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INCONGRUENZA DERIVANTE DALLA PROIEZIONE TEMPORALE DEL PRELIEVO DEL TRIBUTO 53 ;

2.2 L A RETROATTIVITÀ DI NORME GIURIDICHE SOPRAVVENUTE E LA LESIONE DELL ’ AFFIDAMENTO DEL CITTADINO

2. INCONGRUENZA DERIVANTE DALLA PROIEZIONE TEMPORALE DEL PRELIEVO DEL TRIBUTO 53 ;

3. INEFFICACIA DEL DIVIETO DI TRASLAZIONE DELL’IMPOSIZIONE previsto dalla disciplina positiva, che ne consente la facile elusione.

Sulla base delle ragioni appena evidenziate, attraverso un ragionamento piuttosto semplice, la Corte afferma che si può ritenere costituzionalmente giustificata la discriminazione soggettiva all’interno della medesima fonte reddituale, in ragione della diversa forza economica che i soggetti manifestano54. In particolare, la Corte scrive: «la Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria»; piuttosto essa esige «un indefettibile raccordo con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressività, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli

51 Come evidenziato da G. BIZIOLI, op. cit. 52 Corte cost., sentenza n. 10 del 9 Febbraio 2015.

53 Con riferimento a tale aspetto, parrebbe doversi far scaturire la conclusione che l’avviso della Corte è, tra l’altro, che la discriminazione qualitativa dei redditi potrebbe essere legittima solo se contenuta in leggi temporanee. Sul punto, A. MARCHESELLI – S. M. RONCO,

L’“incostituzionalità differita” della c.d. Robin Tax, tra diritti fondamentali, analisi economica del diritto e diritto dell’Unione europea: il futuro della fiscalità tra nuove categorie concettuali e rischi di “teratogenesi” giuridica, in www.giurcost.org, 3/2015. Si legge «A ben vedere, sul piano della logica giuridica finanziaria, ciò non è del tutto convincente. La discriminazione qualitativa deve essere temporanea se è temporaneo il carattere fondato, eccezionale, “non faticato” del reddito. Ma se il fondamento della discriminazione qualitativa è permanente, non si vede perché non dovrebbe esserlo la maggiorazione della imposta. Per quanto concerne la Robin Tax, il regime doveva essere temporaneo, per la parte di extra profitti correlata alla situazione di contingente eccezionale elevatezza del prezzo del petrolio. Ma che la Robin Tax dovesse essere congiunturale non significa, in termini di proporzionalità finanziaria, che lo debbano essere tutti i tributi che attuano una discriminazione qualitativa».

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ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla libertà ed eguaglianza dei cittadini- persone umane, in spirito di solidarietà politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione)» (sentenza n. 341 del 2000, ripresa sul punto dalla sentenza n. 223 del 2012).

Pertanto, secondo gli orientamenti costantemente seguiti da questa Corte, non ogni modulazione del sistema impositivo per settori produttivi costituisce violazione del principio di capacità contributiva e del principio di eguaglianza. Tuttavia, ogni diversificazione del regime tributario, per aree economiche o per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione»55.

Fin qui, la sentenza sembra porsi nel solco di una giurisprudenza costituzionale consolidata volta a sindacare le scelte del Legislatore nei termini di ragionevolezza, costituendo un importante strumento di riflessione per la ricostruzione del principio della capacità contributiva, nonché per la delimitazione dei confini della discriminazione del trattamento del contribuente, in termini di giustificazione costituzionale.

Eppure, la sentenza n. 10 del 2015 è stata commentata e criticata per ulteriori questioni scaturenti dalla scelta della Corte costituzionale di indicare espressamente la differita decorrenza degli effetti temporali della sentenza di accoglimento. Si legge, infatti, «la

cessazione degli effetti delle norme dichiarate illegittime dal solo giorno della pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica risulta, quindi, costituzionalmente necessaria allo scopo di contemperare tutti i principi e i diritti in gioco, in modo da impedire «alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri […] garantendo il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà, che, per il loro carattere fondante, occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali» (sentenza n. 264 del 2012). Essa consente, inoltre, al legislatore di provvedere tempestivamente al fine di rispettare il vincolo costituzionale dell’equilibrio di bilancio, anche in senso dinamico

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(sentenze n. 40 del 2014, n. 266 del 2013, n. 250 del 2013, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966), e gli obblighi comunitari e internazionali connessi, ciò anche eventualmente rimediando ai rilevati vizi della disciplina tributaria in esame.

In conclusione, gli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui sopra devono, nella specie e per le ragioni di stretta necessità sopra esposte, decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica»56.

È opportuno precisare che, al fine di legittimare la propria scelta, la Corte richiama quanto espresso nella precedente sentenza n. 13/2004, secondo cui «è compito della Corte

modulare le proprie decisioni, anche sotto il profilo temporale, in modo da scongiurare che l’affermazione di un principio costituzionale determini il sacrificio di un altro»57.

