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Industria delle costruzioni

Nel documento Rapporto 2011 (3.9mb) (pagine 132-147)

2.6.1 L’evoluzione del reddito nel 2011 e previsione per il 2012-2013.

Lo scenario economico redatto nello scorso novembre da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia ha previsto per il 2011 una diminuzione reale del valore aggiunto delle costruzioni dell’Emilia-Romagna pari allo 0,5 per cento, più contenuta rispetto alle flessioni registrate nel 2010 4,2 per cento) e 2009 (-9,3 per cento). Al di là del moderato calo, resta tuttavia un livello reale del reddito che è risultato inferiore dell’8,9 per cento a quello medio dei cinque anni precedenti.

La crisi avviata nel 2008, dopo cinque anni di crescita, ha segnato profondamente il settore. Per l’Ance si prospetta in regione per il 2011 una diminuzione reale degli investimenti in costruzioni pari all’1,5 per cento. Tra le cause di questo andamento, l’Associazione nazionale dei costruttori edili pone in primo piano il Patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali e i ritardi nei pagamenti alle imprese da parte della Pubblica amministrazione. Questa situazione compromette la liquidità delle imprese e le mette in forte difficoltà, soprattutto alla luce delle restrizioni imposte dalle banche nell’erogazione del credito, come evidenziato da una indagine della Banca d’Italia che vedremo in seguito. Si prospettano segni negativi per le nuove costruzioni (-4,0 per cento) e per le costruzioni non residenziali sia pubbliche (-2,0 per cento) che private (-3,0 per cento). L’unico segno moderatamente positivo dovrebbe riguardare il segmento delle manutenzioni straordinarie e recupero (+1,5 per cento), in linea con quanto avvenuto nel 2010.

Secondo lo scenario di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, nel 2012 il valore aggiunto del’industria delle costruzioni dell’Emilia-Romagna dovrebbe scendere ulteriormente, in misura più accentuata (-1,3 per cento) rispetto a quanto previsto per il 2011 per poi risalire timidamente nell’anno successivo (+0,7 per cento). Si prospetta nella sostanza un andamento di basso profilo, segno questo del perdurare della crisi.

Dai primi dati di consuntivo dell’occupazione e dalle tendenze prospettate dall’indagine Excelsior si avrà un nuovo calo degli occupati, che tuttavia non avrà ripercussioni sulle unità di lavoro, che misurano

Fig. 2.6.1. Volume d’affari dell’industria edile dell’Emilia-Romagna. Variazioni percentuali sullo stesso trimestre dell’anno precedente. Periodo primo trimestre 2003 – terzo trimestre 2011.

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati dell’indagine congiunturale del sistema camerale dell’Emilia-Romagna.

-10,0 -8,0 -6,0 -4,0 -2,0 0,0 2,0 4,0

1 trim.

2003 3 trim. 1 trim.

2004 3 trim. 1 trim.

2005 3 trim. 1 trim.

2006 3 trim. 1 trim.

2007 3 trim. 1 trim.

2008 3 trim. 1 trim.

2009 3 trim. 1 trim.

2010 3 trim. 1 trim.

2011 3 trim.

l’intensità del lavoro effettivamente svolto. Secondo lo scenario economico di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia si prospetta per il 2011 una crescita delle unità di lavoro dell’1,3 per cento nei confronti dell’anno precedente, a parziale recupero delle pesanti flessioni registrate nel 2010 (-8,3 per cento) e 2009 (-3,8 per cento). Dovrebbe tuttavia trattarsi di una parentesi. Nel 2012 si profila un’altra diminuzione dello 0,4 per cento, mentre nel 2013 non è attesa alcuna variazione significativa. Si avrà in sostanza un andamento sostanzialmente piatto, che ricalca lo scarso, se non nullo, dinamismo del valore aggiunto.

2.6.2 L’evoluzione congiunturale.

L’indagine trimestrale avviata dal 2003 dal sistema camerale dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con Unioncamere nazionale, ha messo in evidenza, nelle imprese fino a 500 dipendenti, una situazione dai connotati nuovamente negativi.

