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Non è infrequente che la liquidazione di una polizza assicurativa sulla vita per il caso morte, specialmente ove il beneficio sia genericamente destinato agli eredi

assicurazioni e diritto successorio *

1. Non è infrequente che la liquidazione di una polizza assicurativa sulla vita per il caso morte, specialmente ove il beneficio sia genericamente destinato agli eredi

dell’assicurato, dia luogo a un complesso contenzioso tra i potenziali beneficiari del capitale assicurato e la compagnia di assicurazione. Contenzioso che è probabilmen-te destinato a incrementare in ragione della recenprobabilmen-te decisione della Corprobabilmen-te di Cassa-zione1, che, modificando in modo radicale il proprio orientamento, sollecita le se-guenti riflessioni tese anzitutto a verificare portata e fondamento del nuovo corso giurisprudenziale. Tale indagine consentirà successivamente di svolgere ulteriori considerazioni di vertice sui rapporti tra autonomia contrattuale e diritto delle suc-cessioni mortis causa.

Il caso oggetto della decisione è paradigmatico e può essere sintetizzato nei se-guenti termini. A seguito del decesso dell’assicurato, una compagnia di assicurazio-ne liquida una polizza sulla vita, assicurazio-nella quale il beassicurazio-neficio era geassicurazio-nericamente destinato

* Una precedente versione di questo saggio è stata presentata il 2 marzo 2017 all’Università L. Bocconi di Milano nell’ambito dei Seminari di Diritto Privato organizzati dal prof. Pietro Sirena. Un sentito ringrazia-mento al discussant prof. Andrea Fusaro, al prof. Pietro Sirena, e ai dott. Davide Achille, Francesco Mezza-notte e Francesco Paolo Patti e gli altri partecipanti al seminario per le osservazioni e gli spunti di riflessione sul tema. Naturalmente, gli eventuali errori e imprecisioni sono da attribuire esclusivamente all’autore.

** Ricercatore nell’Università degli Studi di Milano.

1 Cass., 29 settembre 2015, n. 19210, in Foro it., 2016, I, c. 160 ss. e in Danno e resp., 2016, 736 ss., con nota di Cerini, I diritti dei beneficiari nell’assicurazione vita: tra volontà del contraente e successione.

agli eredi testamentari o legittimi, versando il capitale assicurato in tre parti eguali:

una alla moglie e una ciascuno ai due figli della sorella, precedentemente defunta.

La moglie impugna la liquidazione del beneficio pretendendo la metà del capita-le assicurato sostenendo che l’attribuzione agli eredi capita-legittimi prevista dalla polizza dovesse intendersi “per stirpi”2, con la conseguenza che si sarebbe dovuto dare rilie-vo alla successione dei nipoti del de cuius per rappresentazione nella posizione della madre.

Rigettata nei precedenti gradi di giudizio, la pretesa della moglie viene accolta dalla terza sezione della Corte di Cassazione con una decisione in netto contrasto con i precedenti, che avevano delineato un assetto piuttosto stabile dei rapporti tra diritto assicurativo e diritto successorio.

Il percorso argomentativo della S.C. è (apparentemente) lineare. Valorizzato il canone esegetico testuale, si giunge alla conclusione che « secondo il senso letterale dell’espressione “erede” … l’evocazione con detta espressione della figura dell’erede non può che implicare un riferimento non solo al modo in cui tale qualità è stata acquisita e , quindi, alla fonte della successione, ma anche alla dimensione di tale acquisizione e, dunque, al valore della posizione ereditaria secondo quella fonte». In altri termini, «il carattere polisenso dell’espressione letterale esclude che la presenza in una polizza assicurativa di un riferimento agli eredi sic et simpliciter come benefi-ciari per il caso morte dello stipulante possa intendersi di per sé significativa solo dell’individuazione della qualità e non anche della misura della posizione eredita-ria». Tale conclusione sarebbe giustificata, secondo la S.C., anche dall’impiego del criterio interpretativo della comune intenzione delle parti (art. 1362 c.c.), di quello teleologico e – ancorché non si tratti di un canone interpretativo usualmente impie-gato dai giuristi – al senso attribuito alla clausola dall’uomo comune3.

