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L'ambito ispano-italiano-mediterraneo: tra storia e storiografia

2.1. Il Parlamento sardo negli studi di Antonio Marongiu

Mantenendoci su un piano di discorso che si muove tra storia e storiografia, dedichiamo le note che seguono ad un 'territorio' peculiare, che sentiamo di poter definire ispano-italiano-mediterraneo. Intanto, per segnalare come una tradizione scientifica e culturale già assai più che dignitosa e vitale lungo tutto il corso dell'Ottocento e del primo Novecento, illustrata da monografie basiche e da raccolte documentarie di pregio, si stia rinnovando e ulteriormente arric-chendo proprio nei tempi più vicini a noi. Così, ad esempio, accanto a quanto si è già fatto in area valenciana a livello di ricerche e pubblicazione di fonti, e con quello ancora più impegnativo che ci si ripromette di realizzare, è certo il caso di ricordare le iniziative e le realizzazioni maturate, tra l'altro, in Aragona, Catalogna e Castiglia negli ultimi anni, con risultati davvero di rilievo18.

In questa sede, comunque, si intende soffermarsi in particolare sul caso sardo, che appare peraltro, in relazione pure agli 'omologhi' di Napoli e di Sici-lia, il più consistente e significativo sotto il profilo della copiosità del lavoro e dei risultati. In ambito italiano, poi, non sarà un caso che l'attività più intensa si va registrando in quelle parti della penisola che più stretti e duraturi contat-ti hanno avuto con la storia e con modelli e vicende dell'esperienza iscontat-tituziona- istituziona-le iberica. Si pensi al Mezzogiorno continentaistituziona-le e alistituziona-le grandi isoistituziona-le mediterranee, Sicilia e Sardegna, in cui ferve l'impegno di gruppi affiatati di studiosi e ricer-catori alle prese con studi e ricostruzioni puntati sui rispettivi antichi parlamen-ti. Anche qui con esiti sicuramente importanti, che per certi versi rimandano ad una complessa 'promettente' tipologia, fra storia e storiografia, come si è detto, di impronta ispano-italiana (e mediterranea), appunto'''.

Nel caso in questione, in primo piano qualità e quantità del materiale docu-

18 Per limitarsi solo ad alcuni titoli recenti e significativi, Aragón. Historia y Cortes de un Reino, Zaragoza, 1991; La Corona de Aragón. Cortes y Parlamentos, Barcelona-Zaragoza, 2000; S. ROMEU, Les Corts Valenaanes, Valencia, 1989; L.M. SANCHEZ ARAGONES, Cortes, Monarquía y Ciudades en Aragón durante el reinado de Alfonso el Magnanimo, Zaragoza, 1994; M.R. MUNOZ POMER, Ori-genes de la Generalidad Valenciana, Valencia, 1987. Per la Castiglia tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta a cura del Governo di Castiglia e León sono stati pubblicati cinque volumi dedicati a Las Cortes de Castilla y León, 1188-1988, poderosa impresa scientifica a carico di J. Val-deón Baruque, realizzata attraverso tre congressi internazionali; sul tema, v. ancora J.M. CARRETE-RO ZAMORA, Cortes, Monarquía, Ciudades. Las Cortes de Castilla a comienzos de la época moderna, Madrid, 1988, e J.I. FORTEA PEREZ, Monarquía y Cortes en la Corona de Castilla, Salamanca, 1990.

19 Non vi è dubbio che l'impresa più organica e meglio supportata, anche, dai pubblici pote-ri sia quella varata, negli anni Ottanta, dal Consiglio Regionale della Sardegna, finalizzata alla

mentario e intensità degli sforzi attualmente messi in campo per pubblicarlo e renderlo così disponibile, con rigorosi criteri scientifici e nel quadro di una impresa collettiva culturale e civile, di tutto rispetto.

Si tratterebbe, del resto, a impegno realizzato, del compimento di una tradi-zione e di una, per dir così, elaborata traiettoria storiografica di cui sí possono rievocare per sommi capi — e magari privilegiando proprio quel sessantennio di studi, anno più anno meno, di cui si è fatto riferimento all'inizio di questo sag-gio e rispetto all'ambito più generale della storiografia sul tema — tratti e momenti salienti20.

