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INDICI DI PERFORMANCE DELL’E-MAIL MARKETING

Nel documento "Web Analytics per il marketing" (pagine 116-120)

3.2.4.5 5 CASI DI E-MAIL MARKETING

3.2.4.5.1 INDICI DI PERFORMANCE DELL’E-MAIL MARKETING

Prima di passare in rassegna tre casi di newsletter scelti per riassumere quanto detto finora, è necessario approfondire gli indici che caratterizzano le performance dell’email marketing.

Quando mettiamo in piedi un piano di email marketing dobbiamo avere le idee chiare su:

1 quali sono gli obiettivi generali della nostra azione: portare traffico sul sito?

Promuovere un’offerta specifica?

2 i risultati che vogliamo ottenere: raccogliere lead? Aumentare le vendite?

3 gli indicatori da tenere sotto controllo.

Ogni volta che lanciamo una campagna, andiamo a misurarne gli effetti, analizzando i dati all’interno del report che lo strumento di Mailchimp ci fornisce gratuitamente.

Vediamo uno per uno i principali indicatori che dobbiamo tenere sotto controllo.

- Delivery rate o tasso di consegna: “indica per ogni 100 messaggi che vengono spediti, quanti ne vengono effettivamente recapitati nella casella di posta dei destinatari.” [48] - Bounce rate o tasso di rimbalzo: “è il reciproco del delivery rate, vale a dire la percentuale di messaggi che tornano indietro per impossibilità di consegnarli.” [48] Una delle cause della mancata consegna è che l’indirizzo email non esiste perché sbagliato, le cause possono essere diverse, tra cui l’importazione da un elenco che conteneva errori, o perché la casella di posta elettronica è stata chiusa. Questi sono identificati come gli “hard bounces”, che MailChimp elimina in automatico dalla mailing list. Altri messaggi invece possono non venire consegnati perché la casella di posta è piena, o per un temporaneo sovraccarico dei server: si tratta dei cosiddetti “soft bounces”. Un bounce rate accettabile dovrà essere inferiore al 5%, se tuttavia le liste manifestano un tasso di rimbalzo più alto del normale è meglio controllare la correttezza delle liste. Nel nostro caso il tasso di rimbalzo è inferiore al 2%, in quanto per confermare la registrazione viene mandata una email all’utente con un link per completare la procedura e questa prassi è utile per evitare di raccogliere indirizzi email sbagliati.

- Open rate o tasso di apertura: “è la percentuale di messaggi aperti calcolata sul totale dei messaggi effettivamente consegnati.” [48] Se ad esempio abbiamo spedito la newsletter a 100 iscritti e due di questi non l’hanno ricevuta perché nel frattempo hanno cambiato indirizzo email e la loro casella non è più attiva, 30 messaggi aperti significano un tasso di apertura del 30,61%, che corrisponde al rapporto 30/98. Un open rate fra il 10% e il 30% si

può ritenere un buon risultato per le nostre newsletter. È bene partire dal presupposto che un cliente che ha di recente acquistato qualcosa, che acquista di frequente e spende molti soldi è più propenso a rispondere ad una campagna rispetto al cliente che ha comprato una sola volta, tanto tempo fa e spendendo poco. MailChimp ci fornisce una media di settore con la quale confrontare i nostri tassi di apertura: è la colonna “Industry” che accompagna tutte le nostre statistiche. Il tasso di apertura viene calcolato incrementando un contatore nel momento in cui chi legge il messaggio decide di visualizzarne le immagini: l’apertura senza visualizzazione delle immagini non verrà conteggiata. Di conseguenza, il tasso di apertura è sempre un dato sottostimato rispetto al suo valore effettivo: più che fissarsi sui numeri assoluti, si dovrebbe tenere sott’occhio il trend delle aperture delle newsletter.

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Click through rate o tasso di click: “è il rapporto fra le persone che fanno clic su uno dei

link del messaggio e il numero di aperture.” [48] Le medie di riferimento relative a questo indice stanno fra il 5% e il 10%.

