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Un quadro d’insieme: l’economia regionale nel 2012

Nel documento Rapporto 2012 (.pdf 2.4mb) (pagine 45-73)

2.1.1 Il contesto internazionale

La scena internazionale è caratterizzata dal rallentamento dell’economia mondiale e dal persistere delle tensioni legate alla elevata consistenza del debito pubblico di alcuni paesi industrializzati. Le tensioni sui mercati finanziari dell’area dell’euro, che si erano un po’ sopite nei primi mesi dell’anno, da aprile hanno ripreso lena per poi stemperarsi verso la fine di novembre primi di dicembre. L’aumento dell’avversione al rischio ha continuato a comprimere i rendimenti dei titoli dei paesi ritenuti più sicuri. Alle preoccupazioni degli investitori dovute in primis alla situazione politica in Grecia e alle difficoltà del sistema bancario spagnolo, si è aggiunta la percezione da parte dei mercati di una scarsa coesione dei governi nell’orientare la riforma della governance europea e nell’adeguare i meccanismi di gestione della crisi nell’area dell’euro. La debolezza della congiuntura internazionale ha determinato significativi cali delle quotazioni delle materie prime, specie nel bimestre giugno-luglio, mentre l’inflazione è stata alimentata dai rincari dei prodotti energetici e dalle manovre fiscali in alcuni paesi.

Le politiche di austerità adottate nell’Europa comunitaria hanno tuttavia avuto un effetto recessivo su consumi e investimenti, con riflessi negativi sul mercato del lavoro. Nello scorso settembre nella sola Unione monetaria le persone in cerca di lavoro sono salite a 18 milioni e 490 mila contro i 16 milioni e 316 mila di un anno prima, mentre il tasso di disoccupazione destagionalizzato si è attestato all’11,6 per cento, rispetto al 10,3 per cento di un anno prima. Per i giovani fino a 24 anni è passato al 23,3 per cento contro il 21,0 per cento dell’anno precedente.

Le previsioni più recenti evidenziano un rallentamento della crescita del Pil mondiale nel 2012, con stime che sono state via via ridimensionate.

Nell’outlook di ottobre il Fmi ha previsto un aumento del 3,3 per cento, rispetto al +3,8 per cento del 2011, limando di 0,2 punti percentuali la stima proposta a luglio. Ancora più pessimista Prometeia che nella previsione di ottobre ha prospettato un incremento del Pil mondiale del 3,0 per cento (nell’aggiornamento alla nota di luglio era +3,1 per cento), anche in questo caso in rallentamento rispetto a quanto stimato per il 2011 (+3,8 per cento). L’attenuazione dei ritmo di crescita riguarderà un po’ tutte le aree, con le uniche significative eccezioni di Stati Uniti (da +1,8 a +2,2 per cento) e Giappone (da -0,8 a +2,2 per cento).

La crescita economica è la sintesi, e non è una novità, di un mondo a due velocità. Per il Fmi, al +5,3 per cento atteso per le economie emergenti e in via di sviluppo (Cina e India cresceranno rispettivamente del 7,8 e 4,9 per cento) si contrappone l’incremento assai più ridotto delle economie avanzate (+1,3 per cento). In questo ambito, spicca lo scenario moderatamente recessivo dell’Unione monetaria (-0,4 per cento), che trae origine dal rallentamento della locomotiva tedesca (da +3,1 a +0,9 per cento), dalla stagnazione dell’economia francese (+0,1 per cento) e dagli andamenti recessivi attesi in sette paesi, in un arco compreso tra il -0,5 per cento dell’Olanda e il -6,0 per cento della Grecia. Per l’Italia il Fmi ha previsto un calo del Pil del 2,3 per cento, con un peggioramento di 0,4 punti percentuali rispetto alla stima prospettata nell’outlook di luglio. Se spostiamo l’osservazione ai paesi europei, solo la Norvegia è destinata a migliorare la crescita da +1,5 a +3,1 per cento.

