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Il quartiere occidentale: l’Area III (nn 17-20, 33-38)

2. Analisi urbanistica e architettonica dei quartieri residenziali dell’abitato di Tharros

2.1 Il quartiere occidentale alle pendici della collina della Torre di San Giovann

2.1.3 Il quartiere occidentale: l’Area III (nn 17-20, 33-38)

L’Area III, a causa dell’interruzione delle esplorazioni sistematiche nel 1964, non è stata riportata alla luce integralmente tanto che il decumano che costituisce il limite meridionale è solo percepibile nell’angolo sud-orientale e non se ne conosce il percorso (Fig. 260). Anche gli edifici presenti non sono tutti esplorati: alcuni di quelli oggi visibili, riemersi nel corso delle operazioni di scavo condotte da G. Pesce tra gli anni 1962 e 1963750, sono stati indicati nella planimetria generale del sito con i nn. 17-20 e 33-38 (Fig. 260), rinominati con i nn. XIV-XV, XVIII-XXIII (Fig. 261), i quali occupano la parte settentrionale a ridosso del decumano e della strada cardinale orientale; mentre quelli visibili nella parte meridionale sono stati solo in parte rimessi in luce tanto che lo studioso stesso non li comprende nella sua rielaborazione finale e non assegna loro una numerazione di riferimento a differenza degli altri edifici meglio identificabili e definibili dal punto di vista planimetrico (Fig. 260).

Riguardo agli edifici posti nel settore settentrionale, i nn. XIV-XV sono addossati alla strada cardinale, i nn. XVIII-XXIII si affacciano sul decumano posto oltre il lato settentrionale, mentre il n. 38 è posto alle spalle del n. XXIII e non è possibile definirne il lato d’ingresso a causa dell’interro presente nell’area retrostante ai due gruppi di edifici che non permette di delineare un preciso sfruttamento degli spazi nella parte meridionale dell’Area III (Fig. 261).

Il primo gruppo risulta costituito, secondo lo scavatore, da quattro edifici dei quali due interpretati come tabernae (nn. 17 e 18) e due come unità abitative (nn. 19-20) (Fig. 263). Dall’osservazione autoptica si è riscontrato che i complessi dovevano essere comunicanti, in particolare il n. 19 con il n. 20, per mezzo di una soglia

basaltica conservata in situ a circa metà della lunghezza del muro divisorio (Fig. 110), e forse il n. 17 con il n. 18, anche se il varco presente nel setto murario che li divide non è più munito di soglia (Fig. 101). È plausibile credere che si trattasse di due complessi, il primo (n. XIV) di dimensioni ridotte e più semplice planimetricamente rispetto al secondo (n. XV). L’edificio n. XIV risulta costituito quindi da due ambienti, accessibili entrambi dalla strada cardinale, dei quali quello più settentrionale è munito di cisterna del tipo a bagnarola, la n. 12, con copertura a mezzo di lastre in biocalcarenite poste a doppio spiovente delle quali ne sopravvivono in situ quattro sul lato orientale e sei nella parte occidentale, e munita di un sistema di adduzione in piombo751 (Figg. 100-101). L’utilizzo di tale apparato, indagato tra la fine della missione archeologica del 1962 e nel corso dei primi giorni di quella successiva del 1963752, risulta documentato per un arco di tempo ampio non precisamente definibile, essendo attestata la presenza di «molti framm. di terracotta ordinaria punica e romana, a vernice nera ed aretina»753, ma almeno fino al II secolo d. C., sulla base del rinvenimento nel riempimento di una moneta attribuita al momento dello scavo ad Antonino Pio754.

