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Istantaneità e velocità dei consumi: dal bisogno al desiderio,

Capitolo 2. L’homo consumens

2.3 Istantaneità e velocità dei consumi: dal bisogno al desiderio,

Nella società moderna il consumismo è passato dal soddisfacimento di un bisogno al soddisfacimento di un desiderio, entità fluida, effimera e volubile che non necessita di giustificazione e causa e che resterà sempre insaziabile, fino ad arrivare al soddisfacimento di un capriccio.

In una società basata sui consumi, «il consumo è fine a se stesso e dunque è qualcosa che si autoalimenta. La psicologia ortodossa definiva il bisogno uno stato di tensione destinato a scomparire una volta che il bisogno fosse stato soddisfatto. Il bisogno che sospinge i membri della società dei consumi è al contrario, il bisogno di mantenere viva la tensione e caso mai di rafforzarla ad ogni passo. Se i nostri antenati potevano raccomandare il “ritardo della gratificazione”, la società dei consumi proclama l’impossibilità della gratificazione e misura il proprio progresso in base all’incessante crescita della domanda». E ancora «Onde evitare confusioni, sarebbe meglio seguire tale fatidico mutamento nella natura del consumo e sbarazzarsi del tutto della nozione di bisogno, accettando il fatto che la società dei consumi ed il consumismo non concernono il soddisfacimento dei bisogni, neanche i più sublimi bisogni d’identificazione o di auto fiducia in merito al grado di “adeguatezza”. La forza propulsiva dell’attività del consumatore non sono i bisogni specifici, bensì il desiderio. Un fenomeno molto più eterogeneo ed effimero, sfuggente e volubile ed essenzialmente non-referenziale. Un impulso auto generato e auto perpetuato che non richiede alcuna scusante o giustificazione né in termine di fine né di causa. […] il desiderio è narcisistico: ha per oggetto principale se stessi e per tale motivo è destinato a essere insoddisfatto, per quanto alta possa diventare la pila di altri oggetti (fisici o psichici) che hanno caratterizzato il suo corpo passato»156.

In seguito però il desiderio esaurisce la sua utilità, occorre una motivazione ancora più forte e potente per continuare a tenere in moto la crescita della domanda dei beni di consumo. È per questo che entra in gioco il capriccio:

«esso completa la liberazione del principio del piacere, eliminando gli ultimi residui di impedimento del principio di realtà; la sostanza naturalmente gassosa è stata fatta uscire dal contenitore. […] Alla base del capriccio non c’è assolutamente niente. L’acquisto è casuale, imprevisto, compiuto di getto. Ha la fantastica qualità di esprimere ed esaudire un capriccio e, come tutti i capricci, è insincero e infantile»157.

Come evidenzia anche Ferguson, il capriccio «sostituisce il desiderio quale forza propulsiva del consumo, [...] l'individuo esprime se stesso attraverso le cose che possiede [...], l'acquisto è casuale, imprevisto e spontaneo»158.

Nella modernità liquida le industrie sono spinte a produrre l’effimero, il volatile ed il precario in una civiltà ormai costituita da ridondanza, eccesso e spreco, e le promesse in cui sono avvolti i beni di consumo sembrano fatte per essere infrante.

Secondo Bauman il numero di possibilità esistenti è superiore a quelle che una singola vita potrebbe mai sperimentare; l'uomo vive in un mondo ricco di opportunità, l'una più eccitante e desiderabile dell'altra, un mondo in cui non ci si può pietrificare stando fermi in una realtà con il rischio di perdere poi altre occasioni.

«Il mondo pieno di possibilità è come un buffet ricolmo di prelibatezze che fanno venire l'acquolina in bocca, troppe perché anche il più agguerrito dei buongustai possa sperare di assaggiarle tutte. I commensali sono dei consumatori, e l’onere più gravoso e irritante che i consumatori sono chiamati a sostenere è la necessità di stabilire delle priorità: il dover abbandonare alcune opzioni e lasciarle inesplorate. L'infelicità dei consumatori nasce da un eccesso, non da una penuria, di scelte»159.

157 Ivi, p. 59.

158 H. Ferguson, Lifestyle shopping: the subject of consumption, London, 1992, p. 31. 159 Z. Bauman, Modernità liquida, cit. p. 62.