Assieme a questi indici, il software di Mailchimp è in grado di fornirci il numero di persone disiscritte, l’orario dell’ultima apertura e dell’ultimo click, la performance del tasso di apertura nelle ultime 24h, la classifica dei link, quindi dei testi e/o immagini, più cliccati, l’ordine degli iscritti con un tasso di apertura maggiore e i Paesi con un più alto tasso di apertura. Una volta che i click sono diventati visite al sito, per continuarle a seguire, dobbiamo fare in modo di poterle rintracciare e distinguere dal resto delle visite, e, per farlo, si deve avere l’accortezza di aggiungere ai link della newsletter alcuni parametri. Con Mailchimp, nel momento in cui si crea la campagna, si dovrà selezionare il flag “add Google Analytics track to all URLs”. Questa operazione fa sì che, in automatico, a ogni link vengano aggiunti i parametri:

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utm_source: comparirà nei report di Google Analytics come “sorgente del traffico”, col

nome della mailing list;

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utm_medium: comparirà nei report come “mezzo”, Mailchimp, lo associa a “email”;

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utm_campaign: comparirà nei report come “campagna”, corrisponde alla voce “titolo

della campagna”;

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utm_term= servirà per identificare l’utente, è fondamentale per l’analisi dei

comportamenti degli utenti e per la loro segmentazione;

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utm_content= utile per identificare un link.

È importante impostare i parametri dei link perché quando analizziamo su Google Analytics le sorgenti di traffico del nostro sito, le visite vengono innanzitutto suddivise in quattro categorie, che ritroveremo nel paragrafo 3.4: traffico diretto, motor

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traffico diretto: sono le visite effettuate digitando direttamente l’indirizzo del nostro sito;

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motori di ricerca: sono le visite che arrivano dai motori di ricerca;

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referral: sono le visite originate da un link che, da un altro sito, punta al nostro;

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altro: qui stanno essenzialmente le campagne che tracciamo come tali.

Se i link della nostra newsletter non sono stati tracciati impostando i parametri visti poco fa, li disperderemo un po’ fra il traffico diretto e un po’ fra i referral. In questo modo si avranno una serie di “sorgenti di traffico” che sono classificate come “referral”, ma in realtà non sono affatto siti che ci linkano, quanto piuttosto i nostri messaggi email letti nei modi più vari. [51]

Il tracciamento dei link provenienti dal canale “Email” è stato inserito di recente nella nostra area riservata, infatti il dato riguardante il traffico generato dalle email non è particolarmente significativo.

Figura 3.22: Fonti di traffico al sito oiritaly.it (Google Analytics, 2015)

Sempre attraverso lo strumento di Google Analytics posso analizzare per ogni utente che è arrivato dalla mia newsletter i suoi percorsi di navigazione e i contenuti più visti. Per farlo è necessario impostare il parametro utm_term al profilo, in questo modo è possibile analizzare i dati di navigazione, posso vedere ad esempio se l’utente è passato dalla pagina prodotto dell’articolo alla pagina dedicata all’outlet. Ma posso anche vedere l’elenco completo delle pagine da lui visualizzate e scoprire in questo modo tutti gli step della sua navigazione all’interno del mio sito.

Questo processo mi permette di riuscire ad ottenere maggiori informazioni sul mio utente e di poter disporre di maggiori dati per profilarlo e inviargli offerte più specifiche e su misura, in modo da aumentare la percentuale del tasso di ritorno e di conseguenza il ROI.

E’ chiaro che quello fino ad ora esposto è un procedimento limite per evidenziare le potenzialità di questo tipo di integrazione. Analisi così dettagliate non sempre sono necessarie. Nella maggior parte dei casi è sufficiente creare dei gruppi di utenti accomunati dagli stessi interessi, come quelli già approfonditi nel paragrafo 3.2.3 e che incidono sulla creazione delle nostre newsletter che vediamo riportate di seguito. [54]

Nel documento "Web Analytics per il marketing" (pagine 116-120)