Riguardo agli apparati murari (Fig. 262), la parete meridionale (USM 237) e parte del setto divisorio tra i due ambienti (USM 232) sono costituiti da blocchi di arenaria squadrati di medie e grandi dimensioni, messi in opera in modo regolare, mentre più irregolari appaiono il limite orientale (USM 231) e il tratto nord- occidentale del tramezzo (USM 233), costituiti da blocchi principalmente di arenaria con alcuni elementi in basalto, di dimensioni varie, tutti con ampi lacerti di intonaco in situ, in alcuni punti con macchie di colore rosso755, che, riferisce lo scavatore, «in gran parte non è possibile salvarli in quantochè si sfarinano»756. Risulta del tutto assente, invece la parete settentrionale mentre si percepisce solo un blocco, in parte interrato, del limite occidentale (USM 234) del vano n. 17 (Fig. 100). Riguardo alle pavimentazioni, non si è conservato nell’ambiente n. 18 mentre un tratto nei pressi della cisterna documenta un piano pavimentale a cocciopesto nel vano n. 17757. Del tutto assenti sono, invece, le testimonianze riferibili a un piano superiore o a una copertura, a cui è stato riferito il pilastro,

751 PESCE 1966b, pp. 107-108; BULTRINI, MEZZOLANI, MORIGI 1996, pp. 119-120. 752 Cfr. supra.

753 ASSACO-Giornale di Scavo del 05.06.1963. 754 Ibidem.

755 PESCE 1966b, p. 108.

756 ASSACO-Giornale di Scavo del 30.10.1962. 757 PESCE 1966b, p. 107.

identificato nel vano più meridionale, consistente in due elementi di arenaria sovrapposti, dei quali quello inferiore, a base più grande, doveva fungere da sostegno758. L’interpretazione data da G. Pesce come tabernae sembrerebbe sostenibile dal punto di vista strutturale, per accostamento ad altri contesti individuati nell’abitato, ma dai diari di scavo non si desumono informazioni consistenti in tal senso: il materiale archeologico recuperato risulta molto vario ed è costituito principalmente da numerosi frammenti di vasi attribuiti dallo scavatore genericamente alla ceramica punica, romana, a vernice nera, aretina e gallica, i quali testimonierebbero una lunga frequentazione dell’area, come indicato precedentemente anche per la cisterna, e da oggetti in metallo, in osso e in avorio759. Tra questi di un certo interesse appaiono i «framm. di fondo di grande piatto a vernice nera con nel fondo impresse 2 grandi palme»760, «n. 7 framm. di grande piatto in terracotta gallica decorato in basso rilievo da rosette e palmette […] [una] lampada in terracotta gialliccia […] decorata in basso rilievo da un cervo»761, e, nel vano n. 18 e nella cisterna frammenti di lucerne raffiguranti un leone762, oltre ad alcuni aghi crinali in bronzo e a una piastra in piombo763. Rilevante risulta anche l’individuazione di diversi chiodi in bronzo, tra i quali uno con resti lignei sulla superficie764, di una «pentola di forma cilindrica, assai affumicata in special modo [sul] fondo […]», nell’ambiente n. 18 765 , probabilmente testimonianza della presenza di un punto di cottura, e di due «fusaiol[e] di bronzo […] [e] di pietra, troncoconica […]»766 e di un peso da telaio, quest’ultimo proveniente dalla cisterna767, segni della presenza di un’area, all’interno del complesso, destinata probabilmente ad attività di filatura.

Riguardo a complesso n. XV, si ritiene sia costituito dalle due strutture nn. 19-20 considerate come unità abitative indipendenti al momento dello scavo (Figg. 102, 264-265). La parte settentrionale dell’edificio è costituita da un lungo ambiente,

758 Ivi, p. 108.

759 ASSACO-Giornale di Scavo dei giorni 26, 27, 30, 31.10.1962; 2, 3, 5, 6, 7, 9, 10, 14.11.1962. 760 ASSACO-Giornale di Scavo del 26.10.1962. Per un’approfondimento sulla ceramica a vernice

nera con decorazione impressa raffigurante delle palmette, proveniente dal tofet di Tharros, si veda RIGHINI CANTELLI 1983.

761 ASSACO-Giornale di Scavo del 30.10.1962.

762 ASSACO-Giornale di Scavo del 14.11.1962; 05-06.1963. Per altre lucerne con raffigurazioni di

leoni, rinvenuto nell’abitato, cfr. supra.

