UNA QUESTIONE APERTA
P AURE E IMPAZIENZE DELLA SOCIETÀ D ALLA REALTÀ URBANA , ATTRAVERSANDO IL MONDO RURALE E OLTRE – Sullo sfondo una società maghrebina che evolve
in un contesto di diffusa e «brutale» urbanizzazione, dove il processo di cambia- mento penetra e si definisce attraverso la rottura del legame sociale che lascia le popolazioni nel travaglio di un mutamento non regolato, e provoca una profonda
15Christian Comeliau, “À la recherche de l’économie du développement: faiblesses structurel-
les de la théorie dominante”, in Christian Comeliau (a cura di), Nouveaux Cahiers de l’IUED (L’é- comie à la recherche du développement), n. 5, Puf, Paris, 1996, p. 18.
16Paul Bairoch, Economics and World History – Myths and Paradoxes, Harvester Wheatsheaf, Lon-
don, 1993 (tr. fr., Mythes et paradoxes de l’histoire économique, La Découverte, Paris, 1995, p. 241).
trasformazione dei meccanismi di inclusione e di esclusione, dove si sviluppa rab- bia, risentimento, delusione, ma anche apatia e senso di impotenza. Sempre e comunque a sottolineare che in stretta connessione con l’ideologia oggi «domi- nante» – volta a promuovere modelli di identificazione piuttosto che interrogare e comprendere le dinamiche della diversità – è l’aumento incontrollato dell’esclu- sione ad affermarsi e trascinare con sé, in un ampio spazio ancora poco cono- sciuto, l’evoluzione dei multiformi significati della marginalità, oramai privati degli spazi originali e dei confini conosciuti che avevano caratterizzato la coscienza di un’epoca e delineato i limiti e le possibilità delle azioni umane. Ciò che in definitiva significa – come osservano Samir Amin e Ali El Kenz – che “la crisi sociale oggi è incomparabilmente piú acuta di quanto non lo fosse cento o cinquanta anni fa. Non che la società sia nel suo insieme piú «povera». Al contra- rio (…). Ma la modernizzazione è stata ugualmente quella della povertà. (...) Piú della metà della popolazione araba è oggi urbana. Ma questo trasferimento mas- siccio non è il risultato di una doppia rivoluzione agricola e industriale (…). È al contrario il risultato dell’assenza della rivoluzione agricola e della rivoluzione industriale. La miseria rurale crescente si è semplicemente trasferita nelle città che le industrie e le attività moderne sono incapaci di assorbire”.18In sostanza: uno sconvolgimento sociale di straordinarie proporzioni.
L’evidente conseguenza è l’affollarsi di nuove e acute problematiche in riferi- mento ai percorsi di integrazione dell’uomo e delle società nella modernità. Men- tre sul continuo dissolversi del vecchio tessuto economico e sociale, si producono modificazioni profonde nei comportamenti individuali e collettivi, attraverso i quali innanzitutto si esprime, in un itinerario irruente e complesso, “l’ampiezza e la violenza dei mutamenti che colpiscono gli spazi, le strutture delle popolazioni, le attività economiche, i rapporti sociali e i modi di vita urbani tradizionali”.19Le strutture familiari stesse, meccanismo chiave di solidarietà nelle società arabo- musulmane tradizionali, sono ora attraversate da flussi incessanti di conflitti e ten- sioni, dove si esprime un processo profondo che ha già mutato forme e ruoli della famiglia, nei suoi aspetti culturali, economici e politici. Alimentando nuove aspi- razioni, certo. Ma anche sviluppando forme estese di malessere e frustrazione. Perché nell’«ordine» urbano, sulla drammatica dilatazione dell’emarginazione, e la grave perdita dei riferimenti culturali che rende assai sofferti gli immensi spazi di vuoto, “il pensiero perde questa forza che obbliga al rispetto delle norme sociali. La città è il luogo dell’anonimato, è il luogo di incontro di persone che si percepiscono gli uni e gli altri senza genealogia, né identità di status. È il luogo dove tutto è permesso: aggressività degli uni nei confronti degli altri, manifesta-
18Samir Amin e Ali El Kenz, Le Monde arabe. Enjeux sociaux – Perspectives méditerranéennes,
L’Harmattan, Paris, 2003, pp. 20-21.
