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Il modernismo fu un movimento di ordine teologico nato tra la fine dell’Ottocento e

l’inizio del Novecento all’interno del cattolicesimo che venne combattuto dalla Chiesa in

quanto lo considerava una delle più grandi eresie mai presentatesi nella storia del

cristianesimo. La gerarchia cattolica, da Papa Pio X fino ai delatori dei modernisti tra il basso clero e i laici, lo vessarono accanitamente. Pio X lo catalogò come: “Compendio e veleno di

tutte le eresie”,165 mentre il gesuita Enrico Rosa lo aveva qualificato come: “Il sistema

ereticale più subdolo e complesso della storia della Chiesa”.166 Il modernismo, secondo gli

stessi modernisti, era il tentativo di conciliazione e di sintesi fra la vecchia tradizione e il

nuovo pensiero.167 In realtà, si trattava di un movimento non poco complesso che non

rispondeva a una sola linea e che poteva assumere aspetti specifici secondo il personaggio

che lo sosteneva.

I principali modernisti (resta il problema di sapere quanti nella chiesa dell’epoca, nell’intimo della coscienza, aderirono alle loro tesi) furono Alfred Loisy, George Tyrrell,

Friedrich Von Hügel, Ernesto Buonaiuti e Romulo Murri. L’analisi di Giacomo Martina, ci

presenta personalità con caratteristiche differenti. Per esempio, Loisy veniva presentato come

un uomo che molto probabilmente aveva perso la fede, ma che rimaneva nel seno della

Chiesa più per inerzia che per altro. Tra le affermazioni di Loisy vi era quella che doveva

essere accettata una interpretazione escatologica delle predicazioni di Gesù: l’attesa del Regno di Dio ne costituiva il tratto essenziale. Inoltre, egli negava l’immutabilità dei dogmi,

165 M. GUASCO, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, San Paolo Milano 1995, p. 15. 166 M. GUASCO, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, p. 16.

167 R. CERROTO, Buonaiuti e la Pascendi, «Rivista di Storia del Cristianesimo» Semestrale, Anno V, Num. 2, Luglio-Dicembre, 2008, p. 372.

al punto di ridurre il valore dell’autorità ecclesiastica nella loro definizione. Infine,

introduceva una complessa separazione tra fede e storia. Per Giacomo Martina, Loisy arrivò,

sia pure dopo la condanna, al termine di un tormentato percorso personale, a una linea così razionalista al punto di “llegar a negar todo el fundamento de la religión cristiana e intentar

sustituirla por una religión humanitaria en la que la Sociedad de Naciones y el presidente Wilson ocuparían el puesto de la Iglesia y del Papa”.168

Martina considerava che Tyrrel, invece, era passato dal tomismo alla proposta della libertà di coscienza che richiedeva una piena indipendenza dall’autorità ecclesiastica nella

ricerca teologica. Per questa strada era giunto alla conclusione che la critica storica aveva

dimostrato la falsità di quasi la totalità dei dogmi. Inoltre, Tyrrel era un uomo talmente contrario all’autorità, che non accettava facilmente la critica alle sue proposte.169 Anche Von

Hügel, secondo Martina, era il tipico modernista insoddisfatto dell’autorità e della fedeltà

totale alla Chiesa. A suo avviso si era sviluppato nella istituzione ecclesiastica un sistema di

governo che definiva assolutismo curiale, il quale non lasciava sviluppare una piena libertà

nella ricerca teologica.

In Italia, furono due i principali esponenti del modernismo: Ernesto Buonaiuti e Romolo

Murri.170 Il primo era vicino al metodo blondeliano dell’immanenza, che non rifiutava quanto è trascendente, malo avvicinava a far diventare il cristianesimo “un conato de reforma

social”. Murri era invece un sacerdote che voleva coniugare il tomismo alle sue simpatie per

168 MARTINA, La Iglesia, de Lutero a Nuestros días, (Tomo IV), pp. 36-37. 169 MARTINA, La Iglesia, de Lutero a Nuestros días, (Tomo IV), p. 39.

