu proprio “Bonum Sane” del 25 luglio 1920, che il socialismo era “nemico
acerrimo dei principi cristiani”, perché creava un ambiente propizio per sconvolgere gli
animi, al punto di indurre “nei voti e nell’aspettazione di tutti i sediziosi, l’avvento di una
certa repubblica universale, la quale sia fondata sull’eguaglianza assoluta degli uomini e sulla comunanza dei beni”, dove, non si sarebbe riconosciuta l’autorità del potere pubblico,
dei padri sui figli, né di Dio sugli uomini.152 Se da un lato la Santa Sede condannava il comunismo e lo dichiarava nemico del cristianesimo, dall’altro lato nel 1922, e già nel
pontificato di Pio XI, venne inviata in Unione Sovietica una missione caritativa, con lo scopo
di cercare una via di dialogo con il governo bolscevico. Quell’anno, lo stesso Ratti fu promotore dell’iniziativa, nella conferenza di Genova, riunita per discutere gli assetti
economici mondiali dopo la Grande Guerra, di assicurare un riconoscimento diplomatico al
governo sovietico, con la condizione che questo avrebbe dovuto garantire “una effettiva
libertà di culto all’interno del paese”. Il socialismo non si era affermato solo in Russia, ma
150 POMBENI, Socialismo e cristianesimo (1815-1975), p. 58.
151 Un’ampia relazione sul rapporto tra la Chiesa ortodossa e Stalin è disponibile su: A. ROCCUCCI, Stalin e
il patriarca. La Chiesa ortodossa e il potere sovietico 1917-1958, Einaudi, Torino 2011.
aveva fatto presa in altre parti del mondo, come in Messico, Paese caratterizzato per la sua
cattolicità.
I vertici cattolici si proposero di lottare contro il socialismo diffuso nel mondo, non solo in Russia. Il caso messicano, con il governo “socialista” nato in seguito alla Rivoluzione, ne
è un esempio. I governi susseguitisi all’indomani della Rivoluzione del 1910, erano
principalmente di “sinistra” e si erano posti il compito di cambiare la situazione reale di un
Paese dove l’1% della popolazione era proprietario del 96% della terra e dove il 97% era
formato da contadini senza terra.153 Il governo di Plutarco Elías Calles (1924-1928) si
caratterizzò per una politica orientata verso il socialismo, portando a termine la riforma agraria, estendendo l’educazione primaria, costruendo nuove opere pubbliche,
riorganizzando l’esercito e cercando di nazionalizzare il petrolio (misura che non poté portare
a termine per l’opposizione statunitense). Inoltre, cercò di ridurre al minimo il potere che
ancora rimaneva nelle mani della Chiesa cattolica messicana154 attraverso la messa in pratica dell’articolo 130 della Costituzione Messicana del 1917, dove veniva stabilita la supremazia
dello Stato sulla Chiesa e la promulgazione della “Ley Calles”. In applicazione della
Costituzione e la legge stabilì in Messico una serie di restrizioni per l’attività della Chiesa:
a) Restringía el ejercicio del culto únicamente a los ministros nacidos en México, otorgando al Presidente la facultad de expulsar a los violadores de tal precepto sin otorgarles derecho de audiencia. (art. 1° y 2°)
b) Prohibía la instrucción religiosa en las escuelas primarias aún en las de carácter particular. (art. 3°)
153 R. QUESADA, América Latina 1810-2010: El legado de los imperios, UNED, Costa Rica 2012, p.147. 154 M. DE GIUSEPPE, Messico 1900-1930.Stato Chiesa e popoli indigeni, Morcelliana, Brescia2007, p. 380.
c) Prohibía la emisión de votos religiosos. (art. 6° en concordancia con el artículo 5o. constitucional)
d) Consideraba culpable al ministro de cualquier culto que criticara las disposiciones contenidas en la Constitución Política ya en público o en privado. (artículos 10, 14 y 15) e) Decretaba que los templos, residencias episcopales, casas curales, seminarios y asilos
asistenciales pertenecientes a asociaciones religiosas eran propiedad de la Nación
f) Las penas que consideraba, dependiendo del delito, iban desde la multa de 500 pesos - cantidad muy elevada para ese tiempo-, hasta la prisión por 15 días pudiendo ser más severas para el caso de reincidencia155.
