Capitolo 3. L’amore liquido
3.3 Innamorarsi e disamorarsi: la difficoltà ad amare il prossimo
L’amore è un capriccio del destino, un sentimento imprevedibile e misterioso, impossibile da prevenire, accelerare o arrestare, un misto di paura e gioia a cui ciascuno più volte nella vita si è lasciato andare.
«[…] oggi l’amore tende a essere sia desiderato che temuto. […] l’idea di impegno (verso un’altra persona, un gruppo di persone, una causa) soprattutto se incondizionato e indefinito, ha perso popolarità: a detrimento di coloro che vi rinunciano, perché l’amore, e l’abbandono di sé e l’impegno verso l’Altro, che sono la sostanza stessa dell’amore, creano il solo spazio in cui sia possibile affrontare seriamente la complessa dialettica di destino e fato»226.
I partner sono sempre incerti sul futuro, hanno continuamente bisogno di dimostrare di essersi guadagnati la fedeltà dell’altro; «essere amati è qualcosa che non ci si guadagnerà e non ci sarà confermato mai “a sufficienza”, che sarà sempre al condizionale: e la condizione è un’offerta costante di prove sempre nuove della propria capacità di fare, di riuscire, di essere sempre “un passo avanti” rispetto ai concorrenti attuali o potenziali. […] le clausole dell’amore e del riconoscimento non sono mai soddisfatte in modo completo e incondizionato»227.
Le condizioni possono mutare improvvisamente all’emergere di nuove opportunità, quindi che fare? Ecco allora crescere la paura di perdere il partner o di non riuscire più a liberarsene se indesiderato.
«La vita insicura viene vissuta in compagnia di persone insicure. Non sono l’unico a non sapere con certezza quanto durerà il mio io attuale e per quanto tempo le persone che mi circondano saranno disposte a riconoscerlo. Ho tutte le ragioni per sospettare che si trovino nella mia stessa situazione e si sentano insicure quanto me. Indifferenza e irritazione sono tendenzialmente caratteristiche
226 Z. Bauman, L’arte della vita, cit. p. 52. 227 Ivi, p. 165.
comuni, ma condividere l’irritazione non trasforma le singole vittime in una comunità»228.
Proprio l’amore è la prima vittima di questa liquidità che travolge ormai uomo e società. L’amore non è qualcosa che si trova, è qualcosa che richiede tempo e cura, qualcosa che va ricreato ogni giorno. Perfettamente in linea con la fragilità dei legami umani, con il decrescere degli impegni a lungo termine, si tende a vedere nell’amore qualcosa che è perfetto fin dall’inizio oppure è un fallimento da cui scappare per cercarne uno nuovo e migliorato.
«La creazione di una relazione buona e durevole, in netta opposizione alla ricerca di godimento attraverso oggetti di consumo, richiede uno sforzo enorme»229.
Numerose sono le esperienze amorose che si susseguono nell’arco della vita di ogni individuo, ma le capacità amatorie non crescono con l’esperienza, l’amore non è un’arte che si può imparare o un sapere che si può apprendere:
«[…] non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo a partecipare al divenire di tali cose. L’amore è simile alla trascendenza; non è che un altro nome per definire l’impulso creativo e in quanto tale è carico di rischi, dal momento che nessuno può mai sapere dove andrà a finire tutta la creazione»230.
Desiderio e amore sono legati da un filo indissolubile:
«Il desiderio è la brama di consumare. Di assorbire, divorare, ingerire e digerire – di annichilire. Il desiderio non necessita di altro stimolo che la presenza dell’alterità […] attrae e repelle, seduce con la promessa dell’inesplorato e irrita con la sua evasiva, pervicace diversità. […] Il desiderio è un impulso di
228 Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, cit. p. 31. 229 Z. Bauman, L’arte della vita, cit. p. 167.