In proposito, è per più versi d'obbligo prendere le mosse dalla monografia, la prima dedicata in maniera organica e complessiva ai Parlamenti sardi, di Antonio Marongiu, apparsa nel 1932 (I Parlamenti di Sardegna nella storia e nel diritto pubblico comparato). L'Autore ha, al tempo, a disposizione le fonti d'ar-chivio e quelle già a stampa, nonché una messe di contributi, di carattere stori-co, giuridistori-co, diplomatistori-co, tutt'altro che rari o di poca qualità, benché parziali e rimasti piuttosto episodici, non essendo andati in porto alcuni tentativi di dare vita a raccolte o collezioni organiche di testi e documenti relativi alla sto-ria degli antichi parlamenti sardi.

Non vi è dubbio che nell'opera appena citata sia notevole l'influenza dei coevi indirizzi e orientamenti metodologici e storiografici, anche oltre la pro-spettiva comparativista richiamata esplicitamente sin dal titolo. Si tratta, d'al-tronde, dello stesso giro di anni in cui maturano le riflessioni e le proposte, ad esempio, del Lousse — richiamato nelle pagine precedenti — e dunque nulla di particolarmente sorprendente, se non alla luce delle successive posizioni soste-nute dal Marongiu. Nella circostanza, ad ogni buon conto, egli dà al volume un'articolazione quadripartita, corrispondente ai grossi punti, o quesiti, del-l'origine e dello sviluppo storico dei parlamenti dell'Europa medievale, con

pubblicazione degli 'Atti' degli antichi Parlamenti sardi, e che finora ha già conseguito importan-ti traguardi per qualità e quanimportan-tità (undici parlamenimportan-ti pubblicaimportan-ti, per un totale di 17 volumi).

Meno produttivo di esiti altrettanto strutturati l'analogo tentativo curato dagli studiosi siciliani, dalle fortune decisamente più alterne, con alcuni esempi di saggi ed edizioni documentarie, non-ché di ristampe di alcune opere 'classiche'. Quanto ai Parlamenti napoletani, chi scrive ha in pro-gramma di completare l'edizione delle fonti restate ancora manoscritte e, se possibile, rieditare quelle già pubblicate alcuni anni fa. Cfr. comunque G. D'AGOSTINO, Il Parlamento generale del Regno di Napoli nell'Età spagnola. I (1556-1598), Napoli, Guida, 1984; A. Coco, Problemi e metodi di storia parlamentare: il caso siciliano nel Settecento, in "Acta Curiarum Regni Sardiniae".

Istituzioni rappresentative nella Sardegna medievale e moderna, Consiglio regionale della Sarde-gna, Cagliari-Sassari 1986 (vol. I dell'intera collezione degli Acta).

2° Si rimanda alle molte e articolate puntualizzazioni di A. Mattone del quale si vedano le osservazioni finali nel saggio Centralismo monarchico e resistenze stamentarie. I Parlamenti sardi del XVI e del XVII secolo, in "Acta Curiarum Regni Sardiniae" cit., I, pp. 127 ss.; cfr. altresì G.

OLLA REPETTO, La collana "Acta Curiarum Regni Sardiniae", in "Archivio sardo del movimen-to operaio contadino e aumovimen-tonomistico", n. 47/49, giugno 1996, pp.75-90.

specifico riferimento alle istituzioni sarde e siciliane tra Medio Evo e prima Età moderna; dell'organizzazione e struttura delle stesse (con insistente attenzione per la natura quasi contrattualistica dei rapporti fra sovrano e assemblea); dei dati funzionali e di quelli più strettamente formali. Ciò che principalmente muove l'Autore, tuttavia, è l'intento riabilitativo, espressamente dichiarato, del resto, nei confronti di un giudizio storiografico sedimentato, in senso negativo, sul Parlamento sardo. E, accanto a questo, il pressante desiderio di fissare spunti teorici e di metodo, in ordine, ad esemplo, ai rapporti tra diritto e sto-ria, alla comparazione, alle relazioni tra 'ordini' sociali e istituzionali, e rappre-sentanza, alla fisionomia dei parlamenti degli stati italiani preunitari ruotanti nell'orbita spagnola rispetto agli stessi 'modelli' iberici. Del resto, lo stesso Autore è tornato più volte, nel corso della sua lunga e operosa attività di stu-dioso, sul tema degli antichi parlamenti sardi, non mancando di arricchire e variare le proprie posizioni in relazione, appunto, al progresso generale degli studi nei termini in cui li si è ricordati21.