763 ASSACO-Giornale di Scavo dei giorni 31.10.1962; 09, 14.11.1962. 764 ASSACO-Giornale di Scavo del 10.11.1962.

765 ASSACO-Giornale di Scavo del 14.11.1962. 766 ASSACO-Giornale di Scavo del 02.11.1962. 767 ASSACO-Giornale di Scavo del 05.06.1963.

orientato in senso Est-Ovest, la cui pavimentazione di lastre di arenaria risulta solo in parte conservata (Figg. 102, 264), terminante, lungo il lato breve occidentale, con una fossa, scavata nella roccia, interpretata come pozzo dallo scavatore768 (Fig. 266), individuata nel 1962, precedentemente al vano, il quale fu esplorato nel 1963769. Questo non si trova, però, su una fonte di acqua sorgiva quindi per essere un punto di approvvigionamento doveva essere rifornito da un sistema di adduzione, che però non è stato identificato. Tale caratteristica, a cui va aggiunta l’assenza d’intonaco impermeabilizzante sulle pareti, pone l’attenzione sull’effettivo utilizzo come pozzo dell’apparato, che sembra essere più verosimilmente una vasca770. Il banco roccioso in cui è scavata funge da fondamenta, nel tratto occidentale, alle pareti del vano, che risultano costituite da blocchi di arenaria squadrati di medie e piccole dimensioni, messi in opera in modo regolare771, con scaglie e ciottoli di basalto e arenaria a colmare gli interstizi, sulle quali si riscontrano numerosi lacerti di intonaco, di estensione ridotta rispetto al tempo degli scavi, a causa della continua erosione a cui sono sottoposti (Figg. 102, 264). Inoltre, si osserva sulle pareti settentrionale (USM 237) e meridionale (USM 242) la presenza di sette cavità per lato, nelle quali verosimilmente dovevano essere alloggiate altrettante travi per il sostegno della pavimentazione del piano superiore, del quale sopravvive solo un breve tratto delle murature (Fig. 108). Interessanti appaiono i ritrovamenti documentati dallo scavatore all’interno della vasca, che sembrano confermare il rimescolamento del terreno di colmatura ipotizzato dallo scavatore: infatti, oltre all’individuazione contestuale di numerosi «framm. di terracotta ordinaria punica e romana», che attestano quindi, in linea generale, un ampio sfruttamento del complesso, sono documentati una colonnina dorica in marmo sulla quale, secondo lo scavatore doveva trovare posto una statua, due frammenti di statuette, alcuni spilloni e aghi

768 PESCE 1966b, p. 108. 769 Cfr. supra.

770 L’assenza d’intonaco impermeabilizzante, sopravvissuto invece in un altro apparato simile

identificato nell’angolo nord-occidentale del settore centrale, precisamente nell’area contrassegnata con il n. 39, potrebbe essere ricondotta a un cattivo stato di conservazione riscontrabile nella notevole erosione del banco roccioso in cui risulta scavata.

771 Si è osservato che, nel tratto dove le murature risultano erette al di sopra del banco roccioso

scavato per la vasca, il muro settentrionale, a differenza di quelli occidentale e medionale, non poggia direttamente sulla roccia ma su blocchi basaltici di grandi e medie dimensioni, di forma irregolare, al di sopra dei quali l’apparato murario venne eretto per filari abbastanza regolari, come gli altri due suddetti.

