• Non ci sono risultati.

Industria in senso stretto

Nel documento Rapporto 2012 (.pdf 2.4mb) (pagine 123-139)

L’industria in senso stretto occupa un posto di assoluto rilievo nel panorama economico dell’Emilia-Romagna, con quasi 49.400 imprese attive al termine dello scorso anno, pari all’11,5 per cento del totale, e con quasi 539.000 addetti nella media del 2011, che hanno prodotto 30.975,5 milioni di euro correnti di valore aggiunto, ai prezzi di base, nel 2011, equivalenti al 24,6 per cento del reddito regionale, mentre la rispettiva quota del reddito nazionale era pari a solo il 18,6 per cento. Le esportazioni dei soli prodotti manifatturieri sono ammontate a quasi 46.757 milioni di euro, a valori correnti, nel 2011, pari all’97,5 per cento del totale regionale.

2.5.1. La congiuntura nel 2011

Con il terzo trimestre 2008 si è in avviata l’eccezionale fase di recessione per l’industria regionale che è durata sette trimestri in termini tendenziali e ha determinato una caduta dell’attività senza riscontro nella storia della rilevazione congiunturale regionale, dal 1989 a oggi. La successiva fase di moderata ripresa, a partire dalla primavera 2010, non è stata forte come ci si poteva attendere dopo una crisi così profonda, è stata breve ed al suo termine si è aperta una nuova fase di recessione già a partire dal quarto trimestre dello scorso anno. Se l’intensità della recessione in corso non eguaglia certo quella della precedente, essa risulta comunque superiore alla forza dell’espansione che l’ha preceduta e conduce l’attività dell’industria regionale verso nuovi pesanti minimi (fig. 2.5.1). La gravità della situazione emerge se si considera il progredire dell’intensità della recessione nel tempo (fig. 2.5.7), che è avvenuto nonostante si siano registrati risultati positivi sui mercati esteri e anche dopo il rientro delle tensioni connesse alla crisi del debito sovrano europeo, che ha fatto seguito all’annuncio di un possibile intervento da parte della Bce.

Senza una crescita del mercato interno non sarà possibile avviare una ripresa dell’attività forte, consolidata e omogenea che sostenga il complesso della base industriale regionale. La durata della recessione in corso determinerà la profondità del baratro in cui sta scendendo il livello dell’attività dell’industria regionale e quanto questo restringerà l’ampiezza e la differenziazione della struttura industriale regionale.

Il fatturato

Il fatturato dell’industria regionale espresso a valori correnti era caduto del 14,3 per cento nel 2009, è salito poi dell’1,8 per cento nel 2010 e dell’1,9 per cento nel 2011. La recessione ha determinato nei primi

Fig. 2.5.1. Andamento della produzione industriale, tasso di variazione tendenziale.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto.

-3,5 -3,6 -5,4 -4,7

-6,6 -6,9

-17 -12 -7 -2 3

2007 2008 2009 2010 2011 2012

Emilia-Romagna Italia

nove mesi di quest’anno una nuova flessione del fatturato pari al 3,8 per cento (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.2).

Occorre inoltre notare che la tendenza negativa è andata aggravandosi trimestre dopo trimestre (fig.

2.5.7). Per effettuare una corretta valutazione dell’andamento di questa variabile, occorre tenere presente che i prezzi alla produzione nazionali hanno fatto segnare un incremento tendenziale pari al 2,6 per cento nel periodo da gennaio a settembre. L’andamento del fatturato è stato meno negativo sia di quello rilevato per l’industria nazionale, risultato in diminuzione del 5,7 per cento, sia di quello riferito al Nord-est, che ha segnato un calo del 4,9 per cento.

A livello settoriale tutti i settori hanno visto ridursi il fatturato. La diminuzione è stata particolarmente forte per l’industria della moda e per quella del legno e del mobile in legno, mentre è risultata più contenuta per l’industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto e per quella alimentare.

