DEL MONDO GIOVANILE
D AL SOGNO DELLA SOCIETÀ DI CONSUMO AI LABIRINTI DELLA MEMORIA E DELLA CONTESTAZIONE – Devises, in Algeria – e la parola designa il franco fran-
cese (ora sostituito con l’euro)62– è per i giovani il “termine magico che evoca lo splendore della società di consumo occidentale (…). Effettuato il cambio tutti i sogni sono permessi e tutte le porte si aprono; i prodotti introvabili diventano come per miracolo disponibili”.63E tuttavia, sulle nuove proiezioni della società di consumo che estendono gli orizzonti dell’immaginario giovanile, nulla muta di sostanziale nell’obiettivo di «smascherare» e rivitalizzare la complessa realtà del- l’epoca. Dove, per contro, è sempre la necessità di comprendere e penetrare i significati dell’innovazione a rimanere senza risposte, e assumere l’aspetto sempre piú problematizzato di una preoccupante carenza di riflessione, sull’acuirsi della fragilità dell’analisi critica. E con una traiettoria cosí intensa, in termini di fluidità dei significati, da imporsi quale entità dinamica di importanza fondamentale. Tal- mente rilevante da penetrare in profondità le inquietudini del quotidiano e per- meare di sé l’accelerarsi degli scambi tra il desiderio di un «nuovo modo di vita» e le tensioni di un’identità in mutamento. Senza riuscire mai a volgere l’orienta- mento su chiare e nette linee di identificazione. Tanto che il passaggio ai valori materiali nei desideri dei giovani, con le aspettative crescenti di «fare soldi» – se per molti aspetti sembra esprimere il chiaro allontanamento da ogni impegno di ricostruzione delle società – in realtà e innanzitutto rivela, con innegabile evi- denza, le difficoltà e le fratture delle generazioni giovani nel dispiegare le loro
60Gilbert Grandguillaume, “Les langues au Maghreb…”, cit., p. 102. 61Paul Ricoeur, “Langage (Philosophies du)”, cit., p. 956.
62Il 1 gennaio 2002 nella zona euro, si è avuto il passaggio «fisico» alla moneta unica. 63Merzak Allouache e Vincent Colonna, “Les mots pour capter l’Algérie nouvelle”, in Merzak
energie e le loro ambizioni in quest’epoca di profonda crisi degli ideali. Fino a constatare quanto effettivamente si tratta di «impulsi» disperati, che in primo luogo impongono forme ambigue al discorso dei giovani, di fronte ad una realtà che, in opposizione alle immagini di «ricchezza» e al desiderio di abbondanza, presenta invece un tessuto di precarietà crescente, in un clima di fragilità struttu- rale dell’economia e della società, dove il «sogno» di benessere, installandosi all’interno stesso delle trasformazioni in atto, conferisce un sentimento di nostal- gia profonda alle difficoltà del tempo attuale; e simultaneamente si trasforma in un serbatoio a cui attingere promesse di felicità, ma anche indicazioni profonde in riferimento agli sconvolgimenti sociali in corso e in divenire. Perché è proprio sull’accelerarsi della frammentazione sociale – dove si esprime un incremento incontrollato delle forti disparità di ricchezza e di opportunità – che si delinea e si dilata la frattura fra esperienza e sogno. In un’«incisione» cosí profonda che nei giovani diventa una costante e dinamica apertura sui percorsi della vita, nell’esi- genza onnipresente di doversi arrangiare per vivere. E al contempo l’impatto vio- lento e quotidiano con i nuovi comportamenti delle élite locali, per le quali “il consumismo è diventato un valore centrale (…). Nell’alta borghesia di Stato, la corsa all’opulenza e alle spese sontuose diviene un modo di vita”.64
Il risultato piú immediato è un processo oscillante ma in rapido movimento che, permeato di forti connotazioni emotive, disegna ed imprime un punto fon- damentale di rottura con i poteri locali e con le realtà attuali. Nel momento stesso in cui il rapido passaggio ai media contemporanei, rafforza il collegamento e il confronto con le reti televisive dell’«Altro» che incessantemente trasmettono un’elevata e intensa quantità di informazioni sulla società di consumo; cosí da allargare il senso di esclusione, proprio mentre “rinviano un’immagine di opu- lenza inaccessibile ai giovani dei paesi del Sud, desiderosi di apprenderla de visu… E poi ancora: il peso delle costrizioni sociali e familiari che grava sugli indi- vidui, fonte di un vivo conflitto tra i padri cresciuti in un mondo comunitario e i loro figli che aspirano ad un’individualizzazione dei costumi”.65Il quadro che ne risulta è l’accelerarsi di profondissime instabilità. Da una parte la netta determi- nazione nel rifiuto della realtà presente; dall’altra le oscillazioni delle sue proie- zioni. E al contempo – su questo stesso terreno incerto e frantumato, ma con- traddistinto dall’accrescersi e dall’«illuminarsi» di seducenti desideri di sviluppo e di benessere – l’irrompere delle dinamiche della memoria, nell’urgenza dei gio- vani di ricercarsi, per far riemergere anche il proprio passato, oggi distribuito solo a frammenti, fra memorie «dimenticate» e memorie «idealizzate». E con il pro- blema crescente, nel ripercorrere gli itinerari dell’esperienza viva della memoria, di tradurla in termini di approfondimento dell’analisi conoscitiva. Considerato anche e soprattutto che “la memoria è un «medium» assai piú fluido della perce-
64Pierre Vermeren, op. cit., pp. 253, 260.
