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Capitolo III: Il pensiero di Salvatore Sassi

3.3. Orientamenti dottrinali internazionali

Le tradizionali tecniche di fronteggiamento dei rischi della prassi contabile prevedono una ripartizione nel tempo degli effetti dei potenziali rischi futuri. Ci si riferisce in particolare ai contratti di assicurazione di differente specie, agli accantonamenti a riserve e a fondi del passivo patrimoniale. Trattasi solamente di accorgimenti a fronteggiamento parziale degli innumerevoli effetti del sistema dei rischi.

La vera risposta comunque non sostanziale del problema del fronteggiamento dei rischi consiste nella capacità del top management di organizzare un’efficiente sistema di monitoring dei processi dinamici aziendali, che eviti il proliferare spazio-temporale delle conseguenze del sistema dei rischi e/o permetta un intervento risolutivo tempestivo.

Il sistema informativo e di controllo dovrebbe focalizzarsi non solo sugli effetti, quanto sull’intreccio di cause scatenanti i rischi che coinvolgono le aziende.

“It will appear that a measurable uncertainty, or risk proper, as we shall use the term, is so far different from an unmeasurable one that it is not in effect an uncertainty at all. We shall accordingly restrict the term uncertainty to cases of the non-quantitative type. It is this true uncertainty, and not risk, as has been argued, which forms the basis of a valid theory of profit and accounts for the divergence between actual and theoretical competition” … “The term risk, as loosely used in everyday speech and in economic discussion, really covers two things which, functionally at least, in their causal relations to the phenomena of the economic organization, are categorically different”.

Considerando i presupposti di cui sopra il professor Knight distingue tre categorie di probabilità:

a) a priori probability;

b) statistical probability;

c) estimates.

Si ribadisce che la probabilità ex ante o a priori si realizza quando la situazione è caratterizzata da una omogeneità di casi della stessa specie e ugualmente possibili; la probabilità statistica consiste nel calcolo della frequenza di manifestazione di eventi non ugualmente possibili e le stime che si basano su situazioni previste e congetturate.

La dottrina italiana si distingue per notevoli contributi in tema di sistema dei rischi aziendali e sicuramente apprezzabile di nota sono i lavori di Chessa49 che considera il rischio con accezione non univoca in quanto, sostiene esservi una parte di rischio più soggettiva, che equivale alla valutazione effettuata dai singoli individui influenzati dal potenziale verificarsi dell’evento futuro e una parte oggettiva, che mira a delineare gli scarti tra i casi previsti e quelli effettivamente manifestati o di imminente manifestazione.

47 Dello stesso orientamento si ricorda Hardy, pp. 54, ss; e nella dottrina tedesca, Oberparleiter, (1930), pp. 146, ss; Brendl, p. 68 e Stadler, pp. 33, ss. Cfr. Sassi, Ibid, pp. 70, ss.

48 Cfr. Knight, p. 20.

49 Si veda Chessa, pp. 12, ss e 22. Cfr. Sassi, Ibid, p. 71.

In tale sede si intende “per incertezza uno stato generico che inibisce la completa nozione dello svolgimento dei fatti, per rischio uno stato specifico nel quale v’ha presunzione di un andamento futuro delle azioni in guisa contraria alle finalità.

L’incertezza è il fondamento del rischio, ma non costituisce ancora rischio”50. Il rischio sarebbe più direttamente relativo al fenomeno originario, l’incertezza alla condizione riflessa d’imperfetta previsione del primo.

In ogni caso l’incertezza di manifestazione degli eventi futuri può risultare anche da effetti favorevoli, e non solo contrari, nei confronti dei definiti piani aziendali. Anche in questi casi sarebbe opportuno citare il concetto di rischio, poiché non solo la diminuzione di valore, più comunemente chiamata perdita, ma anche la mancata previsione di aumenti di valore, o mancati utili, può condurre a scelte inefficienti.