L’andamento del fatturato è risultato meno pesante all’aumentare della classe dimensionale delle imprese

Tab. 2.5.1. Congiuntura dell’industria. 1°-3° trimestre 2012 Fatturato

(1) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente. (2) Rapporto percentuale, riferito alla capacità massima. (3) Assicurate dal portafoglio ordini.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto. L’indagine si fonda su un campione rappresentativo dell’universo delle imprese industriali regionali fino a 500 dipendenti ed è effettuata con interviste condotte con la tecnica CATI. Le risposte sono ponderate sulla base del fatturato. L'indagine si incentra sull'andamento delle imprese di minori dimensioni, a differenza di altre rilevazioni esistenti che considerano le imprese con più di 10 o 20 addetti. I dati non regionali sono di fonte Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria manifatturiera.

Fig. 2.5.2. Congiuntura dell’industria. Andamento delle principali variabili. Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente. 1°-3° trimestre 2012

Fatturato Produzione Ordini

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto.

50-500 dipendenti

(tab. 2.5.1 e figg. 2.5.2 e 2.5.10). Il fatturato è sceso del 2,9 per cento per le imprese regionali medio - grandi, dai 50 ai 499 dipendenti, del 4,1 per cento per quelle piccole, dai 10 ai 49 dipendenti, ed è diminuito del 5,6 per cento per le imprese minori, da 1 a 9 dipendenti.

Le esportazioni

Secondo i dati dell’indagine congiunturale, l’andamento del fatturato ha trovato un parziale sostegno nel trend positivo delle esportazioni, che hanno fatto segnare un incremento del 2,3 per cento nei primi nove mesi dell’anno. Solo l’industria del legno ha registrato una flessione delle vendite all’estero.

L’evoluzione del fatturato estero è risultata migliore di quella del fatturato complessivo in tutti i settori, ma in particolare per l’industria delle lavorazioni metalliche, quella della moda e quella del legno. In questo caso, l’andamento trimestrale ha messo in luce un miglioramento nel corso del terzo trimestre, da valutare comunque con cautela (fig. 2.5.7). L’andamento delle esportazioni è risultato migliore rispetto a quello registrato per l’Italia (+1,4 per cento) e a quello riferito al Nord-est (+1,6 per cento).

La ripresa ha fornito una buona occasione ai settori forti dell’export regionale, tanto che l’industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto e quella del trattamento metalli e minerali metalliferi hanno messo a segno risultati positivi apprezzabili. I risultati conseguiti all’estero sono apparsi comunque meno dipendenti dalla dimensione aziendale (fig. 2.5.10). l fatturato all’esportazione è aumentato del 2,6 per cento per le imprese medio - grandi, addirittura del 2,3 per cento per le piccole imprese (10-49 addetti) e dell’1,1 per cento per quelle minori (1-9 addetti).

I dati Istat relativi al commercio estero regionale confermano la tendenza emersa per i primi nove mesi dall’indagine congiunturale, che non prende però in considerazione i dati delle imprese con più di 500 addetti.

Tra gennaio e settembre del 2012, le esportazioni regionali di prodotti dell’industria manifatturiera sono risultate pari a 36.156 milioni di euro (tab. 2.5.2) e hanno fatto segnare un aumento del 3,5 per cento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (fig. 2.5.3). Il dato è perfettamente allineato con l’identico incremento conseguito dalle vendite sui mercati esteri del complesso dell’industria manifatturiera nazionale (fig. 2.5.5). Si tratta di un risultato positivo, ma che riporta l’indice delle esportazioni sui livelli del 2008. L’indice delle esportazioni regionali a valori correnti (media trimestrale 2008 = 100) è risultato pari a 102,2 nel terzo trimestre (fig. 2.5.4). Inoltre l’andamento delle esportazioni risente notevolmente del rallentamento della crescita globale e della recessione europea perciò nell’ultima trimestre dell’anno resta esposto ai rischi di un’evoluzione negativa della congiuntura internazionale.

Fig. 2.5.3. Esportazioni dell’industria manifatturiera emiliano-romagnola. Gennaio – settembre 2012

Principali settori Principali paesi e aree di destinazione Quota (1) Tasso di variazione (2) Quota (1) Tasso di variazione (2)

(1) Quota percentuale sul totale delle esportazioni. (2) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente.

Fonte: Elaborazione Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat, Esportazioni delle regioni italiane.

Altra manifattura

I dati Istat mettono in luce i risultati notevolmente positivi conseguiti dai settori regionali dei mezzi di trasporto (+14,2 per cento) e della moda (+9,3 per cento). Questi settori hanno messo a segno incrementi delle vendite all’estero notevolmente superiori a quelli conseguiti dagli stessi a livello nazionale (figg.