zione, perché è assai piú lontana dal controllo della realtà”.66E tuttavia – per la sua capacità di penetrare ed esprimere i confini mobili tra i mondi immaginari e i mondi reali, e con una dinamica carica di risorse per combattere l’oblio – essa decisamente si afferma quale campo assai fertile di esplorazione dei significati che agiscono sul presente, con i suoi tragitti aperti alle problematiche di una storia occultata, mai realmente interrogata, e inseparabilmente connessa alle tante ferite culturali oltre che materiali, ancora non risolte che continuano a lacerare la regione. È su questi effetti e questi «segni» che la memoria riemerge allora come passaggio obbligato e punto centrale di confronto per i giovani maghrebini, dove maturare l’acquisizione della coscienza della propria identità, e da cui cogliere quella forza di lunga durata che dalla ricerca del passato muove direttamente verso il futuro, nel tentativo di ritrovare nel vissuto della propria storia lo svolgersi di un racconto piú profondo dove ricucire le identità, definire le rotture, disegnare l’avvenire.
È sempre sul bisogno di nuovi orizzonti, verso la complessa ricerca di avvenire, che si articolano e si acuiscono i problemi dell’epoca. Ed è su questa spinta, che nel discorso dei giovani – attraversato da flussi multipli e incessanti di «memorie» – il tempo storico si sovrappone e interagisce con il tempo dell’attualità. In un proliferare di immagini di passato, di presente, di futuro, dove irrompe, quale elemento fondamentale orientato verso nuovi amalgami, il desiderio dei giovani di esprimersi e misurarsi anche attraverso i caratteri fantasticamente esasperati della società di consumo, che travalicano la realtà e tuttavia l’alimentano, affermandosi in un rapporto costante con l’accelerarsi della mondializzazione. Fino a collegarsi, attraverso innumerevoli fili, alla problematica complessa delle «conquiste» e delle «deficienze» del denaro che, pur penetrando intensamente il ricco mondo del- l’immaginario, non è in grado di convincere sulle sue reali possibilità di com- prendere ed esprimere la modernità, senza aver prima colmato i silenzi del pas- sato e gli spazi vuoti della riflessione. Anche perché se, nel Maghreb, “l’amnesia può funzionare come una bomba a frammentazione”,67è altrettanto vero che un tale rischio di esplosione presenta una carica ulteriormente accelerata nel con- fronto con l’estendersi – nei giovani – del desiderio di denaro, quale risposta alta- mente ambigua alle sfide e ai limiti del tempo. Da un lato, la considerazione effet- tivamente concreta che “per il suo carattere assolutamente oggettivo e indiffe- rente, incolore e intimamente privo di rapporti con cui si offre all’azione piú eccelsa come alla piú infima, il denaro induce piuttosto con facilità a un certo las- sismo e a una certa sconsideratezza nell’agire (…)”.68Il che può in parte anche
66Kurt Lewin, citato in Rudolf Arnheim, Visual Thinking, The University of California Press,
Berkeley – Los Angeles, 1969 (tr. it., Il pensiero visivo, Einaudi, Torino, 1974, p. 100).
67Benjamin Stora, “Maroc, le traitement des histoires proches”, in Esprit, n. 266-267, août-sep-
tembre 2000, p. 95.
