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La Spagna e la Società delle Nazioni (1919-1929)

L’internazionalismo wilsoniano trovò terreno fertile anche in Spagna. Stato neutrale durante i quasi quattro anni e mezzo del conflitto mondiale, il paese voleva tuttavia giocare un ruolo nel nuovo ordine internazionale che si andava costruendo.

Nel paese iberico una corrente internazionalista sosteneva l’opportunità che Madrid facesse parte della nascente organizzazione e in questa prospettiva va letto il viaggio a Parigi di Álvaro de Figueroa y Torres, conte de Romanones, sostenitore già dal 1914 di un allineamento spagnolo con gli Alleati e dal dicembre 1918 nuovo capo del Governo. I tentativi di Figeroa di incontrare Wilson per spiegargli la posizione spagnola di fronte alla pace non ebbero successo, tuttavia con l’aiuto dell’ambasciatore statunitense a Madrid -Joseph Willard, suo amico personale- Romanones incontrò il presidente degli Stati Uniti il 20 dicembre 1918 nella capitale francese. Il capo del Governo spagnolo cercava l’appoggio di Wilson per realizzare il desiderio di partecipare alla Conferenza di Parigi e garantire alla Spagna un ruolo maggiore rispetto al peso reale del paese, nel nuovo contesto internazionale.

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57 P. Nello, Un fedele disubbidiente. Dino Grandi da Palazzo Chigi al 25 luglio, Bologna, il Mulino,

1993, p. 46.

La riunione bilaterale ispano-statunitense si occupò sia di problemi internazionali (America latina, Gibilterra, Marocco, Mediterraneo, Filippine) sia problemi interni sorti durante la Grande guerra (problemi causati dalla crisi politica spagnola del 1917, risarcimento per la perdita di navi spagnole a causa della guerra sottomarina tedesca, navi austro-ungariche e tedesche affondate nei porti spagnoli, La Società delle Nazioni). Con riguardo al futuro organismo ginevrino il governo spagnolo si limitò ad affermare che desiderava farne parte fin dall’inizio e chiese di partecipare alla discussione sul futuro di zone che lo interessavano direttamente come l’Atlantico, il Mediterraneo e lo Stretto di Gibilterra.

Le conversazioni col presidente statunitense non diedero i frutti sperati dal primo ministro spagnolo. Ciò prestò il fianco alle critiche di Luis Araquistain - intellettuale di sinistra - che dalle pagine di «España», rimproverando Romanones di aver incontrato Wilson, scriveva:

el momento no ha podido ser más desfavorable. Los estadistas aliados trabajan afanosamente por ponerse de acuerdo sobre los preliminares de la paz. Podemos imaginarnos la displicencia que debe suscitar en ellos la visita de un señor de un país neutral que viene a hablarles de fastidiosas vaguedades o de problemas tan accesorios para el mundo como Marruecos, Tánger, tratados de comercio con España y tal vez Cataluña.59

Anche dai banchi del Parlamento si rimproverava il Governo. Augusto Barcia, deputato riformista, nella sua interpellanza del 19 gennaio 1919 sosteneva:

A la hora de hoy, dado como está planteado en el mundo el problema de la nueva comunidad internacional, no hay posibilidad, no hay manera de que ninguna de las cuestiones más agudas de nuestra política interior […] pueda tener solución sin que estén armonizádos, enlazados y sistematizados con orientaciones de carácter internacional.

La políticá internacional de España, la conducta internacional de España durante la guerra, crea, para todos los que han gobernado en el períodó de estos cuatro años, desde, 1914 a 1918, una situación difícil.60

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59 L. Araquistain, Romanones a París. Un viaje lamentable, in «España», 26 de diciembre de 1918, p. 3. 60 Diario de Sesiones del Congreso de los Diputados, 21 de enero de 1919, p. 3633.

Barcia inoltre imputava a Romanones di essersi mosso tardivamente visto che la neutralità aveva impedito al paese « para poder llegar la voz de España en los instantes en que se [iban] a operar las grandes transformaciones en Europa».61

Il problema della neutralità durante il conflitto fu un tema dibattuto nella società spagnola, che si divise tra neutralisti e interventisti a favore della Germania (germanófilos) o a favore degli Alleati (aliadófilos). Questa divisione si registrava anche tra i mezzi di comunicazione. El País riteneva che

En la situación actual de España desmoralizada, pobre y dividida, lo mejor es la neuralidad, lo más prudente, tal vez lo único posible. […] Pero la neutralidad no es impasibilidad. No puede serlo. Los españoles no podemos ser extraños a la epopeya cuyo canto de introducción estamos leyendo en sus primeros versos. Somos hombres, somos europeos;62

mentre La Época, organo del partito conservatore, si schierava per la neutralità «absoluta». Per Francisco Romero Salvadó «la guerra de palabras» - lo scontro verbale tra germanófilos e aliadófilos - «fué el presagio de la guerra civil real que estallaría en el futuro y para que sólo faltaba una generación».63

