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6.4: LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO:LA CONSULENZA DEL MEDICO LEGALE

TABELLE DI MILANO E LE CORRENTI OPPOSTE

6.4: LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO:LA CONSULENZA DEL MEDICO LEGALE

Al verificarsi del danno, il danneggiato chiede l’istruttoria di un procedimento giudiziale,al fine di ottenere il giusto risarcimento. Nella domanda di risarcimento il danneggiato non ha l’onere di indicare le specifiche voci di danno, è sufficiente che chieda la condanna del convenuto al risarcimento di “tutti i danni”; è il giudice, a questo punto,a dover individuare quali siano stati i danni realmente patiti98.

Lo stesso giudice, nella maggior parte dei casi, si avvale poi di un consulente d’ufficio per la valutazione dei danni; questi (un medico legale), attraverso opportune valutazioni di natura medica, individua il grado di incidenza della lesione sulla vita del danneggiato, concretizzando dunque il peggioramento prodotto. Purtroppo, però, nel tempo si è consolidata una modalità di lavoro errata, caratterizzata da un reciproco disinteresse tra medico legale e giudice, che ha dato origine ad una prassi assolutamente inefficace: il c.t.u. effettua le proprie valutazioni in maniera del tutto autonoma, comunicando esclusivamente l’esito finale al giudice, il quale si limita a convertire l’invalidità riconosciuta in un corrispondente rimborso economico. Il rappresentante della legge perde così il ruolo di supervisore e garante, ed il medico legale, nonostante la sua estraneità agli istituti e al diritto del danno biologico, diviene il vero liquidatore del danno99.

98Cass. Sez. III, 22.08.2007, n. 17873, in Arch. Circolaz., 2008, 144 99

SPERA, Una valutazione critica della relazione peritale assicura al danneggiato la giusta riparazione, in Giuda al dir., 1998, Dossier mensile n.4

La dottrina, nel corso degli anni, ha sollecitato una maggiore collaborazione tra queste due figure chiave, chiarendo la giusta procedura che andrebbe adottata:

-il giudice richiede l’intervento del c.t.u. per la quantificazione, in punti percentuali,del grado di invalidità derivante dal sinistro; -il medico legale determina, in termini medici, il concetto

giuridico di danno biologico, considerando l’invalidità in senso ampio, come indicativa di un’attitudine100;

-il c.t.u., nella determinazione del danno, deve effettuare due operazioni distinte: determinare se il danneggiato ha realmente subito una perdita di condizioni di vita favorevoli e misurare tale perdita in valore percentuale. Per stabilire la presenza del danno biologico, il medico legale accerta che la lesione ha provocato una disfunzione con conseguente peggioramento della qualità della vita; accertato questo, il medico legale sottrae dallo stato di salute iniziale (prima del sinistro) lo stato di salute finale(dopo il sinistro) per determinare il punteggio percentuale relativo al danno.

La consulenza del medico legale può essere richiesta, con ordinanza del giudice, in qualsiasi momento del giudizio di primo grado, a seguito di una decisione del giudice stesso o di una richiesta della parte lesa, in questo caso con il supporto di almeno un indizio probatorio101.Tuttavia, pur essendo fondamentale in un giudizio di danno biologico, questo non è un atto istruttorio indefettibile; vi sono infatti due casi in cui non è previsto:

-qualora il giudice, vista la presenza di lesioni molto lievi o di postumi evidenti, decida di risolvere in autonomia le questioni medico-legali102;

-qualora la parte danneggiata non dimostri in sostanza la presenza di lesioni e il loro collegamento con i fatti in causa.

100 GERIN, La valutazione medico-legale del danno alla persona in responsabilità civile, Milano, 1993 101

Cass. Sent 11440 del 18 Novembre 1997

102

Va precisato come la consulenza non sia un mezzo di prova,bensì uno strumento con cui il giudice possa valutare scientificamente elementi già acquisiti nel processo103; si configura come una prova oggettiva solo qualora costituisca l’unico mezzo per accertare tecnicamente i fatti processuali.

Sebbene generalmente il consulente tecnico venga scelto tra gli iscritti agli albi ex art.23 disp.att.cpc104, e in particolare tra gli iscritti all’albo del tribunale medesimo105, la Cassazione ha chiarito che il giudice può scegliere in modo discrezionale la persona che ritiene provvista di competenza specifica in relazione all’oggetto del processo106.

