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LE PERPLESSITA’ DERIVANTI DALL’APPLICAZIONE DELLE TABELLE DEL DANNO DA PERDITA PARENTALE: IL MANCATO STUDIO DEL

RESPONSABILITA’ CIVILE NELLA FAMIGLIA

PARAGRAFO 3: LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO INTRAFAMILIARE ALLA LUCE DELL’ESPERIENZA DEL

3.2. LE PERPLESSITA’ DERIVANTI DALL’APPLICAZIONE DELLE TABELLE DEL DANNO DA PERDITA PARENTALE: IL MANCATO STUDIO DEL

PRECEDENTE E LA COMPONENTE PSICOLOGICA

Attribuire un punteggio sulla base di una tabella conferisce, senza

dubbio , certezza liquidatoria al risarcimento, riducendo

notevolmente il fenomeno della anarchia liquidativa; l’adozione di una tabella consente anche di valorizzare i parametri di serietà del pregiudizio e gravità dell’offesa, facendo in modo che la liquidazione sia incentrata sulle conseguenze pregiudizievoli per la prole.

Per cui, in un ambito come quello familiare, in cui risulta impervia l’opera di quantificazione del danno, è certamente comprensibile il tentativo di cercare un punto di riferimento negli orientamenti inerenti al risarcimento del danno da perdita parentale; tale opera di adattamento però fa sorgere alcune perplessità.

Innanzitutto c’è una distanza tecnica nell’applicazione della tabella elaborata per il danno da perdita parentale al danno endofamiliare: la creazione della tabella è frutto dello studio incrociato di precedenti uguali tra loro, è proprio l’uguaglianza dei precedenti che rende il metodo tabellare esente da applicazioni arbitrarie. In tale visione l’avvicinare il caso dell’uccisione del congiunto che spezza il legame di filiazione o di coniugio al caso di violazione dei doveri genitoriali o coniugali risulta come una forzatura insensata poiché è palese come sia il carattere dell’emendabilità, presente nell’illecito intrafamiliare e assente nel danno da perdita parentale( ad esempio nel caso dell’illecito da abbandono dei figli si sottolinea come tale situazione possa essere reversibile, mentre nel caso di morte del genitore la perdita sarà definitiva e irrimediabile), e il carattere della

colpevolezza,che distingue anche in questo caso l’illecito

intrafamiliare da quello derivante dal lutto del parente ( nei casi dell’abbandono del figlio, si ha la volontà del genitore di lasciare lo

stesso, per cui è ovvio che non si potrà paragonare tale perdita con quella determinata dalla morte del genitore), evidenziano una diversità di interessi e pregiudizi fatti valere dalla vittima.

La “perdita”, utilizzata dalla giurisprudenza come elemento di contatto tra i due tipi di illecito e la cui diversa sfumatura di incidenza viene identificata come soltanto quantitativa e fatta valere da questo orientamento in sede di adeguamento, ha una differenza di ordine sostanziale in considerazione della diversa tipologia di fattispecie e di interessi coinvolti, così da rendere arbitrario l’uso delle tabelle elaborate per un diverso tipo di pregiudizio. In quest’ottica il richiamo al criterio tabellare risulta adeguato laddove da esso possiamo estrapolare chiarezza e oggettività nella quantificazione dell’illecito, ma deve essere elaborata una tabella autonoma, poiché in tal caso si tratta di diverse concezioni di danno, vista la diversa intensità con cui i due tipi di illecito si manifestano nella vita del danneggiato188.

A ciò deve aggiungersi un ulteriore analisi, secondo cui, proprio per il fatto che ad essere prese in oggetto sono le ripercussioni che l’assenza o la perdita di persona cara generano sull’individuo danneggiato, nell’elaborazione del criterio risarcitorio, non può mancare la considerazione della componente psicologica. In relazione a tale problematica prendendo in esame la già citata sentenza della Cassazione Civile189, in cui si tratta del caso di due figli, di età adulta, che richiedono il risarcimento per danno da abbandono al padre, il quale non ha mai provveduto nemmeno al riconoscimento degli stessi, la Corte, esprime concetti in relazione all’età e all’incidenza diversa che in relazione a quest’ultima l’assenza genera. La circostanza viene alla luce in relazione al fatto che nel caso di specie il danneggiante ricorre anche in virtù del fatto che i due danneggiati richiedono il risarcimento in età adulta ( 40 anni circa) eseguendo

188

C. FAVILLI, La responsabilità adeguata alla famiglia, Torino, 2015, pp462-468

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secondo il ricorrente un concorso colposo a sue spese. In realtà la Corte, escludendo tale motivo, estrapola il principio per cui serve considerare nella liquidazione del danno intrafamiliare la componente psicologica: la condotta gravemente omissiva del ricorrente determina fin dalla nascita dei resistenti e senza soluzione di continuità un grave stato di sofferenza psicologica derivante dalla privazione ingiustificata della figura paterna, determinante una lesione , prodotta da una condizione di sofferenza personale e morale, dal carattere irreversibile che non può essere influenzata nell’an e nel quantum da fattori temporali cosi come indicati dal ricorrente.

Parlando in maniera generale, si può certamente affermare che gli studi di psicologia sugli individui di età adulta riscontrano l’importanza della presenza del genitore nei primi anni di vita e le problematiche derivanti dalla sua assenza; la mancanza, volontaria, del genitore può portare alla perdita di opportunità di crescita e realizzazione cosi come al rischio di disadattamento, che in alcuni casi si estende perfino al disagio e alla malattia psichica.

Ma sempre in virtù dell’incidenza degli studi di psicologia, risulta poco comprensibile considerare le conseguenze di una condotta omissiva, come quella dell’abbandono, irreversibile o non redimibile: in tal caso sussiste la possibilità di un riavvicinamento che può sanare la condizione di disagio del figlio leso, anche se si tratta di un’attenuante relativamente efficace, poiché in psicologia vige la considerazione per cui da un certo momento in poi dello sviluppo della persona ciò che conta non è il rapporto con la figura del genitore in senso biologico ma con quella interiorizzata (“non è importante ciò che è stato fatto di noi, ma quanto noi facciamo di ciò che è stato fatto di noi” ).

Piuttosto lo studio psicologico dell’illecito intrafamiliare comporta la presa di coscienza che si deve evitare di trasformare il risarcimento in

una sanzione per il danneggiante o in una reintegrazione del soggetto leso, perché più di ogni altra cosa conta di essere considerato anche il rapporto stesso; ecco perché non è sbagliato ricercare nelle tabelle un riferimento per la liquidazione del danno da illecito endofamiliare, ma tali tabelle devono essere oggetto di una creazione a se integrante anche il fattore psichico, che siano il risultato del lavoro di giurisprudenza e dottrina unito a quello degli psicologi190.

3.3. IL CARATTERE EMENDABILE DEL RAPPORTO LESO: