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Capitolo V: Metodologie di misurazione del rischio

5.2. Ricerche empiriche econometriche

La prospect theory119, è ancora oggi una delle teorie dominanti per descrivere i processi decisionali influenzati da rischio, anche in ambito aziendale.

La teoria classica infatti evidenziava una relazione diretta e costantemente positiva tra rischio e ritorno dagli investimenti; tuttavia, E. H. Bowman, (1980), p. 19, scoprì un paradosso che contraddiceva la teoria classica di cui sopra.

In realtà fu poi un’altra ricerca ha smentire entrambi gli approcci per opera di A Fiegenbaum e H Thomas (1988), p. 85, la quale evidenziava una relazione lineare, ma quadratica, tra il rischio e performance. Si intese che la relazione si mostrava lineare negativa per le aziende con un ritorno al di sotto della media e positiva per il restante insieme del campione.

In ogni caso la teoria dominante per la spiegazione sia del paradosso che della relazione quadratica è la prospect theory. In altre parole gli individui tendenzialmente si mostrano avversi al rischio quando confrontano il loro processo decisionale a situazioni prospettate positive (e.g. situazioni vincenti) e viceversa propensi in caso di confronto con situazioni peggiorative. Questo approccio mina quindi la teoria classica delle utilità attese.

In altre parole, secondo tale teoria, il decisore che si attende un ritorno superiore a quello di riferimento, si mostrerà avverso al rischio, spiegando così la teoria tradizionale della relazione positiva tra rischio e performance e viceversa.

118 Cfr. Günther e Hartebrodt, (2007), ricerca presentata alla conferenza annuale della European Accounting Association, Lisbona, 25-27 aprile.

119 Cfr. Kahneman e Tversky (1979), p. 265. La prospect theory è una teoria che descrive le decisioni tra alternative rischiose, ossia alternative con risultati incerti, per i quali si può conoscere solamente la probabilità di manifestazione. Il modello è di tipo descrittivo, non normativo, e mira a definire le scelte reali piuttosto che le decisioni ottimali del modello generale della scelta razionale basata sulle teorie normative dell’utilità soggettivamente attesa. L’obiettivo generale della prospect theory fu quello di spiegare come le nostre scelte si discostino, in maniera sistematica, dalla teoria standard della decisione e perché i decisori violino tanto frequentemente gli assiomi di base della teoria dell’utilità attesa.

Seguendo tale approccio non vi è modo per la mente umana di garantire l’esistenza di un ordine di preferenze e credenze che sia coerente e completo.

Il punto di riferimento comune a tutti i managers può essere espresso dai redditi medi delle aziende del settore o mercato.

Fu in ogni caso F. H. Knight, già nel 1921, ha considerare il rischio come una componente di performance aziendale; in altri termini, la volontà di ottenere una più alta performance è correlata a una sopportazione maggiore di rischio.

G. T. Allison (1971) ha provato che le aziende mostrano un comportamento decisionale nei confronti del rischio uguale a quello dei singoli operatori e pertanto sceglie la varianza dei redditi come misura del rischio. In tal caso, per una corretta correlazione alla sua varianza, il reddito deve essere utilizzato come “media” (i.e.

reddito medio). La tesi di Allison sulle relazioni di media-varianza è definita per mezzo di una simulazione all’interno di un settore ideale con 25 aziende120 per un periodo di 10 anni, la cui unica differenza sta nella decisione da prendere in una situazione di rischio.

La simulazione comprende 5 parametri di inputs:

- Opzione I, rischio di perdita del reddito da una decisione di investimento: 10%;

- Probabilità media di manifestazione dell’opzione I: 1;

- Opzione II, rischio di perdita del reddito da una decisione alternativa di investimento: 20%;

- Probabilità media di manifestazione dell’opzione II: 0.7;

- Minima e massima devianza casuale, ε: 5%.

Il parametro ε corrisponde alla distribuzione dei rischi che è determinato con la tecnica Monte-Carlo Simulation. La simulazione affinché possa ritenersi valida richiede come vincolo restrittivo che il valore assoluto del rischio dell’opzione I sia più piccolo del valore assoluto del rischio dell’opzione II e che la probabilità media di manifestazione dell’opzione I sia più piccola di quella dell’alternativa II. Le stesse osservazioni valgono per i valori negativi di rischio.

Il punto di riferimento per l’azienda facente parte del campione al tempo t è la media dei redditi del settore di 25 aziende al tempo t-1.

120 Le aziende sono simili in termini di organizzazione, tecnologia, clienti e fornitori e mercato.

A questo punto si suddividono le aziende a seconda dei loro comportamenti nei seguenti 4 gruppi:

- avverso al rischio (6 su 25);

- propenso al rischio (4 di 25);

- razionale (3 di 25);

- irrazionale (12 di 25);

Tutti i gruppi sono a loro volta visualizzati in un diagramma con curve di regressione lineari e quadratiche. Le curve di regressione rappresentano un tipo di curve di iso-rischio poiché le aziende interessate non mostrano differenze nella loro strategia di fronteggiamento.

Dal confronto in valore assoluto tra il reddito aziendale e quello medio di settore nel precedente anno, si capisce se la strategia decisionale dell’azienda mostra un atteggiamento di prospect theory, positivo o negativo, a seconda del segno della differenza stessa: positivo se la differenza porta segno positivo e viceversa.

Si noti che la varianza è solamente una delle possibili metodologie di determinazione del rischio ed è chiaro che le alternative potrebbero rilevare aspetti differenti (anche per la stessa situazione) e pertanto pure risultati differenti. La devianza standard o altre misure di dispersione dei risultati sono in ogni caso le più tipiche misure di rischio.

La dispersione o volatilità delle performances aziendali tuttavia potrebbe essere determinata sulla base di bilanci d’esercizio a valori storici oppure utilizzando differenti criteri di misurazione di tali risultati. I due indicatori di performance comunemente usati sono l’EBIT, ossia il reddito al netto degli elementi straordinari, e i flussi di cassa operativi. Si noti che, poiché la devianza standard è sensibile alla dimensione delle operazioni, il coefficiente di variazione121 deve essere utilizzato come “misura standardizzata” di dispersione e rappresenta la dispersione media dei redditi (o dei flussi di cassa) per ogni unità monetaria (e.g dollaro).

121 Il coefficiente di variazione bilancia la deviazione standard dalla media e diviene così una misura neutrale.

Gli acronimi delle due misure122 di volatilità sono i seguenti:

- cv σ R = coefficiente di variazione dei redditi;

- cv σ FCO = coefficiente di variazione dei flussi di cassa operativi.

L’uso dei coefficienti di variazione ha anche il vantaggio di garantire misure che tengono conto delle differenze di dimensione, quindi misure neutrali al numero di azioni emesse da parte della società, e con ampio controllo da parte dell’azienda stessa.

L’analisi empirica presentata suggerisce una nuova teoria delle decisioni soggette al rischio che include la teoria delle utilità attese, la teoria delle utilità soggettive e la prospect theory; tale approccio descrive anche le situazioni reali di avversione, neutralità e propensione al rischio degli operatori. Inoltre, non solo può spiegare le relazioni di tipo lineare tra rischio e indicatori di risultato, ma anche quelle quadratiche e, per di più, anche le relazioni quadratiche negative considerate indipendenti dal tipo di opzione al rischio.