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Il tentativo di fascistizzare la Catalogna

3 2 Mussolini e le destre spagnole

3.3 Il tentativo di fascistizzare la Catalogna

Negli anni Trenta l’Italia fascista volse la sua attenzione anche a «quella parte di Spagna che è più vicina all’Italia storicamente, politicamente, economicamente», la Catalogna.

Nel febbraio del 1933, Guariglia intravedeva la possibilità che sorgesse un partito fascista nella Catalogna e precisamente a Barcellona

dove gli interessi della vita economica industriale e finanziaria sono superiori a tutto il resto del paese, la gente di buon senso guarda al fascismo ed al suo duce con ardente simpatia e come unica speranza. Ed anche soltanto a Barcellona dove lo sviluppo dei traffici e dei contatti internazionali hanno diffuso una mentalità più moderna, si può comprendere il vero fascismo con i suoi postulati e le sue realizzazioni economiche e sociali, non il fascismo di maniera verso cui tendono alcuni ambienti di Madrid i quali pare si siano fermati alla mentalità dei reazionari e dei «codini» del ’48. […] Poiché la Catalogna è quella parte di Spagna che è più vicina all’Italia storicamente, politicamente, economicamente, ed anche quella, ove si potranno costruire più presto delle notevoli correnti di simpatie verso il fascismo, mi sembra che a noi convenga di coltivare in modo speciale amicizie in quella regione. E ciò nell’interesse anche delle nostre industrie.318

I legami tra questa regione e l’Italia e la presenza italiana a Barcellona risalgono all’Unità d’Italia. Già nel 1862 nel suo rapporto sulla comunità italiana il console italiano Giuseppe Malmusi parlava di 1.500 italiani residenti nella città catalana.319 Agli inizi del Novecento la comunità italiana si sviluppò e si insediò anche nel resto della Catalogna. Nel 1927 i residenti italiani nella sola Barcellona ammontavano a 3.000.320 Nella prima metà degli anni Venti la colonia italiana svolge una importante funzione di collegamento tra il regime fascista e la realtà politica barcellonese e spagnola. Il console Ferdinando Mazzini, in questo periodo, collaborava con il delegato per la Spagna dei Fasci Italiani all’Estero, Ernesto Marchiandi, per evitare sia una rottura dei dirigenti del Fascio con l’opinione pubblica barcellonese sia interferenze con le attività e le faccende dei notabili e delle loro imprese. Il primo

Fascio fu fondato nel 1924 proprio nel capoluogo catalano.

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318 R. Guariglia, Primi passi …, op. cit., Madrid, 5-2-1933, R. 327/202, pp. 250-252.

319 A. Gonzàles i Vilalta, Cataluña bajo vigilancia. El consulado italiano y el fascio de Barcelona (1930-

1943), Valencia, Publicacions de la Universitat de València, 2009, p. 26.

320 C. Venza, El Consulado italiano de Barcelona y la comunidad italiana en los inicios del fascismo

L’instabilità che seguì la caduta del regime del generale Miguel Primo de Rivera inquietò i diplomatici italiani a Madrid e a Barcellona. Gli osservatori del Consolato nella città catalana iniziarono a inviare a Roma rapporti dai toni sempre più preoccupati. Una preoccupazione che scaturiva dalla crescente opposizione alla monarchia di Alfonso XIII, rappresentata da tre settori: il catalanismo nelle sue differenti espressioni, il republicanesino e il sindacalismo anarchico.

L’8 febbraio 1930 Romanelli, console italiano a Barcellona scriveva a De Peppo, incaricato d’Affari a Madrid, dicendo che la regione era orientata verso soluzioni estreme: separatismo e socialismo.

Il periodo tra il 1930 e il 1933 rappresentò per i diplomatici italiani una sfida per la difficoltà di interpretare la “questione catalana”, i rapporti tra la Catalogna e la Spagna e il crescente interesse italiano nelle possibilità di fascistizzare la Catalogna. Nel biennio 1933-1934 le autorità diplomatiche italiane iniziarono a interessarsi dell’evoluzione degli «Escamots» de Estat Català321 come possibili futuri fascisti. Nel 1934 il quadro delle relazioni tra il Governo centrale spagnolo e la Generalitat catalana si complicò a causa delle differenti maggioranze politiche che si susseguivano al governo, divenendo espressione della lotta destra-sinistra su scala spagnola. A metà giugno scoppiò il conflitto tra la Generalitat e il Governo repubblicano. Un rapporto anonimo giunto al Consolato e trasmesso a Roma, con data 20 agosto 1934, individuava le cause che l’avevano determinato, nella «profonda differenza nel potenziale demografico, economico e culturale delle provincie catalane rispetto al resto della Spagna, […] per cui esse costituiscono la testa di ponte da cui penetra in Spagna l’influenza europea e mondiale, nonché dalla evoluzione storica [della regione]».322