68Georg Simmel, “Il denaro nella cultura moderna” (conferenza tenuta nel 1896), in Nicola
Squicciarino (a cura di), Il denaro nella cultura moderna, Armando editore, Roma, 1998, p. 91. Per ulteriori approfondimenti sul valore e sul significato del denaro, v. Georg Simmel, Philosophie des
spiegare l’assenza nei giovani di un impegno nel cercare di dare forma esplicita a un discorso politico, cosí come a un’azione politica. E tuttavia è anche vero che la sua «opacità» favorisce la ricerca di «verità», aprendo nel Maghreb una nuova e intensa dialettica con gli spazi di solitudine dei giovani, le loro difficoltà a rom- pere le insicurezze, l’acuirsi del dissenso. In definitiva, ciò che decisamente entra in gioco è l’irrompere di una gioventú numerosa e fragile che – di fronte ai tanti traumi del presente – ancora piú che negli anni passati “dipende molto dalla sua energia, dal suo idealismo, dai suoi sogni”.69
È in questo contesto, del resto, che l’estendersi del sogno di consumo innanzi- tutto richiama all’attenzione quanto occorre in effetti saper leggere nel sistema di metafore e di allusioni ad esso connesso. Perché il fascino esercitato dal denaro e riflesso sui beni materiali non si rinchiude nell’oggetto. Ma ha ripercussioni molto piú ampie, esprimendo il divenire di un sistema di valori simbolici che non è in atto ma in potenza. E la sua effettiva presenza, nel discorso dei giovani, diventa il comune denominatore che permette di attraversare le frontiere, superare il senso di impotenza, immergersi nelle vaste solitudini, richiamare la memoria, penetrare nelle diverse culture; e rimettere in discussione la distribuzione geografica del potere e della ricchezza, per ricercare i significati di sicurezza e di giustizia, il ruolo della società civile nel mutamento del rapporto Stato-società, i significati della pace minati dalla guerra e dall’estendersi dei tanti squilibri. Sono tematiche penetranti, che acquistano tutta la loro consistenza in paesi dove la valorizzazione dei beni materiali – proiettata su un immaginario giovanile intenso in termini di estensione del «sogno» sui possibili desiderati – si lega strettamente, attraverso un gioco com- plesso di contrapposizioni e di fratture, con la dura realtà della disoccupazione giovanile, e il suo prolungamento nel diffondersi dell’economia informale70 che, con i suoi confini labili tra il visibile e l’invisibile, “diviene sempre piú lo spazio di attività e di iniziativa dei giovani cittadini (…), regolatore essenziale degli squilibri sociali”.71A volte, anche promessa di redditi piú elevati. Ma soprattutto l’infor- male è sempre vissuto come transitorio in opposizione a una realtà definitiva. Indubbiamente percepito come non valorizzante delle idee-immagini della moder- nità, fonte di crescenti frustrazioni. E tuttavia cosí colmo di «vissuto» giovanile, da fare della disillusione un perpetuum mobile da cui partire per conquistare l’avve- nire, ed esplorare significati e contraddizioni di società sempre piú complesse, avvolte e lacerate dalla crisi, ora anche dai drammi del Medio Oriente, e nello stesso tempo attraversate dalle correnti della modernità, dove lo «splendore»
69Mekki Bentahar, op. cit., p. 34.
70Nel mondo arabo si calcola che un terzo o addirittura la metà della popolazione urbana è inte-
grata attraverso l’economia informale. Questo si traduce in una crescita della povertà (Samir Amin e Ali El Kenz, Le monde arabe. Enjeux sociaux - Perspectives méditerranéennes, L’Harmattan, Paris, 2003, p. 51).
71Robert Escallier, “Ville et informalité dans le monde arabe”, in Cahiers de la Mediterranée, n.
– incessantemente rincorso dai giovani – della società di consumo diventa un momento psicologico decisivo attraverso il quale va definendosi e maturandosi il conflitto sociale e politico. Facendo emergere, quale veicolo di profonda tensione, l’accrescersi degli ostacoli all’integrazione dei giovani che, accompagnati dal sogno di abbondanza verso un «paradiso di consumatori», rendono ancora piú incerto e piú sofferto il tempo attuale.
