L’industria in senso stretto occupa un posto di assoluto rilievo nel panorama economico dell’Emilia-Romagna, con oltre 49.000 imprese attive al termine dello scorso anno, pari all’11,6 per cento del totale, e con quasi 521.000 addetti nella media del 2012, il 25,7 per cento del totale, che hanno prodotto 30.975,5 milioni di euro di valore aggiunto, ai prezzi di base, nel 2011, equivalenti al 24,6 per cento del reddito regionale, mentre la rispettiva quota del reddito nazionale derivante dall’industria era pari a solo il 18,6 per cento. Il valore delle esportazioni dei soli prodotti manifatturieri ammontava a quasi 48.191 milioni di euro nel 2012, pari all’97,4 per cento del totale regionale.
2.5.1. La congiuntura nel 2013
L’eccezionale fase di recessione per l’industria regionale che si era avviata con il terzo trimestre 2008 era durata sette trimestri in termini tendenziali e ha determinato una caduta dell’attività senza riscontro nella storia della rilevazione congiunturale regionale, dal 1989 a oggi. La successiva fase di moderata ripresa, a partire dalla primavera 2010, non è stata forte come ci si poteva attendere dopo una crisi così profonda ed è stata breve.
Dal quarto trimestre del 2011 si è aperta una nuova fase di recessione che prosegue a tutt’oggi, da otto trimestri. La durata della recessione in corso è quindi superiore a quella della prima che ha dato avvio alla crisi. La sua intensità non eguaglia certo quella della precedente, ma è superiore alla forza della trascorsa fase di espansione e ha condotto l’attività dell’industria regionale verso nuovi pesanti minimi (fig. 2.5.1).
La gravità della situazione emerge se si considera il progredire dell’intensità della recessione nel tempo (fig. 2.5.7), che è avvenuto nonostante si siano registrati risultati nel complesso positivi sui mercati esteri.
Anzi è stata proprio la diffusione della recessione a livello europeo che ha condotto a una riduzione del fatturato estero nel corso del primo trimestre dell’anno.
Senza una crescita del mercato interno non sarà però possibile avviare una ripresa dell’attività forte, consolidata e omogenea che sostenga il complesso della base industriale regionale. In sua assenza l’industria regionale è condannata a perdere parte della sua base produttiva. La durata della recessione in corso determinerà la profondità della discesa del livello dell’attività dell’industria regionale e la misura della riduzione della dimensione economica e della differenziazione settoriale della struttura industriale regionale.
Fig. 2.5.1. Andamento della produzione industriale, tasso di variazione tendenziale.
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto.
-4,7
-2,7 -1,8
-17 -12 -7 -2 3
2008 2009 2010 2011 2012 2013
Emilia-Romagna
Italia
Il fatturato
Il fatturato dell’industria regionale espresso a valori correnti, dopo due anni di recupero, si era ridotto del 4,3 per cento nel 2012. La recessione ha determinato nei primi nove mesi di quest’anno una nuova flessione tendenziale del 3,2 per cento (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.4). Occorre però notare che la tendenza negativa si è andata alleviando trimestre dopo trimestre (fig. 2.5.7), ma a ciò ha certamente contribuito il confronto con il già basso livello dell’attività dello scorso anno. Per effettuare una corretta valutazione dell’andamento di questa variabile, occorre tenere presente che i prezzi alla produzione nazionali hanno fatto segnare un calo tendenziale pari allo 0,8 per cento nel periodo da gennaio a settembre.
L’andamento del fatturato è risultato uguale a quello rilevato per l’industria nazionale e peggiore di quello riferito al Nord-est, che ha segnato un calo dell’1,8 per cento. Tutti i settori hanno visto ridursi il fatturato.
La diminuzione è stata particolarmente forte per l’industria del legno e del mobile in legno e per quella
Tab. 2.5.1. Congiuntura dell’industria. 1°-3° trimestre 2013 Fatturato
(1) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente. (2) Rapporto percentuale, riferito alla capacità massima. (3) Assicurate dal portafoglio ordini.