Nei primi nove mesi del 2011, il volume di affari è diminuito del 4,4 per cento rispetto all’analogo periodo del 2010, consolidando la tendenza negativa in atto dall’estate del 2008. Questo ulteriore magro risultato è dipeso dall’andamento negativo di ogni trimestre, soprattutto il terzo, segnato da una flessione tendenziale dell’8,7 per cento, mai riscontrata in passato. Contrariamente a quanto avvenuto un anno prima, l’Emilia-Romagna ha mostrato un andamento più negativo rispetto a quello riscontrato nel Paese, il cui volume d’affari si è ridotto mediamente del 3,3 per cento.

Il ridimensionamento del fatturato ha riguardato ogni classe dimensionale, con una accentuazione particolare per quella da 50 a 500 dipendenti, più orientata all’acquisizione di commesse pubbliche (-7,6 per cento). In quella da 1 a 9 dipendenti, che è in gran parte costituita da imprese artigiane, è stata rilevata una diminuzione del 4,4 per cento. E’ dall’estate del 2007 che le piccole imprese edili registrano cali di fatturato, con l’unica episodica eccezione del secondo trimestre 2008, quando venne registrato un aumento tendenziale dello 0,8 per cento. Nella classe intermedia da 10 a 49 dipendenti il volume d’affari è sceso del 2,8 per cento, consolidando la tendenza negativa in atto dall’estate 2008.

In ambito produttivo, secondo l’indagine qualitativa del sistema camerale, è emersa una situazione coerente con quella relativa al volume d’affari. La percentuale di imprese che ha accusato cali ha prevalso nettamente su chi, al contrario, ha dichiarato aumenti. Il saldo tra chi ha dichiarato aumenti e chi, al contrario, diminuzioni della produzione è risultato negativo per ventidue punti percentuali, confermando la situazione emersa nei primi nove mesi del 2010. Tra le classi dimensionali, spicca l’andamento assai negativo delle imprese più strutturate, da 50 a 500 dipendenti (-46 punti), ancora più accentuato rispetto a quanto rilevato un anno prima (-25 punti).

Anche il sondaggio eseguito dalla Banca d’Italia tra settembre e ottobre 2011, su un campione di oltre 50 imprese edili con sede in regione e almeno venti addetti, ha registrato una situazione di segno negativo. Per oltre la metà degli intervistati, il valore totale della produzione si sarebbe collocato al di sotto del livello raggiunto nel 2010, a fronte di un terzo che lo ha invece accresciuto. La metà del campione ha dichiarato che chiuderà l’esercizio 2011 in perdita o in pareggio, mentre l’altra metà ha previsto il conseguimento di un utile. Le attese per il 2012 appaiono tuttavia meno pessimistiche. La quota d’imprese che prevede una ulteriore diminuzione del valore della produzione è scesa a un quarto mentre è salito al 47 per cento il gruppo di imprese che ne prospetta un aumento. Quanto al clima delle imprese, i dati nazionali destagionalizzati disponibili fino a settembre hanno evidenziato una situazione piuttosto depressa rispetto al passato, in un’altalena di miglioramenti e peggioramenti nel corso del 2011 che hanno sottinteso, quanto meno, una spiccata incertezza.

Nell’ambito della piccola impresa, un ulteriore contributo all’analisi congiunturale è offerto dall’indagine, limitata al primo semestre, effettuata dall’Osservatorio congiunturale sulla micro e piccola impresa (da 1 a 19 addetti) promosso da Cna e Federazione Banche di Credito Cooperativo dell’Emilia Romagna. Nelle 1.063 imprese intervistate è emersa una situazione ancora negativa, più evidente di quella rilevata un anno prima. E’ dal terzo trimestre del 2008 che le micro e piccole imprese edili dell’Emilia-Romagna registrano cali tendenziali reali del fatturato, se si eccettua l’episodico e limitato incremento registrato nel secondo trimestre 2010 (+0,4 per cento). Questo andamento deve essere interpretato con la dovuta cautela, in quanto le analisi si basano su dati raccolti per fini contabili, che non sempre possono riflettere l’andamento reale, ma resta tuttavia un chiaro segnale negativo. Nel primo semestre 2011 il fatturato totale valutato in termini reali1 è diminuito del 6,3 per cento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, in peggioramento rispetto alla diminuzione dell’1,0 per cento riscontrata un anno prima. La

1 I dati vengono deflazionati utilizzando l’indice del costo di costruzione di un fabbricato residenziale.

flessione ha riguardato sia la componente interna (-6,3 per cento), che conto terzi (-3,6 per cento).

