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I sindaci di Oristano e di Bosa, a nome del Braccio reale, appoggiano le richieste riguardanti il Nurra ed il `grandato' per il marchese di Villasor,

non-ché le monache cappuccine. Ovviamente chiedono anch'essi una copia della

"Carta regia", mentre per quel che concerne la ripartizione del donativo si

es Ibidem, cc. 300-301v.

89 Ibidem, cc. 611-614v.

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richiamano ai criteri osservati nel parlamento Lemos. In ultimo, ancora una dichiarazione d'appoggio, da parte del Braccio ecclesiastico (Nurra e Tronchi), per le grazie di cui si è detto9°.

La successiva tornata del 9 agosto si apre con una protesta dei sindaci di Alghero (Olives) e Iglesias (Salazar) nei confronti di quel che è consentito a Cagliari in materia di estrazione e conservazione del grano di 'scrutinio', segui-ta dalla richiessegui-ta da parte degli stessi di particolari benefici a vansegui-taggio dei Pel-licer de Moncada, ottenendo risposte dilatorie proprio su quest'ultimo punto.

Tocca quindi al viceré (tramite Carnicer e Soro) sollevare con il Braccio mili-tare la questione della non opportunità di seguire il criterio «per as, dos y tres»

nel pagamento del donativo, essendo più conveniente per tutti uniformarsi alle modalità fissate nel parlamento Lemos; e in tal senso si pronunziano i Bracci.

Nei giorni seguenti, in particolare nel corso delle riunioni del 13 e 14, si svi-luppa la controversia originata dalla concessione, da parte del vescovo di Ampurias, Giovan Battista Serrives, del canonicato della chiesa di Castellara-gonese a Lazzaro Maiolo, ritenuta dal Braccio reale, ma anche dagli altri due, un arbitrio, essendo il beneficato «forestiero e non naturale». Ancora richieste isolate di o a favore di particolari, ma ce n'è anche una del Braccio ecclesiasti-co che patrocina una rivendicazione delle ecclesiasti-comunità dei Capitoli, monasteri e confraternite di Sassari, Oristano, Alghero, Ales, Bosa, Ampurias e Iglesias nei confronti del Capitolo di Cagliari (16 agosto), così come in pari data i Bracci congiuntamente confermano l'entità del donativo offerto e ufficialmente richie-dono l'adozione dei criteri e delle modalità risalenti al parlamento Lemos. Di più, reclamano l'approvazione di un'ampia serie di capitoli (59) di interesse comune o generale91.

Conclusasi questa fase impegnativa, il Parlamento viene ripetutamente pro-rogato, addirittura fino ad alcune sedute tra maggio e giugno dell'anno seguen-te (1678), dedicaseguen-te a fissare la ripartizione del donativo, al quale in definitiva lo Stamento ecclesiastico partecipa con 4000 scudi (in luogo di quanto in prece-denza concordato, essendogli stata condonata la differenza); il militare per 37mila scudi e 50 (di cui 2000 a carico dei titolati e baroni; 2500 a carico dei ministri e officiali regi); il reale per i restanti 21.450 scudi.

Stabilite le quote a carico di ciascun contribuente, la durata decennale, i cri-teri e le modalità, il Parlamento viene di nuovo e ripetutamente prorogato fino ai primi di novembre, mentre alcuni strascichi si consumano ancora tra gli ulti-mi giorni dell'anno e i priulti-mi del 1679.

Tra il 5 e il 7 novembre si svolgono gli atti conclusivi del lungo Parlamento:

il primo giorno si predispone la cerimonia finale del `solio' fissata per domeni-ca 6 alle due del pomeriggio. Ciascun Braccio assicura attraverso i propri rap-

9° Ibidem, cc. 616 ss.

91 Ibidem, cc. 801 ss.

presentanti la presenza per il giorno successivo; è l'occasione, per il Militare, di chiedere tra l'altro che sia consentito al Castelvì di ritornare in patria; per il Reale, di riferire su una controversia sorta attorno alla presidenza della giunta degli abilitatori. Nella fattispecie, il viceré conferma nella carica Domenico Pit-zolo, giurato in capo di Cagliari, su cui vi era stata la contestazione delle altre città del Regno, così come risolve altre controversie legate alle 'precedenze' rivendicate e contestate da vari personaggi. Il 6 novembre, la celebrazione del

`solio', come si è accennato, in forma rituale e solenne come per la seduta d'apertura. Nel corso di tale celebrazione ha luogo pure la proclamazione dei privilegi, immunità, concessioni, titoli e grazie accordati dal sovrano e dallo stesso viceré a quanti si siano segnalati per particolari meriti e per lo zelo mostrato durante i lavori parlamentari e a favore del loro sollecito e positivo svolgersi. In particolare e con altrettanta solennità il giorno seguente vengono rese pubbliche e lette dal segretario della Reale Udienza, Antonio Lecca, le gra-zie concesse (31 agosto 1678) dal Sovrano alle singole città e i Capitoli sulla base e a riscontro delle richieste presentate92.

Si riferiscono ancora al Parlamento, segnatamente agli ultimi adempimenti previsti, le disposizioni viceregie a favore di chi ha lavorato nel corso dell'as-semblea svoltasi e per la liquidazione di mandati di pagamento a beneficio di alcune chiese, così come convenuto in Parlamento.

Le ultime battute segnalano lo svolgimento delle funzioni religiose finali (giuramento del viceré sui singoli Vangeli; Te Deum solenne) e l'accompagna-mento del Santo Stefano in corteo a palazzo, mentre tutto intorno per la città si assiste all'esplodere di «saltationes et tripudia»93

4.4. I capitoli

Le richieste che i Bracci — ceti, corpi e persino singole individualità — avanzano in Parlamento costituiscono il nucleo più consistente e significa-tivo della relazione fra essi e la Corona, quale si manifesta nella «sede, occa-sione, strumento» — per dirla col Marongiu — rappresentata da ciascuna sin-gola assemblea. I 'capitoli', in effetti, rivelano meglio di qualsiasi altro documento la natura e lo stato di quella relazione, dei rapporti di forza ad essa sottesi, oltre che, ovviamente, la situazione generale della realtà terri-toriale e geo-politica cui si riferiscono e da cui promanano, le esigenze più

92 Ibidem, cc. 735 ss.; per quel che riguarda propine e assegnazioni, si tratta di circa 120mila lire, divise per oltre 108mila in provvidenze al viceré, ministri e presidente del Supremo Consi-glio d'Aragona, nonché ai commissari tutti (giudici, trattatori, abilitatori), ai consiglieri ed altri funzionari, segretari ecc.; e per il resto in materiali d'uso (legno, candele ecc.). Alle Opere pie (chiese, monasteri, conventi ecc.), altre 16.750 lire; infine, per opere di pubblica utilità, a discre-zione del viceré, ancora lire 3775.

93 Per le battute finali del Parlamento, v ibidem, c.790v.

vive della comunità o di parti di essa, più o meno consistenti e potenti'''.

I 'capitoli' del Parlamento di cui ci stiamo occupando non fanno certo ecce-zione, come agevolmente si vedrà nello scorrerli, così come è indubbio che essi rimandino al clima specifico, politico e sociale, degli estremi decenni del seco-lo, a quella fase di normalizzazione e assestamento, di cui si è detto, dentro la quale, tuttavia, si intravedono sia gli strascichi della tumultuosa stagione degli anni Sessanta, sia l'irruzione sulla scena di soggetti che avanzano, per dir così, dalle retrovie della società sarda ed alle quali proprio la congiuntura in atto offre delle opportunità in più, sicuramente negate in precedenza. Beninteso, villaggi, comunità rurali, `incontrale', o segmenti di ceti, urbani o rurali, che vengano alla ribalta possono aspirare a ricavarsi degli spazi, non già a mettere in discussione egemonie consolidate, sia nel campo nobiliare che nell'ambito delle più grosse realtà cittadine, ma almeno a proporsi come interlocutori, e ciò rappresenta una considerevole novità frutto dell'evoluzione certa della società sarda coeva ed anche della contingente fase di 'stanca' di altri attori e soggetti in campo. Quantità e rilevanza dei 'capitoli', espressione e proiezione dei pro-tagonisti tradizionali della vita parlamentare sarda, non contraddicono né smentiscono peraltro uno stato di cose più che consolidato. Si avvertono, però, stanchezza e ripetività, una sorta di ripiegamento cauteloso, necessario, forse, a riprendere fiato e a ritrovare la baldanza istituzionale di un tempo.

Di qui, la preoccupazione di non perdere colpi, pregiudizievoli comunque anche per il futuro, e dunque l'esigenza da una parte di saggiare la contropar-te — viceré e corona — sugli orientamenti di fondo, sui presupposti su cui pog-gia la relazione governati-governanti; dall'altra di esporre, accanto ai temi tra-dizionalmente forti, che pure — a scanso di equivoci — si ripropongono, anche rivendicazioni minute su punti assai specifici di realtà molto particolari. Il tutto, evidentemente, in sintonia con un panorama che appare lontano da scontri e divisioni contrapposte, ai quali è come se, dopo la 'sfuriata', fosse stata messa (definitivamente?) la sordina95.

I capitoli di Sassari (sindaco A. Manca Jacumoni) riguardano fondamentalmen-te la difesa e l'incremento dello status politico-istituzionale della città, come della sua situazione socio-economica dopo il disastro della grande peste a metà seco-1096. Di qui le rivendicazioni puntigliose della salvaguardia delle prerogative e

del ruolo del governo locale dalle insidie rappresentate dalle interferenze e vin-

94 A. MARONGIU, Il Parlamento in Italia nel Medio Evo e nell'Età moderna, Milano, Giuffrè, 1962, pp. 263 ss.; 307 ss.: 447 ss.; 529 ss.

95 F. LODDO CANEPA, La Sardegna cit., pp. 503 ss.; B. ANATRA, La Sardegna dall'unificazione cit., pp. 635 ss.; A. MARONGIU, Il Parlamento o Corti cit., pp. 79 ss.; P. SANNA, I Parlamenti del Regnum Sardiniae, in "Archivio sardo etc.", nn. 47-49, cit., pp. 29-49.

96 Cfr. E MANCONI, Castigo de Dios, Roma, Donzelli, 1994.

coli provenienti dall'azione sia dei baroni, sia dei ministri e funzionari del

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