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Non meno incisivo il ruolo delle città presenti nel difendere la propria condi- condi-zione giuridica (Iglesias deve anche tutelarsi dal rischio, non infondato, di una

prossima infeudazione), la libertà di commercio, lo sfruttamento del contado.

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Comuni aspirazioni espresse dai convenuti circa il miglior funzionamento della giustizia, una più controllata correttezza amministrativa e anche la confer-ma ed estensione della 'legge' per antonoconfer-masia vigente in Sardegna (la Carta de logu arborense), rivelano parimenti, e in primo luogo, la matrice rivendicativa di cui s'è detto. Va pure segnalato che in diversi casi i capitoli parlamentari (i primi "Capitoli di Corte" sardi, secondo le successive raccolte ufficiali, pubbli-cati e commentati, ritenuti alla stregua dei Fueros della tradizione iberica penin-sulare) riprendono e ricalcano analoghe richieste delle Corts catalane e arago-nesi contemporanee o precedenti, il che parrebbe indicare o suggerire la possi-bilità di esistenza, tra i diversi parlamenti dei singoli regni e territori della Coro-na, di una sorta di comunanza, di `circolarità' di persone e di idee, nonché l'eventualità di una strategia concertata di vari tentativi in luoghi e circostanze diversi al fine di conseguire, dove meno difficile, dei risultati vantaggiosi rispet-to al potere regio, tali da poter essere fatti valere in qualche modo come `pre-cedenti'36.

In ogni caso, Alfonso sancisce i capitoli presentatigli, non senza limitazioni e varianti, il 6 febbraio successivo, e contestualmente l'arcivescovo di Cagliari, capo del Braccio ecclesiastico e in pratica agente quale "prima voce", gli con-segna íl documento relativo all"offerta', spontanea e liberale — come si tiene a precisare — di 50mila fiorini, da versarsi in rate uguali di 10mila annui, nell'ar-co di cinque anni. Un donativo «se pur modesto per il re, elevato per l'isola», che a differenza di quanto era avvenuto nel 1355 si sarebbe ricavato dai pro-venti di una tassa straordinaria del 3,7% sul movimento di tutte le merci, ad eccezione di grano, vino e carne'''.

Procede parallelamente, e in connessione con la sessione parlamentare appe-na riferita, un processo rilevante di istituzioappe-nalizzazione dell'organo rappresen-tativo e, insieme, di più netta corrispondenza tra questo e l'aspetto nettamente corporativo assunto dalla società, entrambi nel quadro della più volte richiama-ta `ispanizzazione'.

Così, per il primo aspetto, si profilano le commissioni dei "trattatori", per le questioni finanziarie e legislative, parte nominati dal sovrano e parte da ciascu-no dei tre Bracci, e dei "giudici dei gravami", egualmente paritetica. Né basta, dal momento che anche per la riscossione dei dazi doganali previsti per fare fronte al donativo votato si ricorre a un comitato ristretto formato da un rap-presentante per Braccio, sulla falsariga di quanto praticato in Catalogna da parte della Generalitat.

Differenze e analogie tra i parlamenti del 1355 e del 1421 appaiono dun-

" B. ANATRA, Dall'unificazione aragonese cit., pp. 354 ss.

" A. BOSCOLO, I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo, in "Acta Curíarum Regni Sardiniae", vol. n. 3, Cagliari, Consiglio regionale della Sardegna, 1993, p. 25.

