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Iniziative di coordinamento e armonizzazione a livello internazionale

Roma, 6 dicembre

8. Iniziative di coordinamento e armonizzazione a livello internazionale

Come si è accennato, nel settore assicurativo non esiste ancora un’armonizzazione dei sistemi di risoluzione e degli schemi di garanzia comparabile con quella introdotta nel settore bancario dalla c.d. BRRD (Bank Recovery and

Resolution Directive).

Diamo, comunque, qui di seguito, alcune informazioni sulle iniziative in corso a livello internazionale (Financial Stability Board - FSB - -International Association of Insurance Supervisors - c.d. IAIS – ed EIOPA) in materia (slide nn. 12 e 13).

Una matrice comune a livello internazionale è rappresentata dall’appendice assicurativa dei Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial

Institutions messa a punto dal FSB nel 2014 e alla quale ha fatto seguito, nel giugno

del 2016, la pubblicazione, sempre da parte del FSB, del Documento Developing

Effective Resolution Strategies and Plans for Systemically Important Insurers, che

individua gli aspetti salienti che devono caratterizzare un’efficace strategia di risoluzione per un gruppo assicurativo a rilevanza sistemica (G-SII).

Il FSB sta lavorando alla redazione della c.d. Key Attributes Assessment

Methodology for the Insurance Sector, la quale, sulla falsariga di quella pubblicata

per il settore bancario ad ottobre del 2016, dovrebbe guidare le verifiche di compliance degli ordinamenti nazionali rispetto ai Key Attributes (72). L’Assessment Methodology sarà presumibilmente posta in consultazione dal FSB a fine anno, per essere poi pubblicata definitivamente entro il 2018.

Sempre a livello internazionale, la IAIS sta lavorando alla revisione degli Insurance Core Principles (ICPs) (73) concernenti il crisis management assicurativo, con particolare riferimento a quelli relativi alle Misure correttive e preventive (ICP 10)

72

I Key Attributes sono “verificati” dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale come parte del Financial Sector

Assessment Program (FSAP) e come “stand-alone” Reports on the Observance of Standards and Codes

(ROSCs).

73

Gli ICPs (Insurance Core Principles) costituiscono il primario strumento di soft law utilizzato dalla IAIS per prescrivere agli Stati membri gli elementi e i principi essenziali che devono essere presenti nell’attività di vigilanza dei supervisors.

e alla Liquidazione e uscita dal mercato (ICP 12). I nuovi ICP 10 e 12 - che potenziano le misure di risanamento già in vigore negli ordinamenti nazionali e introducono nuove misure di risoluzione - sono già stati posti in pubblica consultazione nella primavera del 2017 e saranno pubblicati entro la fine dell’anno, sebbene l’entrata in vigore sia prevista non prima del 2019.

In ambito europeo, L’EIOPA, oltre a seguire una serie d’iniziative nel campo della stabilità finanziaria (Financial Stability Report annuale; Risk Dashborad trimestrale; Stress test periodici), ha pubblicato a luglio del corrente anno una Opinion indirizzata alle istituzioni europee avente ad oggetto la possibile armonizzazione dei framework nazionali in materia di recovery e resolution.

L’Opinion, sottoposta dapprima in pubblica consultazione nella forma di Discussion paper indirizzato alle Autorità nazionali e agli stakeholders, raccomanda alle Istituzioni europee la definizione di un framework di armonizzazione minima nella materia del risanamento e risoluzione delle imprese di assicurazione.

Secondo EIOPA l’armonizzazione minima dovrebbe riguardare la definizione di un approccio comune per quanto concerne le caratteristiche del c.d. recovery and

resolution planning e l’individuazione di precisi poteri di risoluzione, i quali, sulla

falsariga di quanto previsto in ambito bancario dalla c.d. BRRD ma preservando talune specificità del settore assicurativo, dovrebbero accrescere il toolkit di strumenti a disposizione delle Autorità nazionali per la gestione delle crisi delle imprese assicurative.

Secondo EIOPA il predetto quadro armonizzato dovrebbe comprendere a) la preparazione e la pianificazione delle misure da attivare al verificarsi di una crisi; b) misure di intervento precoce; c) la risoluzione; d) forme di cooperazione e coordinamento transfrontalieri.

