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Il problema della determinazione della dose soglia

2.1 L'intervento giurisprudenziale nella creazione del concetto di valore soglia di esposizione

2.2 Il problema della determinazione della dose soglia

A riprova della fragilità e dell'inconsistenza della tesi per la quale il riconoscimento dei benefici ex art. 13 c. 8 sarebbe subordinato alla

dimostrazione del superamento di determinati valori minimi di amianto, la mancanza di un consolidato orientamento giurisprudenziale, soprattutto per quel che concerne il livello quantitativo di fibre aereo-disprerse nell'ambiente professionale da oltrepassare per ritenere l'esposizione “qualificata”.

Parte della giurisprudenza 117 ha ritenuto la sola esposizione decennale quale requisito sufficiente per il godimento delle maggiorazioni

contributive sottolineando come debba però provarsi in concreto l'avvenuta effettiva esposizione, dovendo necessariamente essere dimostrata una dispersione d'amianto tale da porre in essere un

significativo pericolo di inalazione di fibre118 che si concretizzi nella reale sussistenza di un rischio morbigeno, senza che venga però richiesta la prova dell'esistenza di specifiche intensità di concentrazione del materiale tossico.

Sarebbe dunque sufficiente la prova di una concreta esposizione, in paticolar modo avuto riguardo al tipo di mansioni svolte nello specifico, indipendentemente dalla quantità di fibre aereo-disperse, non rilevando ai fini dell'accertamento, alcuna soglia minima o i limiti convenzionali previsti dal D.lgs 277/91 119, il cui superamento può avere solo e soltanto quale unico compito quello di fornire una presunzione assoluta

117 App. Milano 1 Agosto 2003;App. Milano 4 Marzo 2003; App. Milano 16 Novembre 2000, Trib. Milano 7 Novembre 2005, Trib. Massa 13 gennaio 2004; Trib. Milano 17 Dicembre 1999;

118 Trib. Ravenna 10 Marzo 2003; Trib. Milano 21 Gennaio 2004; Trib. Monza 24 Marzo 2004; Trib. Milano 5 Gennaio 2004

119 Trib. Milano 20 Dicembre 1999; Trib. Milano 17 Dicembre 1999, App. Milano 16 novembre 2000; App. Milano 1 Agosto 2003..

dell'avvenuta esposizione120.

L' altra parte della giurisprudenza pur sostenendo l'esigenza di

un'esposizione qualificata si è spaccata sul valore-soglia da prendere ad oggetto per poter considerare l'esposizione meritevole delle tutele

previdenziali qui in oggetto.

La tesi maggioritaria121 rintraccerebbe nelle 100 fibre al litro previste dall'art.24 del d.lgs 277/92 la soglia minima per ritenere l'esposizione qualificata sulla base di una già citata e decisamente discutibile

interpretazione della sentenza 5/2000, secondo la quale il richiamo a tale decreto, contenuto in poche righe, sarebbe da ascriversi quale (presunta) intenzione della Corte di imporre l'accertamento di determinati standards quantitativi ai fini dell'erogazione dei trattamenti previdenziali per gli esposti all'amianto.

Come già accennato nel precedente capitolo, tale interpretazione piuttosto fantasiosa, non troverebbe riscontro nel dato letterale della sentenza, la quale avrebbe semplicemente inteso compiere un mero rifermento ai limiti previsti da tale decreto, senza per altro menzionare espressamente

l'articolo 24122 , mancando di porre in essere qualsivoglia accenno alla necessità di imporre livelli quantitativi minimi, soprattutto se si considera come la Corte nella sentenza stessa, abbia avuto premura di sottolineare che l'imposizione di tale soglia sia stata posta dal legislatore solo ed esclusivamente per “fini preventivi”.

Tale tesi avrebbe dunque quale difetto quello di “sfruttare un mero obiter dictum per farlo assumere quale punto nodale dell'intero

120 App. Milano 4 Marzo 2003, in Orient. Giur. Lav, 2003, 1, 214 e in senso confrome Trib. Massa 13 Gennaio 2003

121 Cass. 3 Aprile n. 4913 e Cass. 28 Giugno 2001 n. 8859; Cass. 29 Ottobre 2003 n.16256; Cass. 27 Febbraio 2004 n. 4063; Cass. 19 Ottobre 2004 n. 20467; Cass. 1 Agosto 2005 n.16119;Cass. 22 Dicembre 2006 n.27451; Cass 19 Ottobre 2006 n. 22422.