que evidenti — o, meglio, esiste tra loro un nesso di concatenazione. Non vi è dubbio che si tratti in entrambi i casi di eventi cruciali; addirittura, cori rife-rimento al secondo, è stato asserito che si è di fronte a «uno dei fatti più importanti, non solo della storia parlamentare, ma di tutta la storia sarda dei secoli XIV-XVIII»38. E a maggior ragione va tenuta in considerazione l'evo-luzione, intervenuta fra l'uno e l'altro, sia della situazione politica e istituzio-nale della Corona, sia della presenza catalana in Sardegna, e quindi della situazione generale dell'isola. Volendo sintetizzare per rapidi cenni, il 1355 è il momento culminante della fase 'calda' che conduce alla conquista con la forza delle armi; protagonista ne è il sovrano, nel caso specifico il ricordato Pietro IV, mentre il Parlamento-Corte (o 'Parlamento' tout court, se si vuole) offrirebbe piuttosto l'immagine di un mosaico di gruppi ancora in fase di strutturazione ed in cui molti semmai manifestano il proprio orientamento attraverso l'assenza. Si può anche valutare, come la storiografia tradizional-mente ha fatto, peraltro, che ciò traducesse in qualche modo lo choc degli avvenimenti e che si fosse in presenza di un confronto istituzionale nelle forme di una esibizione di forza e di intenti, ancor più in quanto esso avreb-be luogo in un contesto che da alcuni studiosi non si esita a definire di stam-po coloniale, stante la massiccia immigrazione catalana nell'isola, sicché lo stesso Parlamento alla fine sarebbe poco più che l'accolta di esperti catalani avvezzi alla partecipazione parlamentare, e in termini generali il luogo di con-vergenza di una classe dominante 'coloniale' a cui via via si integra l'elemen-to locale sardo.

In realtà non può sottovalutarsi il fatto che Pietro realizza invece immedia-tamente a ridosso dell'assemblea un suo programma riformatore e legislativo con il quale, e attraverso il quale, intende dare un'impronta determinata al rapporto sardo-catalano. Ma se queste sono le intenzioni, gli sviluppi succes-sivi non sempre vi corrispondono, sicché, in prosieguo di tempo, non soltan-to la società locale, nella quale sono penetrati i nuovi signori e sono restati attivi gli antichi, non può dirsi pacificata, ma addirittura l'insofferenza di potentati quali il giudicato di Arborea, i contrasti interni alla feudalità sarda, i problemi posti dalla persistente riottosità di Genovesi e Pisani, il mancato amalgama dell'elemento iberico, causano non poche difficoltà al sovrano e producono una grave crisi di autorità oltre che ostacoli al suo programma.

Peraltro le cose nei regni e territori peninsulari non procedono meglio per la dinastia al trono e si assiste all'offensiva delle Cortes, investite di un ruolo finanziario sempre più decisivo — a fronte pure dell'aggravio costituito dalla pesantissima guerra di Castiglia — con la formalizzazione della Generalitat e con la prassi di assemblee periodiche praticamente contemporanee dei tre

38 A. MARONGIU, Il Parlamento in Italia cit., p. 211.

regni continentali della Corona. Esemplari, al riguardo, sono le Cortes del 1375, assai rilevanti sotto il profilo della formalizzazione del 'modello', in grado pertanto di influenzare le assemblee sarde posteriori, soprattutto con riferimento alla composizione, organizzazione e prassi delle commissioni, nonché alla forza dei contrasti che possono scatenarsi attorno alla materia dei gravami (greuges) e in contrapposizione alla volontà regia39.

Sul piano interno sardo, gli anni Sessanta del secolo vedono l'esplosione della guerra aperta con Mariano (IV) giudice d'Arborea; e la circostanza, ren-dendosi necessario uno sforzo straordinario da parte regia, mette le Corts ibe-riche in condizioni di dettare le proprie rivendicazioni, oltre che indurle a una ancor più cautelosa parsimonia quanto a esborsi finanziari da destinare alla questione sarda.

Ancora nei decenni seguenti il conflitto con gli eredi di Mariano (morto nel 1376) resta pericolosamente acceso, intrecciandosi ai problemi interni della Corona d'Aragona. Se è corretto segnalare, nel corso degli anni Ottanta, una crescente disaffezione da parte catalana nei confronti dell'ambito sardo, cui corrisponde il disordine politico del giudicato per il governo del quale è lotta furente tra i contendenti, con in prima fila Brancaleone Doria e i visconti di Narbona, è vero pure che alla scomparsa del Cerimonioso si avvia un «lungo, non lineare processo di revisione» della politica sarda della Corona4°.

Giovanni I, suo erede e successore, tende a ricomporre le relazioni assai deteriorate con l'aristocrazia, in funzione antiparlamentarista, con riflessi istitu-zionali anche in Sardegna, in senso centralizzatore ed efficientista e soprattutto in direzione della liquidazione del contenzioso arborense.