distruzione […] contaminato, sin dalla sua nascita, dalla brama di morte […]. Per contro, l’amore è il desiderio di prendersi cura e di preservare l’oggetto della propria cura. Un impulso centrifugo, a differenza del desiderio che è centripeto. Un impulso a espandersi, a fuoriuscire, a protendersi all’esterno; a ingerire, assorbire e assimilare il soggetto nell’oggetto, non viceversa come nel caso del desiderio. L’amore consiste nell’aggiungere qualcosa al mondo. […] L’io amante si espande attraverso il proprio donarsi all’oggetto amato. […] E dunque amore significa prepotente desiderio di proteggere, nutrire, riparare; e anche di accarezzare, coccolare e accudire, oppure di difendere gelosamente, isolare, imprigionare. [….] Se il desiderio vuole consumare, l’amore vuole possedere. Se il soddisfacimento del desiderio coincide con la distruzione del suo oggetto, l’amore cresce insieme alle sue acquisizioni e si realizza nella loro durabilità. Se il desiderio è autodistruttivo, l’amore è autoperpetuante»231.
Il desiderio quindi distrugge il proprio oggetto mentre l’amore lo rende schiavo, lo cattura e lo fa prigioniero. Il desiderio ha bisogno di tempo per crescere e maturare, a differenza dei capricci e delle voglie che sono istantanei, imprevedibili e immediati.
In una società liquida le relazioni nascono e muoiono in fretta, diventano tascabili, nel senso che sono di breve durata, da usare quando servono e riporre via quando non sono più convenienti. La relazione tascabile, incarnazione dell’istantaneità e smaltibilità della società liquida moderna, richiede però dei requisiti ben precisi:
«Prima condizione: la relazione dev’essere intrapresa in piena coscienza e con giudizio. Niente “amore a prima vista” […]. Niente innamoramento; niente ridda di emozioni che ti tolgono il respiro: né le emozioni che chiamiamo “amore”, né quelle che descriviamo giudiziosamente come “desiderio”. […] La convenienza è l’unica cosa che conta, […] meno investi nella relazione, meno insicuro ti sentirai quando sarai esposto alle fluttuazioni delle tue emozioni future.
231 Ivi, pp. 14-15.
Seconda condizione: mantienila sempre inalterata. […] fa sì che la relazione non sfugga mai al controllo razionale. […] Se noti qualcosa che non avevi contrattato e che non ti interessa, sappi che “è tempo di emigrare”»232.
In linea con la mentalità consumistica tipica di una società liquida, le relazioni romantiche lasciano il posto ad un nuovo tipo di legame affettivo, la cosiddetta “relazione pura”233, basata su utilità e gratificazione, del tutto priva di carica etica:
«Ciò che tiene in piedi una relazione pura è l’accettazione da parte di entrambi i partner, “fino a nuovo avviso”, del fatto che ciascuno trae dalla relazione sufficienti benefici da ritenere che valga la pena di continuarlo»234.
La relazione pura «[…] può concludersi, più o meno a discrezione di una delle parti, in qualsiasi momento. Perché una relazione abbia buone probabilità di durare è necessario che ci sia un impegno; e tuttavia, chiunque impegni se stesso senza riserve rischia di soffrire in futuro, se la relazione dovesse esaurirsi»235.
L’impegno verso un’altra persona è sempre un rischio e investire i propri sentimenti nella relazione significa rendersi dipendente dal partner:
«[…] la tua dipendenza – per via della “purezza” della tua relazione – potrebbe non essere e non deve essere necessariamente ricambiata. E quindi tu sei legato, ma il tuo partner è libero di andare, e nessun tipo di legame capace di mantenere te al tuo posto è sufficiente a garantire che l’altro non se ne vada. La diffusa, anzi scontata consapevolezza che tutte le relazioni sono “pure” (vale a dire: fragili, fissipare, probabilmente non destinate a durare più a lungo della convenienza che arrecano, e dunque sempre “fino a ulteriore notifica”) non è certo un terreno su cui la fiducia possa mettere radici e germogliare»236.
232 Ivi, pp. 31-32.
233 Cfr. A. Giddens, La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle
società moderne, il Mulino, Bologna, 1995.
234 Ivi, p. 73. 235 Ivi, p. 150.
Instaurare una relazione seria comporta sempre confusione, insicurezza e paura di restare vincolati ad una situazione che non appaga più; si cerca una relazione per fuggire al senso di precarietà e fragilità che ci affligge, salvo poi restarne imprigionati; il saper troncare un legame senza dolore, o quasi, è un’arte molto richiesta. Si privilegiano così relazioni part-time, elastiche e facilmente revocabili, caratterizzate dal “vediamo se funziona”.
«[…] nel modello della “relazione pura”, proprio come sui mercati, i partner sono abilitati a trattarsi alla stregua di oggetti di consumo. Una volta che il permesso (e la prescrizione) di respingere e sostituire un oggetto di consumo non più soddisfacente è esteso alla relazione tra partner, questi ultimi vengono a trovarsi nella condizione di oggetti di consumo. […] Ovviamente, una “relazione pura” che si concentri sull’utilità e sulla gratificazione è esattamente l’opposto dell’amicizia, della devozione, della solidarietà e dell’amore – tutte quelle relazioni “io-tu” che si ritiene svolgano un ruolo di collante nell’edificio della comunanza umana»237.
Anche il sesso, considerato un tempo un mezzo per costruire e mantenere in vita le relazioni umane, acquista un significato diverso.
«Ormai emancipata dalla sua funzione riproduttiva, l’unione sessuale non dà più la sensazione di una vita per l’eternità già tracciata dalla natura, di uno strumento per costruire la comunità o di un modo per sfuggire alla solitudine, ma una sensazione diversa, tanto piacevole quanto fugace, destinata a essere consumata in un’istante insieme ad altre sensazioni nel succedersi degli episodi che scandiscono la vita del solitario collezionista di sensazioni»238.
La paura più grande dei partner nasce dall’ambiguità dell’incontro sessuale: l’unione è fine a se stessa o è l’inizio di un legame serio? È un episodio estemporaneo o una fase di un processo che sta avanzando? Che tipo di impegno
237 Ivi, p. 29.
implica? Mille dubbi ed interrogativi affliggono l’uomo moderno, l’insicurezza non potrà essere evitata. Il matrimonio in un certo senso mette fine a questa incertezza, perché con esso l’uomo diventa consapevole, e accetta quindi, che le conseguenze dei suoi comportamenti potrebbero durare più a lungo.
Bauman afferma che una società malata disincentivi i sentimenti di amore e solidarietà umana, comportamenti legati alla cultura e alle esigenze sociali in cui l’uomo vive; citando Erich Fromm, sostiene che «[…] la soddisfazione, nell’amore individuale, non può essere raggiunta senza la capacità di amare il prossimo con umiltà, fede e coraggio» ma in «una cultura in cui queste qualità sono rare, l’acquisizione della capacità di amare è condannata a restare un successo raro»239.
Amare il prossimo diventa sempre più difficile soprattuto in una società liquida, anche se è uno dei principi della vita civile.
«La nostra è una società che si è frantumata ed è caduta in pezzi […]. Le miserie non si assommano, non si fondono e non si trasformano in vincolo sociale, in ranghi chiusi, in coscienza di identità condivisa e in programma articolato e coerente. […] Gli abbandonati, gli esclusi, i relitti dopo il “naufragio” […] non trovano posto nei ranghi. L’essere abbandonati ed esclusi, disprezzati e ridotti a scarto, non accende la solidarietà. Genera e suscita piuttosto mancanza di rispetto degli uni verso gli altri, sospetto, rancore e disgusto reciproci; nonché l’accanito tiro alla fune nella continua, interminabile lotta per accaparrarsi le briciole che cadono dalla tavola del banchetto della società consumista»240.
Qual è dunque il vantaggio di amare il prossimo? Perché è necessario amare un estraneo che non dimostra alcuna considerazione per chi gli sta accanto? Amare il prossimo richiede un atto di fede, sfida gli istinti di sopravvivenza dettati dalla natura. L’amore di sé invece potrebbe condurre l’uomo a rifiutare una vita che non supera gli alti standard imposti dall’amore.
239 E. Fromm, L’arte di amare, Mondadori, Milano, 1995, p. VII. 240 Z. Bauman e E. Mauro, Babel, cit. p. 46.
«Questo perché ciò che amiamo nel nostro amore di sé è un proprio io degno di essere amato. Ciò che amiamo è lo stato, o la speranza, di essere amati. Di essere oggetti degni di essere amati, di essere riconosciuti come tali, e di ricevere adeguata prova di tale riconoscimento. In breve: per essere dotati di amore di sé, ci occorre essere amati. […] Altri devono amarci prima che noi possiamo iniziare ad amare noi stessi»241.
