DEL MONDO GIOVANILE
L A TRASFORMAZIONE DELLA FAMIGLIA PATRIARCALE E IL MUTAMENTO DELLA RETE TRADIZIONALE DELLE RELAZIONI SOCIALI – Già la famiglia patriarcale e con
essa la cultura patriarcale,31nella diversità delle sue forme e dei suoi contenuti, ha subito radicali trasformazioni sul piano culturale, cosí come economico e politico, provocando mutamenti profondi nella strutturazione del legame sociale, e quindi negli stessi rapporti tra giovani e anziani, tra uomini e donne. E si tratta di tra- sformazioni tanto piú significative, se consideriamo che la famiglia patriarcale era stata il nucleo della vita sociale nel Maghreb. Il riflesso piú evidente, e anche piú immediato, è l’innalzamento dell’età del matrimonio32che ha provocato il passag-
31Per cultura patriarcale ci riferiamo qui alla definizione data da Samir Amin e Ali El Kenz: “Si
intende per patriarcato molto piú di quanto contenuto nel significato del termine banale volgariz- zato di «maschilismo» (affermazione e pratica della marginalizzazione delle donne nella società). Il patriarcato designa qui un sistema che valorizza il dovere di obbedienza a tutti i livelli: educazione scolastica e familiare, che uccide fin dalla nascita ogni velleità critica, sacralizzazione delle gerarchie nella famiglia (che subordina donne e bambini ben inteso), nell’impresa (che subordina il lavoratore al datore di lavoro), nell’amministrazione (sottomissione assoluta al vertice della gerarchia), divieto assoluto in materia di interpretazione religiosa, etc.” (Samir Amin e Ali El Kenz, Le monde arabe.
Enieux sociaux - Perspectives méditerranéennes, L’Harmattan , Paris, 2003, p. 8).
32“È la Libia che presenta la piú singolare delle esperienze. In questo paese, la pubblicazione
dei primi dati demografici dopo un quarto di secolo rivelava nel 1998 un risultato sorprendente per tutti coloro che, dall’esterno, sottostimavano le trasformazioni sociali avviate sotto il regime di Gheddafi. Con solo il 5% delle donne sposate a 20 anni e un’età media al primo matrimonio di 29,1 anni, il calendario del primo matrimonio per le donne è diventato in Libia uno dei piú tardivi che
gio progressivo dalla famiglia numerosa alla famiglia di dimensioni ridotte.33 Un processo indubbiamente legato alla diffusione della scolarizzazione delle donne, al lavoro delle donne, all’urbanizzazione crescente, ma anche alle difficoltà economi- che che rendono piú grave il costo della cerimonia, cosí come piú sofferti la penu- ria di lavoro, la carenza di alloggi urbani, l’assenza di servizi… E la sua evoluzione coincide con l’indebolimento dell’autorità indiscussa dell’uomo, da cui emerge, insieme al dissolversi dell’equilibrio della famiglia tradizionale, il ruolo chiave svolto dal diffondersi e il prolungarsi della scolarizzazione. Dove è l’incremento dell’istruzione, di cui godono i giovani rispetto alle generazioni precedenti, ad imprimere un cambiamento radicale nel rapporto padre-figli, e l’abbandono del riferimento all’«età», quale fattore certo di autorità – fortemente caratterizzato in senso patriarcale – ed elemento chiave nella scala dei valori tradizionali.
Indubbiamente il modello patriarcale è eroso piú che scomparso, e con ampie variazioni tra le realtà urbane e i piú lenti mondi rurali, cosí come tra le diverse realtà dei singoli paesi. E tuttavia, sistema di comportamenti e di valori decisa- mente attraversato da un profondo processo di trasformazione – e in tal senso svolta particolarmente significativa dell’epoca e tematica fondamentale per com- prendere l’evolversi delle mentalità giovanili – esso inevitabilmente apre sulla dif- ficile ricerca della coesione sociale, immergendosi in un tessuto di vita particolar- mente incerto, dove i valori delle relazioni familiari, sempre piú flessibili e fluidi nei loro contenuti, si trovano a diretto confronto con una diffusa realtà di fragilità economica e di destrutturazione del legame sociale. Da qui l’estendersi di un desi- derio di società, da cui traspaiono immagini e aspirazioni ambivalenti di solida- rietà familiari: ricercate e rifiutate al contempo. Perché nell’insicurezza del pre- sente è la famiglia – attraverso la metamorfosi delle sue forme – che continua a costituire un’importante «riserva» di significati per i giovani maghrebini. Dal momento che sugli interrogativi aperti di costruzione di avvenire “la famiglia, questa unità sociale di base che ha cessato di costituire un sistema totale, funziona come una struttura di compensazione. Essa impedisce la formazione di una massa
vi siano. Nella generazione del 1965, piú del 40% delle libiche non era ancora sposata all’età di trent’anni” (Philippe Fargues, Générations arabes..., op. cit., pp. 145-146).