Risalgono poi alla stagione successiva a quella degli anni tra le due guerre, e grazie soprattutto agli impulsi provenienti dai contributi di studiosi quali, a parte il più anziano Solmi, Loddo Canepa e soprattutto Era, rinnovati tentati-vi di porre mano a progetti organici, con l'intervento e il supporto di prestigio-se istituzioni scientifiche locali e dello stesso Ente Regione. In termini più stret-tamente culturali, può dirsi che si sia trattato della fase del riavvicinamento tra indirizzi e orientamenti anteriormente più nettamente divaricati. Opportuna-mente è stata rievocata qualche tempo fa, dal compianto Girolamo Sotgiu, la posizione espressa mezzo secolo fa da Antonio Era, per il quale «la ricerca sto-rico-giuridica, per avere compiutezza di interpretazione, deve essere collocata nel contesto storico generale», segnalando in particolare come «la progressiva trasformazione delle istituzioni, così che dalle rappresentanze per ceti si è giun-ti alle rappresentanze elette dal popolo, è da vedere sia come conseguenza dei mutamenti che intervengono nello sviluppo della società, sia come impulso che le istituzioni stesse danno al mutamento di se stesse nella società al cui interno operano»22.

E sulle orme di tali richiami ad una attenzione meglio raccordata e più equa-mente ripartita sul tema delle forme e su quello delle forze, procedono e matu-rano negli anni Cinquanta gli studi del Boscolo, di Era stesso e del Sorgia, dedi-cati ad altrettante importanti tappe della storia parlamentare sarda, tra i secoli XV e XVI23.

21 Si rimanda al mio Il contributo di A. Marongiu cit. e alle connesse indicazioni bibliografiche.

22 G. SOTGIU, Introduzione a Corts valencianes e Parlamenti sardi nel Medioevo e nell'Età moderna, in "Archivio sardo ecc.", n. 47/49 cit., p. 25.

23 A. BOSCOLO, I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo, Milano 1953 (poi ripubblicato nella raccolta degli "Acta Curiarum Regni Sardiniae" cit., 3, Cagliari 1993, a cura di O. Schena); A.

ERA, Il Parlamento sardo del 1481-85, Milano, 1955: su questo autorevole studioso v. il Liber

In seguito, e prima che prendesse il via, dai primissimi anni Ottanta, l'impre-sa attualmente in corso, fortemente sostenuta dal Consiglio Regionale della Sar-degna, da qualcuno è stato osservato che sugli studi di storia dei parlamenti sardi, in forma isolata o nel solco di iniziative collettive coordinate, è calato il silenzio. Ad avviso dello scrivente24, si è trattato piuttosto di un periodo di incubazione, laborioso e non privo di risultati, nel corso del quale si è anche riflettuto sul nesso passato-presente nell'esperienza storica e politica sarda, come sul ruolo della specifica tradizione parlamentare, e che ha in qualche modo predisposto il terreno per il grosso sforzo in corso ormai da alcuni decen-ni, costituendo in píù il necessario retroterra alla situazione, di grande fervore e di indiscussa ricchezza bibliografica, per quantità e qualità, attuale25.