Segnali poco incoraggianti sono inoltre venuti dagli investimenti, che sono apparsi in flessione del 16,6 per cento, e del 26,6 per cento, se il confronto viene effettuato con la prima metà del 2008, vale a dire alla vigilia della crisi economica. Per le sole immobilizzazioni materiali la flessione è salita al 17,9 per cento e anche in questo caso è da annotare la forte diminuzione avvenuta nei confronti della situazione di tre anni prima (-27,8 per cento). Il calo del fatturato è stato appesantito dall’aumento del 7,3 per cento della spesa destinata ai consumi (materiali, energia, ecc.), che ha consolidato la fase espansiva in atto dal primo trimestre 2010. Anche la spesa destinata alla formazione è salita, mentre si è di contro attenuata quella relativa alle retribuzioni e alle assicurazioni.

Nel Paese, l’indagine Istat ha registrato una situazione di segno negativo. Nei primi nove mesi del 2011 la produzione edile ha registrato una diminuzione grezza pari al 3,0 per cento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Una situazione dello stesso segno ha caratterizzato l’andamento corretto per i giorni lavorativi (-2,4 per cento), che ha riflesso i continui cali tendenziali registrati da marzo a settembre.

Per quanto concerne le prospettive a breve termine relative all’evoluzione del quarto trimestre 2011 rispetto al terzo - siamo tornati all’indagine del sistema camerale - è emerso un diffuso pessimismo. La quota di imprese che nel terzo trimestre ha prospettato incrementi del volume d’affari è stata del 13 per cento, a fronte del 46 per cento che ha invece ipotizzato diminuzioni. La prevalenza dei giudizi negativi ha riguardato tutte le classi dimensionali, con una particolare rilevanza per la piccola dimensione, da 1 a 9 dipendenti.

2.6.3 L’occupazione. Primo consuntivo.

L’occupazione è apparsa nuovamente in calo, consolidando la tendenza negativa avviata nel 2008.

Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, nel primo semestre del 2011 la consistenza degli occupati, pari a circa 125.000 unità, è diminuita mediamente in Emilia-Romagna dell’1,9 per cento rispetto all’analogo periodo del 2010, in linea con quanto avvenuto in Italia (-4,0 per cento), ma in contro tendenza rispetto alla ripartizione Nord-orientale (+0,7 per cento).

La diminuzione che in termini assoluti è equivalsa a circa 2.000 addetti, è stata essenzialmente determinata dagli autonomi (-10,4 per cento), a fronte dell’incremento del 6,4 per cento degli occupati alle dipendenze. I primi sei mesi del 2011 hanno confermato la netta prevalenza degli occupati maschi, che hanno inciso per circa il 91 per cento del totale dell’occupazione. Nel primo semestre il genere maschile ha accusato una perdita di circa 4.000 addetti rispetto all’analogo periodo del 2010, a fronte dell’aumento di circa 2.000 unità delle femmine, tutte nella posizione professionale di indipendente.

Una analoga tendenza, ma più datata, è emersa dal dati di Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro), che a inizio 2011 hanno rilevato una diminuzione tendenziale dell’occupazione regionale pari all’1,7 per cento, equivalente in termini assoluti a circa 2.800 addetti. La maggioranza delle varie posizioni professionali è apparsa in calo, con una punta del 4,7 per cento relativa agli operai. L’unica eccezione ha riguardato gli imprenditori, la cui consistenza è aumentata dello 0,8 per cento rispetto alla situazione di inizio 2010.