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto. L’indagine si fonda su un campione rappresentativo dell’universo delle imprese industriali regionali fino a 500 dipendenti ed è effettuata con interviste condotte con la tecnica CATI. Le risposte sono ponderate sulla base del fatturato. L'indagine si incentra sull'andamento delle imprese di minori dimensioni, a differenza di altre rilevazioni esistenti che considerano le imprese con più di 10 o 20 addetti. I dati non regionali sono di fonte Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria manifatturiera.
Fig. 2.5.2. Esportazioni emiliano-romagnole e italiane: tasso di variazione tendenziale (1) e indice (2)
(1) Tasso di variazione sullo stesso trimestre dell’anno precedente (asse sx). (2) Indice: media trimestrale 2008 = 100 (asse dx).
Fonte: Istat, Esportazioni delle regioni italiane.
-0,5 +3,3 +3,8
della metallurgia e della fabbricazione di prodotti in metallo, mentre è risultata più contenuta per l’industria alimentare. Le imprese maggiori hanno affrontato meglio la congiuntura. L’andamento del fatturato è risultato meno pesante all’aumentare della classe dimensionale delle imprese (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.3).
Le esportazioni
Secondo i dati dell’indagine congiunturale, l’andamento del fatturato ha trovato un parziale sostegno nel trend positivo del fatturato estero, che ha fatto segnare un incremento dell’1,1 per cento nei primi nove mesi dell’anno. Ciò è avvenuto nonostante, come già anticipato, la diffusione della recessione a livello europeo abbia condotto a una riduzione del fatturato estero nel primo trimestre dell’anno (-1,5 per cento), il primo dato negativo dal 2009 (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.7). Comunque, non vi è salvezza se non all’estero. Solo l’industria della metallurgia e della fabbricazione di prodotti in metallo ha registrato una flessione delle vendite all’estero, mentre l’industria della moda ha ottenuto i risultati migliori. L’evoluzione
Tab. 2.5.2. Esportazioni dell’industria manifatturiera regionale per principali settori, gennaio-settembre 2013
Valore (1) Var. % (2) Quota Indice (3)
Alimentari e bevande 3.413 8,9 9,2 141,4
Tessile abbigliamento cuoio calzature 4.438 2,8 12,0 120,0
Industrie legno e mobile 512 0,0 1,4 81,4
Chimica, petrol., farma., gomma e materie plastiche 3.809 -2,1 10,3 117,4
Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 2.808 4,6 7,6 93,2
Prodotti della metallurgia e in metallo, non mac. att. 3.052 3,3 8,2 100,7
Appar. elettrici elettronici ottici medicali di misura 2.435 -0,1 6,6 95,0
Macchinari e apparecchiature nca 11.320 3,4 30,6 95,7
Mezzi di trasporto 4.243 -3,6 11,5 99,2
Altra manifattura 968 5,4 2,6 102,1
Totale esportazioni 36.997 2,2 100,0 103,8
(1) Valore corrente in milioni di euro. (2) Variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente. (3) Indice (2008=100) sul corrispondente periodo del 2008 a valori correnti cumulati.
Fonte: dati Istat
Fig. 2.5.3. Esportazioni dell’industria manifatturiera emiliano-romagnola, gennaio-settembre 2013
Principali settori Principali paesi e aree di destinazione Quota (1) Tasso di variazione (2) Quota (1) Tasso di variazione (2)
(1) Quota percentuale sul totale delle esportazioni. (2) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente.
Fonte: Elaborazione Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat, Esportazioni delle regioni italiane.
Altra manifattura
del fatturato estero è risultata migliore di quella del fatturato complessivo in tutti i settori. L’andamento delle esportazioni è risultato però inferiore rispetto a quello registrato per l’Italia (+2,1 per cento) e a quello riferito al Nord-est (+1,8 per cento).
I dati Istat relativi al commercio estero regionale confermano la tendenza emersa dall’indagine congiunturale, che non prende però in considerazione i dati delle imprese con più di 500 addetti.
