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Quanto si è rilevato nel precedente paragrafo circa i limiti di incidenza del diritto successorio sull’autonomia contrattuale induce a verificarne la tenuta in

assicurazioni e diritto successorio *

4. La clausola di designazione degli eredi quali beneficiari di un’assicurazione sulla vita rappresenta uno dei punti più significativi di (almeno apparente) frizione

4.2 Quanto si è rilevato nel precedente paragrafo circa i limiti di incidenza del diritto successorio sull’autonomia contrattuale induce a verificarne la tenuta in

rela-zione a fattispecie ulteriori rispetto al tipo assicurativo codicistico. Non sembra, infatti, che la clausola di destinazione agli eredi sia connotata da peculiarità tali da generare risultati ermeneutici eccezionali. Cionondimeno, essa costituisce una ipo-tesi che si può ben considerare al confine tra la disciplina degli atti inter vivos con effetti post mortem e di quelli mortis causa. Con il che, pare possibile superare, sia pure parzialmente, l’opinione dell’autorevole dottrina che ha in passato rilevato il contrasto di alcune forme negoziali a favore del terzo con il divieto dei patti succes-sori, là dove lo schema negoziale consenta allo stipulante di disporre del bene finché in vita, facendo sì che l’oggetto dell’attribuzione coincida con id quod superest (in tutto o in parte) nel patrimonio del disponente alla sua morte78. Come rilevato nel precedente paragrafo, tale opinione non sembra tenere conto del fatto che l’assicu-razione sulla vita può atteggiarsi – sia pur in ipotesi astratta - negli esatti termini sopra indicati, senza che si determini un’antinomia con l’art. 458 c.c.

Una conclusione siffatta pare confermata, anzitutto, dalla disciplina dell’art.

1923 c.c. che, per le ragioni esposte in precedenza, implicitamente esclude il conflit-to con il divieconflit-to dei patti successori in relazione alle assicurazioni sulla vita miste, che sono pacificamente oggetto della medesima disciplina delle assicurazioni per il caso morte79.

Al dato appena messo in evidenza, si aggiunge la recente evoluzione della tipolo-gia contrattuale assicurativa che, in coerenza con gli sviluppi socio-economici, ha determinato un significativo ampliamento delle forme negoziali, connotate da una funzione previdenziale attenuata, ossia da un progressivo distacco dal nesso con il rischio demografico80. Ad esempio, nelle c.d. polizze rivalutabili di ramo primo81 (quindi appartenenti allo stesso ramo assicurativo della tradizionale assicurazione sulla vita per il caso morte) la struttura negoziale ammette il versamento di un pre-mio unico, a fronte dell’impegno dell’impresa di assicurazione di garantire, in vita, un certo rendimento all’assicurato, nonché il versamento di una certa somma (cor-rispondente al premio versato sommato al rendimento di una gestione patrimoniale separata) al beneficiario nel caso di decesso dell’assicurato. In queste ipotesi, è

altre-capitale assicurato debba essere attribuito agli eredi effettivi e secondo le quote di riparto dell’asse ereditario, poiché non si verificherebbe in questo caso l’acquisto di un diritto proprio, ma iure hereditario: Rojas Elgueta, La disciplina, cit., 80.

78 In questi termini, come noto, Nicolò, Attribuzioni, cit., CXII.

79 Si tratta, come noto, delle assicurazioni in cui è coperto dall’impresa di assicurazione sia il rischio dell’even-to morte, sia quello di sopravvivenza.

80 Per una sintetica illustrazione di questi modelli contrattuali: C.F. Giampaolino, Le assicurazioni. L’impresa - I contratti, in Tratt. Buonocore, continuato da Costi, III.3, Torino, 2013, 386 ss. Svaluta la funzione pre-videnziale delle nuove forme di assicurazione sulla vita: Rojas Elgueta, La disciplina, cit., 8 ss.

81 Cfr. Volpe Putzolu, Assicurazione sulla vita, fondi assicurativi e fondi comuni di investimento, in Giur.

comm., 1984, I, 229 ss.

sì frequente la facoltà dell’assicurato di riscattare in tutto o in parte il premio versato (fermo restando il riconoscimento di una certa remunerazione all’impresa di assicu-razione per l’attività di gestione del patrimonio)82.

È noto, poi, che le imprese assicurative sono autorizzate a svolgere attività di distribuzione e gestione di forme previdenziali alternative, di strumenti di capitalizzazione, così come di prodotti misti finanziari-assicurativi, nei quali è sovente prevista una clausola di destinazione del capitale assicurato per l’eventualità della morte dell’assicurato83. Pur essendo evidenti le differenze rispetto al modello tradizionale dell’assicurazione sulla vita per il caso morte, in considerazione della minore (o assente) incidenza del rischio demografico, le variegate tipologie assicura-tive appena menzionate paiono confermare la progressiva trasformazione della fun-zione previdenziale che storicamente connota l’assicurafun-zione sulla vita, attraverso il confluire nella struttura causale dell’operazione di una maggiore connotazione fi-nanziaria. Del resto, il dibattito sulla funzione dell’investimento finanziario, ne sot-tolinea sempre più spesso una importante e ineliminabile componente previdenzia-le84, con il conseguente avvicinamento, almeno sotto questo profilo, di molte forme di impiego del denaro nel mercato finanziario.