Inoltre, la “Ley Calles” e la Costituzione, indicavano che si potevano aprire solo 5 chiese
in diversi stati della repubblica messicana, a causa della norma che prevedeva una
proporzione di un prete ogni 100.000 abitanti.156
Di fronte a quella che Pio XI “consideraba una manifestación del comunismo”,157 la
Chiesa cattolica messicana e Roma non rimasero a braccia incrociate. Il 24 luglio 1926, con il sostegno di Pio XI, i vescovi decretarono la sospensione del culto religioso dopo l’entrata
in vigore della “Ley Calles”, fatto che ebbe luogo il 31 luglio dello stesso anno. Tre mesi
dopo, la “Liga Nacional para la defensa de la libertad religiosa” iniziò un boicottaggio
contro il governo, con misure come il rifiuto di pagare le imposte, così come l’impegno ad
evitare il consumo di prodotti provenienti dalle manifatture dello Stato. Tale misura causò
grandi perdite economiche al Paese. Calles ordinò la repressione di quei dirigenti cattolici e
sacerdoti che fossero legati al movimento. La rivolta era prossima a esplodere, avvenimento
155 J. J FLORES, Historia de México, México Thompson, México 2005. p.130. 156 MARTINA, La Iglesia, de Lutero a Nuestros días, (Tomo IV), p. 171. 157 Ibid.
che ebbe luogo infine nel gennaio 1927, nella regione di Jalisco. La rivoluzione si sviluppò al grido “!Viva Cristo Rey y la Virgen de Guadalupe¡”. Secondo Meyer, si trattò di una vera
e propria guerra santa tanto che “hubo madres desoladas por no tener hijos que enviar al
combate y otras que solo tenían uno y lo enviaron con alegría” per difendere la fede.158
Questa difesa della fede avveniva perché il popolo messicano vedeva nel sacerdote non solo
una figura fondamentale della sua vita quotidiana, ma lo considerava il tramite indispensabile
per entrare in contatto con Dio, che poteva aiutarlo ad ottenere il perdono dei peccati e quindi
la salvezza eterna.159 La posizione della Santa Sede e del vertice della stessa Chiesa cattolica
messicana era “que todos los sacerdotes se abstengan de ayudar material o moralmente a la
revolución armada”.160 Roma, insomma, preferiva giungere a un accordo piuttosto che
appoggiare una guerra che forse avrebbe potuto vincere. In realtà non prendeva in considerazione la possibilità che l’instaurazione del regno sociale di Cristo passasse
attraverso la violenza. Alla fine la Santa Sede e il vertice cattolico messicano, con l’intervento
dell’ambasciatore degli Stati Uniti, Morrow, giunsero a un accordo con il nuovo presidente
messicano Portes Gil, chiamato “los arreglos de junio de 1929”. Il più importante di questi
accordi era quello che prevedeva che la Chiesa avrebbe rispettato la legge messicana. In realtà, si venne a creare una situazione particolare, che molti hanno chiamato “las relaciones
nicodémicas” tra lo Stato messicano e la Chiesa cattolica, dove lo Stato “rinunciò” ad
applicare la legge e la Chiesa temporeggiava nel rivendicare quelli che riteneva i suoi diritti.
