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Il mondo e il sacro

4.4 Individuo e società

Come tutte le altre forme di sociologia sviluppate negli ultimi centocinquant’anni in Europa e in America, la teoria critica si occupa essenzialmente della relazione tra individuo e società. La sociologia critica è unica nel suo genere, per il suo metodo di dialettica negativa, elaborato da Horkheimer fin dal 1931. A differenza di altri sistemi di sociologia, la teoria critica non ritiene essenziale il rigido dualismo di individuo e società, né lo riduce monisticamente in termini di individualismo o collettivismo astratto e quindi falso, ma lo risolve in forma dialettica. Individuo e società sono bensì separati ma anche inseparabili. Si producono l’un l’altro e sono comprensibili solo attraverso l’un l’altro. La sociologia critica o dialettica ha un andamento filosofico, ma non rifugge dalla dura fatica della ricerca, accurata ed empirica. Dove la società civile o “socialistica” imita ancora la natura, i metodi della scienza naturale, servono anche per la teoria critica – come nel caso del funzionalismo o comportamentismo. Ma i sociologi critici preferiscono concentrarsi in aree specifiche di ricerca empirica: personalità, famiglia, produzione, scambio, ideologia, pregiudizi, musica e istituzioni religiose – nel contesto del movimento dialettico individuale e collettivo. È solo in questa dialettica che i fatti sociali e culturali rivelano al teorico critico il loro intimo significato. I sociologi critici

Claudio Uras

La religione e gli adolescenti. Una indagine empirica nel territorio di Sassari

Tesi di Dottorato in Fondamenti e Metodi delle Scienze Sociali e del Servizio Sociale - Università degli Studi di Sassari – XXIII Ciclo

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ampliano continuamente i concetti sociologici di individuo e società, in direzione delle categorie filosofiche del particolare e dell’universale. Sono queste categorie, prese dalla Logica dialettica di Hegel, che costituiscono il nucleo della teoria critica. L’identità del particolare e dell’universale è per Hegel la “nozione della nozione”, il culmine della sua Logica. Entrambe le categorie hanno profonde radici storiche nella filosofia e teologia del medio-evo e dell’antichità. Lo “sforzo della nozione” è il

nervus rerum della sociologia critica, così come lo è di quella Hegel. Ma mentre

Hegel insiste sull’identità del particolare e dell’universale, i teorici critici insistono sulla loro non-identità. La loro è una dialettica negativa, mentre quella di Hegel era positiva.

Secondo l’analisi della sociologia critica, l’attuale società civile è fondamentalmente caratterizzata da una dicotomia radicale tra particolare e universale. Da una parte abbiamo l’individuo atomizzato, isolato, anomico; dall’altra una società che – proprio per questa ragione – tende alla completa regolamentazione o totalitarismo. L’individuo, angosciato dalla solitudine, disorientato e impotente, è ben contento di rinunciare da una libertà puramente formale, di capitolare davanti all’onnipotente collettività e di sostenerla, pur sapendo che ciò lo degrada. La personalità autoritaria si abbandona alla falsa identità del particolare e dell’universale, tipica dello stato fascista.

Il sociologo critico, con la sua dialettica negativa, predice il declino dell’individuo nella civiltà occidentale sotto il peso della società spersonalizzata e totalmente irreggimentata. In questo tipo di società la minaccia più grave incombe appunto sul principio di “persona indipendente”, introdotto nella civiltà occidentale dalla religione biblica, sul suo infinito valore, sulla salvezza come individuo, non solo come specie, sulla sua soggettività o identità, non sul suo egoismo. Questo principio è alla base del cristianesimo non meno dell’illuminismo. Si direbbe che oggi l’impotente particolare sia assorbito dall’onnipotente universale. Il teorico critico è estremamente cauto nell’affermare la possibilità di una futura restaurazione dell’individuo concreto in un società più razionale, in termini di dialettica positiva. Secondo i sociologi critici, la dialettica negativa mira ad impedire la trasformazione

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dell’utopia della soggettività concreta per mezzo della comunità in un’ideologia intesa a giustificare l’attuale ordine di domino. Solo nell’aporia estrema dell’assorbimento completo dell’individuo in una società totalmente burocratizzata il sociologo critico intravede un ultimo barlume di speranza: la risurrezione dell’individuo in corpo ed anima in una società futura, più degna dell’uomo.

Il pensiero della scuola di Francoforte è fortemente antipositivistico ed essenzialmente utopico. La sociologia dialettica non vuole essere che il duplicato teorico della specifica realtà sociale. A differenza delle scienze sociali, coltiva anche essa i suoi valori, il più prezioso dei quali – la sua utopia – è l’ideale di una società libera in cui particolare e universale, individuo e collettività, bene privato e bene pubblico trovino la loro riconciliazione.

Per quanto i sociologi critici insistano sul carattere negativo della loro dialettica, e vi insistano in grado eroico, non toccano mai la loro utopia della società riconciliata. È qui che essi diventano affermativi. Si può anzi dire che sono negativi solo per giungere a questa affermazione finale.

La sociologia dialettica è critica non solo in quanto chiarisce quei concetti fondamentali – come ragione, libertà, giustizia, amore, tenerezza e verità – che nella moderna società civile stanno perdendo ormai il loro significato: è anche fondamentalmente critica perché valuta tutti i fenomeni culturali e sociali con il criterio utopico dell’assoluta identità tra particolare e universale. Finche un numero, per quanto esiguo di individui (o anche uno solo) sarà libero nella società moderna di prendere – sulla base di proprietà dei mezzi di produzione – decisioni non solo economiche ma anche politiche, militari e culturali per i molti che sono semplici oggetti da manipolare, prevarrà la tragica cadenza di identità tra particolare e universale. Il dispotismo dei pochi o di uno solo che soggioga i molti mediante i controlli silenziosi nascosti nella produzione e nello scambio è la vera causa dell’antagonismo o anche dell’indifferenza tra il particolare e l’universale si riconcilieranno solo quando tutti saranno liberi.

L’imperativo categorico della scuola di Francoforte è il raggiungimento dell’emancipazione e della solidarietà umana, la libertà di tutti, la riconciliazione tra

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individuo e società, l’individuo universale, l’uomo totale. Questo imperativo categorico è per i sociologi critici il vero criterio con cui valutare il comportamento umano in campo sociale ed in quello dell’arte, della filosofia, della scienza e specialmente delle istituzioni religiose.