Sebbene la disciplina degli schemi di protezione degli assicurati e, più in generale, del c.d. resolution funding non ricadano nel contenuto dell’Opinion, l’Autorità europea ha condotto una indagine conoscitiva volta a verificare quali siano i sistemi di garanzia attualmente vigenti nei Paesi membri, rilevando notevoli

disomogeneità fra di essi (dalla analisi condotta è emersa la presenza di schemi di protezione degli assicurati in 23 Paesi, ma in cinque di essi - tra cui l’Italia – tali schemi sono limitati alla r.c.a. obbligatoria) (slide n. 14).

Non è escluso, pertanto, che in tali ambiti possano essere condotti ulteriori approfondimenti, data l’importanza ricoperta da quest’ultimi nelle dinamiche di un eventuale framework europeo in materia di risoluzione delle imprese del settore assicurativo.

Stefano De Polis – Segretario Generale IVASS

Grazie all’Avvocato Galanti per questo interessantissimo quadro sinottico e direi, forse primo tentativo, possibile proprio grazie alla sua esperienza su entrambi i settori. Interessanti i temi, presenti anche nel mondo assicurativo, del privilegio sugli attivi per la gestione delle crisi e degli schemi di protezione. In Italia, nel mondo assicurativo abbiamo uno schema di protezione molto efficace ma limitato al settore della RC Auto, e questo è un tema ovviamente su cui riflettere. Vorrei ringraziare l’Avvocato Galanti anche perché, insieme ai colleghi dell’ufficio consulenza legale dell’IVASS è l’organizzatore di queste iniziative. Quindi grazie, grazie veramente Enrico.

Roberto Cercone – Vice Capo dell'Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi della Banca D’Italia

Grazie e buongiorno a tutti, un ringraziamento anche da parte mia perché credo che questo sia il primo confronto comparativo tra banche ed assicurazioni almeno in materia di crisi e credo che ce ne saranno tanti perché si parla da tempo ormai, come sappiamo, di integrazione tra banche ed assicurazioni dal punto di vista operativo, del mercato.

Adesso, forse, si aprirà una stagione feconda di integrazione delle norme, diciamo così, poi qui mi fermo perché il passaggio successivo, sarebbe l’integrazione delle autorità che però in parte, come sappiamo è già avvenuto.

canto ad Enrico che ha già in maniera così sintetica, però mi pare completa, individuato i punti di differenza e di similitudine tra le crisi, in particolare la liquidazione delle banche e delle assicurazioni, ma guarderò allo specifico della crisi delle banche dal punto di vista degli strumenti di uscita dal mercato delle stesse. E da questo punto di vista diciamo che l’archetipo, lo schema che si è consolidato agli inizi del secolo scorso era centrato sulla procedura di liquidazione coatta amministrativa e, come peraltro sappiamo, quella bancaria ha fornito lo spunto per la disciplina generale che poi è stata inserita nella legge fallimentare.

Quindi un’uscita dal mercato coattiva é una misura che si può prendere sia in casi di dissesto economico ma anche in caso di dissesto gestionale, cioè sia in caso di perdite o altri indicatori di tipo economico, ma anche in casi di irregolarità o di violazioni amministrative. Sappiamo che è una procedura che ammette un certo grado di discrezionalità e la giurisprudenza ci dice che si tratta di discrezionalità tecnica nell’accertamento dell’esistenza dei presupposti.

E sappiamo anche che quel presupposto era un presupposto piuttosto stretto, cioè le perdite dovevano essere di eccezionale gravità, le anomalie, anche queste, di eccezionale gravità. Quindi, in sostanza, si configurava un’uscita dal mercato tendenzialmente amministrata dall’autorità di vigilanza, in situazioni estreme che, fondamentalmente, individuavano una condizione di irreversibilità della crisi, quindi l’impossibilità di continuare a procedere.

Per patologie meno rilevanti, come sappiamo, c’erano altre cose che poi magari indicheremo. Ora, rispetto a questo che ho chiamato un archetipo che cosa è successo nel tempo? Anzitutto, abbiamo scoperto che l’uscita dal mercato può essere anche volontaria. Intendiamoci, non è che la liquidazione volontaria non esistesse prima, però c’è stato, nell’evoluzione della storia, un momento in cui questo strumento ha avuto una felice stagione. È naturalmente uno strumento che realizza l’uscita dal mercato ma in modo volontario, quindi non c’è un’autorità che te lo impone, ancorché dietro la scelta della banca che esce dal mercato ci sia un’autorità che la stimola in questo senso se essa non è in grado di valutare in autonomia che è arrivato il momento di passare la mano.