Alla fine, come ben lo spiega Meyer, dopo il:
158 MEYER, La Cristada, p. 108-110.
159 DE GIUSEPPE, Messico 1900-1930.Stato Chiesa e popoli indigeni, p. 382. 160 MEYER, La Cristiada, p.203.
repique de las campanas los cristeros se desbandaron espontáneamente sin tomarse la pena de presentarse a las autoridades para recibir el salvo conducto. Se levantaron sin permiso de nadie; de la misma manera regresaban a sus casas, si es que existían todavía; tan pobres como antes si no es que más. Ya no había Causa. La Causa como decían ellos, había sido la de Cristo y de su Madre. Cristo había vuelto a sus altares; de nuevo podía uno arrodillarse frente a la Virgen.161
La Chiesa cattolica, insomma, nel confronto con un governo “socialista” (o che
pretendeva di esserlo), aveva preferito optare per la pace e per la ricerca di un modus vivendi
tranquillo. Il comportamento dei vertici cattolici trova spiegazione in relazione alla condotta
aggressiva del governo messicano, che aveva inviato l’esercito ad uccidere quanti protestassero contro l’ordine costituito, senza alcun discernimento. Nel quadro di diversi
eccidi il governo fu responsabile, della morte del prete gesuita messicano Agustín Pro, del
sacerdote Francisco Vera e di un ragazzino quattordicenne, proclamato santo, José Sánchez
del Río. Inoltre, tutto dimostrava che il governo era disposto a prolungare la guerra a tempo
indeterminato. La Chiesa preferì quindi un atteggiamento diverso, pace, invece di prolungare
lo scontro armato con il governo messicano e con il suo socialismo sui generis.
Nel decennio iniziato nel 1930 lo scontro tra il socialismo e la Chiesa cattolica si inasprisce. Con l’enciclica del 15 maggio 1931, chiamata “Quadragesimo anno” e quella del
3 maggio 1932, con il nome “Caritate Christi Compulsi” Pio XI condanna di nuovo il socialismo, il comunismo e l’ateismo. La “Quadragesimo anno” nel condannare il
socialismo, azzardava un’analisi diversa sul comunismo, che catalogava come il più deciso
promotore della “lotta di classe la più accanita e dell'abolizione assoluta della proprietà
privata”. Indicava, inoltre, che esisteva un socialismo che si asteneva da ogni tipo di violenza,
161 MEYER, La Cristiada, p. 172.
ma che era ugualmente condannato per il suo atteggiamento contro la fede e la libertà
religiosa.162
La “Caritate Christi Compulsi” era un documento ancora più intransigente, che si
scagliava contro il bolscevismo. Il testo era una denuncia enfatica sui mali del secolo, identificati nell’ateismo e nel comunismo.163 Per Roma, adesso, il principale nemico era
diventato il bolscevismo. Tale orientamento venne promosso dai vertici cattolici, che
accusavano quel sistema di rappresentare un tipo di governo ateo che distruggeva la religione.
Dal quel momento in poi, Roma avrebbe condannato il marxismo come una dottrina atea che, inoltre, era “considerata elemento inscindibile dal corpus delle dottrine sociali ed
economiche del socialismo”. Questi esempi danno una visione complessa in ordine
all’atteggiamento della Chiesa cattolica verso il socialismo-comunismo. Da una parte, in
Messico, si era cercata una soluzione pacifica a un evento così grave come la guerra civile,
mentre nel caso russo la condanna fu persistente, al punto che nel mondo nacquero nella
devozione popolare preghiere, rivolte alla Madonna, come la seguente: “Soberana Reina no
permitas que Rusia imponga su doctrina comunista en Costa Rica para que siempre se confiese a Cristo Redentor”.164 Una simile preghiera popolare fa capire quanto il socialismo
fosse considerato uno dei nemici più tenaci che dové combattere il cattolicesimo.
162 Quadragesimo anno. Pio XI. 15 maggio 1931. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19310515_quadragesimo- anno.html> (luglio 2017)
163 POMBENI, Socialismo e cristianesimo (1815-1975), p. 73.
164 J.D. GIL, El culto a la Virgen de Los Ángeles (1824-1935): una aproximación a la mentalidad religiosa en