Nelle altre economie avanzate, oltre alle già descritte accelerazioni di Stati Uniti e Giappone, è da sottolineare la moderata recessione del Regno Unito (-0,4 per cento) e il rallentamento del Canada (+1,9 per cento contro il +2,4 per cento del 2011). La moderata recessione prevista per l’Unione monetaria ha trovato eco nell’andamento del terzo trimestre, segnato da una riduzione tendenziale del Pil dello 0,6 per cento, che ha fatto seguito al calo dello 0,4 per cento del trimestre precedente e alla crescita zero dei primi tre mesi.

Il commercio internazionale di merci e servizi dovrebbe ricalcare lo scenario prospettato per il Pil, con un aumento pari al 3,2 per cento, in rallentamento rispetto alla crescita del 5,8 per cento del 2011, e anche in questo caso la stima è stata corretta al ribasso di 0,6 punti percentuali rispetto a quella contenuta nell’outlook di luglio. L’inflazione, anche in ragione del ridimensionamento del prezzo del petrolio che ha caratterizzato il periodo aprile-luglio – nel 2012 si prevede per il Brent 103,2 $ al barile contro i 111,6 del 2011 - dovrebbe raffreddarsi, attestandosi a +1,9 per cento nelle economie avanzate e

a +6,1 per cento in quelle emergenti e in via di sviluppo. Nel 2011 c’erano stati aumenti rispettivamente pari al 2,7 e 7,2 per cento.

Secondo il Fmi, nel 2013 Il Pil mondiale riprenderà ad accelerare (+3,6 per cento), ma in termini più contenuti rispetto allo scenario descritto in luglio (-0,3 punti percentuali). Per l’Europa monetaria si avrà una crescita ridotta all’osso (+0,2 per cento), inferiore di 0,5 punti percentuali rispetto alla previsione contenuta nell’outlook di luglio, a dimostrazione di una situazione di fondo quanto meno incerta e comunque debole.

2.1.2. Il contesto nazionale

L’economia italiana è in recessione.

La congiuntura economica, già penalizzata nel breve termine dalla crescita della pressione fiscale, è stata ulteriormente colpita fino alle soglie dell’estate dalle tensioni sui mercati finanziari e sul credito, che hanno comportato, oltre all’ampliamento dei divari tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi, una elevata volatilità degli spread che ha scoraggiato gli investitori internazionali a detenere titoli italiani. Della situazione hanno sofferto gli istituti di credito operanti sul mercato interno, che hanno visto crescere sensibilmente i propri costi di approvvigionamento con conseguente inasprimento dei tassi di finanziamento alle famiglie e alle imprese. Inoltre, la crescita dell’offerta di credito al settore privato è gradualmente rallentata fino a dare alcuni segnali di contrazione. L’economia reale, già appesantita da un ciclo economico internazionale che si è andato indebolendo e da un deterioramento della fiducia delle famiglie e degli operatori economici, ne è risultata ulteriormente penalizzata.

Verso l’estate la situazione si è tuttavia un po’ stemperata. Tra maggio e luglio alcuni operatori esteri hanno interrotto il disinvestimento di portafoglio in titoli italiani. Nel terzo trimestre i rendimenti dei titoli di Stato sono diminuiti su tutte le scadenze proseguendo il cammino virtuoso anche nei due mesi successivi. Il calo si è riflesso anche sui rendimenti delle obbligazioni delle banche e delle imprese ed è stato accompagnato da una decisa ripresa delle quotazioni azionarie. Alcune banche italiane sono tornate a emettere sui mercati esteri. Il differenziale tra btp e bund tedeschi a inizio dicembre è tornato sotto i 300 punti base, come non accadeva da marzo.

Fig. 2.1.1 Produzione industriale nazionale. Dati corretti per gli effetti di calendario. Variazioni percentuali sullo stesso mese dell’anno precedente. Periodo gennaio 2000 – settembre 2012.

