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Incentivi alla comunicazione dei fattori di rischio. Regimi internazionali di

Capitolo V: Metodologie di misurazione del rischio

5.5. Incentivi alla comunicazione dei fattori di rischio. Regimi internazionali di

5.5 Incentivi alla comunicazione dei fattori di rischio. Regimi

Nei recenti anni si è manifestato un crescente interesse in merito alla divulgazione dei rischi aziendali, dato che la loro misurazione dovrebbe agevolare gli operatori esterni nel comprendere la capacità o meno delle aziende di generare congrue performance. Lo sviluppo del risk management ne è l’evidenza.

Secondo tale disciplina, il management dovrebbe essere incentivato a ottenere maggiori informazioni sui fattori di rischio, per poi divulgarle e controllare infine il loro influsso sui risultati aziendali.

Tuttavia, in un contesto aziendale il rischio144 può essere influenzato da vari fattori interni ed esterni. I fattori di rischio comprendono poi differenti categorie che includono, e.g. il mercato, il processo operativo aziendale, l’aspetto finanziario, personale e legale.

Alcune di queste categorie sono associate ad una tipologia di rischio cosiddetto

“diversificabile”, ossia vi è la possibilità di eliminare tale rischio attraverso un processo di diversificazione (e.g. la decisione di investimenti alternativi), mentre altre categorie di rischio sono “non-diversificabili”, dato che riguardano l’incertezza stessa della previsione.

A tal proposito, il risk management determina una rendicontazione del profilo di rischio secondo due vie: la prima, consiste nel fornire informazioni per utilizzatori esterni all’azienda, mentre la seconda, meno considerata, esamina il prospetto di rischio come possibile strumento di manipolazione dell’informazione in merito ad aspetti discrezionali, e anche il format divulgativo o i criteri di calcolo.

In altre parole, dato che la natura dell’informazione sul rischio si basa su dati previsionali e su stime incomplete e parzialmente non verificabili, il management può rendicontare le informazioni di rischio in differenti modi e poiché tali alternative inducono differenti decisioni e azioni da parte degli operatori di mercato, è evidente che il manager può gestire le loro reazioni. In tal caso, si parla di risk reporting come mezzo di manipolazione, risk handling145.

144 In tal caso si fa riferimento alla nozione di rischio, sia nell’orientamento basato sull’incertezza della distribuzione dei redditi futuri (Knight, 1921), sia in quello basato sui targets, il quale definisce il rischio come la deviazione potenziale da uno standard o benchmark (Borch, 1968). In entrambe le nozioni, il rischio è associato alla distribuzione dei redditi futuri.

145 Si fa riferimento al teorema di Thomas, secondo il quale “if men define situations as real, they are real in their consequences” che in altre parole e contestualizzato al problema qui analizzato chiarisce

L’intervento legislativo146 può regolamentare e limitare la discrezionalità per ciò che riguarda le tipologie di informazioni e la forma di divulgazione., ma in ogni caso, non può ridurre il problema di misurare la credibilità delle previsioni del manager sull’impatto dei fattori di rischio.

Ne scaturisce che le principali cause della mancata trasparenza informativa in termini di rischio aziendale possono essere così delineate:

1. orientamento di breve durata del management che favorisce decisioni speculative;

2. fluttuazioni manageriali;

3. incertezza dell’andamento d’azienda e impulso alla manipolazione.

In ogni caso, la discrezionalità del management è incentivata a giocare un ruolo fondamentale nella rendicontazione dei rischi, anche in regimi parzialmente regolamentati.

In un regime volontario di divulgazione dei rischi aziendali un manager che abbia accesso alle informazioni sul rischio aziendale, sarebbe incentivato a trattenere le criticità e considerarle informazioni private. Ne deriva la necessità di un adeguato sistema incentivante147.