122 Su che basi sarebbe preso rale limite, visto che non è l unico limite del decreto, basti pensare all'articolo 31 di 0, 6 per il crisotilo e 0 , 2 fibre per cm cubo per le altre varietà di amianto

ragionamento123” con il risultato che l'impossibilità di vantare come motivazione quanto “affermato” dalla Corte, farebbe franare tutto l'impianto logico-giuridico sul quale è stata costruita la teoria che

vorrebbe il superamento dei limiti previsti dal d.lgs 299/91 quale requisito necessario per la fruizione delle maggiorazioni contributive.

Tale orientamento si rivela ancor più farraginoso alla luce delle finalità proprie di tale decreto, il cui fine ultimo è da ascriversi alla

predisposizione di previsioni normative volte ad assicurare una tutela sanitaria e preventiva per tutti i lavoratori esposti all'amianto, obbligando il datore all'adozione di ogni misura igienico-sanitaria idonea a

minimizzare il rischio, a prescindere da qualsiasi particolare concentrazione di fibre.

Ciò sarebbe confermato anche dall'articolo 22124 del suddetto decreto, laddove disponendo “che le norme del presente decreto si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto” prevede che qualsivoglia attività, che esponga il lavoratore al contatto con il materiale tossico debba necessariamente essere supportata da ogni misura utile per assicurare una “massima sicurezza tecnologicamente possibile125” per il lavoratore, in linea con quanto disposto

dall'ordinamento a livello generale, ai sensi dall'art. 2087c.c. e D.pr 303/56, visto che, come scientificamente affermato non esiste un limite sotto il quale l'esposizione non sia considerata rischiosa per la salute126,

123 “La tutela del lavoro rischio amianto” di Paolo Cro in Il lav. Giur 2/2003

124 E altrettanto può essere intuito dal titolo del capo III del decreto 277/91 intitolato appunto “protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all'esposizione ad amianto durante il lavoro”.

125 “Uso improprio delle soglie d'allarme del D.lgs 277/91: genesi di una nuova nozione di esposizione ad amianto ( nota a cass., sez.lav., 3 Aprile 2001, n. 4913, I.N.P.S c. Bartoli), in Riv. Critica dir.lav., 2001

126 Diversamente da quanto erroneamente sostenuto con sentenza Cass. 18 Novembre 2004, n 21862 in Foro.it, 2005, I , per la quale i limiti previsti dal d.lgs 277/91 segnerebbero una demarcazione tra un'esposizione innocua ch non rappresenta un rischio per la salute dei lavoratori ed esposizioni nocive.

rilevando in tal senso invece lo stato dei materiali e il prolungato contatto con essi.

A prescindere da qualsiasi soglia il datore di lavoro ha infatti comunque il dovere di valutare il rischio, consultare ed informare i lavoratori dei rischi professionali dell'attività espletata e soprattutto quello di mettere in atto tutte le misure tecniche possibili per minimizzare il rischio, riducendo tanto quantitativamente quanto temporalmente l'esposizione.

E dunque se tutte le esposizioni, a prescindere dal livello quantitativo di materiale aereo-disperso, debbono necessariamente essere poste in essere in presenza di misure protettive di sicurezza, lapalissiana appare la considerazione per la quale limiti previsti dal D.lgs configurerebbero non già una soglia-limite, ma una soglia d'allarme il cui diverso compito sia quello di stabilire un punto oltre il quale il rischio diventa talmente intenso ed eccezionale da imporre al datore l'impiego di ulteriori e specifiche misure protettive ma sotto il quale continua comunque a permanere la probabilità di un rischio morbigeno, dovendosi ritenere errata la soluzione millantata da alcuni giudici secondo la quale tali limiti invece

rappresenterebbero uno spartiacque tra attività innocue e attività nocive . E dunque appare chiaro che tali limiti non avendo quale scopo la

delimitazione di un discrimen tra esposizioni a rischio ed esposizioni non a rischio127 ma una soglia oltre la quale il rischio diventa talmente probabile da necessitare di ulteriori meccanismi protettivi oltre quelli già previsti per una “normale” esposizione, non possano essere presi ad oggetto per l'accertamento del diritto alla percezione delle tutele previdenziali previste dall'art. 13 c.8.