E ancora: in Marocco, dove il tasso di analfabetismo delle donne è il piú alto del Maghreb (61,7%), dopo la Mauritania (68,7%), l’età delle donne al primo matrimonio si è rapidamente innal- zata, raggiungendo “i 28 anni nelle città e i 25 anni nelle campagne (1998-2000), dove non superava i 17 anni appena una generazione prima” (Philippe Fargues, Générations arabes..., op. cit., p. 145).
In Mauritania dove fino a pochi anni fa l’età media del primo matrimonio era di 17 anni si è innalzata a 21,8 nel 2000 (in Nouakchott info, n. 315, 23 luglio 2002). In Algeria dove nel 1966 era di 18,3 anni, oggi l’età media del primo matrimonio delle donne è di 28 anni (Kamel Kateb, “Chan- gements démographiques…”, cit., p. 97).
33“Due paesi arabi – il Libano e la Tunisia – sono già scesi alla soglia di 2,1 figli per donna. Altri
candidati – l’Algeria, il Marocco, presto la Libia – vi si avvicinano a grande velocità. Lo spettro del- l’esplosione demografica non si è ancora allontanato che si profila quello della denatalità. (…) Le giovani donne oggi procreano in media da due a tre volte meno delle loro madri. È una rottura con- siderevole fra generazioni” (Philippe Fargues, “La génération du changement”, cit., pp. 3-4).
anomica. E tuttavia, l’individualizzazione è sufficientemente avanzata perché la dipendenza che genera susciti rancore”.34E al contempo, in stretta connessione con l’estendersi di una forte pressione sulla società e sull’individuo, si esprime e si dilata un processo in continua accelerazione, che sottolinea come effettivamente “la dissoluzione del sistema patriarcale, l’aumento della disoccupazione e la gra- vità della crisi economica hanno oramai scalzato le basi dell’organizzazione comu- nitaria e dell’autorità paterna”.35
È un alternarsi di stasi e dinamismo che indubbiamente rende assai incerta la prospettiva, ma non per questo meno reale e profondo è il mutamento. Offrendo innanzitutto piú ampi e piú solidi punti di presa per il suo svolgimento e approfondimento, proprio attraverso l’estendersi delle tante contraddizioni e delle numerose incertezze che si producono nel tempo rapido del cambiamento, nei rapporti tra uomini e donne e tra le classi di età. Considerato inoltre che in quest’epoca di crisi aggravata è l’incertezza a diventare elemento strutturale, con una notevole forza di penetrazione e di espansione. Tanto che la rottura con l’or- dine tradizionale si rivela con piú evidenza proprio attraverso la logica delle incer- tezze, dove i percorsi diventano piú stridenti a confronto con una realtà che non «integra» piú. E simultaneamente riflessi su uno scenario globale dove nessuno, né nel mondo arabo né nelle altre aree del pianeta, può oggi dire quale modello di società caratterizzerà il ventunesimo secolo, sulle sfide apertissime della mon- dializzazione e le difficoltà crescenti – sull’intero territorio mondiale – a mediare l’integrazione dei giovani in sistemi sociali di piú ampie dimensioni, che richie- dono l’effettiva liberazione da tante coercizioni.
Un aspetto essenziale nel Maghreb dell’epoca attuale – indubbiamente orien- tato sui percorsi della mondializzazione (liberalismo politico, programmi di aggiu- stamento strutturale, sviluppo del paesaggio mediatico, emigrazione…) – è allora l’esigenza di comprendere le evoluzioni in corso nella rete dei rapporti familiari, decisamente proiettate verso modi diversi di guardare la società, anche se al con- tempo appaiono ripiegate sulle difficoltà ad affrontare gli ostacoli piú immediati del presente. E tuttavia, innegabilmente ferme nel segnalare – su uno scenario in profondo movimento – che “tali evoluzioni sono portatrici di una vera rivoluzione dei costumi, e annunciano in filigrana la crescita dell'individualismo in una società fino a quel momento molto comunitaria. La riduzione della composizione delle famiglie, come quella degli alloggi che l’accompagna, rimettono in causa abitudini di vita ancestrali. Il rifiuto del matrimonio da una parte crescente di giovani donne come il desiderio di acquistare un appartamento per la famiglia nucleare, a dispetto delle innumerevoli difficoltà finanziarie, sono portatrici di modernità, e spiegano anche il vigore del dibattito sullo status delle donne”.36
34Mounia Bennani-Chraïbi, Soumis et rebelles: les jeunes au Maroc, Cnrs, Paris, 1994, p. 24. 35Kamel Kateb, “Changements démographiques et organisations...”, cit., p. 105.
