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Il quadro dopo l’attuazione del SRM e il recepimento di Solvency

Roma, 6 dicembre

4. Il quadro dopo l’attuazione del SRM e il recepimento di Solvency

Assai diverso è il quadro che si presenta dopo le riforme del 2015, che hanno profondamente inciso in campo bancario, per la necessità di attuare anche in Italia, tramite il recepimento della BRRD, il Single Resolution Mechanism.

Non spetta a me entrare nel dettaglio delle numerose e complesse modifiche introdotte nel sistema per dare attuazione alla BRRD, che saranno illustrate dai colleghi della Banca d'Italia, mi basterà fare qualche accenno per delineare il quadro

generale al fine di confrontarlo con quello assicurativo.

Come accennavo prima, l’attuazione della BRRD ha reso necessari due complessi e coordinati interventi di normativa primaria (slide n. 5).

Uno (attuato con d. lgs. 16.11.2015, n. 181) ha completamente ristrutturato il Titolo IV del TUB (che risulta ora significativamente intitolato Misure preparatorie, di intervento precoce e liquidazione coatta amministrativa) al fine di disciplinare i compiti che la BRRD assegna all’Autorità di risoluzione nazionale (la Banca d’Italia) introducendo, prima di quella dedicata all’a.s., tre Sezioni che disciplinano, rispettivamente: 1) i Piani di risanamento (individuali e di gruppo) e la loro valutazione da parte della Banca d'Italia; 2) il Sostegno finanziario di gruppo e i poteri interdettivi e limitativi della BdI stessa; 3) le Misure di intervento precoce che sono essenzialmente l’attuazione del piano di risanamento e il provvedimento c.d. di

removal.

Con l’altro (attuato con d. lgs. 16.11.2015, n. 181, un testo di oltre 100 articoli) sono disciplinate le funzioni che la direttiva attribuisce alla Banca d’Italia quale Autorità di risoluzione nazionale: 1) fase preparatoria con predisposizione dei piani di risoluzione ove vengono individuate le misure attuabili in concreto, quali: bail-in, cessione di attivi a terze parti, ricorso a una bridge-bank); 2) presupposti della risoluzione; 3) misure da intraprendere prima della risoluzione stessa, quali la valutazione da parte di un esperto indipendente e l’abbattimento del capitale, l’approvazione da parte del MEF del piano di risoluzione; 4) avvio della risoluzione da parte della BdI, previa approvazione del MEF; 5) le disposizioni sulle misure di risoluzione che possono essere adottate; 6) disciplina dei fondi di risoluzione nazionali, da istituire presso la Banca d'Italia, che raccolgono contributi dalle banche per finanziare la risoluzione attraverso operazioni quali, ad esempio, garanzie sulle attività o passività dell’ente sottoposto a risoluzione, conferimenti nel capitale sociale di una bridge bank o di una bad bank, indennizzi ad azionisti o creditori per assicurare il rispetto del principio del no creditor worse off. In proposito va ricordato come, dal 1.1.2016, avrebbe dovuto entrare in funzione il Single Resolution Fund europeo la cui mancata attuazione per motivi politici costituisce un la grande “incompiuta” del SSM. Va inoltre tenuto presente come BdI possa delegare le

funzioni dei fondi di risoluzione ai sistemi di garanzia dei depositanti disciplinati dagli artt. 96 ss. TUB e disporre che i fondi di risoluzione siano istituiti presso detti sistemi di garanzia. La disciplina di questi ultimi, d’altronde, è stata di recente profondamente riformata dal d. lgs. 15.2.2016, n. 30 di attuazione della Dir. 2014/49/UE sui sistemi di garanzia dei depositi.

Il quadro europeo delle crisi bancarie è poi completato (e ulteriormente complicato) dal Regolamento UE 15.7.2014 n. 806 che detta norme e una procedura uniformi di risoluzione nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico.

Di minore portata sono le modifiche apportate dal d. lgs. n. 74/2015 di attuazione di SII al Tit. XVI del CAP dedicato alle Misure di salvaguardia risanamento e liquidazione che hanno introdotto ulteriori presidii di rilevazione precoce delle crisi e ulteriori strumenti di prevenzione e gestione (slide n. 6). Le novità introdotte sono, in estrema sintesi: 1) l’obbligo di prevedere procedure d’individuazione del deterioramento delle proprie condizioni finanziarie (individuali e di gruppo) da comunicare immediatamente all’IVASS (artt. 220-decies e 226-bis); 2) l’introduzione di limiti automatici alla distribuzione dei fondi propri in caso di mancato rispetto del SCR o del MCR (art. 222-ter); 3) l’attribuzione all’IVASS di un potere regolamentare in materia dei piani di risanamento e di finanziamento a breve da adottarsi in caso di mancata osservanza, rispettivamente, del SCR e del MCR (art. 223-ter); 4) l’introduzione, qualora la solvibilità dell’impresa continui a deteriorarsi anche dopo l’adozione di tali piani, di adottare “tutte le misure necessarie per salvaguardare gli interessi dei contraenti” (art. 223-bis). La gradualità e la proporzionalità delle misure, che già caratterizzava il CAP, risulta quindi ancor più modulata sia nella parte iniziale di accertamento precoce dei sintomi di crisi che (cfr. n. 1) che in quella finale di misure (innominate) di estrema ratio che possono precedere l’a.s. o la l.c.a (cfr. n. 4).