La distanza che separa gli individui aumenta ogni giorno di più; sopravvive il più forte, il più astuto, ciò che conta è arrivare in cima e restarci; «in un gioco di sopravvivenza, la fiducia, la compassione e la pietà sono armi suicide. Se non ti dimostri più duro e spietato di tutti, gli altri ti faranno fuori e senza tanti rimorsi. Siamo così tornati all’assennata verità del mondo darwiniano: è il più adatto che sopravvive. O piuttosto, la sopravvivenza è la prova ultima di adattabilità»242.
La rete diventa così un luogo sicuro che non ha bisogno di alcun contatto reale con il mondo esterno pieno di insidie e paure; i telefoni cellulari permettono a tutti di restare “dentro” senza però essere bloccati in nessun posto, «le connessioni sono solide rocce circondate da sabbie mobili. […] Dentro quella rete puoi sempre cercare riparo allorché la folla che ti circonda diventa troppo caotica per i tuoi gusti. Grazie a tutto ciò che puoi fare fintanto che il tuo cellulare è al sicuro in tasca, ti tieni a distanza dalla folla, e quel distacco è la stessa domanda di ammissione, la condizione di accesso, a quella folla»243.
I telefoni cellulari e la rete elettronica permettono una prossimità virtuale che non richiede alcuna vicinanza fisica.
«L’avvento della prossimità virtuale rende le connessioni umane al contempo più frequenti e più superficiali, più intense e più brevi. Le connessioni tendono a essere troppo superficiali e brevi per condensarsi in legami. Incentrate sull’attività in corso, esse sono protette dal pericolo di tracimare e coinvolgere i partner in
241 Z. Bauman, Amore liquido, cit. pp. 110-111. 242 Ivi, p. 123.
qualcosa che va aldilà del tempo necessario a comporre e leggere un messaggio e dell’argomento in esso contenuto – contrariamente a ciò che fanno le relazioni umane, notoriamente diffuse e voraci. Occorre meno tempo e fatica tanto per creare contatti quanto per romperli. La distanza non è un ostacolo al tenersi in contatto – ma il tenersi in contatto non è un ostacolo all’essere distanti. Gli spasmi della prossimità virtuale terminano, idealmente, senza strascichi e residui permanenti. La prossimità virtuale può essere interrotta, sia concretamente che metaforicamente: basta premere un pulsante.
Sembra che la conseguenza più feconda della prossimità virtuale sia la separazione tra comunicazione e relazione. […] essa non richiede che i legami siano già stabiliti, né ha come conseguenza necessaria di stabilirli. “Essere connessi” è meno costoso che “essere sentimentalmente impegnati”, ma anche considerevolmente meno produttivo in termine di costruzione e preservazione di legami»244.
La prossimità virtuale ha preso il posto di quella reale, viene preferita poiché riduce notevolmente la pressione che, al contrario, esercita la vicinanza non virtuale.
«Non sorprende che la prossimità virtuale venga preferita e sia praticata con maggiore zelo e abbandono di qualunque altra forma di vicinanza. La solitudine dietro la porta chiusa di una stanza privata con un telefono cellulare a portata di mano può apparire una condizione molto meno rischiosa e ben più sicura che non condividere lo spazio comune dell’intera famiglia»245.
Quanto più l’uomo spende risorse, tempo ed energie per la prossimità virtuale, tanto meno si impegna e si dedica a sviluppare le doti necessarie per apprendere la prossimità non virtuale.
Secondo Bauman l’uomo deve imparare ad impegnarsi a coltivare l’amore, senza paura che possa compromettere la propria libertà individuale o precludere
244 Ivi, p. 87. 245 Ivi, p. 90.
opportunità migliori, tenendo sempre presente che ciò che si guadagna in quantità si perde in qualità e ciò che si guadagna invece in facilità (scambiata spesso per libertà) si perde in sicurezza.