Anche gli intellettuali si divisero tra l’uno e l’altro gruppo, mentre il premio Nobel per la medicina Santiago Ramón y Cajal scriverà nelle sue memorie che la distinzione tra germanófilos e aliadófilos poggiava sul fatto che:

aquí nadie ama a nadie; todos aborrecen. Los unos odian a Alemania, a causa de sus ínfulas de raza superior su concepción autocrática del Estado. Los otros a Francia e Inglaterra, por haber sido cuna y constituir vivo ejemplo de la tolerancia religiosa y de las libertades civiles. Lo que por ninguna parte asoma es el amor sincero a España y el convencimiento de que sólo por el esfuerzo enérgico y consciente de sus hijos podrá venir su engrandecimiento político y elevación cultural.64

Il 7 novembre 1918 sulla rivista España apparve un manifesto dell’ Unión Democrática

Española para la Liga de la Sociedad de Naciones Libres, che si rivolge a quella parte

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61 Ivi, p. 3635.

62 Editoriale de «El País», Neutrales; no impasibles, no serviles, in «El País», 4 de agosto de 1914, p. 1. 63 F. Romero Salvadó, The Foundations of Civil War. Revolution, Social Conflict and Reaction in Liberal

Spain, 1916-1923, New York - London, Routledge, 2008, p. 25.

64 S. Ramón y Cajal, Recuerdos de mi vida. Tomo I. Mi infancia y mi juventud, Madrid, Imprenta y

del pueblo español que siente una fervorosa solidariedad espiritual con el resto de los pueblos civilizados, [que no quiere ser confundido] con la otra España pétrea e insolidaria [y espera que] en los futuros consejos de las naciones libres se tenga en consideración su espíritu de comunidad con el mundo civilizado, esa parte de España quiere que la España total deje de ser lo que ha sido durante los últimos siglos, una aldea europea,

e lo invita a creare una sezione della Lega delle Nazioni libere. Essa sarà «un vehiculo para transportar al mundo [los] anhelos [de los españoles], una turbina para transportar provechosamente la elemental energía que el mundo despida sobre [los españoles]». I firmatari - tra cui possiamo ricordare Unamuno, Marañon, Azaña, Menéndez Pidal, Albornoz e Araquistain - ritengono che la sezione della Lega possa democratizzare la Spagna e pertanto sostengono che

Ha llegado la hora de demonstrar [que los españoles son] dignos de pertenecer como pueblo y como Estado, a una comunidad de democracias civilizadas y que no [queren] seguir viviendo aislados de los dolores y esperanzas del mundo ni regidos por poderes irresponsables ante la única soberanía del pueblo.65

Alcuni mesi dopo, sul settimanale España, appare un altro articolo in cui si afferma che

l’Union Democrática Española non ha più ragion d’essere, visto che per far parte della

futura Società delle Nazioni non è necessario essere una democrazia, per cui se la Spagna vorrà aderire all’organismo societario potrà farlo anche «con su paralitica autocracia».66

La Spagna come gli altri paesi neutrali non parteciparono direttamente alla Conferenza di pace ma fu informata degli sviluppi riguardanti la Società delle Nazioni. Invitata alla Conferenza parigina allargata agli Stati neutrali il 10 marzo 1919, vi partecipò con Manuel González Hontoria. Le riunioni tra gli Alleati e i neutrali si tennero il 20 e il 21 marzo e a seguito di queste Romanones accettò l’ingresso del paese nella Lega, nonostante mancasse l’approvazione delle Cortes. Il consenso del Parlamento spagnolo giunse dopo la conclusione dei lavori di un’apposita Commissione parlamentare cui era stato affidato il compito di valutare l’impatto economico, militare e legislativo della partecipazione alla Società.

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65 Un llamamiento. Unión Democrática Española para la liga de la Sociedad de Naciones libres, in

«España», 7 de noviembre de 1918, pp. 3-4.

Il requisito di Stato neutrale che non aveva partecipato alla Prima guerra mondiale, richiesto dal Covenant, permise alla Spagna di diventare membro dell’organizzazione societaria. Il 10 gennaio 1920, con una lettera di J. Quinones de León (ambasciatore spagnolo a Parigi) a J. E. Drummond (Segretario Generale della S. d. N.), la Spagna aderisce alle Società delle Nazioni67, partecipando attivamente ai lavori. Fu grazie al lavoro di González Hontoria, divenuto ministro de Estado, che il paese ebbe un posto nel Comitato esecutivo. Suo rappresentante a Ginevra, fino al 1931, fu José de Quiñones de León, ambasciatore a Parigi, che di dimostrò essere il rappresentante più assiduo tra tutti i membri del Consiglio. Nelle sue memorie Salvador de Madariaga, delegato spagnolo alla Lega per la Repubblica dipinge il suo predecessore come un uomo che «creía en nada que no fuera el poder y el interés nacional»,68 mentre Francis

Walters come « neither a national figure at home nor a man of outstanding political quality, but he played his part with unfailing good humour and good manners».69 Il suo ruolo fu così importante che divenne «el delegado ‘permanente’ de su país en el Consejo de la S. d. N.».70

Rieletta come membro non permanente nell’organo esecutivo, il paese ottenne che lo spagnolo fosse una delle lingue delle Conferenze e che la settima riunione del Consiglio si svolgesse a San Sebastián. In ambito societario la sua politica era di cooperazione con Francia e Gran Bretagna.