E’ ora possibile una comparazione fra il quadro attuale della gestione delle crisi in campo assicurativo e bancario. Entrambe si basano ormai su misure di salvaguardia ulteriori e anticipate rispetto a quelle tradizionali (a.s. e l.c.a) che pur rimangono (sostanzialmente immutate) e che le prime tendono a prevenire. Nel mondo assicurativo, però, esse continuano (com’era già nella prima versione del

CAP) ad essere imperniate essenzialmente sugli istituti tipici di vigilanza prudenziale (riserve, SCR, MCR) e ad essere essenzialmente preventive. In quello bancario esse sono di stretta derivazione europea: un portato della crisi basato non solo sulla prevenzione (piani di risanamento) ma anche sulla risoluzione e i suoi strumenti (write off, bail in) intesi a far sì che il costo della crisi sia sopportato innanzitutto dagli azionisti e da alcune categorie di creditori (titolari di obbligazioni subordinate e non, depositanti non coperti dai sistemi di garanzia ecc.). Solo nel settore bancario, inoltre, la gestione della crisi è organizzata in un sistema unico europeo, parte integrante del SSN. Solo in esso, infine, è istituito un sistema organizzato di schemi di garanzia e di risoluzione che, istituiti già per effetto di una Direttiva del 1994 (e in Italia presenti su base volontaria dal 1987) con lo scopo di facilitare la gestione della crisi e di attutirne gli effetti per i depositanti. Su questo tema torneremo brevemente in seguito.

Si è quindi creata, attualmente, una situazione in qualche modo simile a quella esistente fra il 1936 (introduzione di procedure speciali per le banche) e il 1955 (assoggettamento anche delle assicurazioni a l.c.a. invece del fallimento). Solo per le banche è infatti previsto un sistema di risoluzione con misure tipiche e predeterminate, tendenzialmente unico su base europea e integrato da un meccanismo di sistemi di garanzia obbligatori con compiti di prevenzione della l.c.a. (tramite partecipazione ad operazioni di “salvataggio” in base al principio del minor costo) o di attenuazione dei suoi effetti.

Va notato come gli interventi di riforma introdotti nel 2015 in campo bancario abbiano invece avvicinato i due sistemi dal punto di vista organizzativo. Mentre, infatti, prima dell’individuazione della Banca d'Italia come autorità di risoluzione (61), la gestione dell’a.s. (come quella della l.c.a) faceva capo al Servizio Costituzioni e Gestione delle Crisi del Dipartimento Vigilanza bancaria, dal 21.9.2015: “i compiti connessi con l’amministrazione straordinaria - qualificabili, in base al nuovo quadro europeo, come funzioni di “intervento precoce” - restano nell’ambito del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria”. All’autonoma Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi sono invece: “affidati poteri e strumenti previsti dalla Direttiva BRRD, anche in

61

Art. 3 d. lgs. 12.5.2015, n. 72; Delib. Consiglio Superiore BdI 23.7.2015; Provv. BdI 22.9.2015.

materia sanzionatoria, attinenti alla funzione di resolution”, quali la l.c.a. e la liquidazione volontaria (62).

In IVASS l’organizzazione è, da sempre, simile dato che il Servizio Liquidazioni (come dice il nome) è competente solo per le l.c.a. mentre l’a.s. è di competenza del Servizio Vigilanza Prudenziale, al pari delle misure di salvaguardia.

Sul punto va registrato come, nel giro di una decina d’anni, la legislazione d’origine europea sulle crisi abbia subìto un radicale cambio di prospettiva. Se, infatti, in base alle ricordate Direttive gemelle 2011/24/CE (banche) e 2001/17/CE (assicurazioni), in materia di risanamento e liquidazione, non vi era dubbio che l’a.s. italiana rientrasse nei provvedimenti di risanamento e non nelle misure di vigilanza prudenziale (63) il mutato e più articolato quadro colloca ora tale procedura in quelle “d’intervento precoce” giustificando la sua attribuzione, dal punto di vista organizzativo, alle strutture competenti per la normale vigilanza prudenziale.

5. Tratti caratteristici delle crisi delle imprese di assicurazione (slide