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Il recupero dei dazi doganal

4. I LIMITI ALLA TUTELA DELL ’ AFFIDAMENTO

4.2 Il legittimo affidamento sorto da atto illegittimo nella materia tributaria.

4.2.1 Il recupero dei dazi doganal

114 Così G. MARCHIANÒ, L’analisi economica del diritto e la finanza di progetto: un metodo

alternativo di analisi, inwww.osservatorioappalti.unitn.it, 2011, p. 19.

115 Il criterio di Pareto limita la ricerca alle preferenze ordinali degli individui presi in considerazione. Secondo Pareto, un’allocazione ottimale è un’allocazione che massimizza il benessere di un individuo mentre il benessere degli altri individui rimane costante. In situazioni normali, ci sono molte possibili soluzioni che potrebbero essere qualificate secondo un tale criterio di ottimo sociale.

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Il recupero dei dazi doganali è il campo in cui maggiormente viene in risalto il nesso tra la tutela del legittimo affidamento e la riconoscibilità dell’errore.

Stando ad alcuni approdi giurisprudenziali, è escluso il recupero solo nell’ipotesi in cui l’operatore economico non ha potuto ragionevolmente rilevare l’errore commesso dall’amministrazione finanziaria (doganale), richiedendo il pagamento del dazio in revoca di una propria precedente determinazione.

A titolo esemplificativo, può richiamarsi la sentenza riferita alla Causa C-47/16117.

In tale controversia, il giudice del rinvio solleva la seguente questione pregiudiziale, chiedendo se «l’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale debba essere

interpretato nel senso che un importatore può invocare il legittimo affidamento, in base a tale disposizione, al fine di opporsi ad una contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione, eccependo la propria buona fede».

La Corte di Giustizia UE, dopo aver chiarito che la norma richiamata ha l’obiettivo di tutelare il legittimo affidamento del debitore circa la fondatezza dell’insieme degli elementi che intervengono nella decisione di recuperare o meno i dazi doganali (con chiaro riferimento alla sentenza del 18 ottobre 2007, Agrover, C-173/06, punto 31), ha affermato che «[…] un importatore può invocare il legittimo affidamento, ai sensi di tale

disposizione, al fine di opporsi ad una contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione, eccependo la propria buona fede, solo qualora ricorrano tre condizioni cumulative».

Tali condizioni cumulative sono: 1) che tali dazi non siano stati riscossi a causa di un

errore delle autorità competenti medesime; 2) che l’errore di cui trattasi sia di natura

117 Corte di Giustizia, Causa C- 47/16, Valsts ieņēmumu dienests contro«Veloserviss» SIA,16 Marzo 2017.

La controversia, tra l’amministrazione fiscale lettone e la società Veloserviss, ha tratto origine da un secondo controllo (scaturito dalle informazioni ricevute dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode, secondo le quali il certificato d’origine rilasciato dal governo cambogiano in relazione alle merci interessate non era conforme al diritto dell’Unione) a posteriori del documento amministrativo unico presentato dalla Veloserviss che, sul fondamento del certificato di origine rilasciato dal governo cambogiano, non aveva versato dazi doganali né IVA dopo aver importato nell’Unione europea, ai fini della loro immissione in libera pratica, biciclette provenienti dalla Cambogia.

In seguito a detto controllo, l’amministrazione finanziaria aveva constatato che a tali merci erano state illegittimamente applicate esenzioni dai dazi doganali, con conseguente imposizione del relativo pagamento, oltre interessi di mora.

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tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore in buona fede; 3) che quest’ultimo abbia rispettato tutte le disposizioni della normativa in vigore relative alla sua dichiarazione in dogana.

Enunciate tali condizione, la Corte di Giustizia evidenzia nell’essersi astenuto

dall’informarsi, nella massima misura possibile, delle circostanze del rilascio di tale certificato, un limite alla formazione del legittimo affidamento.

La pronuncia ben permette di evidenziare il modo in cui l’errore e il comportamento delle parti incidano nel riconoscimento della tutela del legittimo affidamento.

L’incidenza dell’errore vale a riconoscere o meno la sussistenza della buona fede in capo all’importatore; infatti, la buona fede è esclusa: dall’aver fornito informazioni inesatte, dal non aver verificato le informazioni contenute nel certificato rilasciato dall’amministrazione.

Così, l’indagine circa la sussistenza della buona fede diviene indagine sulla rilevanza della base affidante o, per meglio dire, sull’effetto derivante da atti interni all’amministrazione, che possono di fatto incidere sulla base affidante.

Rispetto a tali aspetti, la Corte di Giustizia ritiene necessario che vi sia «sostanzialmente

una condivisione del rischio derivante da errori o da irregolarità che viziano una dichiarazione doganale in funzione del comportamento e della diligenza di ciascuno dei soggetti coinvolti, vale a dire le autorità competenti dello Stato di esportazione e dello Stato di importazione, l’esportatore nonché l’importatore».

Tale preoccupazione può leggersi in combinato con altra massima della Corte di Giustizia118, secondo la quale «il principio della tutela del legittimo affidamento non osta a che le autorità doganali procedano a revisioni o a ulteriori controlli a posteriori e ne traggono le conseguenze ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 3, del codice doganale. Infatti, durante il periodo di tre anni dalla data in cui è sorta la prima obbligazione doganale, un debitore deve, in quanto operatore economico, accettare il rischio che le autorità doganali rivedano la decisione relativa all’obbligazione doganale tenendo conto

118 Corte di Giustizia, Massime – Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 10 dicembre 2015 , Causa C- 427/14, Valsts ieņēmumu dienests contro«Veloserviss» SIA.

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dei nuovi elementi di cui eventualmente dispongono a seguito di controlli e adottare i provvedimenti necessari per premunirsi contro tale rischio».

È opportuno osservare come sia ricorrente, in entrambi i discorsi suesposti, la parola

rischio, ora riferita all’errore e all’irregolarità in cui possono incorrere l’operatore

economico e l’amministrazione finanziaria preposta, ora riferita all’obbligazione doganale assumibile dall’operatore economico.

L’auspicata condivisione del rischio dell’errore e dell’irregolarità è posta nel nulla dall’imposizione in capo al debitore, in quanto operatore economico, di accettare il

rischio che le autorità doganali rivedano la decisione relativa all’obbligazione doganale

tenendo conto dei nuovi elementi di cui eventualmente dispongono a seguito di controlli e adottare i provvedimenti necessari per premunirsi contro tale rischio.

Cosicché, analizzando congiuntamente i due ambiti di rischio, residua ben poco spazio per il consolidarsi di aspettative legittime e per la loro conseguente tutela; tanto più per il fatto che un tale consolidamento male attecchisce nell’ambito di un’incertezza che fisiologicamente si lega al rischio di impresa.

Fuori da ogni retorica, la Corte di Giustizia, seppur non lo scriva, propende per una tutela della certezza dei rapporti, che di fatto si traduce in una certezza delle entrate fiscali. In tale contesto, la tutela del contribuente sembra divenire l’eccezione alla regola del non sconvolgimento di interessi finanziari forti.