L’esempio dell’Algeria è qui altamente significativo. Una realtà logorata da troppi anni di violenze opache e quasi ininterrotte72– con un bilancio che supera la cifra di 150.000 morti, oltre ai tanti feriti, agli scomparsi, agli orfani, ai torturati – e al contempo uno scenario dove “il muro del denaro frammenta la società alge- rina. (…) [A segnalare come] in un’economia in crisi i segni esteriori di ricchezza sono piú che mai ostentati”.73E al contempo aumenta nei giovani il desiderio di accedere alla società di consumo, quale proiezione di vita assai attraente, di fronte al diffondersi e all’aggravarsi dello stesso problema della scuola che – su questo scenario di crisi globale (e con un analfabetismo che oggi colpisce piú del 30% della popolazione) – degrada fino a svelare la “questione fondamentale, mai aper- tamente sollevata, se si può continuare una politica di istruzione per tutti”.74 Considerato, fra l’altro, il fenomeno nuovo della diffusione delle scuole private. I medesimi orientamenti – in termini di fratture e nuove attese, permeate di un nuovo e intenso desiderio di consumo – si sviluppano anche in Libia; il paese che certamente esprime un livello di vita superiore a quello delle altre realtà maghre- bine – con un potere di acquisto in aumento già dopo la sospensione dell’embargo (aprile 1999) – e che tuttavia svela un profondo contrasto tra le acute difficoltà del quotidiano e l’affermarsi di una realtà dove per i giovani “il denaro ha preso oggi un posto troppo importante”.75Cosí pure in Mauritania, nel desiderio profondo di «rigenerare» la vita sociale, si assiste ora (in una popolazione assai povera e for- mata essenzialmente da giovani) ad un “capovolgimento dei valori sociali che, una volta fondati sulla difesa dell’onore collettivo e personale, sono sempre piú sosti- tuiti dall’attesa e dalla ricerca ossessiva del denaro”.76
72“Le costruzioni dell’invisibile (la morte perduta in un labirinto)”, scrive Benjamin Stora in rife-
rimento alla guerra in Algeria; e quindi spiega: “Le continue esitazioni per caratterizzare il conflitto, le battaglie di parole su questa terribile situazione, traducono appieno uno smarrimento davanti al reale. Le successive definizioni date della guerra, lontano dal chiarire, opacizzano piuttosto gli anta- gonismi che hanno attraversato e lacerato l’Algeria. (…) In effetti, questa guerra cruenta ha costruito, attraverso sequenze drammatiche il disvelamento di verità successive: dietro progetti di società, religiosi o secolari, lotte di potere fra uomini e clan; dietro le lotte di potere, sfide econo- miche, e le volontà delle grandi società petrolifere e di gas (…)” (Benjamin Stora, La guerre invisible.
Algérie, années 90, Presses de Sciences Po, Paris, 2001, pp. 11, 13).
73Lakhdar Benchiba, Akram B. Ellyas, “Le mur de l’argent fragmente la société algérienne”, cit.,
pp. 14-15.
74Ivi, p. 14.
75Nadim Chedli, “Les jeunes en Libye”, in Maghreb-Machrek, n. 171-172, janvier-juin 2001, p. 95. 76Mariella Villasante Cervello, “La place de la parenté dans le système politique mauritanien”,
Ciò che decisamente si afferma, in tutta la regione maghrebina, è uno scenario dove il «sogno di abbondanza» – orientato sulle immagini di un benessere illimi- tato – si carica di pesanti frustrazioni, certo; ma anche e innanzitutto di nuove e ampie dinamiche di innovazione che proiettano la regione sulla scena mondiale, penetrandone – in un confronto immediato e continuo – la trama complessa delle aperture e delle fratture. Perché è esso stesso – il rapido e diffuso «sogno di abbondanza» – che nel momento in cui si riflette e si elabora in una crescente realtà di precarietà, simultaneamente si collega e si fonde con le tante speranze ma anche le gravi incertezze del quadro planetario. E diventa elemento fondamentale di collegamento tra i profondi squilibri interni e le fragilità internazionali. In un percorso dinamico talmente esteso, da cogliere ed esprimere l’affermarsi di un piú ampio e fondamentale problema di ristrutturazione dell’intero sistema mondiale. Dove il dilatarsi della marginalizzazione dei giovani – cosí evidente nel Sud come nel Nord, nei suoi molteplici aspetti – ora si estende ad una vasta problematica che supera l’«ingombro» dei territori, per collegarsi al desiderio comune dell’u- manità di un mondo migliore, in un riferimento che diventa universale. E qui imprimendo nuovi «segni» alla globalizzazione-mondializzazione in termini di sfide lanciate alla visione dominante, sul terreno della ricerca di una migliore espressione politica che coniughi libertà e nuovo «ordine» di avvenire. Conside- rato, fra l’altro, che scarsità materiale, scarsità di spazi di libertà e disorientamento culturale, rappresentano la massima soglia di rischio per ogni società.