Assumendo che un manager potrebbe ottenere maggiore informazione sui rischi al fine di misurare la distribuzione dei redditi futuri e data la profonda discrezionalità che spesso la rendicontazione sui rischi aziendali mira a indurre reazioni negli operatori esterni che sono causa della realizzazione dei rischi divulgati.

146Si fornisce un approfondimento sugli interventi legislativi a livello internazionale.

I tre principali regimi di regolamentazione sui rischi aziendali sono i seguenti:

a) quello statunitense che si basa sulle regole previste dallo US GAAP e da quelle della SEC;

b) a livello internazionale, si fa riferimento al IFRSs, ossia al sistema di rendicontazione finanziari internazionale basato sui principi dello IASB o IASs;

c) quello tedesco, al quale è affidato un ruolo pionieristico.

Gli elementi di rischio richiesti dallo US GAAP e dai principi dal IFRSs sono strettamente comparabili. Peculiarità possono trovarsi nello SFAS 131.26 (rischio di concentrazione del settore alla crescita dei clienti), nello IAS 1.23 (sull’incertezza) oppure nello IAS 37.92.

Ciascun regime di regolamentazione normativa utilizza varie nozioni di rischio, tuttavia basate su forti propensioni alla previsione futura. Inoltre è possibile evidenziare la tendenza comune a divulgare le informazioni di cui sopra in prospetti appositi come quello preposto dal IASB nel 2005, “management commentary”.

Aspetti più tradizionali di rischio finanziario, di mercato o legati alla gestione manageriale sono previsti nel IFRS 7 e nel SFAS 133.

147 Sui benefici dei sistemi incentivanti, cfr. Laffont e Martimort (2002).

per la loro divulgazione, è evidente che l’analisi delle strategie manageriali sulle decisioni di trasparenza diviene un mezzo per comprendere indirettamente il livello di rischio assunto dal management.

Un approccio di ricerca può anche essere quello di analizzare strategicamente la decisione del manager di divulgare o meno le informazioni interne agli operatori esterni, anche concorrenti, in quale modo e per quale preciso obiettivo. È evidente che e.g. se un manager mira a massimizzare il valore di un’azienda in liquidazione, dovrebbe cercare di massimizzare i flussi di cassa; in tal caso ─ trattasi tuttavia di una casistica troppo restrittiva e non sempre valida ─ attraverso un’analisi incrociata su differenti elementi, si potrebbe intuire la decisione privata di quel manager.

Recenti modelli di analisi del rischio aziendale si basano invece sulla varianza dei flussi di cassa in relazione a investitori avversi al rischio oppure per investitori neutrali al rischio. In ogni caso, le due macroclassi di modelli di analisi del rischio aziendale si basano sull’assunto iniziale di disporre o meno di informazione verificabile o non verificabile.

Il fondamento teorico di base è comunque il seguente: un manager divulgherà le sue informazioni private in merito al rischio aziendale solamente se la valutazione dell’azienda o il reddito (o flusso di cassa) che ne deriva sarà più alto se comparato alla situazione originaria.

Altre ricerche148, dimostrano che solamente qualora la varianza sia al di sotto di un certo livello, i.e. livello favorevole agli investitori avversi al rischio, comporterebbe la divulgazione dell’informazione stessa, anche qualora si definisse un costo fisso di divulgazione. Maggiore è la dispersione delle opinioni degli investitori, ex ante l’eventuale divulgazione, e maggiore è il premio per il rischio.

Inoltre in base al fatto che gli operatori esterni non sappiano se l’informazione di cui necessitano è disponibile al manager aziendale, rende quest’ultimo libero dal decidere se divulgare o meno l’informazione e anche se l’informazione è a lui accessibile o meno. La decisione non può che essere strategica. Tuttavia maggiore sarà la

148 Jorgensen e Kirschenheiter (2003).

probabilità di disponibilità dell’informazione e trasparenza di mercato e maggiore sarà la divulgazione anche di informazioni non favorevoli.