Una lettura del genere comporterebbe invero una proiezione del limite diversa da quella pensata dal legislatore, con il risultato di tramutare un livello quantitativo pensato con chiari scopi preventivi in una soglia

127 “ Uso improprio delle soglie d'allarme del D.lgs 277/91: genesi di una nuova nozione di esposizione ad amianto”di Lisa Giometti in Riv. Crit. Dir. Lav. 2000, 318

minima avente fini previdenziali128, con il risultato alquanto deprecabile di comportare una lettura restrittiva idonea a “depotenziare se non svuotare la portata della previsione normativa129”.

Ed inoltre un'ulteriore conferma che tale soglia sia lungi dal “demarcare in modo rigido l'innocuo dal nocivo130” è data dal fatto che la legge 257/92 ha bandito categoricamente qualsiasi utilizzo, anche minimo, del materiale, dunque se il legislatore avesse voluto considerare certi livelli di esposizione non a rischio

ne avrebbe di certo permesso l'uso sotto tali specifiche soglie. Secondo diverso orientamento invece il limite da assumersi quale parametro sarebbe da individuarsi nella soglia decisamente inferiore, quella delle 2 fibre per litro prevista dal d.m 6 Settembre 1994, che ai fini della certificazione della restituibilità degli immobili bonificati richiede quale requisito l'accertamento della presenza di standars quantitativi inferiori.

Il legislatore così facendo parrebbe quindi porre un limite sotto il quale può parlarsi di pericolo consentito, una soglia sotto la quale “

l'esposizione ad amianto comporti un rischio che l'ordinamento ritiene trascurabile131”, cui il privato cittadino può essere esposto.

L'esigenza di prevedere livelli quantitativi minimi discenderebbe non già da quanto (non) detto dalla Corte ma invero dall'esigenza di disporre una normativa omogenea per privati cittadini e lavoratori, giacchè quello che è tollerabile per il normale cittadino non può essere meno tollerabile per il lavoratore132, e dunque l'imposizione di precisi valori non previsti dalla legge per la concessione dei benefici previdenziali, sarebbe la naturale

128 Così M . Miscione in “ I benefici previdenziali per l'amianto nel disegno di legge unificato in senato”, in Dir. E prat. Lav. , 2003.

129 “Tutela dei lavoratori esposti all'amianto” di Deiconte R.C., in Dir. Prat. Lav. , 2015, n.15 pag. 827

130 Sempre “Tutela dei lavoratori esposti all'amianto” di Deiconte R.C. ,in Dir. Prat. Lav., 2015, n.15 pag 827.

131 Trib. Bologna 18 Giugno 2004 132 Tribunale di Bologna 18 Giugno 2004

conseguenza della dovuta applicazione del principio di uguaglianza. Tale tesi in contrapposizione all'orientamento consolidato, critica aspramente il limite delle 100 fibre, sia perchè manchevole di ragioni a sostegno vista la funzione meramente preventiva dell'art. 24, sia perchè in tale ottica si finirebbe per esporre il lavoratore alla dimostrazione della presenza di livelli di intensità considerati decisamente troppo elevati. Il d.m pone infatti gli standards quantitativi massimi ai quali i cittadini possono essere esposti, imponendo l'onere di adottare una serie di specifici strumenti preventivi di sicurezza , quali la chiusura del cantiere e

l'apposizione di sigilli nei locali, nel caso di superamento del limite di 50 fibre litro, e in virtù di ciò sarebbe inspiegabile oltre che insensato

assumere quale parametro atto a demarcare il confine tra rischio

tollerabile e non tollerabile, un valore pari al doppio di quello posto dal decreto stesso come soglia oltre la quale qualsiasi prosecuzione

dell'attività professionale è vietata.

E dunque, il tribunale, seppur ritenendo l'esistenza di un requisito che non trova riscontri oggettivi nel dato normativo e quindi conservando

comunque un punto di partenza suscettibile di critica, può tuttavia vantare quale pregio quello di richiedere una soglia decisamente inferiore rispetto a quella atta propria dall'orientamento esposto in precedenza, garantendo una applicazione dell'art 13 c.8 sensibilmente più conforme alla ratio ella legge 257/92.

2.3 La codificazione del concetto di esposizione qualificata ad