19Pierre Signoles, Galila El Kadi, Rachid Sidi Boumedine, “Introduction”, in Pierre Signoles,
Galila El Kadi, Rachid Sidi Boumedine (a cura di), L’urbain dans le monde arabe. Politiques, instru-
zione dell’istinto di sopravvivenza, desiderio di potenza, volontà di accumu- lare…”.20 E si tratta di quadri cosí penetranti e diffusi, che caratterizzano in profondità le città maghrebine. E segnano tracce fondamentali nell’evoluzione dell’intera area; talmente incisive da esprimersi con particolare virulenza finanche in Mauritania: il paese che irrompe su un territorio dominato dagli immensi spazi del deserto, e che conserva ancora i segni di una recente tradizione di nomadi- smo.21Ma ora, nelle sue città dell’«economia moderna» (Nouakchott, Nouadhi- bou, Zouérat), in un contesto di urbanizzazione accelerata, scopre una realtà di rapide trasformazioni e di acute fratture, che si imprimono su un tessuto sociale assai fragile – dove la vita quotidiana è diventata particolarmente dura – ed eser- citano una forte pressione in termini di richieste di un nuovo sistema di valori. Perché anche nella difficile e complessa realtà della Mauritania, è la città che ora si afferma quale luogo di immense aspirazioni e profonde frustrazioni. È essa che apre gli spazi a tutte le contraddizioni, e al contempo muove verso nuove confi- gurazioni. È la città che, anche in Mauritania, coniuga innovazione e disgrega- zione. E in questo senso “offre un anonimato favorevole alla dissoluzione dei legami sociali e dei referenti culturali. Permette, da questo punto di vista, un piú rapido mutamento della società. I legami tribali ed etnici, lo status della donna e certe pratiche avvilenti o poco rispettose dei diritti della persona umana si sono, certo, positivamente evoluti, ma la città introduce anche riferimenti e pratiche che la società tradizionale sapeva evitare: criminalità, delinquenza, prostituzione, droga”.22A Nouakchott – e in forme acute – tutto tende a confermare un quadro dove la corruzione si sviluppa insieme a un’ineguaglianza schiacciante tra ricchi e poveri.23 È in tutto il Maghreb, del resto, che il problema dell’urbanizzazione – con le sue evidenti specificità in rapporto alle diverse realtà – si associa a dilaganti percorsi di frantumazione delle società, dove cresce il senso di insicurezza, e si imprime anche il preoccupante diffondersi della violenza. Nelle città algerine le analisi continuano a sottolineare che, se prostituzione e delinquenza proliferavano in modo straordinario durante gli anni drammatici del decennio scorso, ora la città appare esasperata e oppressa: aggressioni in pieno giorno, rapine e stupri sono improvvisamente aumentati; tanto che vivere in città è considerato un pericolo che
20Lahouari Addi, Les mutations de la société algérienne. Famille et lien social dans l’Algérie con-
temporaine, La Découverte, Paris, 1999, p. 193.
21“Nel 1950, i nomadi costituivano i due terzi della popolazione della Mauritania e gli abitanti
delle città rappresentavano appena il 5%. (…) Oggi quasi un mauritano su due abita in città (46,4% di popolazione urbana)” (Birane Wane, “Mauritanie: crise urbaine ou urbanisation de la crise?”, in
Espaces et sociétés en Mauritanie, URBAMA, Tours, fascicule n. 33, 1998, p. 17). A conferma del con-
tinuo e rapido processo di urbanizzazione, il tasso di crescita della popolazione urbana in Mauritania, come già annotato, è salito al 63%. (Fonte: The World Bank, World Development Indicators 2006, Washington, D.C., 2006).
