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Indicatori indiretti dall’area urbana e periurbana

Fig 22 Centocamere Agorà emporica Fornace rettangolare nella zona sud-occidentale dell’area

II. 2 1 R ESTI DI OFFICINA PER TERRECOTTE ARCHITETTONICHE

IX.1. S IBARI Q UARTIERE DI S TOMB

3. I contesti di Poseidonia Paestum

3.2 Indicatori indiretti dall’area urbana e periurbana

La revisione dei dati relativi ai contesti artigianali di Poseidonia è stata completata con il censimento di tutti gli indicatori di produzione rinvenuti in vari punti nel centro antico, provenienti da contesti non strettamente connessi ad attività produttive. La raccolta delle informazioni è avvenuta sia attraverso l’esame dei materiali editi che mediante una revisione autoptica degli oggetti custoditi nei depositi museali. Dall’area urbana la maggior parte dei reperti proviene dallo strato di riempimento dell’Ekklesiasterion e da alcuni saggi di verifica effettuati a ridosso della cinta fortificata nel corso delle passate ricerche.

3.2.1 L’Ekklesiasterion, la plateia AN e le aree a ridosso delle mura

Nella profonda colmata che oblitera l’edificio destinato alle assemblee cittadine, defunzionalizzato in concomitanza con la fondazione della colonia latina, sono stati recuperati diciassette oggetti legati alla produzione di manufatti in argilla: si tratta di quattro bocche di mantice (fig. 100a), tre

sostegni di fornace, di cui due del tipo a campana e uno ad anello, e dieci matrici46. Queste ultime, datate tra la prima metà del IV e gli inizi del III sec. a.C., comprendono tre statuette femminili con

46 Cfr. Poseidonia-Paestum II, pp. 116-136, nn. 174, 175, 176, 177, 228/237, 238, 239, 240.

Fig. 100. Indicatori di produzione dal riempimento dell’Ekklesisasterion.

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polos (una integra e due teste), due statuette femminili panneggiate (di una se ne conserva il busto), una statuetta femminile con polos e cista, due frammenti di busto femminile, la porzione di una lastra decorativa raffigurante due figure femminili di diversa grandezza e un oscillum. Lo studio di questi oggetti è stato pubblicato nel 198347 e, a parte la matrice di una testa realizzata quasi a grandezza naturale48 (fig. 100b), molto probabilmente appartenente ad un busto, tutte le altre sono riferibili a statuette di piccole dimensioni. La matrice più antica raffigura una testina con polos, datata tra la fine del V e la prima metà del IV sec. a.C. (fig. 100c), mentre quelle che rappresentano una figura femminile con polos e cista all’altezza della spalla sinistra probabilmente avevano anche un cinghialetto lungo il fianco destro e si datano intorno alla metà del IV sec. a.C. Possono considerarsi coeve due matrici di busti femminili che si rifanno a modelli agrigentini, sia per il panneggio che per il tipo di collana (fig. 100/d). Le restanti matrici riproducono statuette femminili di tipo tanagrino o panneggiate e appoggiate a pilastrini, attestate a partire dagli ultimi decenni del IV sec. a.C. L’oscillum, o forse una placchetta, è decorato da una testa di Gorgone molto simile ad esemplari provenienti da Gela e da Metaponto, ascrivibili alla seconda metà del IV sec. a.C. In ultimo, la matrice di fregio ritrae due figure femminili: una di più grandi dimensioni, accanto alla quale ne è disposta un’altra di tre quarti che regge sul capo una cista cilindrica; questa, stilisticamente datata agli ultimi decenni del IV sec. a.C., è stata assimilata ai personaggi femminili dei cortei funebri raffigurati sulle pitture parietali di alcune tombe pestane. Un dato estremamente interessante è costituito dalla presenza di lettere iscritte su alcune di queste matrici che, come sui sostegni di fornace, vanno considerate parti di nomi propri degli artigiani o dei proprietari delle officine. Tali iscrizioni avvicinano gli esemplari pestani a quelli di Taranto e di Eraclea appartenenti allo stesso orizzonte cronologico, contrassegnati da lettere che mostrano un ductus molto simile.

Nel riempimento di una fossa indagata in un saggio effettuato nella plateia AN, che corre in senso nord/sud e definisce il lato nord-occidentale dello spazio pubblico, è stato recuperato un distanziatore ad anello49.

Altre attestazioni sono state rinvenute lungo il perimetro dello spazio urbano, a ridosso delle fortificazioni. Nell’area fra Porta Sirena e la stazione ferroviaria, in una fascia a ridosso delle mura orientali, nel corso di indagini finanziate dalla Cassa del Mezzogiorno, nel 1959 fu messa in luce una necropoli imperiale impiantata su resti più antichi; tra i materiali recuperati al di sotto del

47 Cfr. Poseidonia-Paestum II.

48 Questo esemplare è stato assimilato, per affinità stilistiche, ad alcuni busti rinvenuti nelle stipi dell’Heraion del

santuario urbano meridionale, tra i pochi di grandi dimensioni presenti a Paestum, cfr. Poseidonia-Paestum II, p. 132.