in osso integri e frammentari, un manico in avorio forse di un coltello772 e una macina in trachite773. Quest’ultima, anche se di dimensioni ridotte rispetto ad altre identificate in questa stessa Area, in aggiunta alla presenza della vasca, potrebbe essere un indice di un uso a scopo produttivo per il vano, al quale era possibile accedere direttamente dall’esterno, ma anche dalla parte meridionale dell’unità abitativa. Tra il materiale archeologico citato dallo scavatore si ricorda anche la presenza della parte inferiore di un thymiaterion, conservato per un altezza massima di 6 cm774: l’uso di tale oggetto, anche se generalmente legato a contesti sacri, risulta documentato nell’antichità anche in ambito abitativo, anche se in numero ridotto e con una diffusione più limitata775. Interessante risulta anche il rinvenimento nel vano, tra gli oggetti in osso, di un piccolo elemento interpretato dallo scavatore come flauto e conservato per un altezza di 1.2 cm776: questo, come gli altri che hanno ricevuto la medesima interpretazione, documentati nei diari di scavo in tutto il sito777, necessita uno studio approfondito per verificarne l’effettiva pertinenza a strumenti musicali, data la fattura degli oggetti778. Non va tralasciato, infatti, come oggetti simili siano stati attribuiti in letteratura a volte all’ambito musicale e altre volte al mobilio, interpretati precisamente come cerniere779. Inoltre, l’uso di tale area fin dalle fasi più antiche sembrerebbe attestata dal recupero, nel corso della pulizia finale dell’ambiente, di «n. 2 monete puniche»780, purtroppo molto ossidate motivo per cui lo scavatore stesso non è potuto giungere a una descrizione più puntuale che permettesse una delimitazione cronologica più precisa.

772 Interessante la presenza di un eventuale coltello che, dato il ritrovamento di diversi oggetti in

osso, potrebbe essere una testimonianza di attività di modellatura di oggetti in tale materiale e in avorio. A riguardo, e sugli strumenti di lavorazione di oggetti in osso e avorio, si veda BIANCHI 2007, p. 363. Più in generale sulle fasi di preparazione e lavorazione per la realizzazione di tali oggetti, si veda BIANCHI 2007, pp. 349-385.

773 ASSACO-Giornale di Scavo dei giorni 5, 7.11.1962; 4.12.1962. 774 ASSACO-Giornale di Scavo del 5.11.1962.

775 ZACCAGNINO 1998, p. 52. Più in generale, per una trattazione su tali oggetti nel mondo antico,

si veda WIGAND 1912.

776 ASSACO-Giornale di Scavo del 12.6.63. Per la documentazione di scavo riguardante i materiali

archeologici provenienti dall’ambiente n. 19 e dalla vasca, cfr. supra.

777 Cfr. supra.

778 A riguardo si veda MARANO 2014a, pp. 90-91.

779 MANFREDI 1990a, pp. 108-109. Oggetti confrontabili con quelli risultanti dalle descrizioni dei

diari di scavo di Tharros, sono attestati a Cartagine (Cfr. LANCEL 1982, nn. A157 52-53; HURST, ROSKAMS 1984, pp. 187-188 nn. 7-8), Nora (Cfr. CHIERA 1978, p. 130, tav. XIII n. 3), Ibiza (Cfr. VENTO MIR 1985, p. 111 nn. M.E. EI/66, 79, 80) e Villaricos (Cfr. ASTRUC 1951, pp. 64, 80-81, tav. XXXIII nn. 11-12, XLVII n. 3).

La parte meridionale del complesso è più ampia e risulta scandita, nell’ultima fase osservabile, in cinque vani781. Dal punto di vista strutturale l’edificio sembra fornire numerose informazioni riguardo ai rifacimenti che lo hanno interessato, che in alcuni casi hanno probabilmente modificato la scansione interna degli spazi. In linea generale, infatti, nel complesso sono stati riscontrati apparati murari costituiti da blocchi squadrati di arenaria principalmente di grandi e medie dimensioni, ma anche di dimensioni più ridotte, messi in opera per filari regolari e legati tra di loro con malta, in alcuni punti tuttora riscontrabile. Il muro occidentale (USM 258), presenta a circa metà della sua lunghezza, un evidente rifacimento di epoca più tarda nella parte meridionale, costituito da blocchi di basalto e arenaria, di forma e dimensioni varie messi in opera in modo irregolare, visibile a causa dell’estesa lacunosità dell’intonaco parietale riscontrato su tale impianto (Fig. 267). A un secondo momento dell’occupazione sembra rimandare anche la scansione degli spazi nella parte orientale del complesso, in particolare la divisione in due stanze del vano d’ingresso: infatti, l’apparato murario (USM 247- 248), con orientamento Est-Ovest, che divide il vano d’ingresso da quello meridionale di forma allungata, nel quale si osserva una soglia in arenaria, è riferibile a un momento successivo rispetto all’erezione dell’adiacente muratura (USM 251), con la quale non risulta in asse, essendo ad essa appoggiata e spostata verso Nord (Fig. 268). Inoltre, dal punto di vista tecnico risulta composta da materiale di recupero di varie dimensioni in arenaria e in basalto messo in opera in modo irregolare. Anche i piedritti che delimitano la soglia in arenaria non sembrano essere stati eretti con la medesima perizia di quelli di passaggio dal vano d’ingresso a quello retrostante centrale e da questo a quello di fondo, nella parte occidentale: infatti, i blocchi sopravvissuti in posto sono di forma e dimensioni meno regolari (Fig. 268) rispetto agli altri presi in esame, dove si riscontra una maggiore regolarità (Fig. 267). Per cui è possibile che solo in un secondo momento il vano d’ingresso venne diviso in due spazi e quindi, data l’anteriorità dell’impianto murario, con orientamento Est-Ovest, che delimita il vano centrale da quello meridionale (USM 251), probabilmente quest’ultimo doveva essere di dimensioni più ristrette e vi si doveva accedere dall’ambiente antistante, posto nella parte orientale del complesso. Anche il muro posto tra il vano meridionale e lo spazio retrostante (USM 252), interpretato da G. Pesce