Prima di identificare il problema (§ 3) e rimeditare le soluzioni emerse nel dibat-tito dottrinale (§ 4, 4.1), è opportuno ricostruire gli argomenti che hanno

caratte-2 Come notato dalla stessa Cassazione, è singolare che non abbia costituito motivo di impugnazione anche l’applicazione dell’art. 582 c.c., ossia la norma che disciplina il concorso tra il coniuge e i collaterali del de cuius nella successione legittima. Si tratta, come si vedrà, della soluzione accolta dalla Cassazione che, in ossequio al principio della domanda, limita poi alla metà del beneficio quanto dovuto alla moglie del de cuius.

3 Si tratta, come è evidente, di un argomento molto debole in generale e affatto inconsistente nel caso di specie.

Da quest’ultimo punto di vista, è evidente che l’uomo comune, in assenza di una trasparente ed esaustiva informazione precontrattuale, difficilmente potrà farsi un’idea sugli effetti dell’applicazione della disciplina successoria ovvero di quella, contrattuale, delle obbligazioni divisibili. In altri termini, in questo caso – ma in generale il riferimento al senso comune non è un argomento facilmente soggetto a controllo critico – è arduo credere che il canone di buona fede imposto dall’art. 1366 c.c. (sul quale, v. per tutti Gentili, Senso e con-senso, II, Tecnica, Torino, 2015, 574 ss.) richieda al giudice di interrogarsi sul modo in cui il non giurista avrebbe percepito il significato della clausola di destinazione agli eredi: tanto più che non si pone alcun problema di affidamento del beneficiario, quanto piuttosto dell’assicurato deceduto o dell’assicuratore, il quale ha un concreto interesse a liberarsi dall’obbligo di versare il capitale assicurato (v. infra § 5).

rizzato il diritto vivente, superato dal recente revirement, anche in vista di un auspi-cabile intervento nomofilattico delle Sezioni Unite della S.C.4.

2. La questione dell’interpretazione della clausola di destinazione del beneficio agli eredi dell’assicurato è stata per la prima volta affrontata ex professo5 dalla S.C. più di vent’anni fa6. Il caso riguardava, in particolare, i criteri di ripartizione del benefi-cio tra gli eredi dell’assicurato in occasione della liquidazione di una polizza infortu-ni, nella quale era stato oggetto di pattuizione anche il rischio della morte dell’assi-curato, con conseguente applicazione (art. 1920, comma 3, c.c.) della disciplina delle polizze sulla vita.

La Cassazione, con impostazione rimasta ferma fino al recente revirement, enfa-tizzò il dato normativo in forza del quale, nel caso di una polizza per il caso morte, i beneficiari acquistano un diritto proprio, benché designati contrattualmente me-diante la qualifica di eredi dell’assicurato. Con la conseguenza che, in caso di plura-lità di beneficiari, trattandosi di un diritto contrattuale dei medesimi, i criteri di ri-partizione del beneficio si sarebbero dovuti ricavare dalla disciplina del contratto e non da quella delle successioni7. Questa lettura impone, secondo la S.C., di

riparti-4 Invero, la migliore dottrina, che scriveva nel vigore del codice di commercio, osservava che «è inutile insi-stere sull’interpretazione di queste clausole [di destinazione del beneficio], che dipende dall’apprezzamento del giudice; è inutile citare la giurisprudenza che non può avere autorità in questioni di fatto»: così Vivante, sub art. 453, in Il codice di commercio commentato, VI ed., VI, Del contratto di assicurazione, Torino, 1936, 440 (n. 583). Al riguardo, è possibile fin d’ora osservare che l’interpretazione della clausola di destinazione agli eredi (così come quella al coniuge) non è questione di mero fatto (o, per riprendere la S.C., di «buon senso»), che riguarda solo la decodificazione della volontà (ipotetica) dell’assicurato defunto, ma implica la soluzione di delicate problematiche giuridiche che sono oggetto delle seguenti riflessioni.