2.5.3 e 2.5.5). Buono anche l’andamento per le vendite all’estero degli alimentari e bevande (+6,4 per cento) e dei prodotti della metallurgia e delle lavorazioni dei metalli (+4,1 per cento), settore che comprende ampia parte della subfornitura regionale. Non mancano alcune aree di debolezza relativa. Le maggiori incertezze sono emerse relativamente al settore delle “apparecchiature elettrice, elettroniche, ottiche, medicali e di misura” che hanno subito un calo delle esportazioni del 6,4 per cento, quindi all’altra manifattura (-5,5 per cento), che comprende la fabbricazione di strumenti e forniture mediche e dentistiche. Si tratta di due settori fortemente presenti nelle aree investite dal sisma dello scorso maggio-giugno. Ad essi si sono affiancate l’industria del “legno e del mobile”, da lungo tempo in difficoltà, e l’insieme della chimica, petrolchimica, farmaceutica e materie plastiche.

I settori dell’industria regionale hanno attraversato le fasi cicliche della crisi e della ripresa con conseguenze differenti per le loro esportazioni. Nei primi nove mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo del 2008, l’indice del complesso delle esportazioni regionali si è collocato a quota 101,4. Assumono un notevole rilievo i risultati conseguiti dai settori degli “alimentari e bevande”, della “chimica, petrolio, farmaceutica, gomma e materie plastiche” e della moda, i cui indici delle esportazioni sono risultati rispettivamente pari a 129,7 119,8 e 116,8. Al contrario emerge in negativo lo stato del vendite all’estero dell’industria del legno e del mobile, il cui indice è fermo a quota 81,3 ma anche di quelle dei settori dei

Tab. 2.5.2. Esportazioni dell’industria manifatturiera regionale per principali settori, gennaio-settembre 2012

Valore (1) Var. % (2) Quota Indice (3)

Alimentari e bevande 3.130 6,4 8,7 129,7

Tessile abbigliamento cuoio calzature 4.318 9,3 11,9 116,8

Industrie legno e mobile 511 -0,5 1,4 81,3

Chimica, petrol., farma., gomma e materie plastiche 3.887 -0,5 10,8 119,8

Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 2.682 0,9 7,4 89,0

Prodotti della metallurgia e in metallo, non mac. att. 2.947 4,1 8,1 97,3

Appar. elettrici elettronici ottici medicali di misura 2.428 -6,4 6,7 94,7

Macchinari e apparecchiature nca 10.948 2,0 30,3 92,5

Mezzi di trasporto 4.403 14,2 12,2 102,9

Altra manifattura 902 -5,5 2,5 95,1

Totale esportazioni 36.156 3,5 100,0 101,4

(1) Valore corrente in milioni di euro. (2) Variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente. (3) Indice (2008=100) sul corrispondente trimestre del 2008 a valori correnti cumulati.

Fonte: dati Istat

Fig. 2.5.4. Esportazioni emiliano-romagnole e italiane: tasso di variazione tendenziale (1) e indice (2)

(1) Tasso di variazione sullo stesso trimestre dell’anno precedente (asse sx). (2) Indice: media trimestrale 2008 = 100 (asse dx).

Fonte: Istat, Esportazioni delle regioni italiane.

+7,2 +2,9 +0,7

106,5

75,8

102,2

70 80 90 100 110 120 130

-30 -20 -10 0 10 20 30

2008 2009 2010 2011 2012

Emilia-Romagna Italia

“prodotti dei minerali non metalliferi”, ovvero della ceramica e vetro, e dei “macchinari e apparecchiature”, i cui indici sono rimasti ancora rispettivamente a quota 89,0 e 92,5 (tab. 2.5.2).