L’obbligo di scegliere è rappresentato come libertà di scelta, mentre in realtà è il mercato a manipolare i desideri dei cittadini-consumatori, impedendo che le opzioni si esauriscano e i desideri vengano appagati; il marketing spinge affinché i desideri siano del tutto irrilevanti ai fini del comportamento dei potenziali clienti.

«Nell’economia consumistica, di regola i prodotti prima compaiono, e soltanto dopo cercano le proprie applicazioni: molti di essi completano il proprio viaggio fino alla discarica senza averne trovata nessuna. Ma perfino quei pochi e fortunati prodotti che riescono a trovare o evocare un bisogno, una voglia o un desiderio per il quale potrebbero dimostrarsi o essere (o alla fine diventare) rilevanti tendono presto a soccombere alla pressione di prodotti “nuovi e migliorati” (cioè prodotti che promettono di fare tutto quello che possono fare loro, ma meglio e più rapidamente, con in più il bonus di fare cose di cui nessun consumatore fino a quel momento aveva pensato di avere bisogno o che aveva intenzione di comprare) molto prima che la loro capacità operativa raggiunga il punto di esaurimento predestinato»160.

Se durante la modernità solida il principale stimolo era la durata eterna e la gratificazione futura, la modernità fluida al contrario svaluta il rinvio della soddisfazione e la durata nel tempo.

«Il “breve periodo” ha sostituito il “lungo periodo” ed eletto l’istantaneità a proprio ideale supremo. Se da un lato la modernità fluida promuove il tempo al rango di contenitore infinitamente capace, dall’altro ne dissolve – denigra e svaluta – la durata»161.

«La “scelta razionale” nell’era dell’istantaneità significa perseguire la gratificazione e al contempo evitare le conseguenze, e in particolare le responsabilità che tali conseguenze implicano. Tracce durevoli dell’odierna

160 Z. Bauman, L'etica in un mondo di consumatori, cit. p. 129. 161 Z. Bauman, Modernità liquida, cit. p. 142.

gratificazione compromettono le possibilità di gratificazioni future. La durata si trasforma da un vantaggio in un handicap; lo stesso può dirsi a proposito di tutto quanto è massiccio, solido e pesante: tutto ciò che ostacola e limita il movimento. Il tempo delle fabbriche gigantesche e dei corpi obesi è finito; una volta erano testimonianza del potere dei loro proprietari; oggi sono presagio di sconfitta nella prossima tornata di accelerazione e dunque indicano impotenza. Corpi magri e facilità di movimento, vestiti leggeri e scarpe da ginnastica, telefonini cellulari […], beni portatili o usa-e-getta, sono i principali simboli culturali dell’era dell’istantaneità. Peso e dimensione, e soprattuto il grasso […] associato all’espansione di entrambi, subiscono la stessa sorte della durabilità. Sono i pericoli da tenere a mente e combattere, e soprattutto da scansare»162.

Velocità, flessibilità, frenesia, mutevolezza e provvisorietà diventano quindi caratteristiche peculiari della modernità liquida in ogni settore; a livello sociale si assiste alla disgregazione dei gruppi che a causa della loro fragilità si frammentano favorendo la formazione e diffusione degli sciami, entità più fluide e provvisorie perfettamente in linea con il carattere di istantaneità e temporaneità della società.

«Gli sciami non hanno bisogno di imparare l’arte della sopravvivenza. Essi si radunano e si disperdono a seconda dell’occasione, spinti da cause effimere e attratti da obiettivi mutevoli. Il potere di seduzione di obiettivi mutevoli è generalmente sufficiente a coordinare i loro movimenti rendendo superfluo ogni ordine dall’alto. […] Nello sciame non c’è nè scambio, nè cooperazione, nè complementarietà, solo prossimità fisica e una generale direzione di movimento»163.

Gli sciami restano in vita solo il tempo necessario per provvedere ad un acquisto, e non si preoccupano di coloro che escono, ritendendoli semplicemente

162 Z. Bauman, Modernità liquida, cit. p. 146.

163 Z. Bauman, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli

perduti o smarriti, individui che però non riusciranno a sopravvivere a lungo da soli senza nessuno che indichi loro la direzione giusta da seguire.

«Le società di consumatori tendono verso la disgregazione dei gruppi a vantaggio della formazione di sciami perché il consumo è un’attività solitaria (è perfino l’archetipo della solitudine) anche quando avviene in compagnia. Essa non stimola la formazione di legami durevoli, ma solo di legami che durano il tempo dell’atto di consumo. Questi legami possono mantenere unito lo sciame per la durata del volo (cioè fino al prossimo cambio di obiettivo), ma rimangono del tutto occasionali e superficiali; non hanno alcuna influenza sui movimenti futuri dello sciame e non proiettano alcuna luce sul passato dei suoi componenti»164.