2.6.4 L’occupazione immigrata.

Il Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro (Smail) consente di analizzare il fenomeno dell’immigrazione nel mercato del lavoro edile dell’Emilia-Romagna.

A inizio 2011 il settore delle costruzioni poteva contare su poco più di 25.000 addetti nati all’estero, con una incidenza del 15,8 per cento sul totale degli addetti, rispetto all’11,1 per cento del totale delle attività.

Dal confronto con la situazione di inizio 2010, è emersa una diminuzione piuttosto consistente (-10,2 per cento), soprattutto se rapportata alla sostanziale stabilità degli addetti nati in Italia (+0,1 per cento). La posizione professionale più colpita degli stranieri è stata quella dei dipendenti (-12,0 per cento), a fronte della diminuzione del 6,4 per cento accusata dagli autonomi. La crisi che sta investendo il settore edile ha pertanto inciso essenzialmente sulla componente straniera. Il prezzo più elevato è stato pagato dagli addetti più giovani. La classe di età fino a 24 anni ha accusato il calo percentuale più elevato (-23,0 per cento) seguita da quella da 25 a 34 anni (-16,2 per cento) e 35-54 anni (-4,2 per cento). A crescere sono state le classi più anziane, da 55 a 64 anni (+12,9 per cento) e da 65 anni in poi (+16,9 per cento), la cui incidenza è comunque marginale (0,6 per cento del totale stranieri). A salvarsi dalla crisi sono stati pertanto gli addetti la cui età presume un grado di esperienza maggiore rispetto alle classi di età più

giovani. Per i nati in Italia è stato registrato un andamento sostanzialmente analogo, con l’unica eccezione della classe da 35 a 54 anni, che contrariamente a quanto avvenuto per gli stranieri, è aumentata dell’1,1 per cento rispetto alla situazione di inizio 2010.

Per quanto concerne la nazionalità degli addetti stranieri, il settore edile dell’Emilia-Romagna registra una forte concentrazione, con quattro nazioni, vale a dire Albania, Romania, Tunisia e Marocco, che assieme hanno rappresentato circa il 63 per cento degli addetti stranieri2. Gli albanesi si sono confermati al primo posto con una quota del 25,0 per cento, davanti a Romania (17,1 per cento), Tunisia (10,4 per cento) e Marocco (10,3 per cento). Tutte queste nazioni hanno subito flessioni rispetto alla situazione di inizio 2010, in un arco compreso tra il -7,3 per cento dell’Albania e il -12,7 per cento del Marocco.

2.6.5 Le previsioni occupazionali. La quattordicesima indagine Excelsior.

Tale indagine, che viene svolta tradizionalmente nei primi mesi dell’anno, valuta le intenzioni di assunzione delle imprese edili con almeno un dipendente. Si tratta di previsioni che sono ovviamente influenzate dal clima congiunturale del momento nel quale cade l’intervista. Possono pertanto essere suscettibili, in un secondo tempo, di cambiamenti in positivo o in negativo. Nel settore edile, la vincita di un appalto oppure l’acquisizione di una grossa commessa, magari imprevista, può mutare in positivo il quadro di previsioni prima improntate al pessimismo. Al di là di questa doverosa precisazione, si può affermare che tra i dati previsionali Excelsior e quelli consuntivi delle forze di lavoro vi è quasi sempre stata una sostanziale coerenza.

2.6.5.1. Il movimento occupazionale.

Per il 2011 l’indagine Excelsior ha registrato una tendenza analoga a quella negativa emersa, sia pure parzialmente, dalle rilevazioni sulle forze di lavoro.

Secondo le intenzioni delle imprese, il settore delle costruzioni dovrebbe chiudere il 2011 con una flessione degli occupati alle dipendenze pari all’1,9 per cento, in termini più accentuati rispetto a quanto previsto per l’industria in senso stretto (-0,6 per cento) e in contro tendenza rispetto all’evoluzione dei servizi (+0,2 per cento). A inizio 2010 il clima era tuttavia apparso più negativo (-3,3 per cento), ma il settore stava risentendo della grave crisi emersa nel 2009. Il settore edile si è pertanto distinto per un pessimismo più accentuato rispetto ad altre attività. Tra i comparti dell’industria, solo le “industrie della lavorazione dei minerali non metalliferi” hanno manifestato una previsione più negativa (-2,7 per cento).