È, però, un’uscita dal mercato che richiede dei presupposti particolari.

Intanto non ci può essere un patrimonio netto negativo, diciamo così, considerando anche le spese naturalmente di procedura. Cioè non ho bisogno della concorsualità, sostanzialmente, e quindi posso ammettere un’uscita che si fondi su una situazione che è in bonis e che continua a rimanere in bonis.

L’altro aspetto è capire se questo significa che una liquidazione volontaria si fa quando hai una situazione economica che ti consente di riallocare l’azienda sul mercato, perché anche nelle liquidazioni volontarie la modalità operativa è quella della cessione di attività e passività che abbiamo già visto essere propria della liquidazione coatta amministrativa.

Ecco, la domanda è, a questo punto, se si può fare una liquidazione volontaria in presenza di mere irregolarità. Da un punto di vista, come dire, strettamente aziendalistico sì perché, come abbiamo visto, se c’è un patrimonio netto positivo o comunque non negativo, sono in grado di non dover ricorrere alla concorsualità. Però quello che nel tempo si è disegnato è uno schema che individua, nel ricorso alla liquidazione coatta, un elemento di valore aggiunto anche rispetto alla liquidazione volontaria quando ci sono soltanto irregolarità. E questo per la figura del commissario liquidatore che, come sappiamo, è pubblico ufficiale, quindi è un soggetto sganciato, diciamo così, dalla fiducia dell’assemblea perché nominato da una vigilanza autonoma, dalla banca.

Questo soggetto è meglio in grado di perseguire le responsabilità, per esempio l’attivazione di azioni responsabilità, di fare delle ricostruzioni sulle anomalie gestionali che possono far emergere anche vicende di tipo penale e via dicendo.

In sostanza, anche nel caso in cui non abbiamo bisogno di ricorso a concorsualità, scusate il gioco di parole, c’è un valore aggiunto nella liquidazione coatta. Quindi non c’è un automatismo nel ricorso alla liquidazione volontaria. Questa cosa che nel tempo, come dicevo, ha avuto dei momenti di particolare utilità per la soluzione di situazioni critiche, ha avuto poi una sorta di riconoscimento normativo, cioè è stata in qualche modo normativizzata. Infatti, se noi andiamo a vedere oggi le procedure di uscita dal mercato degli intermediari non bancari, quindi parliamo di

quelli ex art. 106 T.U.B., parliamo degli istituti di pagamento, parliamo degli istituti di moneta elettronica, vediamo che lì il legislatore ci da un’indicazione, un viatico verso l’utilizzo della liquidazione volontaria.

Difatti, in quegli articoli, in quella disciplina non si parla più di liquidazione coatta, si parla di revoca dell’autorizzazione a cui normalmente segue lo scioglimento della società e quindi la liquidazione volontaria, ma l’autorità può convertire, passatemi il termine atecnico, la procedura in coatta se non ci sono le condizioni per un ordinato svolgimento dell’attività. Questa valutazione dell’autorità è una valutazione che c’era già prima perché la liquidazione volontaria è sì attivata dalla banca, ma è comunque una procedura amministrata, quindi c’è un vaglio dell’autorità sulla possibilità che la liquidazione volontaria si possa fare, nel senso che avvenga in modo ordinato.

Ordinato sostanzialmente dal punto di vista degli interessi che tutela un’autorità di vigilanza e dell’assenza di impatti negativi sulla clientela, sui depositanti nel caso delle banche, quindi sostanzialmente l’assicurazione di una continuità operativa. Ecco, questo controllo continua ad essere previsto anche in questa nuova forma di liquidazione volontaria normativizzata, passatemi l’espressione, che segna però un passaggio ulteriore in questa costruzione dei meccanismi di uscita dell’impresa dal mercato.