Il carattere di questa analisi acquista una dimensione particolarmente dina- mica, e un elevatissimo grado di tensione, nel passaggio a considerare il binomio violenza-innovazione, quale paradigma rilevante ma assai preoccupante di questo inizio millennio. E che ora evolvendo in una realtà di crescenti squilibri, è qui che promuove e rinnova il desiderio di sviluppo, di libertà, di giustizia, di «gioia di vivere». Anche se per ora al prezzo di gravi contraddizioni, e di una profonda incertezza in rapporto ai percorsi e ai meccanismi da intraprendere di fronte ad un incremento incontrollato dei margini di manovra della violenza – sulla scena interna come sulla scena internazionale. E di cui oggi è indubbiamente difficile coglierne l’evoluzione in riferimento ai significati di rottura e ricostruzione. Sve- lando piuttosto – e con maggiore evidenza – la sua virulenta ed estesa irruzione. Perché è la violenza, nei suoi molteplici aspetti – violenza “frammentata, dissemi- nata, priva di un’istituzionalizzazione, non piú controllata né controllabile da parte degli Stati”77 – che decisamente acquista un ruolo sempre piú importante nell’analizzare la «psicologia» dell’epoca, ma anche il «traumatismo» dell’epoca. Considerato innanzitutto che, per quanto riguarda i giovani maghrebini, è l’in- cessante imporsi delle relazioni sofferte – continue e ininterrotte – tra la dura
77Bertrand Badie, “Crisi della potenza e disordine internazionale”, in Biblioteca della libertà, n.
realtà quotidiana (pervasa dai tanti volti della violenza) e gli spazi estesi e generosi dell’immaginario, a conferire spessore e vitalità all’evolversi del pensiero. In primo luogo affermandosi quale elemento importante di pressione verso una nuova e acuita sensibilità, già in immensa espansione.
Possiamo allora estendere ai giovani, nell’esigenza fondamentale di illuminare e cogliere la loro ampia e profonda energia vitale, quanto scriveva Mohammed Arkoun in riferimento al malessere culturale degli intellettuali arabi: “Sono tutti alla ricerca di spazi di libertà, anche stretti e precari. Essi portano in loro le esi- genze di una storia particolarmente provata, essi sanno che la liberazione non è per l’indomani, il bilancio di trent’anni di volontarismo politico, di controllo ideolo- gico da parte dello Stato-Nazione-Partito, di esplosione demografica, di sradica- mento dei rurali e dei nomadi, di deterioramento dei tessuti urbani tradizionali, di distruzione dei quadri socio-culturali e dei codici dell’onore che sostenevano le solidarietà popolari, di sostituzione di un umanesimo fondato sul rispetto della parola data con un’ideologia scolastica, astratta, combattiva… questo bilancio è troppo difficile da assumere in un contesto internazionale dove la difesa degli inte- ressi nazionali perpetua la violenza aperta e strutturale”.78
Sotto la spinta di forti pressioni di cambiamento, e su questo quadro aperto di accese contraddizioni, l’irrompere delle rivolte nel Maghreb.79 Essenzialmente urbane. Eminentemente giovanili. E per lo piú improvvise, «spontanee», non organizzate, esse esplodono virulente e svaniscono. Pronte sempre a riemergere dopo un certo periodo di latenza. E con una grande forza di espressione nel cogliere e manifestare la rabbia di fronte all’estendersi di un’incontrollata situa-
78Mohammed Arkoun, La pensée arabe, “Introduction à la 4eédition”, Puf, Paris, 1996, (1ª edi-
zione 1975), p. 5.
79È a partire dagli anni ’80 che i paesi del Maghreb conoscono tensioni sociali gravi e violente,
che ribaltano una situazione di sostanziale silenzio che si era protratta fino a tutti gli anni ‘70. Le rivolte assumono forme diverse. Solo per fare qualche esempio ricordiamo: le rivolte dette «della fame», Tunisia (1984) e Marocco (1979, 1980, 1983, 1984); le rivolte della kasba di Algeri (1985); i
sit in dei diplomés-chômeurs in Marocco contro la disoccupazione (a partire dalla seconda metà degli
anni ’90); le rivolte dei giovani contro l’aumento dei prezzi in Mauritania (1997), e sempre in Mau- ritania la protesta degli studenti contro gli arresti di dirigenti dell’opposizione (1998). Piú recente- mente: gli scontri violenti portati dai giovani libici contro gli immigrati sub-sahariani che, con un bilancio di 130 morti, si affermano quale espressione di un sentimento crescente di malessere e di dissenso (2000); la marcia di protesta ad Algeri contro la repressione dei moti in Cabilia, che si tra- sforma in una sfida aperta dei giovani contro il potere (2001); le sommosse che – oramai quotidiane in Algeria (2006) – esplodono violente contro le autorità locali, denunciando il degrado delle con-