Per svolgere l’attività a Ginevra fu creata la Oficina Española de la Sociedad de

Naciones, comunemente chiamata la Oficina Española. Il compito di questo nuovo

dipartimento del Ministerio de Estado71 era quello di comunicare direttamente e formulare la politica societaria spagnola a cui va aggiunto quello di coordinare le attività dei delegati spagnoli.72 Grazie a Quinones de León l’ambasciata di Parigi divenne il punto di collegamento tra Ginevra e Madrid. Questa posizione fu mantenuta anche durante la dittatura di Primo de Rivera (1923-1930). Il cambio di regime in !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

67 Societé des Nations, Journal Officiel, n°1, Lettera di J. Quinones de León a J. E. Drummond, 10

gennaio 1920, Londres, Harrison and Sons Ltd., 1920, p. 16.

68 S. de Madariaga, Memorias (1921-1936). Amanecer sin mediodía, Madrid. Ed. Espasa-Calpe, 1974, p.

53.

69 F. Walters, op. cit., p. 99.

70 G. B. Bledsoe, La Oficina Española de la Sociedad de Naciones (1920-1931), in «Revista de Política

Internacional, 1973, p. 126.

71 In Spagna fino al 1938 con la denominazione Ministerio de Estado ci si riferisce al Ministero degli

Affari Esteri.

Spagna non produsse effetti particolari sulla politica estera del paese che si mantenne nel solco tradizionale dei governi precedenti. L’atteggiamento di Primo de Rivera nei confronti della politica estera era negativo e diffidente verso gli organismi internazionali e le pratiche diplomatiche:

hablaba con desdén de pactos y sociedades de naciones (así en plural). [...]

Aunque jefe del Gobierno de España, no tenía ni asomo de idea de lo que era y significaba la Institución de Ginebra».73

Quale fu il ruolo che svolse la Spagna primoriverista durante gli anni Venti nell’istituzione ginevrina? Nel 1922 di fronte all’aumento di altri due posti da assegnare a membri non permanenti (in totale 10) il paese iberico affermò che non poteva essere considerato alla pari con questi ultimi, perché si considerava una potenza media nel sistema europeo e pertanto rivendicava un posto permanente in seno al Consiglio.

Riguardo alla questione di Corfù che interessava l’Italia, la Spagna presentò un piano su richiesta del Consiglio le cui condizioni furono accettate dalle due parti in causa.

Nel 1925 il trattato di Locarno costituì un passo importante nella politica continentale perchè prevedeva un imminente ingresso della Germania nella Lega. Quando ciò si verificò nel 1926, la Spagna chiese che il suo posto fosse permanente nel Consiglio. La mancata soddisfazione della sua richiesta la spinse a uscire dall’organismo ginevrino, per rientrarvi due anni dopo nel 1928.

L’11 settembre 1926 la Spagna formalizzò la sua ritirata sulla base di quanto stabiliva l’art. 1, comma 3 del Covenant (Any Member of the League may, after two years’ notice

of its intention so to do, withdraw from the League, provided that all its international obligations and all its obligations under this Covenant shall have been fulfilled at the time of its withdrawal). L’articolo prevedeva due anni di tempo per il ritiro effettivo

dall’organismo ginevrino. Durante questo periodo il paese iberico si astenne dal partecipare alle attività della Lega. Alla scadenza dei due anni il Consiglio della Società delle Nazioni invitò la Spagna a ritornare sulla sua decisione. Il 23 marzo 1928 nella lettera inviata al Presidente del Consiglio della Società delle Nazioni, Primo de Rivera, a nome del Governo spagnolo risponse che il paese

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très sensible à l’invitation du Conseil ne peut qu’exprimer sa gratitude et accepter cette invitation, sans conditions ni réserves … [en exprimant la] plus sincère gratitude aux Représentants de tous les pays qui on temoigné leur affection et leur respect envers la veille et glorieuse nation espanole.74

La Spagna ritornò a far parte del Consiglio il 10 settembre 1928. Nella sessione pomeridiana l’Assemblea votò una risoluzione che le garantiva un posto di membro non permanente della durata di sei anni. Due anni dopo, a seguito di una riforma del Consiglio il paese divenne membro semipermanente. Rientrata in seno alla Lega la sua attività fu meno attiva fino al cambio di regime nel 1931.