170 Sul caso italiano e il modernismo si raccomanda leggere: CERROTO, Buonaiuti e la Pascendi, pp. 365-392. G. VIAN, Un solco ben luminoso nella storia del suo Pontificato. La prima ricezione della Pascendi nei vescovi

d’Italia, «Rivista di Storia del Cristianesimo», Semestrale, Anno V, Num. 2, Luglio-Dicembre 2008, pp. 393-

i modernisti. Aveva elaborato un programma politico-sociale di carattere teocratico, di cui

voleva però affidare la realizzazione alla libertà del movimento cattolico. Giungeva così alla “reivindicación de una autonomía de los católicos en el campo político, que terminaba por

convertirse en una rebeldía disciplinar, justificada con la distinción entre los planos y las competencias”.171 Ricorrente, nelle idee di questi cinque uomini, era il conflitto con l’autorità

della Chiesa e del Papa. Tale situazione non poteva che rappresentare un problema. La Chiesa dell’epoca infatti aveva come nucleo decisivo della sua fede il rispetto e l’accettazione della

dottrina elaborata dal magistero, cioè dall’episcopato e dallo stesso romano pontefice. Per

questo “ogni attacco al modello di società proposto dall’insegnamento dei papi fu

considerato un attentato alle basi dottrinali del cattolicesimo”.172 Le proposte dei modernisti,

che mettevano in dubbio l’autorità del Papa, i dogmi e criticavano le interpretazioni bibliche

allora correnti, erano considerate semplicemente argomenti che minacciavano le fondamenta

stesse della Chiesa e rappresentavano quindi un’eresia che doveva essere stroncata con ogni mezzo. La Santa Sede mise dunque in opera le misure idonee a contrastare l’avanzata delle

proposte moderniste.173

I principali attacchi contro il modernismo furono preparati dal pontefice Pio X e dai

cardinali Rafael Merry del Val, De Lai e il prefetto della Congregazione Concistoriale,

Monsignor Vives y Tutó. Innanzitutto, Roma condannò i principali responsabili delle teorie

moderniste. Loisy fu scomunicato il 7 marzo 1908; Tyrrel, non trovò nessun vescovo che lo

171 MARTINA, La Iglesia, de Lutero a Nuestros días, (Tomo IV), p. 43.

172 G. VIAN, Il modernismo. La Chiesa cattolica in conflitto con la modernità, Carocci Roma 2012, p. 75. 173 Per vedere un’analisi più ampia si raccomanda leggere: VIAN, Il modernismo. La Chiesa cattolica in

conflitto, pp. 49-57 e 75-82.

GUASCO, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, pp. 44-58 e 103-116.

A. CLAUS e G. VIAN, (a cura di) La condanna del modernismo. Documenti, interpretazioni conseguenze, Viella, Roma 2010. pp. 13-81.

accogliesse nella sua diocesi e sebbene non venisse scomunicato, venne sospeso dalle sue

funzioni sacerdotali; Ernesto Buonaiuti fu scomunicato e privato, della sua cattedra

universitaria per accordi intercorsi tra la Santa Sede e il governo fascista; infine, Murri, morì

riconciliato con la Chiesa, ma dopo essere stato scomunicato e aver abbandonato il

sacerdozio, rinunciando così a svolgere qualsiasi ruolo nel mondo cattolico. Il modernismo

era ritenuto un nemico acerrimo: la sua opera disgregatrice non finiva con la scomunica o la collocazione all’Indice delle opere dei suoi esponenti. I loro scritti, infatti, “si diffondevano

e seminavano dubbi”, per cui la Santa Sede prese una serie di misure severissime.

L’anno 1907 fu determinante per lo scontro tra la Chiesa cattolica e il movimento

modernista. In quell’anno, vennero pubblicati due documenti di condanna a questo

movimento filosofico-religioso. Il primo a essere reso noto fu il decreto del Sant’Uffizio denominato “Lamentabili sane exitu”, che vide la luce nel luglio 1907. Il testo ebbe una lunga

elaborazione: venne preparato dal dicembre 1903 all’estate 1907. Vi si decretava la condanna

a 65 proposizioni sostenute dai modernisti, principalmente Loisy, visto che ben una

cinquantina di queste 65 proposizioni si trovavano nelle “sue opere, soprattutto in