Si potrebbe obiettare che la giurisprudenza85 e la dottrina86 abbiano dubitato della possibilità di applicare parte della disciplina (in particolare, l’art. 1923, comma 1, c.c.) dell’assicurazione sulla vita a queste tipologie assicurativo-finanziarie, sul presupposto che esse non sarebbero connotate da quella funzione previdenziale, stricto sensu intrecciata al nesso con il rischio demografico che connota il tipo con-trattuale tratteggiato dal codice87. Invero, l’obiezione è superabile poiché l’ipotizzata disapplicazione della disciplina codicistica (artt. 1922 e 1923 c.c.) non significhe-rebbe affatto isolare queste polizze da un potenziale rilievo sul piano (para)

82 La funzione propriamente previdenziale delle polizze rivalutabili è rimarcata, tra gli altri, da Corrias, Pre-videnza, cit., 94 (in nota ulteriori riferimenti).

83 Al riguardo, anche per ulteriori riferimenti, v. Corrias, Previdenza, cit., 95 ss., il quale distingue in modo netto il contratto di capitalizzazione e le polizze rivalutabili e finanziarie.

84 Moloney, How to protect investors, Cambridge, 2009, 1 ss.; adde, pur in altro contesto, Dalmartello, Pro-spettive dell’affidamento fiduciario nei servizi di investimento: i rimedi, in La fiducia e i rapporti fiduciari, a cura di E. Ginevra, Milano, Giuffrè, 2013, 383 ss.

85 V. Trib. Parma, 10 agosto 2010, in Dir. econ. ass., 2011, 2 ss. Contra, Trib. Bologna, 12 gennaio 2001, in Ass., 2002, II, 164.

86 V. ad es., in termini generali, Gambino, Finalità e tendenze attuali delle assicurazioni sulla vita, in Ass., 1985, I, 483; Contra, nel senso dell’elasticità causale della disciplina in tema di assicurazione sulla vita: Volpe Putzolu, Le polizze unit linked e index linked, in Ass., 2000, I, 235 s.

87 Nell’ordinamento francese, la Cassazione (Cass., ch mixte, 23 novembre 2004, 03-13673) ha escluso che le forme assicurativo-finanziarie dovessero essere disciplinate in modo differente dal modello classico. Tale orientamento è assai controverso, giacché la disciplina assicurativa esclude che sia il capitale assicurato, sia i premi versati dal contraente-assicurato facciano parte dell’asse ereditario (con l’eccezione di quanto previsto sui premi eccessivi dall’art. L 132-13 Code des assurances). Al riguardo, v. Pérès, Will-subsititutes, cit., 170 s., ove ulteriori riferimenti.

successorio, allorquando siano accompagnate da clausole di destinazione del benefi-cio con effetti post-mortem. Al contrario, come attenta dottrina ha rilevato88, esclu-dere l’operatività degli artt. 1922 e 1923 c.c. fa sì che, sotto questo profilo, l’inter-prete sia autorizzato a colmare la lacuna attraverso un (sorvegliato) impiego in chiave analogica della disciplina successoria, là dove emergano specifiche esigenze di tutela della libertà e dell’integrità del consenso del disponente89, delle aspettative dei legittimari90 o di quelle dei creditori del de cuius91. Tale ipotesi ermeneutica presup-pone l’equivalenza funzionale tra la disposizione successoria e quella contrattuale, con il che – è stato rilevato – l’analogia sarebbe limitata alle situazioni in cui per-manga la libera facoltà di revocare il beneficiario, fino alla morte del disponente92. Di conseguenza, là dove sia negoziata tra le parti la rinuncia alla facoltà di revoca del

88 V. Zoppini, Contributo, cit., 1102 ss.; Rojas Elgueta, Evoluzioni, cit., 425 ss., il quale si concentra in particolar modo sulle operazioni di capitalizzazione.

89 A tal riguardo, è possibile prospettare l’applicazione analogica delle ipotesi di indegnità previste dall’art. 464 c.c. che operano sia nel caso dell’istituzione di erede che in quello del legato di specie (v., per tutti, C.M.

Bianca, Diritto civile, 2.2., Le successioni, V ed., Milano, 2015, 22 ss.). Sono evidenti le differenze della disciplina successoria rispetto al regime delle donazioni indirette, al quale pure fa riferimento l’art. 1922 c.c., ove è richiamata la disciplina della revocazione delle donazioni per ingratitudine (art. 801 c.c.). La di-sciplina successoria non richiede – per evidenti ragioni – l’intervento del disponente e, qualora si aderisca alla impostazione che la configura quale ipotesi di incapacità a succedere (al riguardo, v. Bianca, Diritto, cit., 25 ss., il quale, pur confutandone il fondamento, considera tuttora prevalente la tesi che ricostruisce l’indegnità alla stregua di una sanzione applicata dal giudice su richiesta di un interessato), opera ipso iure.