come «bugigattolo», sembra un rifacimento più tardo ma in assenza di testimonianze archeologiche non è possibile affermare se i due spazi dovessero essere intercomunicanti e solo successivamente delimitati da un apparato murario. Per cui, sulla base delle evidenze strutturali sopravvissute, sembra che la parte orientale del complesso dovesse essere costituita da un ampio spazio d’ingresso dal quale si accedeva a due vani, dei quali da quello settentrionale, di maggiori dimensioni, si passava verso Ovest all’ambiente con resti d’intonaco parietale decorato e, verso Sud, a quello che è stato definito «bugigattolo». In un secondo momento, il vano d’ingresso è stato ridotto a favore dell’ambiente accessorio meridionale, che viene ad assumere, quindi, una forma irregolare allungata, e il cui accesso viene spostato nella parete settentrionale. Riguardo all’ambiente interpretato come «bugigattolo», si ricorda il rinvenimento di un capitello dorico con parte del fusto liscio782 (Fig. 265, a sinistra), al momento posto in posizione ribaltata al di fuori dell’edificio, oltre la parete meridionale del vano (Fig. 269) e risulta documentata anche l’individuazione di un «tronco di colonna dorica in arenaria con stuccatura, alt. m. 0.57, diam. m. 0.57»783 per il quale non è possibile ricostruire il luogo preciso di rinvenimento e l’eventuale relazione con il capitello citato.

Inoltre, di un certo interesse risulta la presenza di alcuni lacerti d’intonaco parietale decorato, nel vano di fondo occidentale: questi si trovano nella parte inferiore del muro settentrionale (USM 242) (Fig. 108 b), sui due setti murari laterali rispetto alla soglia d’ingresso (USM 256-257) (Figg. 108 a, 270), e sull’apparato murario meridionale (USM 259). L’apparato sopravvissuto mostra ampi tratti decorati in rosso che testimoniano la presenza di uno zoccolo di tale colore su tutte le pareti citate. Questo, visibile al momento dello scavo per «m. 1,20 dal piano di pavimento»784, è oggi visibile per un altezza massima, nell’angolo sud-orientale dell’USM 256, di 1.10 m., a causa del terreno di colmatura che copra la parte inferiore delle murature. Oltre tale altezza, le pareti dovevano essere occupate da quadri di colore bianco, nei quali probabilmente dovevano esservi delle raffigurazioni, delle quali però non rimane alcuna traccia. Purtroppo sopravvivono solo due brevi tratti di due quadranti di colore bianco, posti all’incirca alla stessa altezza dal pavimento, raffiguranti, uno, i limiti