Cosicché, quando alle trasformazioni della famiglia si affiancano fenomeni irreversibili quali la scolarizzazione, l’urbanizzazione, la trasformazione del pae- saggio mediatico (dal moltiplicarsi delle antenne paraboliche all’estendersi di Internet), sui quali oggi si riflettono i continui flussi migratori, è la rete dei rap- porti tradizionali che non si riproduce piú, fornendo ai giovani significati diversi di avvenire. E in tal modo partecipando pienamente alla realtà degli sconvolgi- menti sociali e dei valori morali, all’interno dei quali si allargano le fratture e si disegnano i lineamenti del mondo in divenire. Il prevalere dell’instabilità e delle incertezze – che si propagano e dominano tutta la scena in connessione con l’a- cuirsi delle inquietudini – sottolinea poi l’ampia dimensione di trasformazione del quadro attuale, e al contempo accentua, attraverso un intreccio e una sovrapposi- zione di forze diverse e anche opposte, il suo inevitabile carattere momentaneo e dunque transitorio.
Il riferimento ai valori tradizionali (l’onore, il pudore, la solidarietà delle reti familiari…) è pur sempre persistente nei giovani maghrebini. Ma in una dimen- sione che ancora una volta interagisce con i simboli e i codici del cambiamento, provocando accese conflittualità a livello culturale, che se impediscono il cristal- lizzarsi dei loro significati su rappresentazioni oramai superate, di fatto evolvono attraverso un complesso processo di sovrapposizione di culture diverse, che va ampiamente a caratterizzare le personalità giovanili, fra spinte di ricerca dei diversi significati di identità – individuale e collettiva – e il definirsi di spazi sem- pre piú ampi nella dinamica delle interconnessioni fra culture.
Lo stesso modo di vivere la religione, nei giovani maghrebini, è molto cambiato. Anche se il ricorso al discorso religioso ha certamente acquistato di intensità. Ma nel senso di una sua ferma irruzione nel campo politico, tanto da penetrare e illuminare le gravi tensioni sociali, e quindi denunciare le fratture che si allargano sull’accele- rarsi di una grave crisi di identità, dove ciò che piú emerge è la ricerca profonda di una propria «collocazione» in una realtà sempre piú frantumata, ma anche sempre piú desiderata nell’ottica di un’ampia prospettiva di nuove aperture, e in effetti già permeata da un processo continuo di cambiamento. Per il resto “il tempo sociale si dissocia dal tempo religioso, lo spazio sacro dal profano. La moschea non è piú cen- trale in città, come in campagna. Quando si analizza la partecipazione alle moschee, si nota che l’effetto di folla, che ha tanto spaventato i «giornalisti», non è osserva- bile che i venerdí e i giorni di festa. (…) La vita quotidiana non è piú ritmata dal muezzin, tranne durante il mese del Ramadan”.37E nel mutamento del paesaggio religioso occorre con particolare attenzione anche osservare che sono pochi i gio- vani che conoscono le sure del Corano. Tanto che in Algeria meno del 13% dei gio- vani interrogati affermano di conoscere almeno 11 sure o piú.38
37Mohamed Tozy, Monarchie et islam politique au Maroc, Presses de Sciences Po, Paris, 1999,
p. 169.
La questione del velo (hidjab), inoltre, che giovani donne musulmane in Europa come nel Maghreb, affermano di voler indossare (accanto a tante altre che invece lo rifiutano) non può essere assimilato a un processo di tenaci resistenze storiche di cui il velo ne diventa il simbolo. Testimoniando piuttosto l’esistenza di una tensione acuta sull’orizzonte della modernità, e profondamente sintonizzata con le culture stesse del cambiamento. E non va accantonato troppo in fretta que- sto aspetto. Perché l’hidjab delle giovani maghrebine, riflesso sui percorsi della mondializzazione, richiama innanzitutto all’attenzione la difficile e controversa tematica del dialogo fra culture, svelando la paura e il pericolo dell’affermarsi di un’organizzazione gerarchica nei costumi e nei valori, dipendente dalla cultura dominante. E sottolineando al contempo come la «questione femminile», e l’esi- genza di esprimere il punto di vista femminile, supera ampiamente il problema dell’hidjab per restituire irrisolto, sull’intera scena mondiale, il complesso intrec- cio dei problemi di carattere politico, sociale e culturale che sono in effetti alla base della riorganizzazione delle società su nuovi e diversi rapporti fra i sessi. “Crisi di velo o crisi di società?” si domandava già alla fine degli anni ottanta Rémy Leveau,39 con riferimento alle concrete difficoltà della società francese a promuovere il dialogo nei suoi rapporti con l’islam.