Grazie ai risultati del secondo e terzo trimestre (fig. 2.5.2), nei primi nove mesi del 2013, le esportazioni regionali di prodotti dell’industria manifatturiera sono risultate pari a 36.997 milioni di euro (tab. 2.5.2) e hanno fatto segnare un aumento del 2,2 per cento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il dato è migliore rispetto alla lieve flessione dello 0,4 per cento subita dalle vendite sui mercati esteri del complesso dell’industria manifatturiera nazionale (fig. 2.5.3). L’indice delle esportazioni regionali a valori correnti (media trimestrale 2008 = 100) è risultato pari a 103,8 nella media del periodo considerato (tab. 2.5.2).
L’andamento delle esportazioni ha risentito pesantemente della recessione europea e della riduzione della crescita delle principali economie emergenti, mentre ha tratto vantaggio dalla crescita dei paesi africani e, soprattutto, ha goduto del forte traino derivante dalla ripresa statunitense. In particolare i risultati sono stati negativi su tutti i principali paesi dell’Unione considerati e positivi solo nel Regno Unito e, fuori dell’Unione, in Russia e Turchia.
I dati Istat mettono in luce i risultati notevolmente positivi conseguiti dall’industria alimentare e delle bevande. Buoni risultati sono stati ottenuti anche dai “prodotti dei minerali non metalliferi”, dall’industria dei “macchinari e apparecchiature” e dai prodotti della metallurgia e delle lavorazioni dei metalli, che comprende ampia parte della subfornitura regionale. All’estero va benino anche l’industria della moda. Si segnalano in negativo, invece, l’insieme delle industrie della “chimica, petrolio, farmaceutica, gomma e materie plastiche” e l’importante settore dei “mezzi di trasporto”.
La produzione
Dopo due anni di leggera ripresa, la produzione industriale regionale aveva chiuso il 2012 con pesante flessione del 4,3 per cento. Il rallentamento della velocità di caduta della recessione ha contenuto al 3,1 per cento il nuovo taglio subito dalla produzione industriale nei primi nove mesi, rispetto all’analogo periodo dello scorso anno (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.1 e 2.5.3). Il livello della produzione è quindi sceso ampiamente al di sotto dei minimi del 2009. Inoltre, anche se ha mostrato un progressivo miglioramento nel corso del tempo, l’andamento congiunturale trimestrale resta ancora ampiamente negativo.
L’andamento delle produzione è risultato meno pesante di quello riferito all’Italia (-3,4 per cento), ma sensibilmente peggiore di quello del Nord-est (-2,2 per cento). A livello settoriale, la produzione è diminuita in tutti i settori, ma in particolare la discesa è stata forte per l’industria del legno e del mobile in
Fig. 2.5.4. Congiuntura dell’industria. Andamento delle principali variabili. Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente. 1°-3° trimestre 2013
Fatturato Produzione Ordini
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto.
50-500 dipendenti
legno e per quella della metallurgia e della fabbricazione di prodotti in metallo, mentre è risultata più contenuta solo per l’industria alimentare e delle bevande. Anche l’andamento della produzione è risultato meno pesante all’aumentare della classe dimensionale delle imprese (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.4).
Gli ordini
L’indicazione per il futuro che emerge dall’andamento del processo di acquisizione degli ordini è negativa e preoccupante. Da inizio anno alla fine di settembre, gli ordini acquisiti dall’industria regionale sono risultati inferiori a quelli dello stesso periodo dello scorso anno del 3,8 per cento. Si tratta di una perdita più ampia di quella subita dal fatturato e dalla produzione, un aspetto che prospetta una difficile uscita dalla recessione in corso, nonostante l’intensità della caduta sia risultata progressivamente più contenuta ad ogni trimestre (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.3 e 2.5.7). In questo caso la diminuzione è stata più ampia di quella subita dagli ordini ricevuti dall’industria a livello sia circoscrizionale (-1,7 per cento) sia nazionale (-3,3 per cento). Anche l’andamento degli ordini è risultato, da un lato, particolarmente negativo per l’industria del legno e del mobile in legno e per quella della metallurgia e della fabbricazione di prodotti in metallo e, dall’altro, meno pesante per l’industria alimentare, l’unica per la quale l’andamento degli ordini non sia risultato sensibilmente peggiore rispetto a quello della produzione. Più che per le altre variabili considerate nell’indagine, l’andamento del processo di acquisizione degli ordini è risultato più pesante al diminuire della classe dimensionale delle imprese (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.4).