Gli incentivi per la divulgazione di tali informazioni devono essere il punto di partenza per un sostanziale rinnovamento del sistema informativo e contabile dell’azienda. La ragione è l’effetto a catena che poche aziende che decidono di divulgare le loro informazioni possono avere sulle restanti dello scenario economico.

In ogni periodo il management analizza l’informazione privata e imperfetta circa le previsioni future di performance e nello stesso tempo potrebbe segnalare tali indicazioni ad un rappresentante degli investitori in modo tale da poter decidere se finanziare l’azienda. Alla fine di ogni periodo è possibile redigere un prospetto di sintesi che rappresenti tra l’altro una comparazione ex post tra valori previsti e valori reali e con l’evidenziazione dei possibili “rumori149”.

Maggiore è la trasparenza aziendale e maggiore è l’attitudine di ottenere un valore aziendale crescente. Se tale assunto è vero, allora è opportuno un sistema incentivante che invogli il management a definire un sistema di monitoraggio e di comunicazione dei rischi aziendali che convinca gli investitori. Tuttavia, partendo dal presupposto che alcune delle previsioni di rischio non possono essere giudicate vere o false (Ijiri, 1975), è auspicabile che l’operatore esterno “razionale” ne dubiti la credibilità e ne ignori l’importanza. L’imperfetto sistema di monitoraggio richiede comunque una comparazione ex post tra il valore rivelato e il valore realizzato.

La rendicontazione dei rischi aziendali ha anche come obiettivo la riduzione del costo150 del capitale che funge da fattore incentivante. Tuttavia, mentre la quantità dell’informazione divulgata è di immediata comprensione, la qualità della stessa è difficile da valutare in termini di rilevanza e credibilità. È evidente infatti che non necessariamente l’incremento di informazione sul mercato è correlato ad una maggiore correttezza nella rendicontazione del rischio.

149 In generale, il rumore è un “segnale” di disturbo rispetto all'informazione trasmessa in un sistema;

vi sono differenti campi di applicazione, tra cui la teoria dell’informazione e la statistica.

150 Si Assume che i costi della rendicontazione dei rischi aziendali tendono ad aumentare con certezza;

si tratta in tal caso di costi “diretti” di preparazione, controllo e pubblicazione dei reports informativi.

Parte della letteratura151 misura la credibilità dell’informazione del rischio sulla base del valore nominale di comparazione ex post. In altre parole, tale approccio si basa su un modello multi-periodale152 che consiste nel confrontare il valore stimato con quello realizzato; in tal caso, oltre alla comprensione delle influenze passate, è possibile stimare le future deviazioni.

Tale analisi di confronto mira infatti a prevedere l’accuratezza delle informazioni divulgate a situazione cessata, i.e. “ex post”, piuttosto che ad una previsione inappropriata della credibilità di tipo ex ante.

In conclusione, le principali implicazioni riguardanti la quantificazione e la rappresentazione del rischio aziendale sono pertanto le seguenti:

1. precisione dell’informazione dovuta ad un efficiente monitoraggio del rischio aziendale non necessariamente correlato ad una migliore precisione di divulgazione; ciò implica che la richiesta di un sistema di monitoraggio di alta qualità non sempre migliora la reportistica interna;

2. obbligo di divulgazione delle informazioni aziendali che comporta costi aggiuntivi rispetto al regime volontario e tali costi spesso comportano un incremento del costo del capitale;

3. regulation non può superare i problemi connessi alla rendicontazione dei rischi aziendali e nemmeno prevenire l’esercizio della discrezionalità da parte dei managers nel loro processo decisionale.

151 Trattasi di approcci metodologici di analisi dei rischi aziendali che possono essere integrati con l’agency theory o la signaling theory.

152 Il criterio di Pareto è inadeguato al fine di misurare l’utilità dell’equilibrio Bayesiano poiché è basato su operatori esclusivamente interessati alla loro utilità, i.e. payoff, e non prevedono pertanto alternative nel comportamento degli individui.

5.6 Stabilizzazione dei redditi, income smoothing , per l’analisi del