Capitolo 2. L’homo consumens
2.4 La tv come modello aspirazionale di vita per il consumatore
Ruolo preminente in questa società lo hanno le celebrità, che, contrariamente ai martiri ed agli eroi, non devono la propria fama alle loro gesta ma alla loro visibilità e onnipresenza all’interno delle trasmissioni televisive.
Naturalmente in un contesto liquido la loro notorietà è transitoria ed episodica; le celebrità sono un prodotto della società consumistica moderna, fanno parte di un sistema che le genera e che costruisce intorno a loro lo star system per questioni di profitto e business. La persona celebre nella società liquido-moderna non è altro che una merce che si adatta perfettamente al bisogno di comunità, conseguenza della liquefazione dei legami nell’epoca dei consumi. Le celebrità sono un artificio della società liquida, un prodotto di consumo creato appositamente per intrattenere lo spettatore; non sono legate ad un successo reale né tantomeno ad un’abilità particolare, sono figure su cui il mercato ed il sistema hanno investito per generare profitti. Caratteristiche della celebrità sono l’effimero, la temporaneità e la fugacità della sua esistenza: la notorietà svanisce non appena lo spettatore soddisfa il proprio bisogno di sicurezza e appartenenza ad una comunità (non durevole e di facile dispersione). Una volta soddisfatto il bisogno ecco che il mercato crea una nuova celebrità che possa attirare di nuovo l’attenzione popolare.
«[…] le ragioni che hanno portato alla ribalta le celebrità non sono le cause principali della loro ‘notorietà’. Il fattore decisivo di quest’ultima è la visibilità, l’onnipresenza della loro immagine e la frequenza con cui il loro nome viene menzionato nelle trasmissioni televisive e nelle successive conversazioni private. Le celebrità sono sulla bocca di tutti: sono il personaggio che non manca mai in nessuna famiglia. […] sono i principali fattori che generano oggi comunità, se tali comunità non fossero solo immaginate, come nella società dell’era solido- moderna, ma anche immaginarie, simili ad apparizioni – e soprattutto, prive di coesione, fragili, volatili, dichiaratamente effimere. È soprattutto per questo
motivo che le celebrità si sentono tanto di casa nell’ambiente liquido-moderno: la modernità liquida è la loro naturale nicchia ecologica»171.
La comunicazione spettacolarizzata, grazie alla rete, dà a tutti la possibilità di essere conosciuti, di avere visibilità e fama e di emergere dall’anonimato; citando una famosa frase attribuita ad Andy Warhol “in futuro ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità”.
Televisione ed internet, nelle loro modalità di produzione e diffusione di contenuti comunicativi autoprodotti e promossi, permettono a tutti di godere di una fama immediata. I talent ed i reality show che dominano la scena della televisione contemporanea, dove il pubblico diventa protagonista, trovano la loro massima espressione in siti Internet come YouTube, i blog ed i social network. Internet permette ad ognuno di creare una propria immagine pubblica, una propria identità e di diffonderla ovunque per mezzo della rete. L’anonimato dei protagonisti di video e talk show rende più facile l’immedesimazione da parte dello spettatore che ha bisogno di sapere come si comportano gli altri alle prese con i suoi stessi problemi.
«Le non celebrità, gli uomini e le donne “comuni”, “uguali a noi” che appaiono sullo schermo solo per un attimo fugace (giusto il tempo necessario a raccontare la propria storia e prendersi la loro razione di applausi nonché l’usuale dose di rimbrotti qualora nascondano particolari piccanti o si dilunghino troppo su aspetti poco interessanti) sono persone disperate e infelici quanto i loro ascoltatori, soggetti agli stessi colpi del destino e disperatamente alla ricerca di un modo onorevole di uscire dai guai, di una strada verso una vita più felice. E dunque ciò che loro sono riusciti a fare posso farlo anch’io, e forse addirittura meglio. Posso imparare qualcosa di utile dalle loro vittorie come dalle loro sconfitte»172.
Ne consegue che i talk show televisivi diventano un appuntamento quotidiano per uomini e donne alla disperata ricerca di una guida.
171 Z. Bauman, Vita liquida, cit. p. 46. 172 Z. Bauman, Modernità liquida, cit. p. 69.
I desideri di fama nascondono in realtà la speranza di non sparire, di non dissolversi nella massa grigia dei prodotti e delle merci offerte dal mercato; l’individuo sogna di diventare lui stesso una merce desiderata, notata, agognata, un tipo di merce che merita attenzione e di cui si parla, una merce che non può essere ignorata, esclusa o peggio ancora scartata. Questo perché, nell’era in cui veniamo sopraffatti dalle informazioni, essere invisibili equivale a morire. Il compito dei consumatori è dunque quello di elevarsi al di sopra della massa informe e sbiadita per non correre il rischio di non essere visti. Possiamo quindi affermare, stando alle teorie di Bauman, che la caratteristica più spiccata di questa società dei consumi è la trasformazione degli stessi consumatori in merce. È il soggetto stesso che tenta ogni strada per restare una merce vendibile.