5 V. per una trattazione incidentale del tema: Cass., 3 dicembre 1988, n. 6548, in Resp. civ. e prev., 1989, 951;

Cass., 28 luglio 1980, n. 4851, in Giust. civ. Mass., 1980.

6 Cass., 10 novembre 1994, n. 9388, in Giust. civ., 1995, I, 949 s., ove si legge «nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore del terzo - cui si applica la disciplina dell’assicurazione sulla vita - la disposizio-ne contenuta disposizio-nell’art. 1920 comma 3 cod. civ. (secondo cui, per effetto della designaziodisposizio-ne, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione) deve essere interpretata nel senso che il diritto del benefi-ciario alla prestazione dell’assicuratore trova fondamento nel contratto ed è autonomo (“proprio”) cioè non derivato da quello del contraente; sicché, ad es., il beneficiario medesimo può rivolgersi direttamente all’as-sicuratore per pretendere l’indennità».

7 È utile riportare alcuni passaggi della motivazione: « In proposito, deve essere sottolineato che, in siffatti contratti, mentre la generica espressione “eredi”, utilizzata per designare i beneficiari, postula, per espressa volontà dei contraenti, la determinazione dei soggetti titolari dei diritti nascenti dall’assicurazione stipulata a favore degli stessi attraverso il previo accertamento della qualità di erede secondo i modi tipici di delazione dell’eredità (testamentaria o legittima: artt. 457 comma 1, 565 cod. civ.) - sicché l’espressione stessa serve, appunto, unicamente ad individuare le persone dei beneficiari -, la medesima espressione non può assoluta-mente intendersi come una sorta di “rinvio materiale” alla disciplina codicistica in materia di successione (testamentaria o legittima): infatti, l’affermazione dell’applicabilità di tale disciplina al terzo beneficiario di un’assicurazione contro gli infortuni (o sulla vita) implicherebbe la sua immediata contraddizione con il fondamento normativo (art. 1920 comma 3) dell’acquisto del diritto attributo al terzo, definito dalla legge come “proprio” e cioè autonomo, non derivato da quello dello stipulante.

re ex art. 1314 c.c. il beneficio in parti eguali tra gli eredi, senza considerare le quote di partecipazione di questi ultimi all’asse ereditario.

Dall’indicazione legislativa dell’acquisto di un diritto proprio da parte del benefi-ciario di una polizza assicurativa, la giurisprudenza successiva ricavò alcuni ulteriori corollari non ancora sviluppati nella sentenza del 1994. In particolare, con riferi-mento alla identificazione dei beneficiari, allorquando il contraente-assicurato abbia genericamente designato i propri eredi (legittimi o testamentari), la Cassazione8 stabilì che, trattandosi di un diritto proprio, i beneficiari potessero essere individua-ti mediante una relaindividua-tio solo parziale alle regole successorie, consentendo alle compa-gnie assicurative di liberarsi versando il capitale assicurato in parti eguali ai chiama-ti all’eredità (testamentaria o legitchiama-tima)9.

Così tratteggiato il contributo del formante giurisprudenziale, non può essere sottaciuta una certa insoddisfazione per il percorso argomentativo che connota am-bedue gli orientamenti menzionati, che, sia pure da prospettive antitetiche e nono-stante declamazioni di segno contrario, paiono valorizzare in modo eccessivo il dato letterale. Riferito al contratto, e in particolare all’impiego del lemma «erede» per

Se, dunque, la fonte regolatrice della controversia è costituita esclusivamente dal contratto, ne consegue che, ove questo preveda una pluralità di beneficiari rispetto all’indennità dovuta dall’assicuratore per il caso di morte dello stipulante e non prefiguri uno specifico criterio di ripartizione delle quote fra i beneficiari me-desimi, le quote stesse debbono presumersi uguali».