2.2. I Parlamenti di Sicilia e di Napoli

Dal canto nostro, in un tentativo di estrema sintesi che potesse cogliere, e darne conto, il nodo cruciale dell'impatto tra Corona d'Aragona e domini ita-liani via via, dalla fine del secolo XIII, sussunti in quella, della sequenza ed evo-luzione dei rapporti così stabilitisi tra i due 'blocchi' con le rispettive società, economie, politiche, culture, dottrine e istituzioni, abbiamo preferito, pur con-sentendo al generale apprezzamento che ne fa la storiografia italiana e al rico-noscimento del "pattismo" e della delega dei poteri come contributo peculiare venuto all'Europa medievale dalla civiltà giuridica e politica catalana, periodiz-zare e distinguere26.

Ci è sembrato bene, in pratica, convenire sull'esemplarità dell'esperienza e della configurazione materiale stessa delle Cortes e/o delle Corts catalano-ara-gonesi sulle assemblee di Sardegna, come di Sicilia e di Napoli, ma al tempo stesso porre l'esigenza che sul terreno delle analisi e delle interpretazioni più circoscritte e circostanziate si distinguesse all'interno della parabola storica di tali assemblee, assumendo come fattori decisivi cronologia e durata, qualità e intensità dei legami tra i corrispondenti territori italiani e la Corona d'Arago-na. Si è così parlato di un momento proprio dell'impatto istituzionale inizia-le, con il susseguente multiforme processo di ispanizzazione (il termine è

memorialis Antonio Era, Bruxelles, 1963 (vol. XXVI delle "Études presentées à la Commis-sion...", cit.); G. SORGIA, il Parlamento del viceré Fernandez de Heredia (1553-54), Milano, 1963.

24 Si rinvia a quanto indicato nelle note precedenti ed ancora ai saggi sull'argomento raccolti in G. D'AGOSTINO, Poteri, Istituzioni e Società nel Mezzogiorno medievale e moderno, Napoli, Liguori, 1996.

25 In ultimo, v., con il mio Aragón y los territorios italianos mediterrdneos (siglos XIII a XVI), in Aragém-Reino y Corona cit., pp. 141-154, la messa a punto contenuta nel n. 10-11 della rivista

"Ius Fugit", Saragozza [2003].

26 Cfr. G. D'AGOSTINO, Assemblee rappresentative di Sicilia, Sardegna e Napoli nell'Età spagno-la, nel volume Poteri, Istituzioni e Società cit., pp. 123 ss.

privo, e così deve intendersi, di ogni suggestione modernizzante o attualiz-zante; esso si riferisce, nei modi e nei tempi diversi cui le circostanze obbli-gano, a un'orbita iberica più marcata entro cui si iscrivono i vari fenomeni indicati).

D'altro canto, siamo pure convinti che, in chiave più propriamente storio-grafica, l'approccio specifico istituzionale punti, nella fattispecie ma anche nel quadro dell'evoluzione di tali studi, verso il maggiore rigore filologico e la mas-sima apertura e globalità, sull'analisi delle forme e la valutazione delle forze, nonché sulla ricognizione in chiave diacronica e comparata della fisionomia e del 'rendimento' dei parlamenti presi in esame. E come, ancora, esso tenda a far risaltare la peculiarità dei singoli casi trattati, il rilievo della successione cro-nologica in cui avviene il coinvolgimento di ciascuno di essi, l'incidenza degli scarti temporali interni alle varie fasi storiche, le discontinuità e le differenze, oltre che le concordanze, fra piano istituzionale propriamente inteso e piano delle vicende politiche, sociali o dell'elaborazione dottrinaria, fra 'passo' locale e 'passo' generale.

L'impatto istituzionale iniziale", come lo abbiamo definito, risale per la Sici-lia al 1282-83, per la Sardegna al 1355 e per Napoli alquanto più tardi, al 1442.

Tale progressione ricalca, evidentemente, tempi e tappe della stessa espansione mediterranea della Corona d'Aragona ma, non diversamente che per questa ultima, occorre guardarsi dal considerarla come espressione di un unico pro-cesso unitario, con condizionamenti e influssi reciproci dell'un caso ed episo-dio sugli altri, secondo una linea continua e lineare di sviluppo che si svolge in tempi e luoghi diversi. Ciò che i tre eventi/momenti hanno in comune deriva dalla serie di circostanze analoghe che ne costituiscono ovunque le premesse, e per il resto essi rappresentano piuttosto altrettanti avvii di percorsi istituziona-li e parlamentari locaistituziona-li specifici, con propri tempi e con proprie caratteristiche.

Tali percorsi risentono variamente, ma più che di ogni altra cosa, del grado e della qualità delle tradizioni locali al riguardo, delle condizioni e delle contin-genze in atto nelle singole realtà geopolitiche coinvolte; ancora, della situazio-ne congiunturale in cui si muove all'esterno e si ritrova all'interno la Corona d'Aragona, così come del livello di elaborazione cui è pervenuta, nei momenti in questione, la sua strategia politico-istituzionale, comunque incline al mante-nimento degli ordinamenti vigenti nei singoli stati e domini27.

Si vuole dire che le riunioni siciliane tenute tra il 1282 e il 1283, e solenniz-zate da Pietro III al quale viene trasferita la corona dell'isola, le "curie gene-rali" (i primi "Parlamenti-Corti", secondo la salomonica definizione di A.

27 In termini più generali, G. D'AGOSTINO, Gli Stati italiani e la Corona d'Aragona. Potere regio, istituzioni; assemblee rappresentative, in Poteri; Istituzioni e Società cit., pp. 93-122; da segnalare, relativamente ai "Parlamenti-corti" sardi del 1355, G. MELONI, Il Parlamento di Pietro W d'Ara-gona (1355), Cagliari 1993 (volume n. 2 della collana "Acta Curiarum Regni Sardiniae" cit.).

Marongiu) di Cagliari del 1355, indette da Pietro IV il Cerimonioso, e il Par-lamento 'baronale' (la definizione è ancora dello stesso studioso appena cita-to) celebrato a Napoli da Alfonso V il Magnanimo nel 1442-43, costituisco-no ín prima istanza atti politici, assemblee politiche rispetto alle quali que-stioni e problemi di incompiuta rappresentanza, di forme e di contenuti deli-berativi in senso più o meno proprio, e anche di travaso delle une e degli altri dagli ordinamenti iberici a quelli italiani, sono nodi intempestivi e ancora di là da venire al pettine28. In buona sostanza, impatto costituzionale iniziale e prima ispanizzazione si inquadrano in un corso alterno delle vicende connes-se al rapporto fra autorità regia, da una parte, e asconnes-semblee rappreconnes-sentative e parlamentari dall'altra. Il punto saliente, tuttavia, non è tanto quello, peraltro naturale, del vantaggio che viene a queste ultime dalle difficoltà e dalle neces-sità della prima, o anche del quadro delle ravvisate convenienze e opportuni-tà reciproche, e neppure consiste nell'essenza della considerazione svolta da uno studioso inglese (Myers) secondo cui la Spagna avrebbe applicato ai domini italiani, in fatto di cortes, gli stessi 'standard' vigenti in casa propria, soltanto riveduti e corretti nel senso, cioè, di averli depurati degli aspetti più incisivi e pericolosi29. Questi parlamenti italiani, una copia debole e inoffen-siva, a quanto pare, di quelli spagnoli, si sono comunque evoluti formalmen-te e si sono più o meno inquadrati negli ordinamenti dei rispettivi Stati, allo stesso modo dei corrispondenti 'originali' iberici. Ciò è avvenuto sotto il segno del rafforzamento degli strati nobiliari e della depressione — congiun-turale — di quelli 'borghesi'. In più, si è svolto attraverso lo sfruttamento dei margini dí manovra apertisi alle rappresentanze corporative nell'ambito di società tradizionali, dentro e fuori i parlamenti, e all'interno di questi nel solco della generale tendenza allo sviluppo di istanze istituzionali ristrette (deputazioni, commissioni) rispetto ai consessi plenari.