Per quanto poi piú specificamente riguarda il ruolo della donna nella regione maghrebina, se è indubbio che la rottura con l’ordine tradizionale è irreversibil- mente avviata – proprio attraverso la trasformazione della famiglia patriarcale e i suoi ampi effetti sull’intera società – è anche vero che “il femminismo non è diven- tato una forza all’altezza della sfida tragica alla quale le società arabe sono con- frontate”.40 E tuttavia il problema che l’intera regione impone, quale questione concreta e assai penetrante, è dare contenuti nuovi al desiderio delle donne di vivere la vita ed esprimere i molteplici aspetti del divenire della propria persona- lità, in un discorso che incessantemente si connette all’aspirazione profonda di manifestare, in un linguaggio proprio, il forte desiderio di libertà e di «verità». In questo contesto la stessa ricerca di nuove forme estetiche, quale proiezione verso una nuova «immagine» della donna – e cosí evidente nella regione maghrebina – si lega bene all’affermarsi di un processo profondo di cambiamento. Nel senso che, muovendo attraverso un gioco abile e sottile di metamorfosi dell’immagine, essa rompe abitudini rigoriste e tabú, e diventa per le giovani maghrebine una fonte importante di affermazione di sé e del nuovo. Sottolineando sul primato del- l’istante, in questo caso espresso in termini estetici – ma piú in generale promosso e diffuso ai diversi livelli della società, e nei diversi settori, dalle nuove reti globali – il prevalere di nuovi stati d’animo in rapporto agli oggetti e in rapporto alla vita. Dove ad emergere, sul mutamento profondo ma ancora incerto e vacillante delle
39Rémy Leveau, “Crise de voile ou crise de société”, in Les Cahiers de l’Orient, n. 16-17, 1989,
p. 25.
identità, è l’ampio desiderio di rincorrere e di cogliere magie e fantasie del trucco, dei colori, del vestiario…
Sono espressioni e comportamenti che, se indubbiamente manifestano la man- canza di qualsiasi impegno di fronte all’estendersi delle situazioni di crisi, aprono la strada verso nuove sintesi, formando un nuovo materiale di esperienze che con- fluisce nell’elaborazione di un «volto» diverso di società. Fra le giovani donne maghrebine, e considerate le evidenti diversità, diventa un segno importante osservare come “la pettinatura, l’abbigliamento, gli oggetti che ornano il corpo sono materiali da utilizzare per identificarsi, distinguersi e ricostruire la propria immagine di donna in mutamento”.41E ad essere coinvolte in questa trasforma- zione culturale non sono solo le ragazze delle fasce sociali piú agiate, ma anche quelle dei quartieri poveri. Fino a fare pienamente il suo ingresso nello stesso quartiere popolare di Belcourt ad Algeri, considerato dagli inizi degli anni novanta un feudo islamista. E qui penetrandovi con una forma particolarmente marcata di ricerca di «edonismo», sulle aspirazioni troppo deluse dello sviluppo. Sono “le papichettes, soprannome dato alle ragazze del quartiere che, vestite in minigonna ed eccessivamente truccate, spiegano i loro comportamenti con una preoccupazione di realizzazione di sé, a dispetto, e a causa, delle minacce che rap- presentano le esecuzioni perpetuate contro ragazze dei quartieri delle città vicine della Mitidja. (…) E le ragazze in hidjab imitano le papichettes”.42A sottolineare quanto effettivamente ciò che importa rilevare è l’affermarsi di un processo che, nelle sue diverse manifestazioni, esprime l’estendersi dell’estetica quale elemento importante di mutamento, a favore di forme accelerate, mobili e aperte. Cosí evi- dente anche in Libia (società considerata per diversi aspetti conservatrice), dove “le clips di artisti medio-orientali presentano immagini di ragazze capelli al vento, truccate e libere”.43E in tutto il Maghreb, benché i «limiti» dello spazio femmi- nile siano costantemente ricordati, essi si muovono in simbiosi con l’ascesa nei giovani di un desiderio di rinnovamento nei rapporti interpersonali, alla ricerca di un nuovo modo di comunicare, che ora innestandosi in una realtà di crisi del legame sociale senza precedenti, rende particolarmente problematico e teso il rap- porto con il mutamento delle reti relazionali, in riferimento ai nuovi stimoli. Men- tre sull’estendersi delle difficoltà quotidiane cresce il mal de vivre, con un senso diffuso di impotenza e di grave isolamento. Culturale, prima ancora che materiale. È in questo tessuto ampio, frantumato e complesso che senza posa crescono nei giovani le aspirazioni alla felicità.