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat.

La stima preliminare sul Pil del terzo trimestre, destagionalizzata e corretta per gli effetti di calendario, ha confermato lo scenario recessivo emerso nei mesi precedenti, registrando, per il quinto trimestre

-30,0 -25,0 -20,0 -15,0 -10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0

gen.00 set mag gen.02 set mag gen.04 set mag gen.06 set mag gen.08 set mag gen.10 set mag gen.12 set

consecutivo, un calo dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente, che sale al 2,4 per cento se il confronto viene eseguito con lo stesso trimestre dell’anno precedente e in questo caso si tratta della quarta variazione consecutiva di segno negativo. Su queste basi si ha una variazione acquisita pari a -2,0 per cento.

Nella nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2012 del 20 settembre, il Governo ha rivisto al ribasso la previsione di calo del Pil dell’1,2 per cento contenuta nel Documento di Economia e Finanza presentato lo scorso 18 aprile, prevedendo una diminuzione del 2,4 per cento, superiore alla variazione acquisita del 2,0 per cento. Le stime dei vari centri di previsione differiscono tra loro di qualche decimale, ma sono tutte concordi nel prevedere una diminuzione superiore al 2 per cento. Il Fmi nell’outlook dello scorso ottobre ha previsto una riduzione del 2,3 per cento e sullo stesso piano si sono collocati la Commissione europea e l’Istat nelle previsioni proposte a novembre. L’Ocse nel suo economic outlook di fine novembre ha previsto una diminuzione del 2,2 per cento. Prometeia nello scenario presentato lo scorso ottobre ha confermato la stima governativa, correggendo al ribasso la previsione contenuta nell’’aggiornamento alla previsione di luglio (-2,1 per cento). A dicembre il Centro studi di Confindustria ha stimato una riduzione del 2,1 per cento, migliorando di 0,3 punti percentuali la stima di tre mesi prima.

Alla recessione si è associato l’inasprimento dei tassi di interesse del debito pubblico a lungo termine.

Nei primi dieci mesi del 2012, il rendimento medio lordo dei btp quotati al Mot è risultato oltre la soglia del 5 per cento fino ad agosto (unica eccezione il mese di marzo attestato al 4,76), toccando a gennaio il 6,22 per cento. Nei primi dieci mesi il rendimento medio è stato del 5,27 per cento, vale a dire 20 punti base in più rispetto all’analogo periodo del 2011. La crescita più consistente ha tuttavia riguardato i Cct a tasso variabile, il cui tasso medio, pari al 4,83 per cento, ha superato di 130 punti base il rendimento medio dei primi dieci mesi del 2011.

Fig. 2.1.2 Debito lordo della Pubblica amministrazione. Valori in milioni di euro. Situazione a fine periodo.

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna.

Sulla finanza pubblica continua a pesare l’abnorme consistenza del debito pubblico che sta procedendo verso i 2.000 miliardi di euro. Nello scorso settembre è arrivato alla cifra record di 1.995,143 miliardi di euro, vale a dire il 5,5 per cento in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Nella media dei primi nove mesi, la crescita è stata del 3,6 per cento. Secondo la Nota di aggiornamento al Def, il debito pubblico nel 2012 è destinato a incidere per il 126,4 per cento del Pil, rispetto al 120,7 per cento dell’anno precedente e 119,2 per cento del 2010. Su questo peggioramento hanno avuto un ruolo determinante i prestiti diretti alla Grecia, la quota di pertinenza EFSF1, oltre al programma ESM per gli

1 Non comprende gli aiuti previsti per la ricapitalizzazione del settore bancario spagnolo.

0,0 500.000,0 1.000.000,0 1.500.000,0 2.000.000,0 2.500.000,0

dic.96 dic. 97 dic. 98 dic. 99 dic. 00 dic. 01 dic. 02 dic. 03 dic. 04 dic. 05 dic. 06 dic. 07 dic. 08 dic. 09 dic. 10 dic. 11 set. 12

anni dal 2010 al 2015. Prometeia nello scenario di ottobre ha sostanzialmente confermato la stima governativa (126,0 per cento).

