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La riscossione a posteriori dell’Imposta sul valore aggiunto

4. I LIMITI ALLA TUTELA DELL ’ AFFIDAMENTO

4.2 Il legittimo affidamento sorto da atto illegittimo nella materia tributaria.

4.2.2 La riscossione a posteriori dell’Imposta sul valore aggiunto

Analogo orientamento della Corte di Giustizia UE è riscontrabile nelle controversie concernenti il pagamento a posteriori dell’imposta sul valore aggiunto119.

Ai fini della trattazione, pare utile capire se il principio di certezza del diritto osti ad una prassi nazionale sul cui fondamento l’autorità tributaria ha stabilito retroattivamente a

119 Corte di Giustizia, Causa C- 144/14, Cabinet Medical Veterinar Dr. Tomoiagă Andrei contro

Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice Cluj Napoca prin Administrația Județeană a Finanțelor Publice Maramureș, 9 Luglio 2015.

Si tratta di controversia tra lo studio di medicina veterinaria del Dr. Andrei Tomoiagă e la Direzione regionale generale delle Finanze pubbliche di Cluj Napoca, rappresentata dall’Amministrazione provinciale delle Finanze pubbliche di Maramureş (in Romania) concernente il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) riguardante talune cure veterinarie prestate tra il 1° ottobre 2007 e il 31 dicembre 2010.

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carico di un soggetto passivo l’obbligo di pagamento dell’IVA per il motivo che le prestazioni medico-veterinarie non sono esenti dal pagamento dell’IVA, e la soglia di esenzione è stata superata.

La Corte di Giustizia fissa il seguente principio di diritto «[…] I principi di certezza del

diritto e di tutela del legittimo affidamento non ostano a che un’amministrazione tributaria nazionale decida che servizi medico-veterinari siano soggetti all’imposta sul valore aggiunto in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, qualora tale decisione si fondi su norme chiare e la prassi di tale amministrazione non sia stata atta a creare, in capo a un operatore economico prudente e accorto, un ragionevole affidamento nell’inapplicabilità di tale imposta a servizi di questo tipo, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare».

Al di là della particolare soluzione al caso di specie120, dalle parole della Corte di

Giustizia emerge ancora una volta la rilevanza attribuita al comportamento “prudente e

accorto” dell’operatore economico, con conseguente salvaguardia del comportamento

dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, è evidenziabile un celato bilanciamento tra la chiarezza delle norme e della prassi dell’amministrazione finanziaria e il comportamento prudente e accorto dell’operatore economico.

Tale soluzione non pare praticabile sul piano del diritto calato nella realtà giuridica, data la facilità di rintracciare indici di certezza e chiarezza della normativa e della prassi di riferimento, seguita e applicata dall’amministrazione finanziaria, a discapito del riscontro di indici di affidamento e prudenza del comportamento tenuto dal contribuente, facilmente aggredibili da quella stessa chiarezza della normativa.

120 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il legislatore rumeno avrebbe soppresso il riferimento alle cure veterinarie dall’elenco delle operazioni esenti da IVA a partire dalla data di adesione della Romania all’Unione, il 1° gennaio 2007, menzionando a tal riguardo la necessità di assicurare la conformità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione.

Pertanto, anche a prescindere dall’assenza di pubblicazione in lingua rumena della sentenza Commissione/Italia (122/87, EU:C:1988:256), che menziona l’applicazione di tale imposta alle prestazioni di cure veterinarie, si deve considerare che una normativa come quella sopra descritta appare sufficientemente chiara e prevedibile per quanto riguarda l’applicazione dell’IVA a tali servizi nel corso del periodo interessato dai fatti nel procedimento principale, circostanza che tuttavia spetta al giudice del rinvio verificare.

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Pertanto, trattasi di mere indicazioni di principio, indicazioni programmatiche e non pragmatiche, che delineano un’astratta ricostruzione del rapporto Fisco – contribuente. 4.3 La configurazione del legittimo affidamento da comportamento.

Il legittimo affidamento assume una particolare connotazione quando derivi da un comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione.

Gli elementi fondanti la tutela del legittimo affidamento mostrano come tale tutela sia del tutto astratta, dal carattere eccezionale, finendo per eclissarsi dietro la prevalenza dell’interesse pubblico-finanziario.

Il primo requisito, alla luce del quale potrebbe riscontrarsi una lesione del legittimo affidamento, è sicuramente rappresentato dalle “assicurazioni precise”, consistenti in un atto o comportamento dell’amministrazione da cui è generato l’affidamento. Secondo la Corte di Giustizia, la violazione del principio del legittimo affidamento può essere invocata contro un atto (nei casi de quo, della Commissione) solo se le Istituzioni europee abbiano, antecedentemente, creato una situazione di affidamento. Così, la regola di diritto positivo in oggetto (nel caso, l’obbligo di ordinare allo Stato erogatore di recuperare un aiuto illegale e incompatibile) deve essere disapplicata qualora una sua applicazione produca conseguenze irragionevoli a causa di un dato comportamento tenuto dall’autorità pubblica (nel caso, la Commissione), in un determinato caso di specie.

Se con il primo elemento viene in rilievo il comportamento tenuto dall’organo “amministrativo”, con il secondo requisito viene invece in rilievo il comportamento tenuto dal “cittadino”. Si tratta della “percezione di irrevocabilità”, intesa come impossibilità di percepire un cambiamento nella linea di condotta seguita dall’amministrazione comunitaria. Il principio di tutela del legittimo affidamento non può essere invocato dall’operatore economico che, non essendo stato diligente, non sia stato in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento capace di incidere sui suoi interessi.

Si noti come, con entrambi i requisiti, ciò che rileva – e ciò che si intende preservare – è la stabilità della situazione, derivante per un verso da atti o comportamenti univoci

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dell’istituzione europea, per altro dal comportamento diligente dell’operatore economico beneficiario dell’aiuto. Insomma, l’unica strada percorribile per il riconoscimento del legittimo affidamento tutelabile è la manifesta contraddittorietà del comportamento e dell’inerzia non giustificabile della Commissione, accompagnata da un comportamento diligente dell’operatore economico.

Terzo e ultimo requisito è la valutazione e il bilanciamento degli interessi in gioco: l’interesse perseguito dall’atto emanato dalla Commissione non deve essere prevalente sull’interesse del singolo alla conservazione della situazione, che questi aveva ritenuto legittimamente acquisita.

Tale valutazione risulta del tutto sbilanciata a favore della preminenza dell’interesse pubblico/europeo. Pare evidente l’approccio spiccatamente economico con cui la Corte di Giustizia affronta la delicata questione della tutela del legittimo affidamento: aprire ad un riconoscimento più puntuale e meno aleatorio del legittimo affidamento significherebbe allargare le maglie di una tutela dai risvolti economicamente pericolosi, ancor più se da ciò potrebbe derivare, mediante l’annullamento di decisione della Commissione, l’impossibilità del recupero degli aiuti di Stato. Ancora una volta, le ragioni di cassa sono preminenti e finiscono con il confondersi, o meglio celarsi, dietro ragioni di certezza e stabilità.

Ma tale situazione diviene più spinosa nella materia degli aiuti di Stato, poiché così facendo si oscurano non solo le altrettanto importanti ragioni economiche del singolo operatore economico, ma anche quelle degli Stati membri dell’Unione europea.