Ancora un mutamento di scena sul finire del secolo, in concomitanza con l'avvento al trono di Martino I (il Vecchio) e il rilancio del contrattualismo dei ceti, cui si accompagna la ripresa in grande stile della politica mediterranea e la liquidazione degli indirizzi `continentalistí' precedenti. Sono questi i presuppo-sti per il recupero del controllo integrale della Sardegna, e quindi della sconfit-ta dell'endemica ribellione, facendo perno sulla rinnovasconfit-ta fedeltà della Sicilia, il cui baronaggio viene, tra l'altro, compensato con importanti feudi in Sarde-gna, il che ne spiega la presenza al Parlamento sardo. Il tutto si compie in poco più di un decennio, e attraverso una sequenza a volte drammatica di contingen-ze che sfociano nel cambio di dinastia, sia nell'indomito giudicato d'Arborea (i visconti di Narbona), sia nella stessa confederazione catalano-aragonese (Caspe e avvento dei Trastamara). Di qui, infine, lo sbocco nella fase del riassetto ter-ritoriale e politico dell'isola, della sua ristrutturazione feudale, ma soprattutto l'ansioso manifestarsi di una diffusa aspirazione alla pacificazione generale

39 A. MATTONE, "Corts" catalane e Parlamento sardo cit., pp. 559 ss.

40 B. ANATRA, Dall'unificazione aragonese cit., p. 291.

dopo tanti decenni di convulsioni e di guerra. Che è appunto lo sfondo su cui si colloca il parlamento del 142141.

Ancora nel corso del regno di Alfonso, e da lui autorizzate, si svolgono (1446 e 1452, rispettivamente ad Oristano e in Cagliari) riunioni del solo Braccio militare, cui si collegano insistenti richieste di donativi straordinari da parte del sovrano stesso. Ma la cosa è importante per un doppio ordine di motivi:

in primo luogo, sotto il profilo istituzionale, siamo in presenza di una sorta di 'parlamenti baronali', autoconvocati, sia pure con limiti e cautele, ricono-sciuti comunque come interlocutori legittimi e in grado di svolgere un ruolo di interesse generale; sul piano più strettamente politico, poi, tali 'congrega-zioni' esprimono l'ascesa perentoria della feudalità sarda, la candidatura sempre più intransigente delle forze baronali alla primazia nei confronti del-l'alta burocrazia che, pur essendo di estrazione feudale, tende a sua volta ad autonomízzarsi e a costituirsi come un potere superiore. Anche nei confron-ti delle città, la feudalità prende le distanze e tende ad affermare la propria egemonia, sebbene proprio in occasione della riunione del 1446 ci sia un tentativo di Cagliari di svolgere una funzione, vantaggiosa, di intermediazio-ne tra le parti. Nell'insieme vieintermediazio-ne offerto al sovrano, in due tornate, l'am-montare di 32mila ducati, divisi in tre rate e a carico dei feudatari in propor-zione alle rendite annue, non senza un tentativo di coinvolgere nel pagamen-to anche le città.

Dal canto suo Alfonso si impegna positivamente su materie di indubbio rilievo, che vanno dal riconoscimento delle convocazioni spontanee del Braccio militare e del carattere contrattualistico della legislazione. Per la verità, la feudalità consegue pure obiettivi importanti della propria strategia di affermazione: la mobilità personale per i vassalli, intesa come diritto di libertà ma nella sostanza presupposto imprescindibile per la libera disponi-bilità di forza lavoro da impiegare nei propri feudi; la limitazione delle pre-rogative dei viceré, fissando a cinque anni la durata della carica e introdu-cendo il relativo sindacato; il controllo sul comportamento dei funzionari regi, severissimi e debordanti nei procedimenti che coinvolgono feudi e baroni; infine, la conferma della facoltà di presentarsi a corte e il diritto di appello direttamente al sovrano, non conculcabile da parte di alcuna istan-za giurisdizionale superiore.

Un passaggio importante, in definitiva, della storia parlamentare sarda, che ne segnala, tra l'altro, interessanti peculiarità attinenti per molti versi a quella varietà, se non molteplicità, delle figure istituzionali associative di indole rap-

41 A. BOSCOLO, Parlamento siciliano e Parlamento sardo, in Mélanges Antonio Marongiu (vol.XXXIV delle "Études presentées à la Commission Intemationale...", Palermo 1967), pp.

49-56.

presentativa da cui è caratterizzata, e su cui la storiografia sul tema si è più volte

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