22Birane Wane, “Mauritanie: crise urbaine ou urbanisation de la crise?”, cit., p. 19.
23Alain Antil, “Gérer des élections pluralistes dans le cadre d’une démocratie «imposé», l’exem-
ple des élections d’octobre 2001 en Mauritanie”, in L’Ouest Saharien (Regards sur la Mauritanie), Cahiers d’Études pluridisciplinaires, vol. 4, L’Harmattan, Paris, 2004, p. 106.
impone dispositivi sempre piú stressanti.24E cosí anche in Marocco, e anche nella città storica di Fès: “Criminalità, il volto nascosto di Fès”, titola il settimanale marocchino TelQuel. E spiega: “Bande munite di rasoi e di pugnali saccheggiano la città. I commercianti manifestano contro l’insicurezza. La criminalità aumenta al ritmo dell’habitat anarchico”.25 Segnalando pertanto il radicalizzarsi di un feno- meno che, con il suo carico di irruente sopraffazione, attraversa le città maghre- bine, innanzitutto a esprimere come la propagazione della violenza – nei suoi diversi aspetti – si nutre ampiamente delle opacità e delle difficoltà di organizza- zione dello Stato, incluso il fallimento dei programmi di sviluppo, e al contempo riflette le fragilità e le tante ambiguità della scena internazionale.26
A confronto, l’altra componente fondamentale della realtà maghrebina: il vasto mondo rurale – con le sue diversità e anche con la sua estesa e acuta povertà – sul quale le «luci» dell’urbano esercitano un’attrazione decisiva e dalla cui influenza il mondo rurale viene fondamentalmente modificato. Alla base, il dispiegarsi nelle campagne e nei villaggi di evidenti spazi di cambiamento, in un contesto di cre- scenti frustrazioni, dinanzi a società oggi sempre piú disgregate dall’esodo mas- siccio verso le città; e al contempo poste di fronte alle costrizioni delle troppe forze di inerzia che frenano – sull’affermarsi dei nuovi orizzonti – la realizzazione di un altro divenire. Tutto il rapporto tra città e campagna ne è determinato, e quindi trasformato. Tanto che è sotto la spinta di queste potenti contraddizioni, tra espansioni e contrazioni di avvenire – dove il mondo rurale si riconferma quale spazio particolarmente fragile dello sviluppo27– che ad emergere e radicarsi, nella
24Abderrahmane Moussaoui, “Pertes et fracas: une décennie algérienne meurtrière”, in Naqd
(L’Expérience traumatique), n. 18, automne-hiver 2003, pp. 144-145.
25Chadwane Bensalmia, “Fès Apocalypse Now”, in TelQuel, n. 152, 27 nov. – 3 déc. 2004, p. 24. 26A questo riguardo si sottolinea che sul panorama mondiale assistiamo oggi al preoccupante
fenomeno dell’incontrollato aumento della criminalità. Come osserva Richard Poulin: “Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp), il prodotto criminale lordo mondiale ha raggiunto 1.200 miliardi all’anno e rappresenta il 15% del commercio mondiale. (…) Tutti gli studi sottolineano che il crimine organizzato gioca un ruolo determinante nell’economia mondiale in seguito alla liberalizzazione e alla finanziarizzazione dei mercati. (…) Migrazione, tratta, prostitu- zione, riciclaggio del denaro «sporco», corruzione, droga, etc., la criminalità è diventata un mezzo particolarmente vantaggioso di accumulazione del capitale per il fatto che con la sua dimensione planetaria, costituisce una delle attività piú redditizie dell’economia (…)” (Richard Poulin, “Prosti- tution, crime organisé et marchandisation”, in Revue Tiers Monde, t. XLIV, n. 176, octobre-décem- bre 2003, pp. 741, 745).
