analisi economica del diritto
1. Punti di contatto e sovrapposizioni tra tutela del consumatore ed obiettivi d
1.2. Individuazione del bene giuridico protetto e collegamento con la teoria della scelta razionale
La dir. 2005/29, nella sua dimensione prescrittiva, costituisce il nucleo del settore normativo comunitario della c.d. fair trading law, ruotante intorno alla nozione di “scorrettezza”, la cui definizione costituisce il compito più gravoso dell’atto legislativo in esame164.
Da questo concetto conviene muovere, prendendo come riferimento il dato rivelatore costituito dalla concretizzazione che ne viene offerta nella messa a punto del relativo test sia nella clausola generale sia nelle definizioni intermedie.
In tale direzione è possibile impiegare i risultati ottenuti nello studio analitico della costruzione tecnica del giudizio di scorrettezza, all’esito del quale si è rintracciata la caratteristica comune delle fattispecie di divieto nell’idoneità di una pratica a indurre il consumatore ad assumere una decisione commerciale «che non avrebbe altrimenti preso»: questa formula linguistica accomuna gli artt. 5-9, descrivendo in modo uniforme una varietà di situazioni che si presumono sintomatiche del ricorrere delle condizioni in presenza delle quali il legislatore comunitario ha ritenuto opportuno un intervento repressivo.
Per individuare quello che può essere definito il bene giuridico protetto dal divieto, occorre dunque concentrarsi sul secondo livello del giudizio di scorrettezza, declinato diversamente a seconda della fattispecie considerata: il combinato disposto degli artt. 5 e 2, lett. e), mette in risalto la «capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole»; l’art. 7 fa riferimento ad una «decisione consapevole di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
164 Cfr. H.-W. MICKLITZ, in G. HOWELLS ET AL., European Fair Trading
natura commerciale»; l’art. 8 è costruito in relazione alla «libertà di scelta o di comportamento […] in relazione al prodotto»; meno specifico appare soltanto l’art. 6, il quale, come noto, si caratterizza piuttosto per il primo livello del test di scorrettezza, attinente alla condotta del professionista.
Peraltro, la riflessione svolta in precedenza sulla configurazione strutturale del rapporto tra clausola generale e disposizioni particolari raffoza l’esigenza di individuare una nozione unitaria dell’interesse alla base della disciplina sostanziale: interesse che, secondo quanto dichiarato del preambolo della direttiva stessa al considerando n. 6 e sottolineato da pressoché tutti i commentatori, è di natura economica e riguarda, almeno in via diretta, i soli consumatori165.
I dati testuali sopra proposti suggeriscono che il bene tutelato sia la libertà di azione del consumatore nel contesto delle dinamiche del mercato166, intesa come «autenticità»167 del suo comportamento economico: ciò sia sotto il profilo della consapevolezza sia sotto quello, distinto ma connesso, della libertà, in relazione ad ogni atto qualificabile come «decisione di natura commerciale» ai sensi dell’art. 2, lett. k)168.
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165 Individua una contraddizione nell’espressa esclusione degli interessi non
economici dei consumatori dalla sfera di protezione del divieto di pratiche scorrette H.-W. MICKLITZ, in Understanding EU Consumer Law, cit., p. 71.
166 Si soffermano sul punto H.-W. Micklitz, in G. HOWELLS ET AL.,
European Fair Trading Law, cit., pp. 103 ss., che la riconduce alla più ampia categoria di autonomia; L. ROSSI CARLEO, in G. ALPA (a cura di), I contratti del consumatore, cit., pp. 102 ss., spec. 108 ss.; particolarmente sensibile al profilo dinamico della scelta del consumatore, intesa come strumento pro- concorrenziale, L. DI NELLA, Prime considerazioni sulla disciplina delle pratiche commerciali aggressive, in Contr. impr./Europa, 2007, 1, p. 42.
167 Cfr. A. GENTILI, Pratiche sleali e tutele legali: dal modello economico
alla disciplina giuridica, in Riv. dir. priv., 2010, 3, pp. 53-54.
168 Si noti la simmetria rispetto alla formula, contenuta nella clausola
Questa semplice osservazione si collega e prelude ad una serie di conseguenze assai rilevanti, attinenti alla portata e alla funzione della disciplina delle pratiche sleali.
Il ragionamento richiede una prospettiva di ampio respiro: libertà e consapevolezza, infatti, delineano insieme condizioni essenziali per una scelta razionale e rendono inevitabile l’approfondimento della teoria economica che fornisce una visione organica del ruolo di questi concetti nel contesto del mercato e degli scambi.
Questa può essere identificata nel marginalismo169, alla cui
elaborazione a fine Ottocento seguirà un notevole successo e la definitiva affermazione nel secolo successivo, durante il quale assumerà il ruolo di nuova ortodossia, meritando la denominazione alternativa, ed oggi più diffusa, di teoria neo-classica170.
Una sua prima particolarità consiste nell’approccio scientifico alle questioni economiche come problemi di allocazione delle risorse, dati certi vincoli dovuti alla generale scarsità di queste ultime, in modo definito ottimale, secondo la nozione di efficienza messa a punto da una delle correnti di pensiero interne alla teoria in esame171.
Il tratto forse più caratteristico è rappresentato dalla definizione del concetto di valore in termini soggettivi, come misura dell’utilità individuale risultante dal calcolo della differenza (margine, appunto) tra vantaggi e svantaggi — atomisticamente frazionati e ridotti a grandezze quantitative — relativi ad una determinata azione !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
relazione al prodotto del consumatore […]»: cfr. M. LIBERTINI, Clausola generale e disposizioni particolari, cit., pp. 97-98.
