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imparare alcuna cosa da lui’ Ora, essendo noi presso alla sala dove s’aveva a cenare, ci venne incontra Alessidemo Milesio 20 (era costu

figliuol bastardo di Thrasibulo tiranno, e usciva molto turbato, e veniva

fra se medesimo ragionando alcuna cosa con colera, la quale noi non

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Eumetide, o anche Cleobulina, avrebbe dato spunto ad una commedia di Cratino,

Le Cleobuline, secondo la testimonianza di D.L. (1, 89). Alcuni hanno anche avanzato

l’ipotesi possa trattarsi di una personificazione degli enigmi inventati dal padre Cleobulo di Lindo, unico tiranno dell’isola di Rodi, sulla quale governò circa quarant’anni (metà del VI sec.).

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Questo personaggio, figlio illegittimo di Trasibulo di Mileto, non è altrimenti noto. Collerico ed altezzoso, si allontana prima che tutti i commensali entrino, in quanto non gli è stato assegnato un posto di riguardo. Bruscamente rimbrotta Talete per l’incoerenza dei Savi su teoria e prassi. Il suo temperamento collerico viene giustificato da Locas anche sul piano onomastico: «Il suo nome (secondo noi da intendere ‘colui che tiene a distanza il popolo’; cfr. èAlexi@kakov) ben si addice al suo carattere altezzoso e fa pensare ad un personaggio creato per la circostanza». Cfr. LOCAS 1997, 202, n. 54.

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potevamo intendere). Ma come e’ vide Thalete, fermossi e disse: ‘deh,

guarda per tua fe’, che villania mi fa Periandro! Egli, volendo io

partirmi, non m’ha lasciato ire, pregandomi ch’io restassi a cena. Di

poi, venendo, mi mette nel più disonorato luogo che ci sia; e d’altra

parte onora quanto e’ può gli Eolesi e certi isolani molto più che

Thrasibulo. E senza dubbio disonorando me, mostra ch’egli abbia

voluto provocar contra me, e disonorare ancora Thrasibulo che mi ci

ha mandato’. Disse allora Thalete: ‘hai tu forse paura che non

intravenga a te come agli Egizi, i quali dicono che le stelle si fanno

migliori o peggiori di loro stesse, considerando le altezze e le

bassezze

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de’ luoghi dove elle passano? E così anco tu dubiti di non

essere oscuro e vile per rispetto del luogo. E certo che assai meglio di

te la intese quello spartano, il quale, in una certa raunanza, essendo dal

governatore messo a sedere nell’ultimo luogo, disse: «certo, tu hai

trovato il modo di fare questo luogo onorevole».

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Noi non

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I sette pianeti, compresi il Sole e la Luna, secondo le antiche dottrine astrologiche, non esercitano un influsso costante: la loro forza dipende, infatti, dalla capacità di occupare la posizione zodiacale in cui si trovavano al momento della creazione. Il massimo influsso viene appunto esercitato quando un pianeta occupa il punto di ‘esaltazione’ (uçyw@ma); viceversa, trovandosi nel segno zodiacale opposto alla sua abituale dimora, occupa un punto di ‘depressione’ (tapei@nwma), esercitando un influsso minimo. L’astrologia fu molto diffusa nell’antichità: la più ricca documentazione, soprattutto di oroscopi su papiri, si ascrive all’età ellenistica.

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La battuta, a quanto pare, gode di una certa intertestualità, se in Plut., apophth.

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abbiamo a considerare il luogo dove segghiamo, né chi ci sia posto

sopra, ma più tosto di confarsi

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bene con gli altri invitati,

manifestando subito in essi il principio e l’occasione dell’amicizia; e

non dobbiamo sdegnarci, ma più tosto mostrar d’aver caro d’esser

chiamati in compagnia di persone tali. Percioché colui che si sdegna

per rispetto del luogo, molto più si sdegna con chi gli siede appresso,

che con chi l’ha invitato, e fassi odioso all’uno e all’altro’. ‘Queste

cose’, disse Alessidemo, ‘voi le dite a parole, ma agli effetti poi veggo

che voi savi ancora cercate l’onore’. E così dicendo andò via.

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E

maravigliandoci noi del poco discorso di colui, disse Thalete: ‘egli è

un balordo e goffo di natura: perché, essendo egli ancor giovinetto et

essendo portato a Thrasibulo un dilicatissimo profume, postolo in un di

quei vasi grandi,

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che s’usano per rinfrescare il vino, e messovi su del

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confarsi = confarci. Assibilazione del pronome di terza persona plurale nel D. Come si legge in GARAVELLI 2004 (135, 148), il ‘si’ è un tratto tipico della lingua lombarda: se il D. rispetta la norma bembesca, si deve probabilmente supporre che fosse anche compositore dell’operetta, per cui l’interferenza tra l’auctoritas toscaneggiante e le rimembranze del piacentino idioletto dev’essere stata molto forte. Sulla composizione del ‘si’ in luogo del pronome ‘ci’ in genere si vedano RUSCELLI 1558, 605-606, e QUONDAM 1988, 664-665).

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L’abbandono del simposio è un topos del genere conviviale, ma il congedo è attestato anche al di fuori del genere: si veda, nel De sera numinis vindicta, ad esempio, l’Epicureo anonimo (548 A-B).

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D. precisa si tratti di uno di quei vasi «che s’usano per rinfrescare il vino»: era una specie di cratere, dotato di doppia parete e di imboccature secondarie, «che consentivano di riempire la cavità intermedia con acqua fredda o con neve fatta venire a volte da notevole distanza e a caro prezzo. Così sulle mense dei ricchi il vino posto nella cavità principale centrale poteva essere mantenuto fresco senza venire a diretto contatto con il refrigerante; i meno abbienti si contentavano di immergere il vino, chiuso in un’anfora, nella fresca acqua di un pozzo». ( LOCAS 1997, 204, n.63).

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vino,

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se lo bebbe, facendo in quel modo un’inimicizia in cambio

d’amicizia’. Allora andando attorno un servidore, disse: ‘ Periandro ti

fa a sapere, pigliando questo Thalete, che tu guardi questo che gli è

stato portato, s’egli è così fatto da natura, o pure qualche segno e

portento. Esso veramente par molto turbato, stimando che ciò sia

macchia e bruttura della vittima’. E così ci menò in una casetta

appresso l’orto. Questo

giovane, per quel che si poteva vedere, pastore, ch’era ancora sbarbabo

e d’assai bello aspetto, tratta fuora una certa pelle, ci mostrò un

bambino, il quale diceva ch’era nato d’ una cavalla, le cui membra di

sopra, fino al collo e le mani, erano d’uomo, e ’l resto era di cavallo. E

guaiva con una certa voce, come fanno i bambini che son nati di

fresco. Allora Nilosseno, dicendo o Hercole, tu che mandi via le cose