2. Analisi urbanistica e architettonica dei quartieri residenziali dell’abitato di Tharros
2.2 Il quartiere centrale a ridosso delle aree sacre
2.2.3 Il quartiere centrale: l’Area VIII (nn 61-68, ε)
L’Area VIII, la cui esplorazione risulta solo parzialmente documentata a causa della lacunosità dei diari di scavo riferibili alla missione archeologica del 1960, è costituita dai complessi contrassegnati da G. Pesce con i nn. 61-68 e ε 913, posti a Sud del tempio “a pianta di tipo semitico” e dell’adiacente Area VII (Fig. 77). La comprensione di tale settore risulta fortemente compromessa a causa del precario stato di conservazione in cui versa e della spoliazione che ha portato alla perdita di importanti informazioni strutturali utili alla ricostruzione dei singoli contesti. Lo scavatore aveva individuato nove complessi, planimetricamente definibili, allo stato attuale non rintracciabili sul terreno. Infatti, come nelle Aree VI e VII, non è possibile definire con certezza la pertinenza puntuale di ogni ambiente a delle unità abitative, come non è possibile accertarne la destinazione residenziale proposta al tempo delle indagini archeologiche.
L’intero settore risulta delimitato a Ovest dal tratto meridionale della strada cardinale principale, a Sud dalla piazzetta antistante alle Terme n. 2, a Est dall’asse stradale che conduce da quest’ultimo edificio all’impianto termale n. 1, e a Nord dal decumano che separa il quartiere dal tempio “a pianta di tipo semitico” e dall’Area VII. Nel settore in esame è possibile distinguere due zone, caratterizzate da un forte dislivello proseguendo da Est verso Ovest, seguendo quindi il pendio della collina. Nella parte orientale si riscontra la presenza di alcuni lacerti di murature unicamente nell’area settentrionale, a Sud del decumano, mentre del tutto priva di evidenze archeologiche appare il settore meridionale, dove si riscontra unicamente un lungo apparato murario che delimita questa parte del settore da quello occidentale. Inoltre, sopravvive un tratto della muratura che delimitava tale spazio lungo il lato meridionale, a ridosso della piazzetta adiacente, lacunosa nella lastricatura e nel battente stradale, in particolar modo proseguendo verso Est in direzione del quartiere addossato alla costa del Golfo di Oristano914 (Fig. 77). Riguardo alle murature suddette presenti nella parte nord-orientale di tale Area, sono riferibili ad alcuni ambienti dei quali è sopravvissuto solo un breve tratto degli alzati, mentre è documentato unicamente un piano pavimentale in cocciopesto, presente in uno dei vani posti a Sud della strada decumana915. L’ingresso verso questi spazi con ogni probabilità doveva avverenire da oriente essendo conservato un frammento di soglia basaltica dal quali si doveva accedere a un grande vano oltre il quale è presente un secondo ambiente nel quale è stato individuato un pilastro centrale ricavato nella roccia, alto 1.63 m916, che doveva sorreggere con ogni probabilità una copertura sulla quale doveva trovare posto il piano di calpestio del piano superiore. A sostegno di tale ipotesti vertono gli apparati murari riscontrati nei quali sono stati ricavati cinque buchi dove dovevano essere alloggiate le travi di sostegno del vano superiore917 (Fig. 62). Al momento dell’esplorazione, l’ambiente con pilastro centrale è stato interpretato come pozzo mentre gli spazi abitativi, secondo lo scavatore dovevano occupare gli ambienti presenti al primo piano918. Interessante appare il riempimento del pozzo che, sulla base della descrizione riportata nei diari di scavo, risulta essere misto ma fortemente caratterizzato da elementi pertinenti alla struttura
914 Cfr. infra.
915 ASSACO-Giornale di Scavo del 11-10-60. 916 ASSACO-Giornale di Scavo del 26-10-60. 917 PESCE 1966b, p. 144.
dell’edificio come tegole, embrici, frammenti di arenaria, resti di pavimenti in mosaico e in cocciopesto, e numerosi frammenti di intonaci policromi919, probabilmente pertinenti al piano superiore, dal quale potrebbero essere crollati al momento dell’abbandono e della distruzione del complesso. Inoltre, non va tralasciata la presenza nell’area di uno spazio dedicato ad attività di tessitura, testimoniata dal rinvenimento nel pozzo di tre fusaiole, delle quali due in terracotta e una in osso920. Nella definizione dello sfruttamento e della destinazione d’uso degli spazi assume un certo interesse il rinvenimento di tre frammenti di terracotta pertinenti a un’urna cineraria, recuperati all’interno del medesimo pozzo: dato lo stato ri rimescolamento del riempimento, non è possibile sostenere in modo certo un cambiamento d’uso nel tempo di tale ambiente, ma tale rinvenimento lascia comunque supporre che nell’area vi potesse essere uno spazio destinato a tale scopo921.