Per rassicurare i mercati sulla volontà dell’Italia di risanare i propri conti pubblici e onorare i propri debiti sono stati varati dal Governo presieduto dal Sen. Mario Monti diversi provvedimenti, tra i quali sono da citare per il loro impatto la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro, la liberalizzazione di mercati e professioni e la semplificazione delle procedure amministrative, oltre alla revisione della spesa pubblica. Nel contempo si è acuita la pressione fiscale, anche alla luce della reintroduzione della tassazione sulla prima casa. Nella Nota di aggiornamento al Def presentata il 20 settembre scorso i tributi sono destinati a incidere nel 2012 per il 44,7 per cento del Pil, in aumento rispetto al 42,5 per cento del 2011. Secondo la stessa nota gli effetti delle politiche restrittive dovrebbero ridurre l’indebitamento netto della Pubblica amministrazione al 2,6 per cento, sotto il 3 per cento previsto dal trattato di Maastricht, rispetto al 3,9 per cento del 2011. I dati del fabbisogno della Pubblica amministrazione relativi ai primi nove mesi del 2012 confermano tali attese, con un deficit di 61.853 milioni di euro in calo rispetto ai 62.539 dell’analogo periodo del 2011. Una analoga tendenza ha caratterizzato il fabbisogno del settore statale, che nei primi dieci mesi è ammontato a 58,5 miliardi di euro, contro i 60,9 dello stesso periodo del 2011. Un altro miglioramento è atteso in termini di saldo primario2 che dovrebbe sfiorare i 45 miliardi di euro di attivo, attestandosi al 2,9 per cento del Pil, rispetto all’1,0 per cento del 2011.

Per quanto concerne i flussi di spesa delle Amministrazioni pubbliche, il 2012 dovrebbe chiudersi con un peggioramento. In un contesto caratterizzato dal forte aumento degli interessi passivi - da poco più di 78 miliardi si è passati a 86 miliardi e 119 milioni di euro - le spese totali finali sono state previste in 805 miliardi e 711 milioni di euro, in aumento rispetto ai 798 miliardi e 565 milioni del 2011. Le sole spese correnti, compresi gli interessi passivi, ammonteranno a 758 miliardi e 884 milioni di euro contro i circa 750 miliardi e 648 milioni del 2011.

L’appesantimento della spesa pubblica è stato tuttavia in parte corroborato dalla crescita delle entrate.

Nella Decisione di finanza pubblica si attendono quasi 764 miliardi e mezzo di euro, rispetto ai 736 miliardi e 202 milioni del 2011. Le entrate tributarie si sono valse soprattutto dei concomitanti aumenti delle imposte dirette e indirette, rispettivamente pari al 7,6 e 6,6 per cento. I dati relativi ai primi nove mesi del 2012 hanno rispecchiato quanto previsto nella Decisione di finanza pubblica. Secondo i dati elaborati dal Ministero dell’Economia il gettito fornito dalle entrate tributarie erariali é ammontato a 292,526 miliardi di euro, con una crescita del 3,8 per cento rispetto all’analogo periodo dell'anno precedente. Se non si tiene conto, per avere un confronto omogeneo, dell'imposta sostitutiva una tantum sul leasing immobiliare registrata nel mese di aprile 2011, le entrate tributarie erariali presentano una crescita tendenziale pari al 4,2 per cento.

2.1.3. Il quadro economico regionale

In un contesto nazionale recessivo, secondo le stime redatte nello scorso novembre da Unioncamere regionale e Prometeia, l’Emilia-Romagna è destinata a chiudere il 2012 con una flessione reale del Pil del 2,6 per cento rispetto all’anno precedente (-2,4 per cento in Italia), in contro tendenza rispetto alla crescita dell’1,5 per cento rilevata nel 2011. Soltanto due mesi prima era stato prospettato un decremento leggermente più contenuto (-2,5 per cento), mentre a maggio la stima era attestata a -1,3 per cento. Il quadro congiunturale è apparso insomma in progressivo peggioramento e su questo scenario ha inciso anche il sisma dello scorso maggio, che ha colpito duramente le attività economiche di quattro province, senza dimenticare il tributo di vite umane e il danneggiamento del patrimonio artistico-culturale.

I prodromi della recessione hanno cominciato ad apparire negli ultimi mesi del 2011 per poi manifestarsi in tutta la loro evidenza nel 2012.

Ogni settore ha registrato cali dell’attività. L’agricoltura ha risentito di un clima estivo estremamente sfavorevole, tra siccità e gran caldo, che ha decurtato i raccolti estivi in misura considerevole.

Produzione, fatturato e ordini dell’industria in senso stretto sono apparsi in ridimensionamento, mentre è contestualmente aumentato il ricorso agli ammortizzatori sociali, specie di natura anticongiunturale.

L’unico concreto sostegno è venuto dalla domanda estera, anche se su ritmi meno intensi rispetto al 2011, ma a beneficiarne è stata solo una ristretta platea di imprese. L’edilizia ha accusato un nuovo calo dell’attività, anche se più attenuato rispetto al passato. I consumi hanno segnato il passo, con

2 E’ il risultato della differenza tra le entrate tributarie ed extratributarie e le spese, al netto della spesa sostenuta per gli interessi passivi sul debito pubblico.

conseguenti riflessi negativi su commercio e turismo. Nell’ambito degli altri servizi c’è stato un ridimensionamento del trasporto portuale e stradale, mentre quello aereo ha vissuto una situazione di luci e ombre, con Bologna a crescere e il resto degli aeroporti in calo. Gli impieghi bancari sono apparsi in diminuzione, mentre è cresciuto il peso delle nuove sofferenze. I tassi d’interesse sono apparsi in ripresa.

La stagione turistica è stata segnata dal calo, sia pure moderato, di arrivi e presenze, scontando oltre alla crisi dei consumi anche i timori conseguenti al sisma.

La sfavorevole congiuntura, unita all’eccesso di capacità produttiva, ha scoraggiato gli investimenti. I prezzi al consumo sono apparsi in ripresa rispetto all’anno precedente.

Il mercato del lavoro ha offerto un quadro tra luci e ombre. Alla tenuta dell’occupazione dei primi nove mesi si è contrapposto il forte incremento dei senza lavoro e degli ammortizzatori sociali, soprattutto in termini di Cassa integrazione guadagni di matrice anticongiunturale e di domande di disoccupazione.

La compagine imprenditoriale, soprattutto di imprese italiane, si è ulteriormente ridotta.

Il 2012 passerà pertanto alla storia come uno degli anni più negativi per l’economia dell’Emilia-Romagna, anche se in termini meno accentuati rispetto al 2009, che rimane il peggiore dal secondo dopoguerra. Nel 2013 si avrà una sostanziale replica di quanto prodotto nel 2012 (-0,1 per cento), mentre un po’ di luce dovrebbe accendersi nel 2014 (+1,6 per cento), ma con volumi di Pil largamente inferiori a quelli del 2007, prima che la crisi nata dai mutui statunitensi ad alto rischio cominciasse a manifestarsi (-6,2 per cento).

Come accennato precedentemente, lo scenario economico predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, redatto nell’ultima decade dello scorso novembre, ha descritto una situazione recessiva, aggravata dagli effetti del terremoto.

Alla diminuzione reale del Pil, stimata, come descritto precedentemente, al 2,6 per cento, si dovrebbe associare un andamento ancora più negativo per la domanda interna, che è stata prevista in calo del 3,7 per cento. Al di là della flessione, è da sottolineare che il livello reale del Pil atteso per il 2012 è apparso inferiore del 7,6 per cento rispetto a quello del 2007, quando la crisi era ancora in divenire. Come accennato precedentemente, nemmeno nel 2014 si riuscirà a uguagliare, quanto meno, il livello del 2007 (-6,2 per cento), a dimostrazione di come la crisi, nata dai mutui statunitensi ad alto rischio, abbia inciso pesantemente sugli output della regione, creando una profonda ferita nel tessuto economico della regione.

La pronunciata diminuzione della domanda interna – record negativo degli ultimi vent’anni - ha riflesso gli andamenti dello stesso tenore di consumi e investimenti. La spesa delle famiglie ha risentito della riduzione della capacità di spesa, evidenziando la flessione più elevata degli ultimi vent’anni (-3,3 per cento). Secondo lo scenario economico di Unioncamere Emilia-Romagna – Prometeia, il reddito disponibile delle famiglie e istituzioni sociali e private ha accusato una diminuzione del 2,2 per cento. Per restare agli ultimi vent’anni, solo nel 2009 si ebbe un calo più accentuato, pari al 3,7 per cento. Note negative anche per il valore aggiunto reale per abitante, che è diminuito del 3,3 per cento. La crescita dei senza lavoro e degli ammortizzatori sociali, con conseguente decurtazione degli emolumenti, ha creato un clima di profonda incertezza poco favorevole alle spese. A novembre Istat ha registrato il più basso clima di fiducia delle famiglie in termini destagionalizzati dal 1996. Anche i consumi delle Amministrazioni pubbliche e Istituzioni sociali private hanno contribuito a deprimere la domanda interna (-0,9 per cento), consolidando la tendenza negativa in atto dal 2010.

Dati ancora più negativi per gli investimenti fissi lordi, che sono apparsi in calo del 7,5 per cento rispetto al 2011. Se si estende il confronto alla situazione del 2007 si ha un “crollo” del 18,8 per cento.

L’acquisizione di capitale fisso è rimasta pertanto su livelli assai contenuti, acuiti dagli effetti del sisma, dalla profonda incertezza legata ai tempi della ripresa e da margini di capacità produttiva inutilizzata, che la forte diminuzione dell’output generata dalla crisi ha provveduto ad ampliare. Secondo una indagine della Banca d’Italia, effettuata tra settembre e ottobre, le imprese industriali dell’Emilia-Romagna hanno evidenziato una certa cautela, limitando i piani di investimento. Oltre la metà degli intervistati ha confermato per il complesso del 2012 una spesa in linea con quella programmata alla fine del 2011, che già implicava un forte calo dell’accumulazione.

Le esportazioni di beni, in uno scenario caratterizzato dal rallentamento del ritmo di crescita del commercio internazionale, sono state previste in diminuzione in termini reali del 2,3 per cento, sminuendo tuttavia solo parzialmente l’incremento dell’8,6 cento rilevato nel 2011. A valori correnti il calo dovrebbe attestarsi allo 0,7 per cento contro il +13,1 per cento dell’anno precedente. Questa previsione sottintende per il secondo semestre 2012 uno scenario radicalmente diverso da quello della prima parte che, secondo i dati Istat, era stata segnata da una crescita in valore del 5,2 per cento. L’ulteriore indebolimento della congiuntura internazionale è alla base di questa situazione, che nella nostra regione

è stata aggravata dal terremoto, che ha colpito aree tra le più orientate al commercio estero, vedi ad esempio il distretto del bio-medicale della zona di Mirandola.

Per quanto concerne la formazione del reddito, nel 2012 il valore aggiunto ai prezzi di base dei vari rami di attività è stato stimato in calo, in termini reali, del 2,5 per cento rispetto all’anno precedente,

Per quanto concerne la formazione del reddito, nel 2012 il valore aggiunto ai prezzi di base dei vari rami di attività è stato stimato in calo, in termini reali, del 2,5 per cento rispetto all’anno precedente,

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