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L’INDIVIDUAZIONE DEL DANNO ENDOFAMILIARE: I DOVERI CONIUGALI E IL RAPPORTO GENITORIALE

RESPONSABILITA’ CIVILE NELLA FAMIGLIA

1.2) IL DANNO DA MORTE IURE PROPRIO: IL DANNO DA PERDITA DEL RAPPORTO PARENTALE

2.2 L’INDIVIDUAZIONE DEL DANNO ENDOFAMILIARE: I DOVERI CONIUGALI E IL RAPPORTO GENITORIALE

L’illecito endofamiliare acquisisce autonomia risarcitoria tramite il danno esistenziale: il danno esistenziale nasce come l’insieme delle conseguenze lesive dell’area dei diritti inviolabili della persona171, un’area che interessa ovviamente anche il soggetto membro di un

166 Art 151 C.C. 167 Artt. 330 e 333 c.c. 168 Art 29 Cost 169 Art 30 Cost 170

D. AMRAM, Commento alla sent. Tribunale di Messina 31 Agosto 2009, in Danno e Responsabilità 5/2017

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nucleo familiare. Già è stato detto che il danno esistenziale richiede la tutela del soggetto che vede compromessa la sua qualità di vita, per cui la giurisprudenza ricorre a tale categoria ogniqualvolta ritenga lesa la libera estrinsecazione della persona, in relazione all’art 2 della Cost; si tratta di una categoria dal vasto campo applicativo, in cui rientrano tutte le compromissioni della personalità di un individuo, una sorta di categoria di chiusura del sistema, dove si fa confluire le lesioni alla persona diverse dal danno biologico, e quindi anche la lesione dei diritti fondamentali della persona, in se per se considerata, derivante dalla violazione dei doveri matrimoniali o genitoriali.

Il danno esistenziale poi viene ricondotto ad unità interpretativa all’interno dell’art 2059 c.c. nell’ampia categoria di danno non patrimoniale. Per cui, seppur servito come strumento per conferire autonomia al risarcimento del danno endofamiliare, esso perde la propria e rientra nell’ampia classificazione del danno non patrimoniale, ove trova la sua sede naturale anche il danno inerente gli illeciti familiari, come riconoscimento delle conseguenze che ledono la persona sul piano relazionale172.

Per quanto riguarda l’individuazione del danno non patrimoniale intrafamiliare, esso può esplicarsi principalmente sui due rapporti che interessano il nucleo familiare e cioè sul rapporto coniugale e sul rapporto genitoriale.

In ordine al rapporto coniugale il ricorso alla tutela risarcitoria si palesa sia nella fase che precede l’instaurazione del rapporto, e in tal caso si intende richiamare tutte quelle situazioni che se fossero state conosciute e non omesse dal partner non avrebbero condotto all’instaurazione dello stesso ( l’esempio è l’impotentia coeundi e l’infertilità ), sia nella fase della crisi e nella fine della relazione, e in tal caso il riferimento è al danno derivante dalla violazione degli

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CASSANO, MARVASI, Danno esistenziale e danni punitivi: profili risarcitori e quantificazione della famiglia in crisi, in Danno e Responsabilità 7/2016

obblighi matrimoniali. Ciò che conta sottolineare in tale sede è che essendo operanti gli strumenti propri del diritto di famiglia, si pensi ad esempio all’istituto dell’annullamento così come all’addebito nella separazione, il risarcimento del danno non patrimoniale può essere richiesto laddove il comportamento del coniuge lede un diritto fondamentale della sfera personale dell’altro, e nello specifico la dignità o il diritto alla realizzazione nell’istituto familiare173.

Sebbene permanga in capo all’individuo coniugato una sfera estremamente personale, inattaccabile dall’ingerenza dell’altro coniuge, tale privacy deve essere contemperata con i doveri coniugali di fedeltà e di assistenza che impongono ai coniugi di non pregiudicare la comunione della vita familiare; subentrando all’interno del nucleo familiare, i coniugi perdono la loro libertà assoluta di singoli, poiché dovranno rendere partecipe l’altro coniuge dei fatti ritenuti necessari a salvaguardarne gli interessi e la vita in comune174. Per cui la possibilità di richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale in ambito coniugale gioca proprio sul bilanciamento, e successiva prevaricazione, degli interessi in gioco: laddove il comportamento del coniuge, derivante dalla mancata attuazione dei doveri coniugali, integri un evento ingiusto e lesivo di un diritto inviolabile dell’altro coniuge, allora è possibile richiedere il risarcimento del danno175. Va precisato infine che la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali in relazione all’illecito familiare sussiste anche in ordine alle unioni di fatto (purché ovviamente siano presenti i caratteri della stabilità e serietà ), dal momento che lo stesso art. 2 Cost. parla di tutela dei diritti della personalità all’interno delle formazioni sociali, denominazione in cui rientrano per l’appunto le stesse unioni di fatto176, in cui si svolge la personalità dell’individuo.