“L’Èvangile et l’Eglise e Autour d’un petit livre”.174 Sebbene il testo non contenesse la parola

modernismo, l’attacco al pensiero modernista era chiaro. Ad esempio, poiché i modernisti

mettevano in dubbio il magistero e l’interpretazione biblica da esso sostenuta, la “Lamentabili” proclamava che “l’esegesi storico-critica [era sotto il] pieno controllo del

magistero ecclesiastico, completando e rendendo più perentoria una linea di intervento che aveva avuto una prima sanzione nell’enciclica Providentissimus Deus di Leone XIII”.175

174 VIAN, Il modernismo. La Chiesa cattolica in conflitto con la modernità, pp. 60-61. 175 VIAN, Il modernismo. La Chiesa cattolica in conflitto con la modernità, pp. 61-62.

Visto che il decreto non fu sufficiente, si rese necessaria la preparazione di un’enciclica che

condannasse in maniera più compiuta e decisa il modernismo.176

Il 16 settembre uscì l’enciclica “Pascendi”, che era una “precisa e spietata analisi delle

dottrine moderniste.” 177 Il documento iniziava indicando che “Per verità non si allontana

dal vero chi li [i modernisti] ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond'è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro.”178 Dopo

aver chiarito che i nemici della Chiesa si trovavano al suo interno, il testo condannava le

principali tesi attribuite al modernismo, difendendo i tradizionali pilastri della dottrina cattolica come i dogmi, l’autorità all’interno della Chiesa e il magistero.179 Inoltre, il

documento presentava diverse norme per reprimere e prevenire l’apparizione di nuovi

modernisti, chiedendo una sorveglianza particolare sui professori dei seminari e delle

università e un controllo più efficace sui nuovi sacerdoti. Inoltre, l’enciclica limitava la

frequenza dei seminaristi e dei sacerdoti nelle università statali, vietava che sacerdoti e

seminaristi assumessero la direzione di giornali e riviste senza il permesso del vescovo,

creava in ogni diocesi una commissione per controllare eventuali nuclei modernisti e

chiedeva agli ordinari diocesani di inviare continui rapporti a Roma sul tema.180 Il documento

176 VIAN, Il modernismo. La Chiesa cattolica in conflitto con la modernità, p. 63. 177 GUASCO, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, p. 157.

178 Pascendi Dominici Gregis. Pio X. 8 settembre 1907. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-

novarum.html> (luglio 2017)

179 GUASCO, Modernismo. I fatti, le idee, i personaggi, pp. 156-163.

180 Pascendi Dominici Gregis. Pio X. 8 settembre 1907. Archivio Segreto Vaticano, scaricabili dal sito <http://w2.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-

diventò la pietra angolare del clero e dell’episcopato universale nella lotta contro questo

“nuovo male”, che attaccava la Chiesa cattolica, al punto da essere rintuzzato con

un’enciclica che i suoi fautori definirono “sapientissima, memoranda, immortale, magnifica,

stupenda, ammirabile; splendido [e] insigne documento”.181 Mentre oggi evidenti appaiono

i suoi limiti culturali. La Santa Sede mise in campo anche altre iniziative per ottenere la fine del modernismo. Tra queste, risaltano i preparativi per un’edizione critica della Vulgata,

compito che dovevano sviluppare i benedettini (1907). Nel 1909, avvenne la fondazione

dell’Istituto Biblico sotto la responsabilità dei gesuiti. Una struttura di controllo più sistematica del clero e dell’episcopato si realizzò con la codificazione del Diritto Canonico

del 1917.182 L’elemento che però rappresentò “la pietra miliare” contro il modernismo fu il

giuramento antimodernista, introdotto dal Sant’Uffizio nel 1910, a cui dovevano sottoporsi

tutti i diaconi prima di diventare sacerdoti e i professori delle università cattoliche.183

Ricapitolando, la Chiesa usò differenti e articolati metodi per condannare e quindi sradicare il movimento modernista all’interno del cattolicesimo: il decreto del Sant’Uffizio,

un’enciclica, l’invio dei testi sospettati all’Indice, scomuniche, perdita di cattedra

all’università, regolamentazione dei rapporti tra vescovi, sacerdoti e laici, creazione di centri

di studi biblici e il giuramento antimodernista.