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Inquadramento del portfolio

Nel documento Gruppo di Lavoro INDIRE: (pagine 142-146)

Parte II. Osservazione e analisi dei prototipi di intervento territoriale

7. La rilevazione sul portfolio delle competenze

7.1. Inquadramento del portfolio

La Circolare MIUR n. 11666 del 31 luglio 2012, presentando l’azione F3 alle scuole delle quattro regioni obiettivo convergenza affinché presentassero la propria candidatura per la realizzazione dei progetti, le ha anche invitate a utilizzare il portfolio; strumento introdotto nel primo ciclo del sistema scolastico italiano circa un decennio prima e poi reso non più obbligatorio dallo stesso ministero.

Riguardo alle sue radici, il portfolio è nato in ambito artistico e pubblicitario, dove indica la raccolta di lavoro del cammino professionale dell’artista, pubblicitario, fotografo ecc. Nei Paesi di cultura anglosassone questo strumento è entrato in uso nel campo della valutazione alternativa a partire dagli anni ottanta, in funzione di un ripensamento degli strumenti valutativi tramite test standardizzati.

Questo tipo di valutazione pone l’accento sullo studente e attribuisce significato e valore ad aspetti diversi da quelli tradizionalmente valutati, riuscendo a guidare e supportare il processo di apprendimento. Nel contesto scolastico si è sviluppato ed è diventato pratica diffusa e condivisa già alla fine del secolo scorso negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, interessando anche le scuole del primo ciclo. La diffusione del portfolio nel contesto europeo a partire dall’inizio del nuovo millennio è avvenuta a partire dal secondo ciclo di istruzione, lasciando inizialmente in secondo piano le scuole di grado inferiore1.

Il Paese europeo dove il portfolio risultava maggiormente in uso dal quesito Eurydice del 2006 era la Gran Bretagna, dove già nel 1991 è stato introdotto il National Record of Achievement (NRA), che raccoglieva i risultati degli studenti ed è stato sostituito, fra il ’99 e il 2002 in via sperimentale e definitivamente nel 2004, con il Progress File. Obiettivi del Progress file sono di aiutare giovani e adulti a gestire il proprio processo di apprendimento, stimolando le abilità nell’individuare gli obiettivi, analizzare e registrare i risultati, pianificare le azioni, tramite una serie di strumenti specifici per le diverse fasce d’età.

Il portfolio è uno strumento di documentazione di percorsi di apprendimento realizzati in contesti formali, informali e non formali; è una raccolta di lavori realizzati dall’alunno e selezionati per la loro significatività, ma anche uno strumento di riflessione per mettere in trasparenza, riconoscere e valutare le competenze acquisite nel percorso. Consente all’alunno di riflettere sul proprio processo di apprendimento e sui propri atteggiamenti, di migliorare l’autostima grazie a quanto realizzato, di

1L’unità italiana Eurydice ha posto un quesito specifico nella rete europea sull’utilizzo del Portfolio, ampliando l’analisi dei risultati ad una ricerca internazionale; il tutto è confluito nel numero monografico del Bollettino di informazione “Il portfolio: esperienze e strumenti in ambito internazionale”, aprile 2006

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136 autovalutarsi rispetto ai risultati raggiunti, di orientarsi rispetto alle scelte di studio e di lavoro.

Documenta le competenze acquisite non solo attraverso le prove di profitto, ma anche con i prodotti realizzati e le narrazioni dell’allievo sui risultati conseguiti. Nel 1998 Farr e Tone2 hanno classificato il Portfolio in tre categorie, con uno schema divenuto una sorta di protocollo per gli anni successivi:

• Portfolio come sostegno all’apprendimento

o delle attività: contenente materiali e prodotti legati al curricolo scolastico;

o di processo: riferito ai processi di apprendimento, di autoaffermazione e meta cognizione;

o di documentazione: contenente la raccolta dei prodotti più rappresentativi riferiti a esiti e processi.

• Dossier di presentazione: contenente esclusivamente i migliori lavori indicativi delle competenze dello studente

• Portfolio di bilancio degli apprendimenti: contenente i prodotti interessati alla valutazione esterna.

Il primo ha una valenza valutativa di tipo formativo, il secondo di tipo informativo-comunicativo e il terzo certificativa.

Nella comunità europea i due ambiti nei quali si è consolidato l’utilizzo del portfolio sono la formazione informale e non formale e le lingue.

La Decisione 1999/51/CE del Consiglio d’Europa ha introdotto il libretto individuale dei percorsi formativi, che sostiene e promuove la mobilità nell’ambito della formazione in alternanza, in quanto offre la possibilità di registrare, su scala europea, i periodi di formazione effettuati al di fuori dello Stato membro d’origine. La successiva Decisione 2241/2004/CE del Parlamento e del Consiglio d’Europa del 15 dicembre 2004 ha sostituito il precedente documento Europass-formazione con cinque tipologie utili a tutti i cittadini per presentare qualifiche, competenze, esperienze linguistiche e per registrare eventuali percorsi di apprendimento: curriculum vitae europass, europass mobility, supplemento al diploma europass, portfolio europass delle lingue e supplemento al certificato europass. Rimanendo al collegamento fra scuola e lavoro e quindi allo sviluppo dei dispositivi tesi al riconoscimento dei crediti formativi maturati attraverso esperienze sia scolastiche sia della vita sociale o personale, la Francia ha introdotto il Validation des acquis experientiels (VAE), il cui elemento cruciale è rappresentato dal

2 Farr, R., & Tone, B. (1998). Portfolio and performance assessment: Helping students evaluate their progress as readers and writers (2nd ed.). Texas: Harcourt Brace College Publishes

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137 portfolio attestante l’esperienza formativa e professionale del soggetto presentatore e quindi le competenze acquisite tramite l’esperienza stessa.