Per innumerevoli aspetti, certamente si tratta di trasformazioni culturali che si caratterizzano e si muovono su un processo di imitazione dei costumi occidentali,
41Mounia Bennani-Chraïbi, op. cit., p. 51.
42Chams Benghribil, “La décomposition sociale du djihad dans un quartier populaire d’Alger”,
in Annuaire de l’Afrique du Nord, tome XXXVIII, Cnrs, Paris, 2002, pp. 138, 146.
attraverso la lettura dei giornali, delle riviste, l’estendersi della pubblicità, il diffondersi delle immagini delle televisioni transfrontiere, il continuo flusso dei movimenti migratori… Ma questo non significa che, con minore profondità, esse esprimono complessità e ampiezza delle problematiche coinvolte. E non solo per- ché «modi di vivere diversi» spingono le nuove aperture verso la ricerca di altri significati, non potendosi in effetti strutturare su un semplice processo di mime- tismo. Ma soprattutto perché in mancanza di grandi progetti globali ai quali far riferimento, questi «spazi» di innovazione indubbiamente costituiscono una delle tante forme possibili, ma molto importanti, di manifestazione delle inquietudini, delle speranze e delle aspirazioni di un’epoca. Dove ad essere messo in discus- sione – attraverso l’ampia presenza del mondo giovanile – è sempre l’«ordine» dominante, sulla scena interna come su quella internazionale. E da qui la ricerca insistente, confusa, incerta ma accelerata, di un ordine nuovo.
L’universo della moda, dove bene si esprime anche l’estendersi del consumi- smo nel Maghreb nei suoi diversi aspetti e nelle sue tante contraddizioni, costi- tuisce in effetti un fenomeno importante nella regione, che penetra le mentalità dei giovani e si apre sul mondo esterno, sollecitando, nel superamento evidente di forme chiuse, la ricerca di nuovi luoghi di scambio. Con i suoi nuovi prodotti e i suoi nuovi modelli – che insistentemente si proiettano su di un «ambiente umano» diverso – il gioco variabile della moda insieme al consumismo ha già ampiamente conquistato i giovani maghrebini, sia essi donne che uomini. “Vestire abiti e scarpe di marca, vestirsi all’ultimo grido, andare nei locali di Algeri di notte, tutto questo costituisce agli occhi dei giovani il modello sociale”.44Affermandosi in un processo che conquista velocità e incisività, e dove ad esprimersi – attraverso una vivace forza di attrazione – è “l’imitazione dei gesti, cosí come dello sfavillio di immagini e di suoni del «modello mediatico» nella sua ritmica ripetitiva (…); il cinema poi è nella strada, attraverso la ricerca del look, abbigliamento e pettina- tura, tee-shirt e scarpe (…)”.45 Finanche in Libia si vedono ovunque giovani vestiti alla moda, il gel nei capelli, «attaccati» ai loro telefoni portatili.46E tuttavia sono espressioni e comportamenti che, nel momento stesso in cui si diffondono, muovono in simbiosi con il timore crescente della solitudine, dello sradicamento, dell’esclusione dalla società e dalla propria identità. E in questo senso accrescono ulteriormente le loro frustrazioni. Tanto che la nuova fisionomia del giovane con- sumatore si propaga senza poter, per questo, nascondere l’intima crisi del tempo. Ma muovendo piuttosto in stretta connessione con essa che – attraverso gli ampi sconvolgimenti in corso e in assenza di soluzioni concrete – spinge con forza verso altri disegni di futuri possibili, probabilmente ancora mai realizzati nella realtà.
44Chams Benghribil, “La décomposition sociale… ”, cit., p. 142. 45René Gallissot, “Urbanisation prolétaire…”, cit., pp. 161-162.
46Helen De Guerlache, “Quand la Libye se reconnecte au monde”, in Le Monde diplomatique,
Il «senso» del mutamento è in effetti profondo. E permea di sé la stessa imma- gine dell’uomo tradizionale cosí come della donna tradizionale, i cui contorni sfu- mano sulle nuove aspirazioni dei giovani, e perdono di consistenza sulle sensibi-