Il giudice, dopo la nomina del c.t.u., che ha l’obbligo di assumere l’incarico107 salvo valide motivazioni (ex art. 51 c.p.c.), formula i quesiti su cui esso debba esercitare la valutazione; la formulazione dei quesiti diviene quindi un elemento focale della consulenza, in quanto indirizza il lavoro del c.t.u.

Visto il contenuto del danno biologico, alcune richieste sono indefettibili: la descrizione delle lesioni e la conferma del rapporto causale con il sinistro; la descrizione dei postumi e la loro derivazione dalle lesioni; la valutazione delle conseguenze pregiudizievoli e la loro connessione con i postumi.

Tra i nessi causali, accertati dalla scienza medica tramite vari criteri, vi sono:

-nesso cronologico (lesione contestuale all’azione lesiva)

-nesso qualitativo (lesione compatibile con il tipo di azione),

103

Cass. 16 marzo 1996, n. 2205, in Foro it. Rep , 1996

104

Art 61, comma II c.p.c.

105 Art 22, comma I disp.att.cpc 106

Cass. Sez II, 7 Febbraio 1983, n. 1025, in Foro it. Resp. 1983

107

-nesso quantitativo (gravita della lesione proporzionale all’intensità dell’azione),

-nesso modale (lesione compatibile con il mezzo con cui sono state inferte le lesioni),

-nesso topografico (postumi e lesioni interessano la stessa zona dell’organismo dell’individuo),

-nesso della continuità fenomenologica ( i postumi sono la naturale evoluzione delle lesioni);

quando tutti i criteri esposti sono soddisfatti, allora sussiste il nesso causale che collega l’azione lesiva alla lesione108 . L’obbligo risarcitorio, poi, è confermato quando condotta, lesione e conseguenze lesive sono accertate, e quando vengono dimostrati i nessi causali tra condotta e lesione (causalità materiale) e tra lesione e danno (causalità giuridica). Affinché sia verificato il nesso materiale, è sufficiente che la lesione sia ritenuta conseguenza altamente probabile della condotta lesiva, dopo che siano stati valutati tutti gli elementi della fattispecie. La causalità giuridica, disciplinata dall’art 1213 cc, oggi comprende anche i danni indiretti e mediati, derivanti dalla condotta illecita, purché sia sempre verificato il principio della regolare casualità109.

Accertato il nesso causale tra la lesione e l’invalidità,si procede con la quantificazione del grado di invalidità, permanente e temporanea. Nello studio dell’invalidità permanente, assumono importanza fondamentale le Tabelle, le quali vengono usate per determinare il grado di invalidità corretta. Nel nostro ordinamento non esiste un prototipo di tabella utilizzabile in tutti i contesti; si hanno delle tabelle legalmente riconosciute nei casi disciplinati da una normativa

108

GERIN, La valutazione medico-legale del danno alla persona in responsabilità civile, Milano, 1973

109

specifica (come nei casi di danno derivante da infortuni sul lavoro e da sinistri stradali), e tabelle elaborate dalla dottrina, senza riconoscimento ufficiale da parte del legislatore, per tutti i restanti casi per cui non esiste una disciplina specifica dettata dalla legge. In questo contesto,assume particolare valore ed importanza la guida redatta da Bargagna110, nata con lo scopo di superare l’arbitrio che caratterizza l’operato del medico legale. Al suo interno vengono definite le linee guida e i parametri di riferimento per le valutazioni del c.t.u., basandosi sulle caratteristiche individuate per il danno biologico. Questa guida compie un’opera di classificazione delle lesioni in base all’organo e alla funzione vitale colpita, individuandone il grado d’incidenza sul “valore uomo”, da adattare poi al caso concreto.

Questa, tuttavia, non è la sola guida presente nel nostro ordinamento, in cui, come detto, ritroviamo una molteplicità di Tabelle, che differiscono tra loro sia per la definizione delle menomazioni sia per il relativo valore di invalidità attribuito. Tale diversità conduce a gravi disparità di trattamento: perfino per la stessa lesione possono essere applicate tabelle diverse,da cui si ottengono risultati diversi.

Per evitare confusioni e possibili ricorsi, è necessario che il giudice richieda al medico legale di comunicare con precisione la Tabella utilizzata per la determinazione dell’invalidità. I giudici possono utilizzare la tabella che preferiscono, motivando tale scelta secondo criteri non illogici111.

Nella valutazione del grado di invalidità permanente, infine, si deve analizzare l’effetto di eventuali lesioni plurime; spesso, infatti, da un singolo fatto illecito possono derivare più lesioni.