27In Marocco, dove metà della popolazione vive nelle campagne o nei piccoli villaggi caratte-
rizzati per la loro estrema diversità, l’osservazione costante è che occorre “colmare l’enorme ritardo della loro evoluzione. Esse [le campagne] sono in effetti le grandi perdenti della modernizzazione che ha conosciuto il Marocco nel corso del secolo. E di fronte alle trasformazioni, cioè agli scon- volgimenti che si annunciano, enormi handicap rendono fragili questi territori i cui abitanti sono privi, per la maggior parte, dei beni di base in termini di infrastrutture e di equipaggiamenti socio- culturali. Per la mancanza di riforme profonde, logiche di potere concorrenti hanno reso inoperanti gli sforzi e sprecate le possibilità di sviluppo” (Mohammed Naciri, “Territoire: controller ou déve- lopper, le dilemme du pouvoir depuis un siècle”, in Maghreb-Machrek, n. 164, avril-juin 1999, p. 10).
molteplicità delle sue possibili articolazioni, è la problematica dell’urbanizzazione delle campagne e della nuova ruralità.28Perché il modo di vita delle città è defi- nitivamente penetrato anche nelle realtà piú marginali del mondo rurale: proprio attraverso i rapidi canali della crisi che, in un processo di approfondimento delle fragilità, innanzitutto pone nuovi problemi alla tematica dell’innovazione; ora a diretto confronto – anche nel piú «lontano» mondo rurale – con l’aggravarsi del- l’esclusione, e l’estendersi dei suoi riflessi accesi e penetranti sugli ampi percorsi della mondializzazione.
Sono trasformazioni profonde che certamente cambiano la rete dei rapporti interni nella regione maghrebina, cosí come le dinamiche di interazione sulla scena mondiale. Ma altresí svelano – su una realtà sempre piú complessa – come i loro effetti restano ancora assai incerti. E in ogni caso andranno identificati e analizzati nel quadro di un piú lungo processo storico, che molto probabilmente vedrà anche definirsi il passaggio a nuove positività. Per quanto invece riguarda lo scorrere della realtà presente, ciò che per ora appare piú significativo rilevare al fine di cogliere le principali linee di tendenza, è proprio questa crescente inte- grazione degli spazi rurali nel «carattere» di un mutamento che, mentre approfondisce a tutti i livelli le linee di disparità, trasforma in profondità le logi- che tradizionali. Tanto da far emergere quanto “la società rurale è anche forte- mente penetrata dall’economia monetaria e quest’ultima ha profondamente tra- sformato le abitudini di consumo e la gerarchia dei valori sociali”.29 Inserendo desideri nuovi e penetranti che muovono verso le «luci» reali o immaginate delle realtà urbane. E nello stesso tempo a sottolineare che “questi cambiamenti inter- vengono in concomitanza con la crescita demografica che accentua lo squilibrio tra le risorse e i bisogni, ponendo le famiglie rurali nella necessità di fare appello agli aiuti esterni per sopravvivere. In questo contesto, i legami di parentela non hanno senso che nella misura in cui sono sottesi da interessi materiali”.30 La logica dei fatti è in realtà ovunque, e ancora una volta, l’opposto di un muta- mento che si vorrebbe come definito. Imponendosi piuttosto, nella varietà delle sue forme, come processo in accelerazione che muove oltre le barriere dei con- fini noti. Segnando come, anche nel bled (villaggio), i problemi piú acuti sorgono dalle pesanti contraddizioni del tempo presente: tra i desideri di uno spazio final- mente «nuovo» e la realtà di forti costrizioni. O in senso piú ampio: dalle pro-
immagini, ma attraversate da grandi sfregi di povertà e di mediocrità che le sfigura (…)” (Marc Côte,
Pays, paysages, paysans d’Algérie, Cnrs, Paris, 1996, p. 7). E ancora: “L’esodo rurale o piú esatta-
mente l’insicurezza e l’impoverimento drastico delle campagne [algerine] a causa della diserzione dello Stato, fonte principale di posti di lavoro, ha aggravato la disoccupazione e la miseria che met- tono giovani donne e uomini sui cammini della città che lo Stato controlla meglio” (Abderrahmane Moussaoui, “Pertes et fracas: une décennie algérienne meurtrière”, cit., p. 145).
28Marc Côte, op. cit., p. 230.
29Ali Fejjal, “Migrations et changement social à Fès”, in Les nouvelles formes de la mobilité spa-
tiale dans le monde arabe, URBAMA, Tours, Fascicule de Recherches n. 28, 1995, p. 215.
messe e dalle ambiguità della mondializzazione. In che modo possiamo, del resto, interpretare il capovolgimento del tempo lento che per secoli aveva caratteriz- zato il mondo rurale, se non considerando che nelle campagne il sogno di moder- nità, che è nel cuore di tutti i giovani, oggi passa attraverso le forme urbane. E gli studenti delle scuole di agricoltura desiderano – tutti – avere un mestiere urbano.31
Sono i nuovi centri urbani, sovrappopolati e profondamente trasformati, che si impongono in tutto il Maghreb quale espressione piú evidente degli itinerari complessi verso la modernità, sui quali muove la dinamica accesa delle trasforma- zioni in corso, trascinando con sé tutta l’incertezza e anche l’ambivalenza dei significati del mutamento. E al contempo illuminando – sulla deludente realtà di una illimitata marginalizzazione urbana – l’estendersi di aspirazioni senza confini: verso una memoria passata – percorso anche colmo di una intensa e profonda ricerca di elementi affettivi – e verso una generosa proiezione nelle piú ampie attese di futuro. Su tutto si imprime l’urgenza di comprendere il reale in un rimo- dellamento del sapere. Ed è un percorso che, attraverso l’attualità dei tempi acce- lerati, impronta di sé tutta questa nostra epoca, con la sua atmosfera di gravi incer- tezze e crescenti opacità.
Non appena si mette in luce il bisogno fondamentale di ripercorrere e interro- gare gli itinerari del sapere, con le sue diverse configurazioni, sono difficoltà e «sbarramenti» a riproporsi allora nell’area maghrebina, manifestandosi in tutta la loro profonda estensione. Prima di tutto a sottolineare come, nella regione, la crisi che perdura – con le sue multiple dimensioni – indubbiamente non riesce a pas- sare ancora attraverso il filtro di una valutazione critica propria; che sappia colle- gare la diffusione dei tanti «miti» – sempre espressi su immagini di società diverse – con un concreto progetto di rinnovamento della realtà. E tuttavia gli eventi premono verso la ricerca di queste nuove connessioni – tra orizzonti del mito e ricostruzione del reale – su cui si muove la stessa sfida della diversità culturale, riflessa attraverso i percorsi della mondializzazione. E da cui emerge anche il bisogno vitale di riconoscere ed esprimere, nel confronto con l’«altro» e con l’«altrove», la propria specificità culturale, che innanzitutto richiede un approfon- dimento del pensiero arabo-musulmano – nei percorsi delle sue evoluzioni e delle sue potenzialità – quale sistema cognitivo endogeno. Finora poco analizzato, ma oggi decisamente proiettato sulle sfide delle piú ampie articolazioni del sistema mondiale.