Molto meglio conservata appare la parte occidentale dell’Area VIII, costituita dagli ambienti pertinenti, secondo lo scavatore, a otto unità abitative. Tra questi, i nn. 61-64 sono addossati alla strada decumana dalla quale verosimilmente doveva essere garantito l’ingresso, come testimonia una soglia basaltica presente al margine del complesso n. 62922: questa si trova in posizione rovesciata rispetto all’uso originario ma è plausibile che si trovi nelle vicinanze del punto dove doveva essere ubicata nel corso dell’occupazione degli spazi. Inoltre, la possibilità di una sua originaria ubicazione lungo la strada decumana sarebbe conforme a quanto riscontrato anche nelle Aree VI e VII, dove è stata evidenziata la presenza di soglie basaltiche in situ lungo i vicoli decumani interni ai settori stessi923. La pertinenza degli ambienti addossati al decumano a complessi definiti riscontrata al momento dello scavo non è rintracciabile sulla base delle evidenze archeologiche osservabili. Tale area risulta caratterizzata da continui rifacimenti degli apparati murari che hanno portato probabilmente al cambiamento della scansione degli spazi: infatti, si è riscontrata la compresenza di murature costituite da blocchi di arenaria con altre irregolari formate da elementi in arenaria e in basalto di
919 ASSACO-Giornale di Scavo dei giorni 21, 26-10-60. 920 ASSACO-Giornale di Scavo dei giorni 11, 17-10-60.
921 In quest’ottica non va tralasciata la presenza di alcune sepolture di epoca tarda nell’adiacente
settore posto a ridosso del Golfo di Oristano, in particolare nei due impianti termali, nei quali, oltre a tale cambiamento funzionale degli spazi, sono documentati anche dei rifacimenti strutturali che portarono a usi differenti dei vani nel corso dell’occupazione dei complessi stessi (Cfr. supra).
922 PESCE 1966b, p. 136. 923 Cfr. supra.
recupero, osservabili in particolar modo nei complessi contrassegnati dallo scavatore con i nn. 61 e 62. Inoltre, è possibile che uno dei vani dell’area indicata con il n. 62 fosse destinato alla conservazione essendo attestata la presenza di due
dolia in terracotta seminterrati924.
A un momento tardo viene attribuito anche un pavimento di mattoni bipedali, posto nell’area contrassegnata con il n. 63, che si ritenne dovessero provenire da uno dei due vicini impianti termali925 (Fig. 75), ipotesi avanzata anche per un piano pavimentale ubicato nel quartiere posto lungo la costa926.
Il restante spazio a ridosso del decumano risulta occupato da un vano, il n. 64, in cui vi è una cisterna del tipo a bagnarola con parte della copertura a doppio spiovente in situ, della quale alcune lastre giacciono nelle vicinanze dell’impianto stesso (Fig. 71). L’apparato idrico prosegue anche in parte dell’ambiente meridionale, dove si conserva in situ la vera monolitica di attingimento ricavata nell’estremità meridionale della copertura (Fig. 281). A un momento di risistemazione sembra riferibile l’elemento murario realizzato circa a metà della lunghezza dell’impianto idrico, il quale sembra essere il risultato di due interventi successivi. Probabilmente il momento di erezione del suddetto divisorio doveva essere quello di realizzazione di un graffito sull’intonaco impermeabilizzante della parete lunga occidentale della cisterna (Figg. 72-73): questo, già osservato al momento degli scavi archeologici del 1960 e del 1961 (Fig. 72) e al giorno d’oggi in un precario stato di conservazione, è ubicato immediatamente a Sud del setto murario interno e rappresenta un felino posto di profilo, con la testa rivolta a sinistra e con la zampa destra protesa in avanti927 (Fig. 74). Interpretato al momento dello scavo con una tigre928, si è propensi a escludere che possa trattarsi di un animale dal pelo striato o maculato a causa della totale assenza di elementi riferibili a tali connotazioni, i quali non sono deducibili anche dalle descrizioni redatte al momento dell’individuazione929. Si ritiene più plausibile che possa trattarsi di un animale dal pelo uniforme, in particolare un leone raffigurato nell’atto di iniziare una corsa o di spiccare un balzo in avanti. La visibilità dell’intero contorno della figura è in parte compromessa non essendo preservata 924 PESCE 1966b, p. 136. 925 Ibidem. 926 Cfr. infra. 927 MARANO 2014b, pp. 29-33. 928 PESCE 1966b, p. 136. 929 MARANO 2014b, p. 34.