Il nuovo concetto di tempo, caratterizzato dalla velocità, dall’istantaneità e dall’indifferenza alla durata, trasforma anche il modo di rapportarsi a temi quali l’immortalità, la quale diventa anch’essa un oggetto di consumo immediato:

«è il modo in cui vivi il momento che trasforma quel momento in una “esperienza immortale”. […] L’istantaneità […] fa apparire ciascun momento infinitamente capace, e la capacità infinita significa che non esistono limiti a quanto è possibile ottenere da ciascun momento, per quanto “fugace” possa essere»165.

Bauman continua:

«Nel tempo puntinizzato della società dei consumatori l’eternità non è più un valore né un oggetto di desiderio. La caratteristica che più di ogni altra conferiva ad essa il suo valore unico e realmente maestoso e la rendeva oggetto di sogni è stata espugnata, compressa e condensata in una esperienza tipo big bang e inserita nell’istante – in un istante qualsiasi. Di conseguenza, la “tirannia del momento”

164 Ivi, pp. 48-49.

liquido-moderna, con il suo precetto del carpe diem, sostituisce la tirannia premoderna dell’eternità, il cui slogan era memento mori»166.

Nella società liquida la “vita del momento” equivale ad una “vita di fretta”, in cui «il vero “ciclo economico”, quello che fa veramente andare avanti l’economia, è il ciclo del “compra, godi e butta via”»167.

Ogni punto nel tempo è pieno di potenziale e di infinite opportunità; l’individuo, in preda ormai ad un compulsivo e capriccioso desiderio di godere immediatamente del proprio oggetto di consumo, si libera dalla capacità del passato di limitare le scelte future per sfruttare al meglio la possibilità di “rinascere” con facilità.

«La promessa di emancipare gli attori dalle limitazioni alla scelta causate dai rimasugli ed echi del passato, particolarmente malvisti per la loro fastidiosa abitudine di crescere di volume e peso man mano che il “passato” si espande e divora pezzi di vita sempre più grandi, insieme con la promessa di negare al futuro la sua propensione, anch’essa molesta, a sminuire i successi di cui attualmente godiamo e distruggere le speranze che attualmente intratteniamo, lasciano presagire fra di esse una libertà completa, senza limiti, pressoché assoluta. […] Rinascere significa che la/e nascita/e precedente/i, insieme alle relative conseguenze, viene o vengono annullata/e: sembra l’avvento dell’onnipotenza di tipo divino, sempre sognata ma fino ad ora mai sperimentata. Il potere di determinazione causale può venire disarmato, e il potere del passato di limitare le opzioni del presente può venire drasticamente contenuto, forse addirittura abolito del tutto. Ciò che eri ieri non preclude più la possibilità di diventare qualcuno di totalmente diverso oggi»168.

E in una società liquida di questo tipo, Bauman si domanda:

166 Z. Bauman, Consumo, dunque sono, cit. p. 131. 167 Ivi, p. 122.

«Può la cultura sopravvivere alla morte della durata, dell’eternità, dell’infinito, prime “vittime collaterali” del trionfo del mercato dei consumi?»169.

Il sociologo non ha risposte a questa domanda, la cultura si è ormai completamente abbandonata alla sindrome consumista; anche l’arte rispecchia questa fugacità, lamenta l’impossibilità di trovare un modello capace di restare fermo in posa il tempo necessario per raffigurarlo; c’è la tendenza a ridurre la vita dei prodotti delle arti a brevi e temporanee performance, di utilizzare materiali fragili e deperibili pronti già ad un facile e veloce deterioramento.

«L’avvento dell’istantaneità introduce la cultura e l’etica umana in un territorio inesplorato e assente dalle cartine geografiche, dove la gran parte delle consuetudini acquisite su come affrontare la vita hanno perso senso e utilità. […] Ma la memoria del passato e la fiducia nel futuro sono stati fino a oggi i due pilastri su cui hanno poggiato i ponti culturali e morali tra fugacità e durabilità, mortalità umana e immortalità delle azioni umane, nonché tra assunzione di responsabilità e filosofia del carpe diem»170.

169 Z. Bauman, Vita liquida, cit. p. 58.