8 Cass., 14 maggio 1996, n. 4484, in Ass., 1996, II, 2, 88 ss. con nota di La Torre, L’assicurazione sulla vita

“a favore degli eredi”; in Dir econ ass., 1997, 334 ss., con nota di Polotti di Zumaglia, Un’ulteriore preci-sazione in tema di designazione di beneficiario nell’assicurazione vita; in Riv. not., 1996, 1490 ss.: «Nel con-tratto di assicurazione per il caso di morte del beneficiario il designato diviene titolare di un diritto proprio alla prestazione cui è tenuto l’assicuratore e cioè di un diritto che gli deriva dal contratto di assicurazione:

consegue che la designazione la quale indichi gli eredi legittimi o testamentari concreta mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari, e costoro pertanto divengono titolari di un diritto autonomo, che trova la sua fonte nel contratto; essi vanno individuati in coloro che rivestono, al momento della morte del contraente, la qualità di chiamati all’eredità di costui e sono pertanto irrilevanti, al fine, la rinuncia o accettazione dell’eredità da parte degli stessi». L’orientamento giurisprudenziale è stato ribadito in almeno altre due occasioni: cfr. Cass., 5 marzo 2001, n. 3160, in Foro it., 2001, I, 1, c. 2871 ss.: «In un contratto di assicurazione contro gli infortuni la generica designazione degli eredi legittimi quali beneficiari dell’in-dennizzo in caso di morte dell’assicurato vale a conferire ai designati un diritto autonomo proprio ai van-taggi dell’assicurazione, sì che, in caso di mancata indicazione di un criterio di riparto dell’indennizzo, questo va diviso tra i beneficiari in parti uguali e senza tenere conto delle norme in materia di successione»;

Cass., 23 marzo 2006, n. 6531, in Resp. civ. e prev., 2006, 1734: «Poiché nel contratto di assicurazione per il caso di morte il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1921 c.c., un diritto proprio derivante dal contratto alla prestazione assicurativa (salvi gli effetti dell’eventuale revoca della designazione ex art. 1921 c.c.), l’eventuale designazione dei terzi beneficiari con la categoria degli eredi legittimi o testamentari non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, atteso che tale designazione concreta una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari, i quali sono coloro che rivestono, al momento della morte del contraente, la qualità di chiamati all’eredità, senza che rilevi la (successiva) rinun-zia o accettazione dell’eredità da parte degli stessi». In dottrina, cfr., ex multis, Landini, La situazione giuri-dica del beneficiario nell’assicurazione sulla vita a favore di terzo, in Dir. priv., 1998, 210 ss. (e, in part., 223 ss.).

9 Si tratta della lettura tradizionale: cfr. Vivante, sub art. 453, cit., 442 (n. 585).

identificare il beneficiario della polizza, nella recente sentenza del 2015; riferito alla legge, e segnatamente all’acquisto ex art. 1920, comma 3, c.c. di un «diritto pro-prio», nella giurisprudenza precedente.

Tuttavia, pare piuttosto evidente che, per individuare una soluzione persuasiva (e perciò stabile), la questione non possa essere ridotta a un semplicistico e incerto eser-cizio di esegesi (del testo contrattuale ovvero della legge). Una corretta impostazione dell’indagine impone di approfondire i nessi sistematici tra la questione applicativa affrontata dalla giurisprudenza e la ricostruzione dei rapporti tra il diritto delle assi-curazioni e quello successorio10. Nella segnata direzione di indagine, sembra oppor-tuna una preliminare scomposizione del problema nei suoi elementi essenziali.

3. Come accennato sopra, nella prassi assicurativa è frequente che il beneficiario

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