Le lesioni multiple vengono differenziate in due diversi ambiti:

110 BARGAGNA- CANALE- CONSIGLIERE- PALMIERI- RONCHI, Guida orientativa per la valutazione del danno biologico,

Milano, 2001

111

- ambito temporale: differenza tra lesioni plurime monocrone (insorte tutte nel solito momento ), e lesioni plurime policrone (insorte successivamente e derivanti da diversi fattori causali);

- ambito organico: differenza tra lesioni plurime concorrenti (incidenti sullo stesso organo o funzione) e lesioni plurime coesistenti (incidenti su organi e funzioni diverse).

Nel caso di lesioni plurime policrone e concorrenti, il grado di invalidità è maggiorato, perché la lesione inferta aggrava la situazione già compromessa della vittima; nel caso di lesioni policrone coesistenti, il grado di invalidità permanente, invece, è diminuito, perché la malattia preesistente non è aggravata dal danno112. Nel caso di lesioni monocrone, il medico deve procedere ad una valutazione complessiva, considerando autonomamente le varie lesioni ed evitando una mera sommatoria.113

L’invalidità temporanea, invece, tratta dei disturbi che la lesione produce nell’immediato, prima della guarigione, e che disturbano la quotidianità e l’ordinaria esistenza del soggetto. L’invalidità temporanea, quindi, è la fase immediatamente evolutiva del danno alla salute, medicalmente accertabile. L’invalidità temporanea può avere un carattere assoluto, tale da privare del tutto l’individuo della sua normalità, oppure relativo, nel qual caso la validità viene ridotta ma non completamente esclusa114.

Entrambi i tipi di invalidità sono manifestazioni del danno biologico, ma devono essere valutati separatamente poiché incidono su due diversi aspetti del valore vita leso dal danno. I postumi temporanei, infatti,sono circoscritti ad un determinato periodo di tempo;mentre i

112

CHINI, Semeiotica medico legale, Roma, 1988

113

LUVONI-MANGILI-BERNARDI, Guida alla valutazione medico-legale del danno biologico e dell’invalidità

permanente, Milano, 1990 114

BARGAGNA- CANALE- CONSIGLIERE- PALMIERI- RONCHI, Guida orientativa per la valutazione del danno biologico, Milano, 2001

postumi permanenti caratterizzeranno l’intera vita residua del danneggiato, che dovrà convivere con il disagio da questi arrecato115. Terminata l’analisi ed effettuate tutte le valutazioni del caso, quindi, il medico competente redige la relazione con cui risponde ai quesiti posti dal giudice, motivando le decisioni riportate. L’ultima parola sulla valutazione dell’invalidità, in ogni caso,spetta però sempre del giudice116, che può aderire o meno alle conclusioni peritali. Qualora concordi, il giudice non ha alcun obbligo di motivazioni ulteriori, rinviando a quelle contenute nella consulenza stessa117, ad eccezione del caso in cui le conclusioni del c.t.u. siano state contestate dalle parti. Per tale evenienza il giudice deve motivare la sua adesione alle motivazioni peritali.

Qualora invece il giudice si discosti dalle conclusioni del medico competente, sorge l’obbligo di motivazione, proponendo elementi scientificamente validi per opporsi ad affermazioni tecniche o sottolineando il vizio logico insito nel ragionamento del c.t.u.

Stesa la relazione da parte del c.t.u. ed effettuate le opportune valutazione da parte del giudice, si conclude la fase detta della quantificazione, ossia della determinazione del pregiudizio subito dal danneggiato in relazione alle possibili figure di danno derivanti dall’evento lesivo. A seguire si apre la fase di liquidazione, cioè la contabilizzazione economica del pregiudizio accertato. Ovviamente i due momenti sono strettamente collegati tra loro, e, in virtù dell’evoluzione subita dal danno biologico nel tempo, i criteri liquidatori stessi sono mutati.

È opportuno ricordare, infine, che la consulenza non può essere svolta su fatti che non siano stati allegati dalle parti: sono quest’ultime, infatti, le titolari dell’obbligo di deduzione in giudizio dei fatti118; il c.t.u., di sua iniziativa, può acquisire elementi e

115

Cass.civ. , sez. III, 22 marzo 2001, n 4112, in Danno e Resp. N 12 del 2001

116Cass.sez II 26 febbraio 1998, n 2145, in Foro it. 1998, I 117

Cass. sez.lav., 19 luglio 2005, n 15164, in Riv. Infortuni, 2005, II

118

informazioni solo per una più esauriente risposta ai quesiti posti dal giudice e solo per fatti inerenti all’ambito tecnico della consulenza119.

6.5: LIQUIDAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO: LA TEORIA GENOVESE,