Certamente, ciò che occorre in profondità analizzare è che il tutto universale del discorso neoliberale promuove e crea un autentico tessuto comune, attraverso il quale muovono i diversi punti di osservazione, e si esplorano i significati della democrazia e dell’economia di mercato in società complesse, sempre piú aperte
sull’esterno dove, dietro il velo delle chiusure e delle rigidità, si delinea la realtà piú concreta di nuove «idealità» emergenti. E la loro formazione – se anche avviene nel contesto di un’urbanità violenta e convulsa – inevitabilmente muove attraverso un esteso processo di mondializzazione che già orienta in modo nuovo il senso di organizzazione delle società. Mentre un nuovo insieme di idee sta effet- tivamente e definitivamente entrando a caratterizzare l’evoluzione delle mentalità. Alla base: l’irrompere delle nuove tecnologie dell’informazione e delle comunica- zioni che, in questa nuova era della rete, accelerano e promuovono la mondializ- zazione, e premono sul bisogno crescente di penetrare e interrogare il senso delle cose, anzitutto affermandosi quali strumenti fondamentali della modernità. E in questo senso segnando, sull’evolversi dei loro percorsi – insieme all’estendersi di una nuova «comunicazione» – l’emergere de «la società dell’informazione plane- taria» che, al di là dei tanti miti che ne accompagnano le proiezioni, sta comun- que già imprimendo all’economia e alle società nella loro globalità, caratteri orga- nizzativi e interpretativi della realtà totalmente diversi rispetto al passato. Per quanto riguarda il Maghreb, il confronto con l’estendersi delle reti globali è ora – e anche qui – inevitabilmente avviato.
Innanzitutto attraverso la diffusione accelerata delle reti di ricezione satelli- tare che, con l’importante penetrazione della televisione transfrontiere nelle case e nei luoghi pubblici, sottolinea come è l’antenna parabolica che nell’area magh- rebina si è indiscutibilmente imposta quale elemento chiave, attraverso cui si intensifica la circolazione delle idee e si formano aspettative, valori, immagini, simboli, che funzionano come nuovi mediatori nel contesto di una “modernità tradita”,32 alla disperata ricerca di un nuovo rinnovamento. “Tempesta sul pae- saggio audiovisivo maghrebino” – osserva Nabila Sidhoum, con riferimento allo sconvolgimento provocato nella regione dai satelliti di diffusione diretta e dalle sfide che essi impongono.33E inoltre, questa volta a toccare una realtà di acutis- sime contraddizioni: “la parabola ci mostra il paradiso mentre noi viviamo l’in- ferno”.34La conseguenza piú immediata, a tutti i livelli della società, è la richie- sta incessante di una piú ampia informazione, per superare una situazione di oppressione e dipendenza, e conoscere finalmente ciò che in realtà avviene nei propri paesi e ciò che succede nel mondo. È sul dilatarsi di queste attese, del resto, in un confronto accelerato ed esteso con le immagini dell’«Altro» e dell’«Altrove» – dove si scoprono nuove dimensioni, e si aprono anche nuove e fondamentali tensioni – che le popolazioni colgono il messaggio fondamentale dell’epoca. E cioè l’urgenza di penetrare e approfondire sempre piú la sfida cul-
32Burhan Ghalioun, Islam et politique: la modernité trahie, La Découverte, Paris, 1997. 33Nabila Sidhoum, “La démonopolisation du secteur audiovisuel des pays du Maghreb”, in
Naqd, n. 8/9, 1995, p. 10.
34Giovani della Casbah, in M. Vergès, “La Casbah d’Alger: Chronique de la survie dans un
quartier en sursis”, citato in Mohamed Madani, “Villes algériennes”, in Naqd, n. 16, printemps-été 2002, p. 11.
turale e tecnologica che ha già cominciato a trasformare le società di questo mil- lennio, sull’evidente estendersi dei nuovi spazi di comunicazione. Significativo, a tale riguardo, è quanto osserva il giornalista tunisino Ben Brik: “Quando lascia il suo ufficio di Tunisi per rientrare nella periferia agiata di Cartagine, l’avvocato o l’alto funzionario tunisino cambia mondo, lasciando dietro di sé la frustrazione e la rabbia dei quartieri popolari. Ma quando arriva a casa e accende la televisione, questi due mondi si ricongiungono e formano uno stesso pubblico. È l’ora in cui Al-Jazira, la rete satellitare di informazione, entra in tutte le case”.35E sempre in riferimento alla Tunisia, dove la persistenza e l’aggravarsi del sistema totalitario rendono particolarmente grave l’assenza di libertà: “si può mettere sotto chiave