la parte posteriore del corpo e la testa, elemento particolarmente determinante nell’interpretazione del felino raffigurato (Fig. 74). Si ritiene che alcuni sintetici tratti siano da riferire alla criniera la cui resa quindi ricorderebbe la raffigurazione presente su una placchetta in osso inciso rinvenuta anche questa nel sito di Tharros930. Anche se il precario stato di conservazione non permette una visione completa del graffito, tali ipotesi trovano conferma nella documentazione grafica prodotta al momento dell’individuazione, dalla quale si evince la totale visibilità del leone anche nelle parti allo stato attuale non più percepibili a causa dell’imponente strato di incrostazione presente sull’intonaco (Fig. 72). Nonostante l’ampia diffusione di raffigurazioni leonine, l’impostazione della figura in esame ha una diffusione limitata nell’arte preromana mediterranea rispetto alle iconografie maggiormente diffuse del leone seduto con la coda resa intorno a una delle due cosce931, dritto sulle zampe con la coda attorcigliata al di sopra del corpo932 o al galoppo933. L’atto in cui viene colto il leone è stato riscontrato in particolar modo nella categoria glittica come testimoniano alcune corniole conservate presso il Museo Nazionale Ungarico e presso il Museo Archeologico di Luni, un sigillo in diaspro rosso presente nei Musei Civici di Udine e un altro in niccolo appartenente alla Collezione Bergau del Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, datati tra il I e il III secolo d.C.934 Si ricorda anche la presenza di un tipo di raffigurazione simile a quella esaminata anche su una lucerna a disco conservata presso il Museo Nazionale “G.A. Sanna” di Sassari, datata anche questa a un periodo compreso tra il II e il III secolo d.C.935 Tali proposte di confronto suggeriscono quindi un’inquadramento cronologico per la realizzazione del graffito che potrebbe essere collocato nella tarda antichità, momento a cui potrebbero essere riferiti anche i rifacimenti che hanno portato
930 UBERTI 1975a, p. 95, tav. XXXV D5; MARANO 2014b, p. 34.
931 Si ricorda l’attestazione nel sito di Tharros delle due statue di leoni rinvenuti nei pressi del
tempio “delle semicolonne doriche”, riferibili a tale tipo di iconografia (PESCE 1961c, coll. 385- 386, fig. 27). A tale tipologia sul territorio sardo si ricordano anche le due statue di leoni provenienti da Sulci (BERNARDINI 1988; CECCHINI 1993, pp. 159-171). Per altre attestazioni non riferibili al territorio sardo, si vedano, ad esempio, YON 1973, pp. 19-47; RIIS, MOLTESEN, GULDAGER 1989, pp. 40-46.
932 Si veda, ad esempio, BROWN 1960, tavv. XV, XVIII, XXX. 933 Un esempio è dato da KARAGEORGHIS 1976, p. 234, fig. 4.
934 MARANO 2014b, pp. 34-35. Per la corniola proveniente dal Museo Nazionale Ungarico, si veda
GESZTELYI 2000, pp. 72, 148 n. 203; per quella conservata presso il Museo Archeologico di Luni, si veda SENA CHIESA 1978, pp. 116-117, tav. XVIII n. 130; per il sigillo in diaspro rosso presente nei Musei Civici di Udine e per quello in niccolo appartenente alla Collezione Bergau del Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, si veda LAVIZZARI PEDRAZZINI 2009, p. 116 figg. 8, 11).
all’erezione del setto murario interno. Si suppone che tale impianto debba essere riferibile alla medesima epoca del graffito o debba essere di poco successivo considerando la limitata accessibilità della parte meridionale dopo l’erezione di tale divisorio, motivo per il quale si avanza l’ipotesi che la raffigurazione debba essere stata realizzata in un momento di libera fruibilità dello spazio interno. Non va tralasciata anche la possibilità di tale realizzazione in un momento in cui l’impianto idrico deve aver smesso di svoglere la sua originaria funzione in quanto un contatto prolungato con l’acqua avrebbe di certo portato alla totale perdita del graffito936.