Se si considerano gli andamenti per paesi e aree di destinazione (fig. 2.5.3), è risultato positivo, ma ben al di sotto del trend (+1,2 per cento), l’andamento delle esportazioni regionali verso il complesso dei mercati europei, che hanno assorbito il 65,5 per cento delle vendite all’estero. La crescita è stata appena più debole (+1,0 per cento) sui soli mercati dei paesi appartenenti all’Unione europea, verso cui si è diretto il 54,7 per cento delle vendite all’estero. In quest’area però, l’export ha conseguito risultati estremamente differenziati: sostanzialmente invariato nei paesi “core” dell’euro, Germania (+0,5 per cento) e Francia (-0,5 per cento), ai quali sono stati indirizzati rispettivamente il 12,4 e il 11,6 per cento delle esportazioni, mentre sono stati pesanti nei paesi periferici dell’area dell’euro colpiti dalla recessione.

In Spagna si è registrato un calo del 11,3 per cento. All’interno dell’Ue sono invece positivi gli andamenti rilevati in Polonia (+6,4 per cento) e nel Regno Unito (+19,0 per cento). Nel più ampio ambito europeo, spiccano in un senso la pesante caduta delle esportazioni verso la Turchia (-11,4 per cento) e nell’altro la forte crescita ottenuta in Russia (+12,9 per cento). La crescita delle vendite verso i mercati asiatici, che hanno assorbito il 15,5 per cento delle esportazioni, è stata molto limitata (+0,9 per cento). Sono state in particolare le esportazioni regionali dirette verso la Cina (-17,6per cento) e l’India (-11,8 per cento) a mostrare una notevole inversione di tendenza per le difficoltà affrontate anche da questi paesi. Il risultato migliore a livello continentale è stato ottenuto sui mercati americani (+17,3 per cento), verso i quali si è diretto il 13,4 per cento del vendite. In particolare, in positivo, è stato notevole il risultato ottenuto negli Stati Uniti (+23,4 per cento), che hanno assorbito l’8,2 per cento dell’export, ma in negativo, si è invertito l’andamento sul mercato carioca (-3,9 per cento), al quale è destinato solo l’1,3 per cento delle esportazioni.Continua la forte crescita delle esportazioni verso i mercati dell’Oceania (+10,8 per cento) ed è ripresa la crescita di quelle indirizzate ai mercati africani, aumentate ben più della tendenza complessiva (+9,7 per cento), un risultato però sensibilmente inferiore a quello riferito al complesso delle esportazioni nazionali con la medesima destinazione.

La produzione

La produzione industriale regionale ha chiuso il 2009 con una diminuzione del 14,1 per cento e negli anni 2010 e 2011 la ripresa non è andata oltre un aumento di solo l’1,7 e l’1,9 per cento (fig. 2.5.1). La nuova fase di recessione, avviata dal quarto trimestre dello scorso anno, ha condotto nei primi nove mesi dell’anno in corso ad una perdita del 4,0 per cento della produzione rispetto all’analogo periodo dello

Fig. 2.5.5. Esportazioni dell’industria manifatturiera italiana. Gennaio – Giugno 2012

Principali settori Principali paesi e aree di destinazione Quota (1) Tasso di variazione (2) Quota (1) Tasso di variazione (2)

(1) Quota percentuale sul totale delle esportazioni. (2) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell’anno precedente.

Fonte: Elaborazione Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat, Esportazioni delle regioni italiane.

Altra manifattura

scorso anno (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.2). In questo caso il livello della produzione dovrebbe essersi ridotto al di sotto dei minimi del 2009. Inoltre, ’andamento congiunturale trimestrale ha mostrato un progressivo peggioramento nel corso del tempo (fig. 2.5.7). L’andamento delle produzione è risultato però meno pesante di quelli riferito al Nord-est (-5,2 per cento) e all’Italia (-6,3 per cento).

A livello settoriale, la produzione è diminuita in tutti i settori, ma in particolare la discesa è stata forte per l’industria della moda e per quella del legno e del mobile in legno, mentre è risultata molto contenuta solo nell’industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto(tab. 2.5.1 e figg. 2.5.2). L’andamento della produzione è risultato meno pesante all’aumentare della classe dimensionale delle imprese (fig. 2.5.10).

L’attività si è ridotta del 3,1 per cento per le imprese regionali medio - grandi, dai 50 ai 499 dipendenti, del 4,1 per cento per quelle piccole, dai 10 ai 49 dipendenti, ed è diminuita del 5,6 per cento per le imprese minori, da 1 a 9 dipendenti.