782 PESCE 1966b, p. 110.

783 ASSACO-Giornale di Scavo del 8.7.63. 784 PESCE 1966b, p. 111.

inferiore e laterale, nell’USM 256, e l’altro, non distante dal precendete, unicamente quello inferiore, sulla parete meridionale del vano (USM 259). Quest’ultimo apparato murario appare ulteriormente interessante per la presenza di un ampio tratto dell’intonaco che ha obliterato una precedente decorazione del muro, come si osserva nella parte centrale della parete: il lacerto, visibile per un’altezza massima di 5 cm, è costituito da un tratto inferiore di colore rosso, alto circa 4 cm e da uno superiore di colore bianco, conservato per un’altezza di circa 1 cm, testimonianza di una decorazione del tutto simile a quella successiva che l’ha obliterata, precedentemente esaminata. Tale stile pittorico, già definito come «pompeiano» dallo scopritore785, sembra riferibile al III stile, anche se non si può escludere il II stile avanzato, attribuzione che collocherebbe cronologicamente la prima realizzazione e anche il successivo rifacimento degli apparati decorativi, tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C786. Purtroppo tale inquadramento non è supportato da dati provenienti dallo studio dei materiali archeologici qui rinvenuti, per i quali possediamo al momento unicamente descrizioni sintetiche, riportate nei diari di scavo, particolarmente in riferimento alla ceramica definita «punica, romana, a vernice nera e aretina»787, che quindi fornisce solo dei riferimenti cronologici generici.

Riguardo, invece, la parte settentrionale dell’Area III, indagata nel corso della missione di scavo del 1962788, lo scavatore aveva delimitato cinque complessi, i nn. 33-37 (n. XVIII-XXIII), a carattere abitativo789. Le evidenze archeologiche sembrano confermare la scansione degli spazi proposta da G. Pesce, a eccezione dell’edificio n. 33 che secondo lo studioso doveva essere composto da quattro ambienti di forma allungata, affiancati e addossati all’asse stradale, due dei quali conservavano «avanzi di pavimento a lastre di basalto e di arenaria»790, la cui presenza non è stata riscontrata. Dall’osservazione autoptica appare plausibile che vi fossero due unità autonome, le nn. XVIII e XIX, costituite entrambe da due vani intercomunicanti tra di loro791 e il cui accesso doveva avverenire dal decumano antistante, anche se risulta auspicabile la ripulitura dell’area e lo

785 Ibidem.

786 A proposito dei quattro stili pompeiani e della loro collocazione cronologica, si veda BEYEN

1965, pp. 356-366.

787 Cfr. supra. 788 Cfr. supra.

789 PESCE 1966b, pp. 118-123. 790 Ivi, pp. 118-119.

791 Il complesso più orientale risulta costituito dai vani numerati in corso di scavo con i nn. XVII-

spostamento dei blocchi che ingombrano parte di due dei quattro vani, crollati dalle adiacenti murature, che non permettono un’osservazione puntuale delle caratteristiche strutturali (Fig. 271). Tra i due complessi, entrambi riferibili al tipo n. 3 della tipologia di case tharrensi (Fig. 188), come l’adiacente edificio n. XIV, il n. XVIII (Fig. 98) risulta particolarmente sconvolto non essendo conservati i piani pavimentali, parte del limite orientale e l’apparato murario settentrionale, lacunosità che non consente di definire se l’accesso dall’esterno dovesse avvenire dall’uno o dall’altro vano. Risultano in parte assenti anche parte del tramezzo tra i due ambienti (USM 260) e la parte meridionale della parete occidentale dell’edificio (USM 262), mentre appare meglio conservato il limite meridionale (USM 261), tutti realizzati con la messa in opera di blocchi di arenaria di forme varie con scaglie e ciottoli del medesimo materiale e di basalto792. Inoltre, si ricorda che nel vano più occidentale «si è riscontrato un blocco di arenaria sormontato da un piccolo tronco di colonna [mentre un] altro piccolo tronco si è incontrato abbattuto»793 nei pressi dei quali lo scavatore documenta la presenza «probabilmente [di] un pozzo non scavato», individuato alla fine della campagna di scavo del 1962 contestualmente al rinvenimento del tofet verso il quale lo studioso decise di concentrare tempo e fondi a discapito del quartiere abitativo794. Riguardo alla destinazione d’uso dei due ambienti appare rilevante il