Il 24 luglio Guariglia nel suo rapporto sulla «Situazione politica in Spagna e la questione della Catalogna» affermava:

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321 Escamots era organizzazione paramilitare fondata da Jose Dencàs i Puigdollers, Consigliere e leader di

Joventuts d’Esquerra Republicana Estat Català (JEREC). Estat Català, partito indipendentista catalano, fondato da Francesc Macià nel 1922.

322 Per il testo del rapporto si veda A. Gonzàles i Vilalta, Cataluña …, op. cit., Apendice documental, p.

il governo catalano merita di essere da noi seguito con attenzione, non solo nei suoi rapporti con l’esistenza e la consistenza politica dello stato spagnolo, ma nei suoi possibili sviluppi di sempre maggiore autonomia.

Se è vero che noi dobbiamo desiderare una Spagna forte, ma solo fino al punto in cui, senza costituire un ingombrante fattore della politica del Mediterraneo, possa avere una maggiore indipendenza della sua politica di fronte alla Francia, il distacco sempre maggiore della Catalogna dal resto della Spagna non aderisce certamente con questo nostro desiderio.

E non bisogna dimenticare che una siffatta Catalogna possiederebbe le Baleari! D’altra parte però con questa stessa Catalogna non sarebbe diffìcile per noi, anzi sarebbe forse più facile che con la Spagna di ieri e di oggi, mantenere contatti, sviluppare simpatie e perfino interessi politici. Che molti ambienti politici catalani sentano il bisogno dell’amicizia dell’Italia e la ricerchino, la provano non soltanto le dichiarazioni fatte recentemente dal consigliere della Generalità, signor Dencas, ma tutto l’atteggiamento dei partiti politici catalani di sinistra verso di noi, malgrado le loro manifestazioni antifasciste ad uso interno. Due deputati della «esquerra» (sinistra) catalana sono venuti tempo fa all’ambasciata per chiedermi esplicitamente di adoperarmi a destare in Italia maggiori simpatie per la causa catalana, facendomi dichiarazioni non dissimili da quelle del signor Dencas ed assicurandomi che sono in una Catalogna autonoma e non in una Spagna centralista l’Italia poteva trovare la comprensione della sua politica mediterranea.323

Nell’ottobre del 1934 l’interesse italiano per Dencàs e per Estat Català sfumò, ponendo fine all’idea di costruire un fascismo catalano con l’aiuto italiano.324 La

decisione fu frutto della sconfittà, il 6 ottobre, «della Esquerra Repubblicana de Catalunya e di tutti i partiti ad essa alleati e l’arresto dei loro dirigenti».325

Se ai primi di gennaio del 1936 De Peppo si rammaricava di aver promosso più propaganda a Barcellona che a Madrid,326 l’ambasciatore a Madrid Orazio Pedrazzi segnalava nel suo rapporto al Ministero degli Affari Esteri e a quello della Propaganda la situazione critica della propaganda italiana in Spagna, considerata «terreno molto fertile per una propaganda in questa direzione». Il diplomatico italiano poi riferiva che la sproporzione esistente tra Barcellona e Madrid a livello propagandistico aveva indotto alcuni settori politici spagnoli a ritenere che l’Italia fascista fosse favorevole all’indipendenza della Catalogna. Criticava inoltre le

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323 R. Guariglia, Primi passi … , op. cit., San Sebastiano, 24-7-1934, R. 2440/1260, p. 394. 324 A. Gonzàles i Vilalta, Cataluña … , op. cit., p. 146.

325 Consolato di Barcellona, Barcellona, 19 ottobre 1934, Rapporto, in A. Gonzàles i Vilalta, Cataluña

…, op. cit., Apendice documental, p. 320.

sovvenzioni date all’Istituto di Cultura italiana a Barcellona (60.000 mila lire) contro le 4.000 mila lire inviate a Madrid.327

La Catalogna non rappresentava più la testa di ponte per fascistizzare la Spagna.

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327 ACS, Ministero della Cultura popolare, Madrid, 16-1-1936, Rapporto dell’Ambasciata di Madrid, b.