Gli ordini

È negativa e preoccupante l’indicazione per il futuro che emerge dall’andamento del processo di acquisizione degli ordini. Da inizio anno alla fine di settembre, gli ordini acquisiti dall’industria regionale sono risultati inferiori a quelli dello stesso periodo dello scorso anno del 4,3 per cento. Si tratta di una perdita più ampia di quella subita dal fatturato e dalla produzione, un aspetto che lascia prospettare un peggioramento della tendenza della recessione in corso (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.2). Inoltre I risultati negativi sono andati ampliandosi trimestre dopo trimestre, una chiara indicazione in merito ad un aggravamento della recessione (fig. 2.5.7). Anche in questo caso la diminuzione è stata meno rapida di quella subita dagli ordini ricevuti dall’industria a livello circoscrizionale (-5,6 per cento) e nazionale (-6,1 per cento).

Anche l’andamento degli ordini (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.2 e 2.5.7-9) è risultato particolarmente negativo per l’industria della moda e per quella del legno. Ma anche il processo di acquisizione ordini dell’industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto ha subito un brutto colpo per effetto della recessione, registrando, in particolare, un pesante terzo trimestre. La disomogeneità delle tendenze tra le diverse classi dimensionali delle imprese, appare più accentuata nel caso degli ordini, mostrando una differenziazione della tendenza tra le imprese con più di 50 dipendenti e le altre (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.2 e 2.5.10). Per le imprese minori, da 1 a 9 dipendenti, la recessione ha tagliato gli ordini del 6,4 per cento tra gennaio e settembre. Il dato per le piccole imprese è solo lievemente meno ampio e pari ad un -5,1 per cento, mentre il risultato per le imprese medio – grandi è stato contenuto in una diminuzione del 2,9 per cento.

Gli ordini esteri

Non vi è salvezza senza accesso ai mercati esteri. La conferma viene dall’andamento degli ordini esteri che nei primi nove mesi dell’anno sono aumentati del 2,5 per cento. Il risultato appare lievemente migliore di quello relativo al fatturato estero e la tendenza è positiva, avendo mostrato risultati via via migliori dal primo al terzo trimestre dell’anno (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.2 e 2.5.7). Più ancora di quanto rilevato in merito al fatturato estero, l’aumento degli ordini esteri è risultato più ampio di quello relativo agli ordini esteri acquisiti dall’industria del Nord Est (+0,6 per cento) e a livello nazionale (+0,8 per cento).

Nei primi nove mesi dell’anno solo l’industria del legno e del mobile in legno ha accusato un diminuzione degli ordini dall’estero, insieme con una lieve flessione registrata dalle industrie della moda.

Gli altri settori hanno evidenziato un andamento positivo, che è risultato particolarmente buono per l’industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto. L’acquisizione degli ordini all’estero ha avuto però due velocità (fig. 2.5.10). Mentre i risultati non sono molto lontani per le imprese minori (1-9 addetti), +1,6 per cento, e per quelle piccole (10-49 addetti), +1,8 per cento, l’incremento è stato ben superiore, +3,0 per cento per le imprese medio – grandi.

2.5.2. Il credito

La dinamica dei prestiti di banche e società finanziarie a favore delle imprese dell’industria manifatturiera ha riflesso l’andamento congiunturale negativo, tanto che dopo avere fatto registrare una sostanziale stabilità (+0,5 per cento) a dicembre 2011, rispetto ai dodici mesi precedenti, ha poi messo in luce una ampia flessione tendenziale del 4,9 per cento al termine dello scorso giugno. Nei tre mesi successivi la tendenza si è ulteriormente accentuata, tanto che l’ammontare degli impieghi vivi delle banche e della Cassa depositi e prestiti a favore delle imprese e delle famiglie produttrici con attività industriali lo scorso settembre risultavano in calo del 9,3 per cento rispetto a dodici mesi prima.

Secondo Banca d’Italia, tenendo conto non solo dei prestiti bancari, ma anche di quelli erogati dalle società finanziarie, a giugno, tutte le principali branche della trasformazione industriale hanno registrato

riduzioni dei finanziamenti. In particolare, nel comparto metallurgico i prestiti sono diminuiti dell’8,4 per cento, mentre nella meccanica e negli alimentari la contrazione è risultata più contenuta (-1,9 e del -0,8 per cento, rispettivamente). Il calo ha inoltre riguardato le forme tecniche legate al finanziamento degli investimenti e del capitale circolante.