A 6.650 assunzioni, compresi gli stagionali, dovrebbero corrispondere 8.190 uscite, per un saldo negativo di 1.540 unità, inferiore, come accennato precedentemente, a quello di 2.670 prospettato per il 2010.

Dal lato della dimensione, è da sottolineare che le aspettative negative hanno riguardato ogni classe dimensionale, con una accentuazione particolare per la fascia intermedia da 10 a 249 dipendenti. Le imprese più piccole, dove è preponderante l’artigianato, che nel 2010 avevano manifestato le peggiori aspettative, prevedendo una flessione dell’occupazione pari al 5,0 per cento, hanno evidenziato propositi meno negativi (-1,8 per cento). Nella grande dimensione, con almeno 250 dipendenti, più orientata all’acquisizione di grandi commesse pubbliche, è emersa una situazione ugualmente negativa (-1,0 per cento), in termini un po’ più accentuati rispetto al 2010 (-0,8 per cento). Al di là della diversa entità delle diminuzioni, resta tuttavia una situazione di fondo improntata al pessimismo, che non ha risparmiato alcuna dimensione d’impresa, a dimostrazione delle difficoltà del momento.

2.6.5.2 Le assunzioni per tipo di contratto.

Il 29,0 per cento degli assunti non a carattere stagionale dovrebbe venire inquadrato con contratto a tempo indeterminato, in misura più contenuta rispetto al 37,1 per cento dell’industria in senso stretto e al 36,8 per cento del totale di industria e servizi. Se guardiamo al passato, le assunzioni stabili tendono a ridurre il proprio peso, in linea con la tendenza generale. L’incertezza sul futuro, almeno nella percezione delle aziende, non invoglia ad assumere stabilmente. Ne trae “vantaggio” l’occupazione precaria che nel 2011 ha rappresentato il 56,8 per cento delle assunzioni (era il 52,7 per cento nel 2010), in misura largamente superiore sia al totale dell’industria in senso stretto (49,4 per cento) che a quello generale di industria e servizi (50,3 per cento). La percentuale più elevata di assunzioni a tempo determinato, pari al 33,2 per cento delle assunzioni non stagionali, è stata destinata alla copertura di picchi di attività, in

2 Nella totalità delle attività economiche le prime quattro nazioni, vale a dire Marocco, Romania, Albania e Cina, hanno costituito il 41,4 per cento degli addetti nati all’estero.

misura superiore alla corrispondente quota del 25,9 per cento relativa all’industria in senso stretto e quella generale del 21,7 per cento. L’apprendistato è apparso relativamente diffuso, con una quota del 9,2 per cento (era il 9,7 per cento nel 2010), superiore a quella del 7,2 per cento dell’industria in senso stretto e generale del 5,9 per cento.

Rispetto ad altre attività, l’edilizia si caratterizza per la minore incidenza di lavoro stagionale rappresentato da una percentuale del 18,7 per cento, a fronte della media industriale del 21,2 per cento e generale del 33,8 per cento. Rispetto alle previsioni per il 2010, c’è stata tuttavia una impennata della quota di lavoro stagionale superiore ai dodici punti percentuali, che rientra nel solco della crescita del lavoro precario.

2.6.5.3 Le assunzioni non stagionali per qualifica ed esperienza.

Le assunzioni non stagionali sono per lo più costituite da maestranze specializzate (66,5 per cento), in misura largamente superiore alla media dell’industria in senso stretto (32,8 per cento) e generale (17,1 per cento). Ne discende coerentemente che il settore edile ha necessità di reperire personale qualificato in misura maggiore rispetto al resto dell’industria. Il 74,2 per cento delle 5.410 assunzioni non stagionali previste nel 2011 è stato rappresentato da figure professionali con specifica esperienza, rispetto alla media del 57,5 per cento del totale dell'industria in senso stretto e del 53,5 per cento relativamente all’insieme di industria e servizi.