Più importanti, tuttavia, delle dipendenze formali restano le traiettorie storiche specifiche e i momenti di intersezione: il caso siciliano si segnala in effetti perché riceve stimoli quando è esso stesso proteso verso un'affer-mazione, avendo qualcosa di suo alle spalle, e la sua crescita successiva si svolge contemporaneamente ad analogo processo in Spagna; il caso sardo è del tutto peculiare, in verità, sia perché notevolmente più tardo, ma anche perché diversa è la situazione di partenza dell'isola e assai più forti i legami di dipendenza, per alcuni di tipo 'coloniale', che la legano alla Spagna. Infine Napoli, ultimo dei Parlamenti toccati dall'ondata iberica ma anche il primo a spegnersi: un ciclo, perciò, assai serrato in cui le ragio-

28 Sul Parlamento napoletano del 1442 ci siamo soffermati in Parlamento e Società nel Regno di Napoli, Napoli, Guida, 1979.

29 A. R. Myers, Parliaments and Estates in Europe cit., pp. 97 ss.

ni interne prevalgono sui tempi scanditi dalla coeva evoluzione storico-isti-tuzionale spagnola30.

2.3. La persistenza dell'influsso catalano-aragonese

Dal momento dell'affermazione in Spagna di una forte monarchia unitaria centralizzata e poi della progressiva castiglianizzazione i rapporti di forza ten-dono a una maggiore stabilizzazione a favore dell'istanza rappresentata dal potere regio e dall'apparato statale e di governo. Ciò nondimeno, le assemblee rappresentative e parlamentari a Napoli, in Sicilia e in Sardegna, pur nella diversità delle rispettive situazioni, non ne escono depresse, diminuite o svuo-tate. È il momento che prelude alla seconda ispanizzazione (a partire da fine secolo XV-inizi XVI) e prima che maturino gli esiti finali diversificati e che mostra ancora accenni di divaricazione e di scostamento rispetto alla trafila per-corsa dalle coeve istituzioni spagnole, più direttamente colpite e messe in diffi-coltà dalla vittoria dell'assolutismo quale ormai si profila. Tra l'altro, ai parla-menti italiani conferiscono chances di vitalità e di ulteriore evoluzione, anche rispetto ai precedenti immediati, vari fattori e spinte che provengono dal con-solidamento della nuova congiuntura politica. E il caso del confermato e anzi rafforzato predominio della nobiltà, nel quadro della cristallizzazione dei rap-porti sociali e politici interni di ciascuno Stato, a sua volta conseguenza dell'as-soluta prevalenza della Corona su ogni altro potere concorrente e antagonista.

O, ancora, dell'interessata reciproca disponibilità a un rapporto più intenso e redditizio tra il sovrano e la componente demaniale, più o meno cittadina e

`borghese', anch'essa presente, con la nobiltà e gli altri ceti privilegiati, negli organismi rappresentativi. Né va trascurata la circostanza, valida soprattutto a Napoli, della mobilitazione e della messa in tensione di tutto l'apparato istitu-zionale locale, di entrambi i poli del sistema politico-rappresentativo interno (Città-capitale e Parlamento generale del Regno), a seguito dell'intervenuta lontananza e assenza del monarca e quindi della assai minore discrezionalità, nell'agire, dei suoi rappresentanti in loco. Viceversa, in Sicilia, la stessa espe-rienza del governo delegato viene vissuta in anticipo, ma in cambio si è avuto pure il più antico impatto istituzionale iniziale, per cui non è mancato il tempo di spaziare adeguatamente le fasi del lungo processo e, in ogni caso, tale con-giuntura non ha rappresentato un momento di particolare rilievo nella storia parlamentare isolana.

Anche rispetto alla seconda ispanizzazione vanno, in ogni caso, misurati i parametri 'interni' delle vicende parlamentari dí Napoli, Sardegna e Sicilia con

3° Cfr. H.G. KOENIGSBERGER, The italian Parliaments from their origins to the end of the 18th centuty, in "Joumal of the Italian History", I (1978); traduzione italiana negli Annali della "Sto-ria d'Italia", Einaudi.

quelli 'esterni' derivanti dalla evoluzione generale della situazione spagnola

cor-rispondente. Ciò consente non solo di notare il persistere dell'influenza

quelli 'esterni' derivanti dalla evoluzione generale della situazione spagnola

cor-rispondente. Ciò consente non solo di notare il persistere dell'influenza

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