Un ulteriore elemento di novità è l’intervento del Giudice che nello schema tipico della liquidazione coatta amministrativa, come sappiamo, è un intervento tutto sommato marginale. Può dichiarare l’insolvenza, quando ne ricorrono le condizioni, e ovviamente esercita il sindacato ordinario che esercita il Giudice su tutti gli atti pubblici e privati che vengono posti in essere all’interno dell’ordinamento. Qui, invece, si attribuisce al Giudice il potere di attivare la liquidazione giudiziale che, peraltro, ha un’interessante assonanza con il nuovo termine che la delega sulla riforma della legge fallimentare utilizza che è proprio questo. Se noi, infatti, andiamo a guardare l’art. 57 del T.U.F. scopriamo che, quando dentro una SGR, una società di gestione del risparmio in bonis, c’è un fondo che fa prevedere di non riuscire, che non sarà possibile pagare tutti i creditori, ebbene in quel caso lo strumento di uscita dal mercato del fondo è appunto la dichiarazione fatta dal Tribunale, quindi la

dichiarazione giudiziale, che poi innesca una fase di liquidazione simil coatta. Qui si potrebbero aprire diversi ragionamenti per capire quanto è sovrapponibile questa procedura a quella della liquidazione coatta.

Diciamo che c’è un richiamo alla disciplina, ma insomma per quello che serve in questo intervento, non andrei oltre. Però, appunto, abbiamo un ulteriore strumento che l’ordinamento prevede. Poi abbiamo le attivazioni giudiziarie della liquidazione coatta. Cioè il Giudice non dichiara la liquidazione giudiziale, come abbiamo visto prima, certo dei presupposti da cui scatta la disciplina della liquidazione coatta amministrativa.

Naturalmente il primo fattore di questo tipo, lo abbiamo già detto prima, è la dichiarazione di uno stato di insolvenza. Se in costanza di continuità dell’intermediario interviene una dichiarazione di insolvenza del Giudice, questa obbliga l’autorità amministrativa ad avviare la liquidazione coatta amministrativa, diciamo che è un presupposto di attivazione.

Ma non è solo questo, perché se noi poniamo mente alla disciplina della responsabilità penale delle società, scopriamo che lì c’è un ulteriore strumento che fa scattare la liquidazione coatta amministrativa, sempre nelle mani del Giudice. Perché, come sappiamo, in sede di accertamento della responsabilità penale delle società, il Giudice può irrogare una serie di sanzioni che sono sanzioni pecuniarie, ma anche sanzioni interdittive, temporanee, transitorie eccetera.

Ebbene, c’è una norma speciale sia per le banche che per gli intermediari finanziari, quindi nel T.U.B.e nel T.U.F., la quale ci dice che l’applicazione delle sanzioni interdittive, cioè quelle che implicano un’interruzione dell’attività, non la puoi fare come per tutte le imprese perché c’è un problema di continuità di funzionamento e, quindi, di salvaguardia della continuità dei rapporti bancari, ma lo devi fare attraverso le procedure speciali di uscita dal mercato della banca o degli intermediari finanziari e, quindi in sostanza, non fai una sanzione interdittiva, ma l’autorità deve avviare l’amministrazione straordinaria, la liquidazione coatta amministrativa.

amministrativa. Quindi di nuovo, a completare questo schema, vediamo che c’è un’ulteriore fattispecie che mette nelle mani del Giudice, questa volta penale, come dire il trigger, il presupposto che fa scattare la liquidazione. Che succede con la BRRD a questo punto? Perché l’ultima arrivata è appunto la BRRD.

Allora, intanto diciamo subito che la BRRD non si occupa della liquidazione coatta amministrativa, introduce un quadro nuovo, è stato detto, che è quello della risoluzione, ma lascia vivere le procedure nazionali preesistenti, quindi per noi la liquidazione coatta amministrativa della banca.

Allora io vorrei, e questa è l’ultima parte del mio intervento, vorrei ripercorrere insieme, ma molto rapidamente, qual è il meccanismo integrato tra BRRD, quindi nuova disciplina comunitaria delle crisi bancarie e liquidazione coatta amministrativa, e poi toccare veramente molto rapidamente alcuni punti critici, ahimè forse più sollevando problemi che dando soluzioni.

Intanto vorrei sottolineare il fatto che la BRRD introduce una cesura nella omogeneità della normativa sulla liquidazione coatta, sull’uscita dell’impresa dal mercato, perché la BRRD si riferisce tendenzialmente alle banche, poi anche a sim che si trovano nell’ambito del gruppo bancario, però diciamo è una procedura delle banche. Quindi questo realizza una frattura: è una disciplina che riguarda soltanto le banche.

Domani probabilmente le società assicurative, poi ci sono anche ipotesi di estensione alle controparti centrali, ma insomma il tema sarebbe troppo ampio.