Il richiamo a detto principio non pare appropriato58 poiché la sentenza in commento non

può certamente considerarsi lesiva di altri interessi costituzionali; l’accoglimento “secco” della questione di legittimità proposta non avrebbe affatto prodotto una situazione normativa incostituzionale, limitandosi a far venir meno con effetto retroattivo l’addizionale IRES.

In altre parole, gli effetti derivanti dalla sentenza n. 10/2015 sarebbero stati meri effetti materiali, implicanti l’obbligo dell’Agenzia delle Entrate di restituire l’imposta pagata al ricorrente nel giudizio a quo e agli altri soggetti che avessero chiesto legittimamente il rimborso.

Non pare che tali effetti possano considerarsi lesivi dei principi costituzionali, semmai sarebbero lesivi di obblighi restitutori che possono avere un impatto più o meno forte sul bilancio statale.

Per altro verso, la sentenza n. 10 del 2015 non sembra potersi ascrivere alla categoria delle “sentenze della Corte costituzionale che costano”. Infatti la sentenza, dichiarando illegittima una disposizione incostituzionale che prevedeva un’entrata aggiuntiva per

56 Corte cost., sentenza n. 10 del 9 Febbraio 2015. 57 Corte cost., sentenza n. 10 del 9 Febbraio 2015.

58 Come evidenziato da C. PADULA, Dove va il bilanciamento degli interessi? Osservazioni sulle

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l’Erario, «colpisce entrate statali incostituzionali e dalla quale derivano (o meglio sarebbero dovuti derivare) conseguenti obblighi restitutori. Il diritto alla restituzione di una somma indebitamente percepita dallo Stato è ben diverso dal diritto di avere una prestazione»59.

La Corte costituzionale, escludendo gli effetti derivanti dall’incostituzionalità dichiarata, ha lasciato in vigore le norme in esame per i periodi di imposta precedenti alla pubblicazione della sentenza, così snaturando l’essenza del sistema di sindacato incidentale di costituzionalità delle leggi adottato nel nostro ordinamento60.

Il nostro sistema di sindacato costituzionale presuppone che la decisione della Corte sulla questione sollevata in via incidentale rifletta i suoi effetti nel giudizio in cui essa è stata proposta, diversamente le questioni non sarebbero rilevanti. Ciò è legittimato sulla base del combinato disposto degli artt. 136 Cost., 1 L. 1/1948 e 30 L. 87/1953.

Rispetto al principio appena richiamato, la dottrina ha proposto due differenti interpretazioni61.

Secondo l’interpretazione adottata da Calamandrei, l’art. 136 Cost. positivizzerebbe il principio dell’efficacia solo pro futuro delle sentenze di accoglimento della Corte e sarebbero le altre due norme sopra indicata a stabilire l’applicabilità della decisione di accoglimento rispettivamente al processo a quo e ad ogni altra fattispecie pendente nella quale la norma dichiarata incostituzionale sarebbe stata invece applicabile. Pertanto, secondo tale impostazione, il principio della retroattività delle sentenze di accoglimento si configura come principio di rango legale, in quanto derivabile dalla disposizione di cui all’art. 30 L. 87/1953.

Diversamente, Esposito ritiene che il prodotto diretto dell’interpretazione letterale dell’art. 136 Cost., poi confermato dalla disposizione di cui all’art. 30 L. 87/1953, sia un principio di retroattività delle sentenze che assuma rango costituzionale.

59 Così C. PADULA, op. cit., p. 18.

60 Come evidenziato in V. ONIDA, Una pronuncia costituzionale problematica: limitazione degli

effetti nel tempo o incostituzionalità sopravvenuta? in Riv. AIC, 1/2016, www.rivistaaic.it . 61 Come indicato da L. SICA, op. cit., p. 6.

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Rispetto alle due interpretazioni proposte, la Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 2015 non sembra compiere una scelta a favore dell’una o dell’altra; infatti, da una parte afferma che «quello della retroattività è un principio e in questi termini lo sottopone a bilanciamento, comportandosi quindi come se esso fosse pienamente costituzionalizzato; dall’altra parte compie due operazioni a prima vista secondarie che invece fanno ritenere che essa aderisca all’idea della non costituzionalizzazione diretta del principio di retroattività degli effetti delle sentenze di accoglimento»62.

Ma ancor di più, la Corte costituzionale mostra un netto contrasto rispetto alla posizione precedentemente assunta con riferimento alla prassi di limitare gli effetti retroattivi delle sentenze63.

Pertanto, sono due i punti controversi che meritano di essere approfonditi nell’ottica della ricostruzione del principio del legittimo affidamento:

1. BILANCIAMENTO TRA PRINCIPIO DI RETROATTIVITÀ DEGLI EFFETTI DELLE SENTENZE