Inoltre, risulterebbero applicabili, con modesti adattamenti, le ipotesi di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’art. 464 (non risulterebbe comunque applicabile, considerato il divieto di applicazione analogica che vige nell’ordinamen-to penale, la previsione di cui all’art. 609 nonies c.p. che prevede la pena accessoria dell’esclusione dalla successione della persona offesa per chi sia condannato per delitti contro la libertà e l’onore sessuale), che non sono richiamate dall’art. 801 c.c. A questo riguardo, va osservato che, almeno con riferimento all’ipo-tesi dell’art. 464, n. 4, c.c. (ossia al caso della violenza e del dolo nei confronti dell’ereditando), Palazzo, Istituti, cit., 121 ss., ha osservato che risultati sostanzialmente analoghi possono essere raggiunti mediante l’applicazione della disciplina dell’annullabilità del contratto alla designazione, in quanto atto negoziale unilaterale al quale è applicabile la disciplina del contratto in generale (art. 1324 c.c.).

90 Anche in questo caso, l’applicazione della disciplina successoria consente di richiamare le regole relative alla riduzione delle disposizioni testamentarie e non, viceversa, quelle relative alle donazioni indirette (art. 555 c.c.) oggetto del rinvio contenuto nell’art. 1923 c.c. Con la conseguenza pratica, non trascurabile, che ad essere oggetto di potenziale riduzione (art. 558 c.c.) sarà il capitale assicurato (e non i premi versati dall’as-sicurato) e che tale disposizione sarà ridotta assieme a quelle testamentarie e non secondo l’ordine di ridu-zione delle donazioni (così invece Palazzo, Autonomia contrattuale, cit., 144; Ieva, I fenomeni, cit., 122 s.).

Un ulteriore potenziale ostacolo che in concreto i legittimari possono trovare nell’ottenere adeguata tutela dei propri diritti deriva dall’invocazione da parte delle compagnie di assicurazione della disciplina sulla privacy, che osterebbe alla dichiarazione del nominativo del beneficiario della polizza vita: v. ad es. Trib.

Firenze, 26 novembre 2015, in Corti fiorentine, 2016, 111 e ss., con nota di Nazzaro, Assicurazione a favo-re di terzo e diritti degli efavo-redi dell’assicurato, la quale riconosce il diritto dei legittimari di ottenefavo-re il nomina-tivo del beneficiario a seguito di instaurazione di un procedimento giudiziale ad hoc.

91 La tutela dei creditori ereditari non sarà affidata solo allo strumento (di difficile applicazione, se non in casi limite) della revocatoria ordinaria dei premi prevista dall’art. 1923 c.c., ma essi potranno richiedere la sepa-razione (art. 512 c.c.) del capitale assicurato.

92 Cfr., ancora, Zoppini, Contributo, cit., 1111 ss.; Rojas Elgueta, Evoluzioni, cit., 431.

beneficiario, bisognerebbe interrogarsi sulla possibilità di applicare le norme in tema di liberalità indirette, già richiamate dalla disciplina assicurativa (art. 1923 c.c.).

Tuttavia, sembra che l’elemento dell’irrevocabilità dell’attribuzione non debba esse-re sopravvalutato, là dove la natura parasuccessoria dell’operazione risulti comunque prevalente in ragione della espressa facoltà del disponente di riscattare in tutto o in parte i premi versati: con ciò determinando, nei fatti, una revoca dell’attribuzione pure in presenza di una rinuncia alla facoltà di revoca93.

Le precedenti osservazioni paiono comprovare la validità della designazione di un beneficiario – generico o specifico – per il caso morte in un’operazione anche solo lato sensu previdenziale. Alla luce dell’evoluzione della prassi assicurativa e delle moderne esigenze a cui essa risponde, resterebbe da chiedersi se sia giustificato riser-vare alla sola operazione espressamente considerata dalle norme del codice – e alle sue deviazioni diffuse nella prassi – la funzione di operare con effetti post-mortem con tanta ampiezza. In altri termini, pur in assenza dei requisiti strutturali indivi-duati dalla dottrina e dalla giurisprudenza (revocabilità dell’attribuzione e determi-natezza ex ante del suo oggetto), non pare incongruo ipotizzare la piena validità di ogni operazione, con struttura a favore del terzo ed effetti post-mortem, nella quale sia riscontrabile una causa concreta idonea a giustificare l’attribuzione al promitten-te nel corso della vita dello stipulanpromitten-te e che quindi non sia retta dal solo scopo di eludere il divieto dei patti successori. Naturalmente, a condizione che ricorrano i presupposti sopra individuati, anche a tali operazioni si applicherà analogicamente la disciplina successoria nei termini sopra accennati.

5. La piena validità ed efficacia della clausola in favore degli eredi, interpretata

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