La dottrina economico-aziendale51 non ha una interpretazione univoca su tale questione, anche se più di frequente per “rischio” si intende una eventualità economicamente contraria. In ogni caso non vi è un rifiuto della “bilateralità52” del concetto di rischio.

Si noti la seguente citazione di Knight53:

“the world risk is ordinarily used in a loose way to refer to any sort of uncertainty viewed from the standpoint of the unfavorable contingency …”

La citazione di Landry54, a proposito del concetto di rischio, considera invece non solo gli effetti contrari e precisamente:

50 Cfr. Sassi, Ibid, nota 1, p. 78.

51 Si noti che la dottrina aziendale tedesca considera tra gli effettivi rischio non solo le perdite e le mancanze di guadagno previsto, ma anche la mancanza di guadagna “relativo”, ossia il guadagno derivante dalla comparazione fra risultati di aziende similari. Tale approccio appare comunque oggetto di critiche; non è possibile ignorare che l’azienda è il complesso di coordinazioni parziali, risorse umane, accordi e relazioni di vario titolo, di carattere esclusivo e non confrontabili con altre apparentemente similari.

52 Cfr. Sassi, Ibid, p. 82 e Oberparleiter, Ibid, p. 144; il carattere della bilateralità non deve però supporre la possibilità di una compensazione tra manifestazioni favorevoli e manifestazioni contrarie.

53 Si veda Knight, p. 233.

54 Si veda Landry, p. 217.

“les risques peuvent être des risques de gains, ou des risques de pertes, ou des risques combinés de gains et de pertes”.

In ogni caso, esempi di specie di rischi che possono comportare effetti positivi per i risultati aziendali si trovano nella variazione delle valute55, dei cambi, del potere d’acquisto delle monete o nelle fluttuazioni dei prezzi di mercato, in particolare per i prodotti finanziari, e.g. pacchetti azionari.

La principale obiezione che normalmente è mossa quando si considera la bilateralità del rischio consiste nel fatto che e.g. una variazione del livello dei prezzi vantaggiosa per l’azienda in esame non può dirsi altrettanto vantaggiosa per i risultati complessivi, poiché tendenzialmente nella fase di acquisto dei fattori produttivi vi sarà anche un incremento dei prezzi-costi. Oppure, sempre come esempio, può accadere che non si consideri il reale motivo di un aumento generale dei prezzi dovuto ad una diminuzione del valore della moneta. E così via.

Si riafferma tuttavia lo stato di relatività e precarietà che la limitatezza conoscitiva del futuro ripone in tali specie di congetture. Ed è anche superficiale affermare, in una visione sistemica delle cose, che solamente un singolo fattore può col suo trend determinare gli effetti più o meno sfavorevoli di un’azienda.

55 Cfr. intervento del prof. G. Galassi tenuto il 20 novembre 2007 presso la Facoltà di Economia, Università degli Studi di Parma in ricordo del prof. Claudio Polonelli «Le variazioni dei cambi e i differenti livelli dei saggi di interesse potrebbero dimostrare, nell’ambito di gruppi multinazionali, o comunque sia distinte da attività in più monete, che si “crea valore” in dollari ma non in euro o viceversa. Sarebbe errato collegare le politiche di sviluppo di una impresa, le politiche commerciali e quelle di insediamento produttivo solamente con la scelta della moneta di conto.

Distanze di valore tra capitali economici e capitali di bilancio potrebbero derivare in parte dalla scelta della moneta di conto; le strategie di crescita e di sviluppo, le decisioni di operazioni di fusione e/o di acquisizione potrebbero dipendere dal riferimento a una moneta anziché a un’altra. E dalla diversa struttura dei saggi di interesse potrebbe discendere una differente politica di ricorso dell’indebitamento. E così via.

Gli strumenti elettronici di elaborazione dei dati dovrebbero consentire letture parallele delle gestioni in molteplici aspetti plurimonetari.

… …

I singoli vedono le interconnessioni economiche mondiali ma tendono a trarre conclusioni nella moneta nella quale appagano la maggior parte dei bisogni e che inclinano a essere come unità di misura del loro stato di benessere.»