Gli ordini esteri
La salvezza è all’estero…, meglio non vi è salvezza senza accesso ai mercati esteri. La conferma viene dall’andamento degli ordini esteri che nei primi nove mesi dell’anno sono aumentati dell’1,1 per cento. Il risultato appare in linea con quello relativo al fatturato estero e la tendenza è positiva, avendo mostrato risultati successivamente migliori dal primo al terzo trimestre dell’anno (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.3 e 2.5.7). Come per il fatturato estero, l’aumento degli ordini esteri è risultato più contenuto di quello relativo all’industria nazionale (+2,1 per cento) e del Nord Est (+1,9 per cento). Nessun settore ha accusato una diminuzione degli ordini esteri, ma solo l’industria della moda e quella alimentare e del bevande hanno ottenuto un incremento prossimo o superiore al 2 per cento, mentre per gli altri comparti la crescita è misurabile in decimali, in particolare per l’industria della metallurgia e della fabbricazione di prodotti in metallo. Anche il processo di acquisizione degli ordini esteri ha portato risultati sensibilmente migliori per le imprese di maggiore dimensione (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.4).
2.5.2. Il credito
La dinamica del credito a favore delle imprese industriali ha riflesso l’andamento congiunturale negativo, la debolezza degli investimenti del settore e la restrizione operata dalle banche, pressate dall’aumento del rischio e dai vincoli imposti dai requisiti patrimoniali.
Fig. 2.5.5. Congiuntura dell’industria. Andamento delle quote percentuali delle imprese che giudicano la produzione corrente in aumento, stabile o in calo rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente
Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto.
31,7 26,2
20,5 23,0 20,3 17,9 14,7 17,4 26,7
48,1
3t11 4t11 1t12 2t12 3t12 4t12 1t13 2t13 3t13
aumento stabili calo saldo
Allo scorso giugno, i prestiti di banche e società finanziarie alle imprese manifatturiere, dati che includono le sofferenze e i finanziamenti a procedura concorsuale, hanno fatto registrare una sensibile riduzione (-6,9 per cento) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Occorre ricordare che il dato dello scorso anno risultava già in flessione del 3,4 per cento rispetto a quello del giugno 2011.
I soli impieghi vivi delle banche e della Cassa depositi e prestiti, a favore delle imprese e delle famiglie produttrici con attività industriali risultavano pari a quasi 26 miliardi e 368 milioni di euro allo scorso settembre, in calo del 5,5 per cento rispetto a dodici mesi prima.
In base alle informazioni tratte dalla Regional Bank Lending Survey (RBLS), condotta presso i principali intermediari bancari che operano in regione, nel primo semestre del 2013 si è avuta una riduzione della domanda di credito da parte delle imprese dell’industria manifatturiera rispetto ai sei mesi precedenti e un contemporaneo irrigidimento dell’offerta da parte degli istituti, che riflette lo scadimento, corrente e in prospettiva, della qualità del credito.
I tassi di interesse bancari sui prestiti a breve termine, riferiti a operazioni in euro auto liquidanti e a revoca, a favore di imprese manifatturiere sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto allo scorso anno, risultando pari al 5,52 e al 5,43 per cento rispettivamente a marzo e giugno 2013, rispetto al 5,43 e al 5,47 degli stessi mesi dello scorso anno. Si tratta di livelli comunque elevati, superiori di 140 e 114 punti base rispetto agli stessi mesi del 2011.