49 Cfr. Poseidonia-Paestum II, p. 151 n. 381, fossa-livello III α n.

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sepolcreto si registra la presenza di un sostegno di fornace50. Nello stesso anno furono effettuati altri interventi lungo il tratto occidentale della cinta fortificata, durante i quali fu raccolta una grande quantità di materiale oggi custodita nei depositi museali con la dicitura generica “muraglia ovest”, poiché risulta sconosciuto il contesto stratigrafico di provenienza; tra i vari reperti è presente un distanziatore di fornace51. Sul medesimo lato delle mura gli scavi degli anni Trenta eseguiti dal Maiuri, allo scopo di liberare Porta Marina dall’interro e dalla folta vegetazione che la ricopriva, si sono spinti fino alla fascia esterna alle fortificazioni, raggiungendo il banco di travertino geologico che presentava una fenditura naturale utilizzata in antico come luogo di scarico. Al suo interno, oltre a una grande quantità di oggetti votivi, sono stati rinvenuti “pesetti lenticolari di terracotta”, probabilmente sostegni di fornace a cuneo a base circolare, e un cratere a calice mal cotto52. Durante le recenti ricerche archeologiche condotte negli anni 2003-2004 e 2012-201353 lungo i tratti orientale e meridionale della cinta muraria, sono stati rinvenuti altri indicatori di produzione non più in giacitura primaria. Da uno strato di terreno che obliterava un edificio messo in luce a circa 80 metri a ovest dalla Torre 28, posta nell’angolo che unisce i due tratti suddetti, provengono un distanziatore a campana e una bocca di mantice.

I dati fin qui riportati rivelano la presenza di indicatori indiretti di attività artigianali diffusi negli strati di obliterazione e di abbandono della zona pubblica, a breve distanza dagli impianti produttivi veri e propri, rafforzando l’ipotesi che questi ultimi siano stati distrutti in occasione delle trasformazioni urbanistiche connesse al nuovo assetto della colonia latina. Gli oggetti recuperati lungo la cinta fortificata suggeriscono che la fascia perimetrale intorno alla città sia stata utilizzata come area di scarico per lo smaltimento di rifiuti, che venivano allontanati dalle zone più centrali.

3.2.2 La zona periurbana

Spostandoci immediatamente al di fuori delle fortificazioni, altri indicatori di produzione provengono dalle necropoli periurbane, non dai corredi delle sepolture ma da aree di frammenti classificate sotto la voce “sporadico” perché non meglio interpretate dagli scavatori che, tra gli anni Sessanta e Settanta, concentrati soprattutto sul recupero degli oggetti deposti nelle tombe, a volte tralasciavano le attestazioni più frammentarie del sepolcreto. Alcune di esse sono in realtà quel che rimane di tombe distrutte, ma in altri casi documentano la presenza di qualcosa di diverso, come resti di atti rituali officiati in onore dei defunti o di attività artigianali.

50 Cfr. S. De Caro 2014, p. 37. 51 Cfr. S. De Caro 2014, p. 125. 52 Cfr. S. De Caro 2014, p. 107.

53 Cfr. Paestum I. Le mura; Pontrandolfo (a cura di) 2015.

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Nella necropoli della Licinella (fig. 101), nel lotto indagato da M. Napoli tra il 1967 e il 1969, si registra la presenza di 60 sostegni di fornace (di cui uno a campana, uno ad anello, 46 a cuneo tronco-piramidali e 12 a cuneo a base circolare), 3 fammenti di appliques mal cotti raffiguranti animali in lotta, dello stesso tipo rinvenuto in alcuni corredi tombali della medesima necropoli54, e un lebes gamikòs del Gruppo Apulizzante dalla superficie completamente arrossata, già noto al

Trendall55. È importante

sottolineare che questi oggetti non erano distribuiti in maniera diffusa su tutta la superficie della necropoli, ma erano concentrati nel lotto indagato nel 1968, ubicato all’estremità settentrionale del sepolcreto.

Nelle altre necropoli le attestazioni di oggetti destinati alle attività artigiane sono piuttosto scarse: dalla Linora proviene una bocca di mantice, da Andriuolo una bocca di mantice e un frammento di vaso di grandi dimensioni mal cotto.

Diversa è la situazione della necropoli di Ponte di Ferro, considerata dagli studiosi un’area destinata alla sepoltura della manodopera servile che contribuì alla costruzione dei primi edifici monumentali della città di Paestum56. Qui, a nord-ovest delle mura, gli inumati erano sepolti in posizione rannicchiata con pochi oggetti di corredo, tra cui alcuni vasi deformati.

54 Queste appliques venivano utilizzate per decorare le casse lignee, alle quali venivano affisse tramite dei chiodi;

esemplari simili sono stati rinvenuti nella tomba 41 del 1968, datata al primo quarto del III sec. a.C.

55 Cfr. Trendall 1987, p. 336, plate 220 c,d. 56 Cfr. Avagliano 1985.

Fig. 101. Necropoli della Licinella. Indicatori di produzione dallo “sporadico”.

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