In base alle informazioni tratte dalla Regional Bank Lending Survey (RBLS), condotta nel mese di settembre presso i principali intermediari bancari che operano in regione, Banca d’Italia asserisce che nel primo semestre del 2012 si è avuta una riduzione della domanda di credito delle imprese dell’industria manifatturiera rispetto ai sei mesi precedenti. Nelle previsioni delle banche, per il manifatturiero la tendenza negativa si dovrebbe arrestare nell’ultima parte dell’anno. Dal lato dell’offerta, sempre nel primo semestre, il grado di restrizione dei criteri di affidamento è elevato, sui livelli dell’inizio del 2009, ed rimasto pressoché inalterato rispetto al semestre precedente. Si è arrestata le restrizione sulle quantità, mentre la selettività opera soprattutto sugli spread e in minore misura sulle garanzie e sul rating. Per il secondo semestre le banche non segnalano significative variazioni nelle condizioni di accesso al credito nel confronto con il periodo precedente. La complessiva stazionarietà delle condizioni di prestito delle banche è confermata anche da oltre la metà degli intervistati nel sondaggio condotto da Banca d’Italia su un campione di imprese operanti in regione.

I tassi di interesse sui prestiti alle imprese sono sensibilmente aumentati, per gli effetti della crisi dei debiti sovrani e anche perché sono stati impiegati come strumento di razionamento del credito. In particolare i tassi di interesse bancari sui prestiti a breve termine, operazioni in euro auto liquidanti e a revoca, a favore di imprese manifatturiere sono andati progressivamente aumentando e sono passati dal 4,14 e 4,32 rispettivamente di marzo e giugno dello scorso anno al 5,43 e 5,47 degli stessi mesi del 2012.

Il rientro delle tensioni relative alla crisi del debito sovrano registratasi a partire dall’annuncio del Governatore della Bce in merito al programma Omt, di acquisti diretti di titoli sovrani, potrebbe avere contribuito a contenere i tassi bancari su livelli meno restrittivi.

Sempre secondo Banca d’Italia, L’incidenza delle nuove sofferenze sui prestiti è passata dal 2,6 per cento fatto segnare sia a marzo, sia a giugno dello scorso anno, al 2,0 e poi al 2,2 per cento, rispettivamente riferiti a marzo e giugno 2012. Quindi il flusso di nuove sofferenze sui prestiti a favore di imprese manifatturiere, al netto dei fattori stagionali e in ragione d’anno, si è ridotto nella primo semestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma è aumentato rispetto alla fine dello scorso anno, quando era all’1,9 per cento. Le sofferenze bancarie potrebbero però crescere a tassi significativi anche nei prossimi mesi a causa dell’andamento dell’incidenza delle partite incagliate e ristrutturate sul totale dei prestiti in bonis che, per le attività manifatturiere è salita dal 5,4 per cento dello scorso dicembre al 5,5 per cento a marzo e al 5,9 per cento a giugno.

2.5.3. Il lavoro L’occupazione

Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, nei primi nove mesi del 2012, l’occupazione nell’industria in senso stretto regionale è risultata pari a poco più di 526 mila unità, in forte diminuzione (-2,7 per cento, per oltre 14.300 unità) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si tratta di una flessione sensibilmente più ampia rispetto alla diminuzione dell’1,6 per cento rilevata con riferimento all’insieme del Paese. Occorre comunque ricordare che l’occupazione, misurata dall’indagine Istat sulle forze di lavoro, contabilizza come occupati anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni, il cui numero non è più così

Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, nei primi nove mesi del 2012, l’occupazione nell’industria in senso stretto regionale è risultata pari a poco più di 526 mila unità, in forte diminuzione (-2,7 per cento, per oltre 14.300 unità) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si tratta di una flessione sensibilmente più ampia rispetto alla diminuzione dell’1,6 per cento rilevata con riferimento all’insieme del Paese. Occorre comunque ricordare che l’occupazione, misurata dall’indagine Istat sulle forze di lavoro, contabilizza come occupati anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni, il cui numero non è più così

Nel documento Rapporto 2012 (.pdf 2.4mb) (pagine 123-139)