169 Tra i fondatori sono annoverati tradizionalmente W. S. JEVONS, The
Theory of Political Economy, 1871; C. MENGER, Grundsätze der Volkswirtschaftslehre, 1871; L. WALRAS, Éléments d’économie politique pure, 1874.
170 S. ZAMAGNI, voce Marginalismo, in Enciclopedia delle scienze sociali,
Treccani, 1996, reperibile su www.treccani.it.
economica172. La rilevanza del soggetto e della prospettiva di questo propria presenta un evidente fondamento psicologico, come d’altra parte denuncia il richiamo a concetti tipici del pensiero dell’utilitarismo individualista, ma la teoria assume fin da subito una coloritura astratta e formalistica, di stampo prima meccanicistico per poi evolvere nel Novecento con l’elaborazione di rigorosi modelli matematici173.
L’adesione a tale dimensione assiomatica implica la condivisione di una serie di assunti volti a garantire il rispetto della condizione di funzionamento della teoria elaborata per spiegare in modo organico il comportamento degli agenti economici: la massimizzazione dell’utilità, considerata regola ordinatrice degli scambi, presuppone la capacità dei singoli di svolgere un calcolo corretto delle conseguenze delle proprie azioni nel mercato e richiede di ipotizzare, pertanto, la razionalità delle scelte da loro effettuate.
In particolare, i soggetti sarebbero in grado di estrapolare dal mondo esterno i dati necessari agli scopi proposti, di elaborarli alla luce della conformità delle loro conseguenze agli obiettivi e alle preferenze personali in modo tale da stabilire una precisa condotta operativa, e di adeguare i propri atti alle determinazioni volontaristiche così raggiunte.
Tali condizioni sono appunto formalizzate come assiomi della c.d. teoria della scelta razionale174, nell’ambito di un progressivo distacco !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
172 Cfr. E. SALTARI, Nascita e sistemazione dell’economia marginalista,
Lœscher, Torino 1978, pp. 14 ss.; L. ARNAUDO, Scambi, mercati, concorrenza. Una piccola introduzione, Luiss University Press, 2014, pp. 45-46.
173 Culminata nell’innovativa teoria di J. VON NEUMANN, O. MORGENSTERN,
Theory of games and Economic Behavior, Princeton University Press, 1944.
174 Per una trattazione introduttiva ma allo stesso tempo dettagliata e
ragionata si rinvia a S. HARGREAVES HEAP ET AL., La teoria della scelta. Una guida critica, Editori Laterza, 1996, pp. 18 ss.
dallo studio della realtà empirica del comportamento degli agenti economici: questa operazione, oltre a contribuire alla coerenza matematica e alla polifunzionalità del modello, consente di prescindere dall’indagine della psicologia dei singoli, la quale, nonostante abbia giustificato all’origine l’ispirazione utilitaristica, si è ritenuta ostacolare la formulazione di una teoria organica svincolata dalla contingenza del caso concreto e dalle difficoltà relative all’accertamento scientifico dei moventi interni alla mente umana175.
Conviene osservare sin da adesso che gli assunti conoscitivi, decisionali e comportamentali sopra accennati assumono significato nel contesto della teoria ove siano integrati dall’ulteriore presupposto dell’esistenza in capo all’agente di preferenze gerarchicamente ordinate, stabili e predeterminate, in quanto requisito essenziale per verificare la razionalità della scelta, vale a dire, la massimizzazione dell’utilità individuale176.
Una versione non matematizzata degli assiomi della teoria della scelta razionale, ma certo ad essa equivalente in termini qualitativi, si ritrova, oltre mezzo secolo prima della sua nascita, nelle fondamenta concettuali dei codici civili nazionali: nella dimensione giuridica essa viene formalizzata attraverso l’enunciazione del principio di autonomia privata, al quale si affida il compito di garantire al singolo la possibilità di curare i propri affari secondo modalità tali da perseguire gli scopi individuali desiderati in termini allo stesso tempo compatibili con (vale a dire, senza pregiudizio de) l’utilità degli altri soggetti dell’ordinamento177. L’intersezione di domanda e offerta nel !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
175 Percorso definito da N. GIOCOLI, Modeling Rational Agents, in Cahiers
d’économie Politique, 2005, v. 49, 2, pp. 183 ss., «escape from psychology»; per una breve sintesi L. ARNAUDO, La ragione sociale, cit., pp. 30-31.
176 K. J. ARROW, Rationality of self and others in economic systems, in
Journal of Business, 1986, 59, pp. 385 ss
punto del prezzo di equilibrio è tradotta, in termini giuridici, attraverso la presunzione, e dunque la finzione, anch’essa formale e astratta, che tale condizione di razionalità si realizzi a livello di singola transazione con il perfezionamento del (ma meglio sarebbe dire di un) contratto: questo, per le sue caratteristiche, consente di valutare l’utilità di ciascuna parte alla luce delle «preferenze rivelate» con le rispettive manifestazioni di volontà.
Perché tale presunzione possa rivelarsi affidabile, è necessario (da un punto di vista logico-deduttivo, ragionando cioè nei canoni della teoria discussa) che la scelta esteriorizzazata in dichiarazioni o fatti concludenti rifletta in modo fedele la volontà del contraente e che questa, a sua volta, sia compatibile con le preferenze individuali date.
In tale ottica, guardando ad entrambi i contesti, economico e giuridico, è agevole dedurre che soltanto libertà e consapevolezza dei processi decisionali garantiscono una scelta autenticamente razionale, idonea a massimizzare l’utilità soggettiva e il benessere collettivo178.
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