I consumatori appaiono sia come vittime che come eroi della modernità: da un lato vengono descritti come soggetti che agiscono perché illusi, adescati da promesse fraudolente, sedotti e manovrati da pressioni esterne, dall’altro invece al consumatore vengono attribuiti la razionalità e la capacità di agire autonomamente e di autoaffermarsi.
L’attuale programmazione televisiva tende a sviluppare una cultura edonistica ed evasiva, che spinge gli individui lontano dalla riflessione politica ed economica, favorendo invece una cultura del disimpegno: l’individuo è sempre più ripiegato sul privato e sul domestico, lontano dai problemi più generali della società, indifferente a ciò che succede nel mondo. Un cittadino che è soprattutto «spettatore» e poco «cittadino»; un individuo che non si mostra in grado di diventare quell’osservatore globale, responsabile, consapevole e capace di guardare con occhio critico e impegnato agli avvenimenti. La preoccupazione principale dello spettatore è quella di uscire dall’anonimato, magari per qualche secondo e vivere la vita che vede in televisione.
Si assiste ad un rovesciamento del senso di realtà dello spettatore che si estranea da sé e confonde il falso delle immagini proposte dallo spettacolo con la realtà; lo spettacolo penetra nel tessuto sociale e nell’individuo a causa della supremazia dell’immagine.
Prima di Bauman già Guy Debord aveva profetizzato questo fenomeno sociale, sostenendo ormai che la vita sociale fosse diventata un grande accumulo di
spettacoli, in cui «nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso»173.
Le riflessioni di Debord si spostano sulla condizione dell’uomo:
«[…] più egli contempla, meno vive; più egli accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio. L’esteriorità dello spettacolo in rapporto all’uomo agente si manifesta in ciò, che i suoi gesti non sono più suoi, ma di un altro che glieli rappresenta. È la ragione per cui lo spettatore non si sente a casa propria da nessuna parte, perché lo spettacolo è dappertutto»174.
Sembra che il vero fine della televisione non sia quello di informare il cittadino, ma di formare il perfetto consumatore (economico e politico). È per questo che i teledipendenti sono le persone culturalmente meno agguerrite e, quindi, più indifese e facilmente manipolabili culturalmente e… politicamente.
«Sedotto dalla pubblicità e da potenti modelli televisivi, l’individuo è solo di fronte al mondo globale. In teoria può collegarsi sempre e dovunque con tutti, in pratica, i suoi contatti sono momentanei, sempre reversibili e mai duraturi»175.
La società spettacolarizzata, come già aveva messo in evidenza Debord, si sviluppa come conseguenza della società dei consumi. La comunicazione spettacolarizzata è il mezzo tramite cui il sistema condiziona i cittadini affinché diventino dei perfetti consumatori. L’obiettivo di un tale sistema è quello di indurre i consumatori a comprare in continuazione, non per necessità, ma inducendo in essi falsi bisogni ed illudendoli di compiere libere scelte secondo i dettami della loro volontà. Questo comportamento viene alimentato da
173 G. Debord, La società dello spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano, 2002, p. 55. 174 Ivi, p. 63.
175 I. Piccoli, I bisogni, i desideri, i sogni. Una analisi sociologica dei consumi, EDUCatt
un’educazione a forme distorte di consumismo che finisce per influenzare tutti i contesti e le relazioni sociali.
Analizzando la società dei consumi, si nota come al suo interno il divario tra le cose da scegliere e coloro che le scelgono, tra le merci ed il consumatore si confonde e quasi si annulla.
«Nella società dei consumatori nessuno può diventare soggetto senza prima trasformarsi in merce»176.
Nella dimensione dell’apparire vale l’equazione essere famosi = essere oggetti del desiderio = divenire oggetto-merce desiderata.
Il capitalismo utilizza il cinema, la televisione, la radio, la musica, le notizie, internet per perseguire la sua politica di commercializzazione e mercificazione delle persone e del mondo.
«Da tempo la pubblicità non parla più di prodotti ma enfatizza visioni del mondo, comunica messaggi e idee, propone mondi alternativi dove, grazie al prodotto reclamizzato, sia possibile realizzare sogni. […] Si potrebbe affermare che gran parte della nostra vita è spesa cercando di cambiarla, ovviamente in meglio, e che gli oggetti e i prodotti non sono altro che i topini, le zucche, i maggiordomi che rendono praticabile la possibilità (quasi sempre illusoria) di cambiare la vita e vivere in una favola. All’illusione segue sempre la delusione. Per questo i film come Pretty Woman terminano quando il desiderio sta per esaudirsi ma non è stato ancora completamente raggiunto. Se la storia continuasse, probabilmente si scoprirebbero nuovi desideri»177.
176 Z. Bauman, Consumo, dunque sono, cit. p. 17.