Sempre secondo Banca d’Italia, l’incidenza delle nuove sofferenze sui prestiti è passata dal 2,0 e dal 2,2 per cento fatti segnare a marzo e a giugno dello scorso anno, al 3,0 e quindi al 3,2 per cento, rispettivamente riferiti a marzo e giugno 2013. Quindi il flusso di nuove sofferenze sui prestiti a favore di imprese manifatturiere, al netto dei fattori stagionali e in ragione d’anno, si è accresciuto nel primo semestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2012, come pure rispetto alla fine dello scorso anno, quando era al 2,9 per cento. Occorre poi tenere presente che l’indicatore è calcolato come una media mobile degli ultimi quattro trimestri e comporta quindi un certo ritardo nella percezione dei fenomeni.
Le sofferenze riferite a imprese non finanziarie attive nell’industria in senso stretto che erano pari a 854 milioni di euro nel marzo 2009, lo scorso giugno hanno raggiunto quota 2.591 milioni, con un incremento del 10,7 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Le sofferenze bancarie potrebbero però crescere a tassi significativi anche nei prossimi mesi a causa dell’andamento dell’incidenza delle partite incagliate e ristrutturate sul totale dei prestiti in bonis che, per le attività manifatturiere è salita dal 5,3 per cento dello scorso dicembre al 5,6 per cento a marzo e al 6,3 per cento a giugno 2013, rispetto al 5,5 e al 5,9 per cento di marzo e giugno del 2012.
Nel complesso la consistenza delle partite deteriorate, che includono le sofferenze e le partite anomale, rappresentava lo scorso giugno il 20,9 per cento dei prestiti alle imprese manifatturiere, rispetto al 18,5 per cento riferito al dicembre dello scorso anno.
2.5.3. Il lavoro
L’occupazione
Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, nei primi nove mesi del 2013, l’occupazione nell’industria in senso stretto regionale è risultata pari a poco più di 510 mila unità, in forte diminuzione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, -3,0 per cento, pari ad una perdita di 16.000 occupati. Si tratta di una flessione più ampia rispetto alla diminuzione del 2,4 per cento rilevata con riferimento all’insieme del Paese.
Occorre comunque ricordare che l’occupazione, misurata dall’indagine Istat sulle forze di lavoro, contabilizza come occupati anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni, il cui numero non è più così elevato come al culmine della crisi, ma risulta essere nuovamente in aumento.
L’occupazione dipendente è risultata pari a oltre 462 mila unità e ha segnato una riduzione di più di 8.000 unità, pari all’1,7 per cento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ma è soprattutto la diminuzione del numero degli addetti indipendenti, scesi a poco più di 48.100 mila, a colpire, essa è risultata notevolmente più ampia, -13,9 per cento, pari a oltre 7.800 unità in meno. Ciò appare coerente con la dinamica della base imprenditoriale, che per effetto della difficile congiuntura e della restrizione del credito, vede particolarmente colpite le piccole imprese.
La flessione dell’occupazione è però sostanzialmente femminile. Gli occupati maschi sono risultati pari a quasi 355 mila unità, con una diminuzione dell’1,5 per cento, cioè di oltre 5.400 unità. Gli occupati maschi alle dipendenze sono però aumentati (+0,8 per cento) andando oltre i 318 mila, mentre gli indipendenti si sono ridotti di quasi un quinto (-18,0 per cento) a poco più di 36.400. L’occupazione femminile si è invece ridotta in misura più ampia (-6,3 per cento), riducendosi a quasi 156 mila unità. Ma
al contrario di quanto accaduto per i maschi, le dipendenti sono scese del 6,9 per cento, a quasi 144 mila unità, mentre le indipendenti (risultate quasi 11.900 unità) sono aumentate dell’1,7 per cento.
La cassa integrazione guadagni
Le indicazioni giunte dalla cassa integrazione guadagni descrivono una situazione grave e in graduale peggioramento. Il quadro è però articolato. A fronte di un incremento del totale delle ore autorizzate derivante dall’aumento della cassa straordinaria e di quella in deroga, si rileva un’inversione di tendenza con una riduzione della cassa ordinaria, che si potrebbe riferire ad un alleggerimento della recessione in corso.