L’ambito delle lingue è quello che per primo ha permesso la penetrazione del termine dai documenti della comunità europea al sistema scolastico italiano. La circolare ministeriale n. 347 del 7 agosto 1998 scrive infatti “la certificazione pone le basi per la costituzione del ‘port-folio’ delle competenze linguistiche secondo le indicazioni del Consiglio d’Europa. Tramite questa circolare è stato introdotto il Portfolio Europeo delle Lingue (PEL), strumento applicativo che il Common European Framework of Reference ha individuato come documento che accompagni il ragazzo o adulto che studia una lingua lungo tutto l’arco della vita, registrandovi anche le riflessioni sul processo di apprendimento, sui risultati raggiunti e sugli obiettivi futuri.

A livello più generalizzato, l’introduzione dell’utilizzo del portfolio è avvenuta con l’applicazione della legge 53/2003. Le prime indicazioni in merito sono nella circolare n. 85 del 3 dicembre 2004

“Indicazioni per la valutazione degli alunni e per la certificazione delle competenze nella scuola primaria e nella scuola secondaria di I grado”. Tali indicazioni sono riprese nella circolare n. 84 del 10 novembre 2005 “Linee guida per la definizione e l’impiego del Portfolio delle competenze nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione”, che indica la valenza valutativa e orientativa di questo strumento e schematizza il risultato di molte esperienze al fine di realizzare delle indicazioni ragionate e dettagliate sulle modalità di compilazione, strutturazione e gestione in itinere del portfolio.

A seguito della diffusione del portfolio nel primo ciclo di istruzione, il Garante per la Privacy ha emesso il provvedimento del 26 luglio 2005 (pubblicato in GU 8 agosto 2005 n.183), intervenendo a seguito dei reclami e segnalazioni ricevuti da parte dei genitori che lamentavano possibili violazioni della riservatezza. A conclusione dell’esame preliminare dei reclami e segnalazioni, il Garante ha deciso di prescrivere l’adozione di alcune misure volte a favorire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nonché della dignità dei cittadini con particolare riferimento alla riservatezza. La preoccupazione del Garante è partita dalla constatazione che la diversità dei modelli di riferimento per il Portfolio porta ad un’ampia annotazione di informazioni sensibili e ha pertanto richiamato le istituzioni scolastiche, nella raccolta dei dati personali tramite il portfolio, al rispetto di alcuni principi nel trattamento dei dati dello studente: finalità, necessità, proporzionalità, indispensabilità. Le misure suggerite agli istituti scolastici da parte del garante sono: predisposizione di un modello, informazione agli interessati, istruzioni per la compilazione, designazione degli incaricati, sicurezza dei dati, esercizio ai diritti di aggiornamento, rettificazione e integrazione, durata della conservazione dei dati, stabilendo inoltre che il portfolio sia

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138 rilasciato allo studente alla fine del percorso di studio, affinché lui stesso possa consegnarlo all’istituto di grado superiore.

Dopo tale pronuncia del Garante, la circolare ministeriale n. 1196 del 9 febbraio 2006 e la nota n. 5596 del 12 giugno 2006 di fatto hanno eliminato il portfolio dal primo ciclo di istruzione, ricordando alle istituzioni scolastiche la possibilità di continuare ad adottare la precedente modulistica e relativi strumenti valutativi, oltre a richiamare nuovamente l’attenzione sulle esigenze del rispetto della privacy nell’inserimento dei dati dovuto all’eventuale utilizzo del portfolio.

Il primo documento ministeriale successivo che ha introdotto nuovamente l’utilizzo del portfolio, pur in un ambito circoscritto legato alla progettazione PON, è la circolare n. 1631 del 5 gennaio 2013 relativa all’azione F3. Infine, pur non utilizzando più il termine portfolio, nella Legge 107 del 2015, art.

1 comma 28, a proposito degli insegnamenti opzionali nel secondo biennio e nell’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado, viene richiamata una documentazione analoga. In questo caso si parla di attività facenti parte del percorso dello studente e inserite nel suo curriculum, dove si individua il profilo del singolo associandolo a un’identità digitale e raccogliendone tutti i dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro, relativi al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico.

Visto l’excursus dell’utilizzo di questo strumento, Anna Maria Ajello e Cristina Belardi3 hanno rilevato che in Italia l’introduzione di questo è avvenuto con una scarsa problematizzazione delle caratteristiche del suo uso, concorrendo a determinare una moda effimera con rapido declino. Al contrario, dalle ricerche internazionali degli ultimi decenni emerge che il portfolio è una delle modalità più adatte a rappresentare l’insieme delle acquisizioni informali e non tradizionali, che può facilitare la necessaria valutazione delle competenze conseguite fuori dai contesti usuali dell’istruzione e formazione.

3 Ajello A. M., Belardi C. (2007) Valutare le competenze informali. Il portfolio digitale, Carocci, Roma

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