Un’altra caratteristica del settore edile è costituita dalla elevata percentuale di assunzioni non stagionali dove non è segnalato alcun livello di istruzione (51,2 per cento), a fronte della media del 29,1 per cento dell’industria in senso stretto e generale del 34,4 per cento. Conta nella sostanza più l’esperienza che il titolo di studio. Le percentuali di laureati e diplomati da assumere si sono infatti attestate rispettivamente al 2,9 e 28,2 per cento delle assunzioni non stagionali, ben al di sotto delle corrispondenti quote dell’industria in senso stretto pari all’11,0 e 53,8 per cento.

2.6.5.4. Il part-time nelle assunzioni non stagionali.

Il dato più saliente è rappresentato dal ritorno ai bassi standard settoriali delle assunzioni part-time sul totale di quelle non stagionali. Dal 14,4 per cento del 2010, rispetto alla media del 3,8 per cento del quinquennio 2005-2009, si è scesi al 5,5 per cento del 2011 per un totale di 300 persone, in gran parte destinate alle imprese più piccole, fino a 49 dipendenti.

Rispetto alla media dell’industria in senso stretto, il part time dell’edilizia riguarda meno i giovani e di più i profili senza esperienza specifica.

2.6.5.5 Le difficoltà di reperimento della manodopera non stagionale.

Il reperimento di manodopera può, a volte, rappresentare un problema per le imprese e l’industria edile non fa eccezione. La quattordicesima indagine Excelsior ha registrato una percentuale di imprese che hanno segnalato difficoltà di reperimento di manodopera non stagionale pari al 20,9 per cento, a fronte della media dell’industria in senso stretto del 22,7 per cento. Rispetto alla situazione del 2010 c’è stato un netto miglioramento nell’ordine di circa venti punti percentuali. Il sensibile decremento delle difficoltà di reperimento di personale si coniuga idealmente all’attuale fase congiunturale di basso profilo, e sembra sottintendere una maggiore disponibilità di manodopera, da ascrivere ai posti di lavoro perduti a causa del perdurare della crisi economica. La causa principale del difficile reperimento è da imputare all’inadeguatezza dei candidati e ciò a causa della mancanza della necessaria esperienza (54,8 per cento), cosa questa che nell’edilizia assume contorni più accentuati rispetto all’industria in senso stretto (28,6 per cento). La seconda motivazione per importanza, che riecheggia un po’ la prima, riguarda la mancanza di adeguata qualificazione/esperienza (27,4 per cento), ma in questo caso si ha una percentuale inferiore a quella dell’industria in senso stretto (36,4 per cento).

Per cercare di aggirare il problema del difficile reperimento di personale non stagionale, le industrie edili percorrono principalmente due strade. La prima riguarda l’assunzione di personale con competenze simili da formare all’interno dell’azienda (34,1 per cento). La seconda si riferisce a modalità non specificate, con una percentuale pari al 34,0 per cento, più che tripla rispetto all’industria in senso stretto.

La ricerca di personale in altre province riscuote un relativo scarso successo (11,5 per cento), soprattutto se rapportata all’industria in senso stretto (28,2 per cento) e alla media generale (26,8 per cento).

La maggiore remunerazione, o altri incentivi economici, riveste un ruolo minore nelle politiche aziendali dell’edilizia (9,1 per cento), in misura relativamente meno “generosa” rispetto a quanto rilevato nell’industria in senso stretto (15,4 per cento), ma superiore se rapportata a quella dei servizi (7,3 per

La maggiore remunerazione, o altri incentivi economici, riveste un ruolo minore nelle politiche aziendali dell’edilizia (9,1 per cento), in misura relativamente meno “generosa” rispetto a quanto rilevato nell’industria in senso stretto (15,4 per cento), ma superiore se rapportata a quella dei servizi (7,3 per

Nel documento Rapporto 2011 (3.9mb) (pagine 132-147)