Riguardo alla parte sud-occidentale dell’Area non è stato possibile rintracciare le notizie di scavo dettagliate, a eccezione delle due cisterne nn. 9 e 10, ubicate rispettivamente negli spazi contrassegnati con i nn. 66 e 68937 (Fig. 77), la cui individuazione risale agli ultimi giorni documentati della missione archeologica del 1960938. La prima è del tipo a bagnarola, con un breve braccio secondario, con orientamento Est-Ovest, forse coincidente con un pozzo di attingimento chiuso in antico, e con una copertura costituita da lastre poste a piattabanda sulle quali è stato realizzato il pozzo di attingimento consistente in una vera bilitica dal profilo perimetrale quadrangolare e con un foro centrale sub-circolare; la seconda ha un profilo a L e presenta una copertura a piattabanda sulla quale è stato realizzato un pozzo di attingimento ricavato dall’intaglio di due lastre contigue e inquadrato da una vera monolitica in basalto dal perimetro e dal foro centrale circolari939 (Fig. 76). Inoltre, in entrambi gli impianti idrici sono presenti evidenze riferibili al sistema di adduzione, nel primo caso consistenti in un blocco in biocalcarenite inciso da un intaglio rettangolare e da un incavo presente sotto l’imboccatura ricavata nella copertura, e nel secondo testimoniati da un taglio semicircolare presente in corrispondenza dell’ultima lastra di copertura del braccio più corto, punti nei quali le tubazioni dovevano essere alloggiate940. A differenza della prima cisterna la cui copertura risulta visibile a causa della perdita del piano pavimentale, la seconda è totalmente obliterata da un pavimento in cocciopesto (Fig. 76): quest’area, infatti, a ridosso del tratto meridionale della strada cardinale
936 MARANO 2014b, pp. 33-34.
937 Per la descrizione dei due impianti idrici, si veda BULTRINI, MEZZOLANI, MORIGI 1996, pp.
118-119. Per la corrispondenza tra la numerazione di scavo e quella proposta in occasione del censimento delle cisterne a bagnarola del sito realizzato nel secolo scorso, si veda la Scheda n. 2.
938 Cfr. supra.
939 BULTRINI, MEZZOLANI, MORIGI 1996, pp. 118-119. 940 Ibidem.
principale e della piazzetta antistante alle Terme n. 2, conserva un ampio lacerto di tale piano di calpestio, mentre sono molto lacunosi gli apparati murari, consistenti in due tratti di pareti paralleli con orientamento Nord-Sud e in una breve muratura perpendicolare alle precedenti che delimita il piano pavimentale nell’angolo nord-orientale dello spazio contrassegato con il n. 68. A causa dell’esiguità delle evidenze conservate non è possibile definire la pertinenza di tale area a un edificio planimetricamente percepibile, anche se, considerando i setti murari conservati, il pavimento a cocciopesto doveva essere pertinente ad almeno due ambienti il cui ingresso e le cui caratteristiche strutturali sono andate totalmente perse.
Anche riguardo ai restanti spazi, contrassegnati con i nn. 65-67, si è riscontrata una diffusa perdita di informazioni che permettano di definire planimetricamente dei complessi unitari, anche se si percepisce tuttora la presenza di alcuni ambienti di forma rettangolare e allungata in senso Est-Ovest, i cui apparati murari sono solo parzialmente conservati e presentano diffuse tracce di rifacimenti e riedificazioni che hanno portato all’erezione di murature costituite da blocchi irregolari di basalto recuperati da altri edifici. Non vi è traccia anche dei punti di accesso ai vani e dei piani pavimentali che sono andati completamenti distrutti a eccezione di un pavimento a cocciopesto conservato in un vano posto nella parte orientale, a ridosso del complesso ε. Nello specifico, si tratta di un pavimento a cocciopesto ornato con tessere bianche poste per file parallele e distanti tra loro 4- 5 cm il cui modulo decorativo copre quasi integralmente la superficie a eccezione di un breve tratto nell’angolo nord-orientale dove il disegno regolare si interrompe lasciando il posto a tre tessere di maggiori dimensioni allineate tra loro a una distanza di circa 10-11 cm. In questo punto, inoltre, l’apparato murario si sovrappone al piano pavimentale, testimoniando quindi dei rifacimenti che hanno interessato in alcuni punti gli apparati murari che in altri brevi tratti conservano invece la fase più antica in fase con il piano pavimentale. Si è ipotizzato che i rifacimenti presenti in questa parte del vano siano da riferire alla realizzazione di un varco di passaggio a un vano contiguo la cui pavimentazione era a cocciopesto ornato da tessere bianche disposte in modo irregolare. Si ricorda, inoltre, la parziale perdita dell’apprestamento pavimentale lungo il lato orientale dove è andato completamente distrutto a causa dello smottamento della struttura: i resti di tale distruzione, infatti, si trovano in stato di abbandono al di sotto della linea di
crollo del complesso941. Inoltre, lungo tale linea è stato possibile notare una perdita di elementi edilizi anche negli ambienti posti a Nord e a Sud del precedente, dove gli apparati murari si interrompono bruscamente non permettendo una ricostruzione puntuale di tale area del settore.