Dopo il recepimento della BRRD, come cambia il sistema? Allora, in questa slide voi vedete in basso la condizione della banca che passa da una situazione di ordinarietà ad una situazione di stress, quindi di crisi non ancora definitiva, ad una situazione di dissesto, e in alto vediamo cosa succede nel tempo, in questa ipotetica progressione della crisi.

Se noi guardiamo i cerchi blu, vediamo che nella situazione di difficoltà della banca c’è un momento di svolta in cui la vigilanza, che vedete in alto, deve accertare

se la banca è in dissesto, questa è la formula, oppure no. È la dichiarazione, in inglese, di failing or likely to fail, diciamo che dice guarda che questo intermediario non può più andare avanti.

Che succede a questo punto?

Parliamo solo di procedura, poi magari vedremo alcuni punti di contenuto.

Una volta dichiarato il fallimento della banca, la giurisdizione passa all’autorità di risoluzione. Quindi la banca viene consegnata ad un’altra autorità, nel caso nostro è sempre la Banca d’Italia ma è un’unità distinta, la quale deve fare altri due accertamenti. In primo luogo, deve capire se siamo veramente all’ultima spiaggia, cioè se ci sono alternative di mercato o anche ulteriori iniziative di vigilanza che possono far regredire questa crisi e non farla progredire verso il dissesto finale.

Se accerta che non ci sono soluzioni, allora deve svolgere questo singolare test chiamato test dell’interesse pubblico, cioè deve verificare sostanzialmente se il fallimento di quella banca determinerebbe un impatto su una serie di interessi che sono specificamente individuati nella normativa e che, in sintesi, possiamo indicare nella stabilità finanziaria, nell’assenza di impatti sull’economia reale, nella tutela degli interessi dei creditori, dei depositanti e dei clienti, più altri aspetti.

Una volta accertato che c’è l’interesse pubblico, quindi ipotizziamo che questa sia una banca fortemente interconnessa, con una buona dimensione a livello sistemico e quindi c’è un problema, che cosa si fa? Non si va in risoluzione, questo è un punto che non sempre è indicato con chiarezza, non si va in risoluzione ma si va in liquidazione, cioè si applica la procedura nazionale.

A che serve la risoluzione allora?

La risoluzione serve se la procedura nazionale non è in grado di soddisfare quegli interessi nello stesso modo in cui la disciplina comunitaria si aspetta che vengano soddisfatti e se è così, allora e solo in quel caso, si applica la risoluzione.

Quindi se c’è un interesse pubblico, vedi se la tua procedura nazionale ti consente di soddisfarlo o di realizzarlo con i tuoi strumenti, altrimenti ti do io una procedura standard, omogenea a livello comunitario che tu a quel punto devi applicare.

Questo un po’ è lo schema generale.

Due tre punti critici ma, ripeto, molto rapidamente.

Il forfait, la dichiarazione di dissesto. Questa è una miniera di problemi che però è anche una miniera di opportunità perché dentro il calderone della dichiarazione di dissesto c’è di tutto. Abbiamo una situazione di patrimonio netto negativo che abbiamo già indicato prima e che non ci crea molti problemi perché già oggi è una di quelle situazioni che lo stesso giudice fallimentare in genere considera nella sua dichiarazione di insolvenza e che già è un presupposto per la liquidazione coatta e non ci crea problemi; abbiamo l’introduzione di un elemento prospettico, cioè il fatto che a breve tu ti troverai in quella condizione, ma poi abbiamo altri due elementi importanti: il primo elemento, che indico ma non sviluppo, è il fatto che dentro quel dissesto c’è anche la condizione di illiquidità o la condizione di illiquidità futura e questo crea un ordine di problemi di interconnessione con gli strumenti di gestione delle crisi di liquidità, non esclusa l’emergency liquidity assistance, quindi diciamo il prestito di ultima istanza e che è un tema che però vorrei mettere da parte.

Il tema che vorrei, invece, affrontare con qualche riflessione in più è quello della cosiddetta insolvenza regolamentare che è una formula che io ho trovato sempre ostica, che però purtroppo oggi è norma, perché dentro la dichiarazione di dissesto c’è scritto che la banca fallisce quando non rispetta i requisiti patrimoniali, attenzione, non è che ha il patrimonio netto negativo però non rispetta i requisiti.