Per il mercato del lavoro resta comunque elevato il rischio di una ondata di espulsioni in conseguenza della crisi. Per ora esse continuano ad essere procrastinate attraverso un elevato impiego della Cig. Ma non potranno esserlo per sempre se l’attesa di una ripresa sufficientemente forte sarà tradita. D’altronde il permanere a lungo di alcuni settori dell’industria in un profondo stato di crisi prospetta una radicale ristrutturazione e riduzione del tessuto industriale regionale.
Per l’industria in senso stretto, nel periodo da gennaio ad 2013, le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni, ordinaria, straordinaria e in deroga sono ammontate a quasi 46,2 milioni di ore, con un aumento del 3,7 per cento. L’ammontare rilevato per l’industria in senso stretto non trova un riscontro analogo negli ultimi 30 anni, con l’eccezione degli anni 2010 e 2011. Anche se, per un confronto corretto, occorre considerare che i cambiamenti della normativa intercorsi hanno notevolmente ampliato i soggetti per cui può essere richiesta l’autorizzazione.
La Cig è stata autorizzata per il 52,6 per cento a favore delle imprese dell’industria metalmeccanica (in aumento del 6,2 per cento), per il 10,8 per cento per le imprese dei settori moda (tessile, abbigliamento e pelli, cuoio e calzature), con un calo del 15,7 per cento, per il 13,2 per cento per le imprese della lavorazione dei minerali non metalliferi (ceramica, vetro e materiali edili), con una lieve diminuzione dello 0,8 per cento e per il 9,8 per cento a favore delle imprese del legno, in questo caso con un forte aumento del 29,8 per cento.
Se si esaminano le tipologie di ricorso alla cassa emerge l’articolazione del quadro congiunturale. Le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni ordinaria, di matrice prevalentemente anticongiunturale, per l’industria in senso stretto sono risultate (poco più di 10,0 milioni, in diminuzione del 10,2 per cento) sullo stesso periodo dello scorso anno. La riduzione rilevata potrebbe quindi riflettere l’allentamento della recessione.
Al contrario, le ore autorizzate per interventi straordinari, concesse per stati di crisi aziendale oppure per ristrutturazioni, sono risultate quasi 19,9 milioni e sono aumentate di quasi un decimo (+9,9 per cento) rispetto allo scorso anno. La durata della crisi sta cambiando il profilo della base industriale regionale.
L’ammontare complessivo del ricorso alla straordinaria costituisce un valore di assoluto rilievo, che risulta superiore a quello dell’intero 2009 e quasi doppio di quello dell’intero 1994, anche se ampiamente inferiore ai picchi del periodo 1986-87, pure avendo tenuto conto delle variazioni della normativa intercorse.
Infine le ore autorizzate per interventi in deroga a favore di imprese dell’industria in senso stretto sono risultate in aumento del 6,5 per cento e sono ammontate a quasi 16,3 milioni di ore. L’entità del fenomeno resta comunque molto rilevante e testimonia della impossibilità di fare fronte agli effetti della crisi senza derogare dalla normativa riguardante gli ammortizzatori sociali.
2.5.4. La base imprenditoriale
Negli ultimi dodici mesi, la struttura della compagine aziendale dell’industria in senso stretto, definita sulla base dei dati del Registro delle imprese ha visto nuovamente prevalere in ampia misura le cessazioni (3.433) sulle iscrizioni(2.036), tanto che, rispetto al settembre dello scorso anno, il saldo è stato di nuovo ampiamente negativo (-1.397 unità). Il fenomeno delle variazioni di attività (+591) ha contenuto la tendenza negativa degli ultimi dodici mesi. A settembre 2013, la consistenza delle imprese
Negli ultimi dodici mesi, la struttura della compagine aziendale dell’industria in senso stretto, definita sulla base dei dati del Registro delle imprese ha visto nuovamente prevalere in ampia misura le cessazioni (3.433) sulle iscrizioni(2.036), tanto che, rispetto al settembre dello scorso anno, il saldo è stato di nuovo ampiamente negativo (-1.397 unità). Il fenomeno delle variazioni di attività (+591) ha contenuto la tendenza negativa degli ultimi dodici mesi. A settembre 2013, la consistenza delle imprese