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C. FAVILLI, La responsabilità adeguata alla famiglia, Torino, 2015

174

VILLA, Gli effetti del matrimonio, Torino, 2007

175 I. FALCONE, La rilevanza dei doveri coniugali tra disciplina di settore e regole di responsabilità civile, in Giust. Civ.,

2007, 10, 379

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Risulta esemplificativa a conclusione di questa primaria indagine una sentenza della Suprema Corte177, in cui si ritiene opportuno risarcire il danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto alla sessualità; nel caso di specie il partner non informa, prima del matrimonio, la sua compagna riguardo l’ impotenza cui soffriva, portando il giudice di legittimità a ritenere illecito tale comportamento omissivo, in quanto lesivo del diritto-dovere alla sessualità: la sessualità è di fatti un primario debito coniugale, espressione della persona umana, riconducibile tra i diritti inviolabili dell’uomo tutelati dall’art 2 Cost; l’omissione del partner integra una lesione al diritto del coniuge a realizzarsi pienamente nella famiglia, nella società ed eventualmente come genitore.

In ordine al rapporto genitoriale, le richieste risarcitorie da parte dei figli si hanno laddove vi sia il rifiuto di assumere o assolvere il ruolo genitoriale.

Il rapporto genitoriale, e nello specifico gli obblighi cui il genitore è sottoposto nei confronti del figlio, è esplicato dagli artt. 147 e 148 c.c.; egli è sottoposto agli obblighi cui la stessa figura genitoriale comporta a prescindere dall’ avvenuto riconoscimento della paternità-maternità del figlio: il rapporto esiste per il solo fatto del concepimento, e può essere rivendicato dal figlio abbandonato se ne sussiste la consapevolezza. La consapevolezza non s’identifica nella certezza assoluta derivante dalla prova etimologica ma si compone di una serie di indizi univoci, come la consumazione di rapporti sessuali non protetti all’epoca del concepimento appunto178. In ordine al risarcimento del danno non patrimoniale inerente il rapporto genitoriale, l’obbiettivo è porre rimedio all’abbandono sul piano affettivo subito dal minore, tale da aver condizionato la formazione e lo sviluppo dello stesso, provocato dalla fuga del genitore dalle responsabilità che ha nei confronti del figlio. Il danno da abbandono,

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Cass. Civ., Sez I, sent. del 10 maggio 2005 N 9801 , in Giust. Civ. 2006, 93

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qualificato come danno non patrimoniale, consiste nell’andare a risarcire le ripercussioni personali e sociali subite dal figlio in virtù della sua consapevolezza di non essere mai stato desiderato e accolto come tale; la condotta omissiva da parte del genitore ha ripercussioni sull’esplicazione della personalità del figlio, il quale proprio in relazione al fatto che vede leso un suo diritto, costituzionalmente tutelato, potrà richiedere il risarcimento del danno.179

Illustrativa del carattere del danno endofamiliare risulta una sentenza della Cassazione180 in cui due figli mai riconosciuti dal padre, richiedono, una volta raggiunta la maggiore età, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti nel corso della loro esistenza a causa della negata genitorialità da parte del convenuto. Contro la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, accolta in primo grado, il convenuto muove appello sostenendo l’insussistenza dell’illecito, sia perchè non ha mai riconosciuto il suo status genitoriale prima dell’accertamento giudiziale, sia per la mancanza del nesso di causalità, da ritenersi interrotto a causa del comportamento della madre e dei due attori che non richiedono tutela giudiziale per quaranta anni aumentando anche la vastità della lesione. In relazione a ciò la Corte di Appello afferma che l’illecito del ricorrente è da riscontrarsi nella violazione dei doveri genitoriali181, e non nel mancato riconoscimento della paternità, e riconosce la validità dell’accoglimento della domanda operata in primo grado. Il convenuto si trova dunque a proporre ricorso in Cassazione, ma tale ricorso viene rigettato: per la corte l’obbligo dei genitori nei confronti dei figli sorge dalla nascita e discende dal mero fatto della generazione, e l’abbandono della prole da parte dei genitori non trova sanzione solo nelle misure tipiche del diritto di famiglia ma può integrare gli estremi dell’illecito civile quando cagioni la lesione di

179 C. FAVILLI. Ult. Op. cit.

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Cass. Civ,, Sez, I del 22 novembre 2013, n. 26205

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diritti costituzionalmente protetti; nel caso di specie la consapevolezza del concepimento, provata anche in via istruttoria, da diritto ai figli di richiedere il risarcimento in relazione al grave danno subito nella formazione della loro personalità e relazioni sociali.

In ogni caso il danno endofamiliare, sia che si presenti con la lesione del rapporto coniugale, che del rapporto genitoriale, rientrando nella tutela offerta ai danni non patrimoniali ex art 2059, richiede,perché sia considerata la presenza del danno, che sia il danneggiato a dimostrare di aver subito una serie di ripercussioni non patrimoniali: il danneggiato che si afferma leso nel proprio diritto inviolabile deve dimostrare di aver riportato, a causa del comportamento illecito altrui, compromissioni gravi e concrete; ad esempio nel caso di un genitore che è mancato nell’obbligo di prendersi cura materialmente, moralmente e affettivamente del figlio sorge il diritto al risarcimento del danno subito ( nella specie un danno esistenziale, individuato come modificazione peggiorativa dei rapporti relazionali e delle abitudini di vita in conseguenza alla situazione socio-familiare goduta ) solo se quest’ultimo dimostra, anche in via presuntiva, rilevanti alterazioni negative dei suoi assetti personali e la concreta perdita subita182.

PARAGRAFO 3: LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO